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< L'O.I.M. e i suoi complici globali >

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LA GLOBALIZZAZIONE DEL CONTROLLO DELLA MIGRAZIONE
di Franck Duvell, NoBorder Network

traduzione a cura di Border=0

19 maggio 2003 - L'OIM raccomanda al governo turco "il prevenire la migrazione irregolare e combattere il traffico di clandestini".[2] Più tardi un quotidiano riportava,"in Turchia, nove persone sono state uccise e altre cinque ferite in un tentativo di attraversare illegalmente la frontiera. 139 persone dall'Afghanistan, Pakistan e Bangladesh hanno provato ad attraversare la frontiera turco-iraniana."[4]

La tensione fra il diritto alla libertà di movimento e la volontà degli stati nazione di difendere i propri confini e controllare gli ingressi nel proprio territorio come conseguenza è una questione che riguarda la vita e la morte delle persone. Ciò che è successo al confine turco-iraniano non una coincidenza ma riflette la situazione a livello internazionale. “Nei paesi economicamente più avanzati si sta delineando un pensiero che sempre più si avvicina alla visione del mondo di Raspail, che vede la realtà scissa in due “campi” ben divisi, in cui i ricchi combatteranno e i poveri moriranno, sempre che la migrazione di massa non abbia il sopravvento”; così il pensatore francese e scrittore di saggi per “le Figaro” è stato apprezzato dai consiglieri americani. [5] Questo prepara il terreno alla “militarizzazione del controllo della migrazione”, [6] e segnala la disponibilità della comunità internazionale di sacrificare vite umane in difesa dello status quo di ingiustizie sociali, ineguaglianza ed esclusione. Comunque, ciò che qui suscita sentimenti apparentemente irrazionali di paura ha in realtà basi molto razionali.

LIBERTA' DI MOVIMENTO CONTRO LA GESTIONE ECONOMICA DELL'IMMIGRAZIONE

In tutto il mondo l’immigrazione è divenuta un argomento molto importante; spesso nascono crisi a causa di problemi legati all’immigrazione e alle richieste d’asilo, in nazioni così diverse tra loro come Germania, Inghilterra, Australia, Malesia, Nigeria, Kenia e più recentemente Costa d’Avorio. E’ riconosciuto che globalizzazione vuol dire anche aumento di mobilità e d’immigrazione, e di migrazione clandestina in particolare, che viene apprezzata per la mano d’opera a basso costo, ma che il più delle volte è il termine usato per denigrare gli indesiderati ­ ed è percepita come la minaccia numero uno all’ordine mondiale e all’integrità degli stati nazione. [7]
ritorno "volontario"?La OIM ed altre fonti hanno stimato circa 33 milioni di “migranti clandestini” nel mondo, cioè quattro volte la popolazione della Svezia. [8] Spesso si sentono notizie allarmanti secondo le quali la metà dei giovani marocchini o 50 milioni di russi vorrebbero spostarsi rispettivamente verso nord e verso ovest; altre semplicemente identificano l’incremento demografico con la minaccia della futura spinta dell’immigrazione. [9] L’immigrazione è stata anche messa in relazione con la resistenza nelle sue varie forme, [10] è stata definita “rivoluzione delle aspettative” (Jungfer), e “rivoluzione dei poveri” (club dei Rom), e “azione contro la povertà” (Gabraith). Qualsiasi studio sull’immigrazione sottolinea tipicamente i desideri, i sogni, le aspettative e i bisogni dei migranti. Per questo l’immigrazione è anche una sorta di “movimento sociale verso la giustizia sociale globale”.[11] Vittimizzare soltanto gli immigrati o semplicemente minimizzare non può aiutare a capire il fenomeno e il significato profondo dell’antagonismo, e neppure distinguere nettamente tra rifugiato, migrazione interna o da uno stato all’altro e mobilità. Sivanandan ha giustamente affermato che la situazione di rifugiati, pendolari, lavoratori stagionali o coloro che si spostano da villaggi poveri alle grandi metropoli è legata allo stesso contesto socio-politico-economico, cioè sono sradicati dalla stessa politica di globalizzazione e dalle sue numerose sfaccettature. [12] Infatti “il mondo è in movimento” [13] e la massima estensione conta tra il mezzo miliardo e il miliardo di persone a livello mondiale [14]. Oltre a questo, un volantino italiano sulle proteste contro il G8 argomentava il fatto che l’immigrazione è il nuovo fantasma che ossessiona il mondo. [15] Effettivamente il presupposto dell’immigrazione è la questione sociale, che rappresenta parte di un proletariato mobile a livello globale. A risposta di questo, i governi nazionali e le organizzazioni internazionali concordano nell’affermare che l’immigrazione deve essere regolata e “gestita ordinatamente” (OIM). E ancora, conferenze internazionali come “la gestione dell’immigrazione nel ventunesimo secolo” (Amburgo 1998) o il “simposio internazionale sulla migrazione: verso la cooperazione regionale contro l’immigrazione clandestina”(Bangkok 1999) identificano e analizzano i problemi esistenti e spianano il terreno ai progetti futuri. Nel contempo, sono rari gli accordi internazionali, i patti di stabilità e i progetti di azione bilaterale che non trattino l’ immigrazione come un fenomeno da arginare collaborando insieme. E da quando il neoliberismo ­ e con esso i principi utilitaristici - si è affermato come ideologia dominante all’interno della società industrializzata, senza dubbio esso ha alimentato la politica dell’immigrazione.

Il controllo dell’immigrazione non ha mai puntato all’annullamento di se stessa, anche se così poteva sembrare nel periodo dal 1973 al 2001. Invece, l’immigrazione è spesso risultata vitale per lo sviluppo economico di un paese, come nella storia americana con l’industria maquiladora messicana, o nel caso della regione tedesca della Ruhr durante il boom del dopoguerra; o dell’industrializzazione dei paesi del Golfo, del successo economico di molte città nel mondo, o della crescita del triangolo del sud-est asiatico. [16]
La politica dell’immigrazione è strettamente legata alla politica demografica, a quella del lavoro, ma anche alla politica estera e alle guerre. Comprende molti aspetti, come la limitazione del flusso di poveri verso i centri della ricchezza, o dal lato opposto il reclutamento di immigrati come forza lavoro nei centri d’accumulazione; può essere l’espulsione di persone “di troppo” dalla loro terra, o il blocco del flusso migratorio dei profughi di guerra o di un disastro ecologico. L’immigrazione è risultata sia una condizione necessaria allo sviluppo economico, sia una minaccia al capitalismo e all’accumulo di ricchezze; per questo le necessità di reclutamento e contenimento sono strettamente legate. La storia non è che un continuo susseguirsi di conflitti per l’acquisizione del potere e delle risorse. [17]

Nel 1999, l’Unione Europea e i suoi stati membri decisero al summit di Tampere di modernizzare la loro politica della migrazione ponendosi tre obiettivi:
(a) contenere l’immigrazione dei richiedenti asilo;
(b) combattere l’immigrazione clandestina;
(c) aprendo varchi d’accesso alla forza lavoro immigrata.
Nel summit del 2002 a Seul si confermò un quarto obiettivo, cioè
(d) estendere la politica della migrazione europea applicandola a qualsiasi altro stato di origine o di passaggio.
Con la proposta di un approccio integrato, l’UE mira a rispondere con soluzioni combinate a problemi come l’invecchiamento della società, la scarsità di certe figure professionali, la mancanza di un attivo mercato del lavoro interno, un rallentamento dell’economia - con l’aspirazione al controllo del flusso migratorio, il business del traffico clandestino e gli elementi positivi dell’immigrazione. [18]
Dal summit di Tampere Germania, Italia, Spagna e Inghilterra hanno cominciato a modernizzare la loro politica d’immigrazione introducendo Green cards, incentivi per i lavoratori immigrati, contratti per i lavoratori stagionali o concedendo sempre più permessi di lavoro. L’economia dell’immigrazione prese rapidamente una connotazione positiva, fino ad un recente screditamento dei richiedenti asilo. Ad ogni modo, questi governi non hanno solo aperto selettivamente le loro frontiere a certi tipi d’immigrazione, ma hanno anche introdotto un nuovo parametro per l’esclusione, cioè le valutazioni economiche.

Da quest’estensione dei parametri le leggi del mercato diventano un motivo dominante nelle politiche d’immigrazione, e le persone vengono respinte perché non c’è domanda nel mercato del lavoro. Strategie come il point system americano o la Green card tedesca per valutare il “capitale umano” di un lavoratore, o la richiesta da parte del Daily Telegraph di un “controllo di qualità” sono prove di questo fenomeno. [19]
Gli “indesiderati” e le persone “di troppo” risentiranno e già risentono della brutalità delle leggi economiche. Da sempre le popolazioni nere, asiatiche e slave hanno subito l’applicazione degli schemi razzisti, perché percepiti come una minaccia all’ordine del mondo, la fabbrica di gerarchie sociali ed economiche. Per molti di loro non c’è spazio nel mondo degli investimenti e dei profitti. Ci sono parti del mondo abbandonate alla povertà, sfruttate o derubate, per le quali il problema immigrazione diventa questione di vita o di morte, come dimostrano i 2,1 miliardi di poveri o gli 800 mila che soffrono per lo sfruttamento. [20]

MODERNIZZAZIONE DEL REGIME EUROPEO DELL'IMMIGRAZIONE

Il regime europeo dell’immigrazione è uno dei più avanzati. Dal suo inizio nel 1985, l’estensione delle responsabilità del gruppo di Trevi sulle questioni d’immigrazione, il trattato di Schengen, la convenzione di Dublino, la conformazione delle politiche di asilo, e il trattato di Amsterdam del 1999 (che ha creato “un’unica area di libertà e sicurezza”) gettarono le basi per un approccio sopranazionale all’immigrazione.
Il raggio d’azione sull’immigrazione comprende agenzie dai nomi altisonanti come “Ad hoc group migration”, il “Gruppo di lavoro sulla migrazione ad alto livello”, la “Comitato strategico sull’immigrazione”, i “centri d’accordo sull’asilo e l’attraversamento delle frontiere” (CIREA, CIREFI) o la “comunità di cooperazione fra le polizie degli stati dell’est e dell’Europa centrale”, molti dei quali sono piuttosto misteriosi e non sottoponibili a controlli democratici. Tutti questi enti riguardano diritto d’asilo, migrazione, “traffico clandestino” e passaggio di frontiera. [21]

Dal nucleo degli stati di Schengen, stati come Francia, Germania e Olanda, e più recentemente Inghilterra e Spagna, hanno sempre spinto per un approccio alla migrazione attivo, preventivo e efficiente.

Innanzitutto, nel 1990 si istituì una barriera sanitaria nei confronti dei paesi dell’est, mentre un loro ingresso nell’unione europea implicherebbe un trattamento paritario, come stabilito dalle condizioni di Schengen. [22] Inoltre, l’Unione Europea ha ricercato accordi bilaterali con tutti i paesi vicini, in particolare quelli confinanti con il Mediterraneo, ad esempio con la dichiarazione di Barcellona, e anche con i paesi ora fuori dalle nuove frontiere esterne dell’UE, come Jugoslavia, Moldavia e Ucraina, per esempio il gruppo di controllo balcanico sulla migrazione.
L’UE aspira ad una collaborazione con gli USA, attraverso un piano d’azione, o tramite l’accordo internazionale tra l’UE e il Mercosur (acronimo per il Sud America). E infine, l’UE ha come bersaglio tutti gli stati di passaggio o di origine della migrazione. La “ASEM” (conferenza ministeriale per la cooperazione nella gestione dei flussi migratori tra Europa e Asia) nell’aprile 2002 illustra il suo impegno di inglobare 10 tra i maggiori governi asiatici nelle politiche d’immigrazione europee. [23] In Albania, Marocco, Iraq, Sri Lanka, Somalia ed Afghanistan la migrazione viene concretamente contrastata tramite piani d’azione europei. Il nome del progetto è fuorviante, in quanto esso include qualsiasi stato vicino o di passaggio. Il piano d’azione in Iraq ad esempio pone grande attenzione sulla Turchia in quanto stato di passaggio e su Pakistan e Bangladesh come stati d’origine del flusso migratorio. [24] Anche l’Albania è stata identificata come maggior luogo di transito della migrazione proveniente dai paesi dell’est. Un altro strumento è quello di schierare polizia europea e funzionari dell’immigrazione agli aeroporti e ai quartieri generali di controllo delle frontiere, come a Mosca, Bangkok e Sarajevo.

Ma è il più importante documento di politica dello sviluppo dell’UE, la convenzione di Cotonou, che regola l’immigrazione di tutti gli stati africani, caraibici e del Pacifico (ACP); approvata al summit di Siviglia del 2000, dove si decise di aggiungere un paragrafo sul controllo della migrazione e sul rimpatrio degli immigrati nell’accordo bilaterale con uno stato ACP che controlla la politica di sviluppo, la cooperazione tecnica e il commercio. [25]
Analogamente, l’accordo ASEM-UE rende evidente che il controllo della migrazione è un “elemento importante” e una base per delle buone relazioni bilaterali. Se quelle falliscono l’UE ha stabilito una linea di difesa finale per integrare la struttura dell’alleanza militare WEU, collocando una forza paramilitare di 5000 ufficiali,che potrebbero essere utilizzati ad esempio per contenere “massicci movimenti di popolazione”. [26] Quando si tratta d’immigrazione l’UE dimostra un atteggiamento veramente aggressivo, che non esita ad interferire con gli affari interni di altri paesi, anche tramite ricatti sugli aiuti per lo sviluppo o minacce d’intervento militare. L’UE vuole forzare la remissività degli stati mediante la sua politica sull’immigrazione, che si sta diffondendo in molte parti del mondo, con grande impatto. Comunque, al di là di sviluppi di questo tipo, c’è un altro livello di cooperazione transnazionale e di pianificazione.

LE AGENZIE TRANSNAZIONALI DI CONTROLLO DELL'IMMIGRAZIONE

OIM, la vera bestia nera!“Strategie per un regime internazionale dell’immigrazione” e gestione dell’immigrazione a livello globale sono parole chiave nelle politiche internazionali attuali. [27] Ciò che si è imparato dalla regolazione finanziaria e dei beni, e in particolare il ruolo di IMF o WTO servirà da modello anche per le politiche d’immigrazione globale.

Infatti è già stato proposto un Accordo Generale sul Movimento dei Popoli, simile a quello sul trasporto e il commercio (GATT). [28] Frequentemente è stato riconosciuto che il vecchio sistema del controllo sull’immigrazione ha fallito e che le politiche della globalizzazione richiedono una modernizzazione. [29] Gli stati nazione si stanno sgretolando, il traffico globale cresce costantemente, le frontiere non sono più sicure e il controllo delle frontiere esterne non funziona; in un mondo flessibile sistemi di controllo inflessibili come quello del confine di uno stato nazione sono sempre più inadeguati. Per questo ci si sta muovendo verso un regime omnicomprensivo che copra tutto il processo di migrazione dai paesi d’origine, lungo il percorso e attraverso ogni nazione di transito fino alla destinazione finale. Un approccio del genere va al di sopra degli obiettivi degli stati nazione, che invece hanno identificato il bisogno di organizzazioni sopranazionali e transnazionali di gestione dei flussi migratori.

Queste sono la Consulta Intergovernativa sull’asilo (IGC), l’Organizzazione Internazionale per l’Immigrazione (OIM), alcuni rami dell’Organizzazione Internazionale per il Lavoro (ILO), numerosi istituti di ricerca e conferenze periodiche.

L’IGC fu istituito nel 1985 quando la Commissione Intergovernativa per l’Immigrazione divenne OIM. L’IGC è un piccolo “forum” elitario e “informale” (e infatti molto segreto) composto di soli 16 membri, “per lo scambio di informazioni e la pianificazione di soluzioni e strategie innovative”. Esso è forse l’organismo centrale nello studio delle politiche di controllo dell’immigrazione, probabilmente durante uno di questi forum vennero approvate le attuali strategie per combattere il “traffico di esseri umani” o l’”immigrazione clandestina”, concetti accettati ora a livello internazionale. La base organizzativa è al Centro internazionale per lo sviluppo delle politiche per l’immigrazione (ICMPD) a Vienna, che ospita anche il segretariato per il processo di Budapest, sinonimo di estensione verso est delle politiche d’immigrazione europee. [30]

L’agenzia più importante è comunque l’OIM.[31]
E’ stata istituita nel 1951 come Commissione Intergovernativa per la migrazione europea. Questo nome rimanda all’omonima Commissione Intergovernativa fondata nel 1938 alla Conferenza di Evian, un organismo che fallì rovinosamente nel tentativo di salvare i rifugiati ebrei dell’Europa da ciò che accadde poi. [32] Comunque, nonostante l’OIM sia situata a Ginevra vicino alla sede ONU, essa non fa parte di questa organizzazione. Al contrario, è stata utilizzata come contro-agenzia dell’UNHCR, nata l’anno dopo. In contrasto con l’UNHCR che è basata su principi umanitari l’OIM si basa su interessi economici. Essa è stata uno degli strumenti della dottrina Truman durante la guerra fredda, [33] e tuttora riflette la pretesa di rappresentare contemporaneamente i governi, le economie ed i migranti con lo stesso mezzo. Ma nei fatti i migranti non sono rappresentati, non hanno voce, e dove le ONG sono coinvolte si tende di solito a “proteggerli” piuttosto che dar loro voce. [34]

Ma nell'1980 l’Europa dovette riconoscere il suo coinvolgimento con le questioni riguardanti il terzo mondo, e con il collasso del blocco dell’Est la ICM venne trasformata e rinominata OIM. Circa 100 stati sono membri dell’OIM, essi finanziano l’organizzazione e le sue operazioni, e ne condividono le modalità d’azione. Inoltre l’OIM rivendica il diritto a ricevere fondi pubblici e privati, a istituire procedimenti legali e l’immunità per il proprio staff. Questi “privilegi e immunità” garantiscono uno status unico e fanno sì che l’OIM sia un’agenzia influente e molto potente. [35]

L’OIM dichiara di essere “la più potente organizzazione internazionale per la migrazione” ed è prossima all’acquisire potere a livello globale. Negli ultimi anni è diventata un’agenzia transnazionale molto complessa che non si occupa solo di pianificazione e implementazione dell’immigrazione, del movimento e anche del ritorno delle persone, ma anche del disarmo dei guerriglieri in Kosovo, Congo ed Angola; della formazione di un’amministrazione civile in Kosovo; dei controlli sanitari agli emigrati al loro ingresso negli stati come ad esempio USA e Canada; e dei risarcimenti ai non ebrei costretti ai lavori forzati durante il nazismo.

Nell’ambito dei recenti progetti pilota tra la Finlandia e le Filippine e tra la Spagna e l’Ecuador, la OIM ora si occupa anche del reclutamento di forza lavoro e sembra sostituire l’ILO in questo compito. Ma il punto centrale rimane la gestione della migrazione: l’OIM dichiara con orgoglio d’aver interferito con la vita di 11 milioni di persone dalla sua nascita.

Solo nel 2000 ha mosso più di 450 mila persone in ingresso e in uscita. Le destinazioni principali sono una lista di regioni lacerate dalla guerra: Kosovo, nord Iraq e Sierra Leone. Poco prima della guerra, l’Afghanistan è entrato nella lista come una delle principali destinazioni. Infatti l’obiettivo maggiore è il rimpatrio degli immigrati, indesiderati nel paese in cui si trovano. Per esempio, 75 mila persone a cui è stata rifiutata la richiesta d’asilo sono state deportate dalla Germania nel 2000; ma quello che spesso viene mascherato come un ritorno volontario è in realtà una “rimozione forzata”. [36] Per il ruolo che la OIM ha avuto nell’espulsione dei rom dall’Europa occidentale è stata accusata dal Congresso Nazionale dei Rom (RNC) di essere “il nemico delle genti rom”. [37] E per il modo assolutamente irresponsabile in cui la OIM ha condotto la politica di risarcimento alle vittime rom del nazismo è stata citata dal RNC alla Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo.

Negli ultimi due anni la OIM ha raddoppiato il numero dei suoi rappresentanti passando da 40 a 100. Tutto il mondo è diviso in 19 zone importanti per la migrazione, ognuna con un centro importante, come ad esempio Bruxelles, Roma, Budapest, Helsinki o Bangkok. I suoi uffici nazionali per l’implementazione del Programma di Informazione sulla Migrazione sono concepiti come sedi di un globale sistema “d’avvertimento” sull’immigrazione, e rimandano ai paesi destinazione le conoscenze sui movimenti migratori, sugli schemi generali, le reti e i sostenitori. [38]

L’OIM esporta il modello europeo di controllo della migrazione in altre parti del mondo, come in Africa occidentale, dove l’OIM e la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale hanno stabilito un’Unità Statistica sulla Migrazione… questo aiuterebbe lo studio delle questioni legate all’immigrazione e aiuterebbe a stabilire programmi concreti e politiche della migrazione. [39] Lo stesso sta accadendo in Sud America con Puebla e nel sud-est asiatico a Manila, due sinonimi di regimi migratori regionali.

L’OIM solitamente opera partendo da ricerche, cui segue la pubblicazione dei problemi identificati, come ad esempio la necessità di fermare una popolazione clandestina. [40] Spesso si tratta di abitanti degli stati limitrofi che vivono e lavorano nei paesi confinanti, dove non sono percepiti come un problema perché vi sono collegamenti storici o culturali fra gli stati, come ad esempio la tradizione cinquantennale di frontiere aperte tra le nazioni del COMECON. Una volta che il problema è stato identificato, l’OIM arriva e offre consiglio e supporto con piani d’implementazione delle nuove politiche, e infine prepara alla conoscenza dei nuovi sistemi tecnologici di controllo, come le telecamere a infrarossi. Ad esempio, in Ucraina l’OIM ha portato ufficiali della polizia di frontiera sul confine USA ­ Messico per mostrare il modello di un sistema di controllo efficiente. [41] L’OIM non solo comprende, applica e diffonde agli stati i principi della politica dell’immigrazione e le tecnologie in tutto il mondo (Capacity Building Programs), ma offre anche un approccio onnicomprensivo consistente in una combinazione di schemi di contenimento della migrazione (i cosiddetti Seminari d’Informazione), la costruzione di posti di controllo della frontiera (come accade in Ucraina), la costruzione di campi di detenzione (per esempio Nauru), la rimozione degli immigrati indesiderati (i cosiddetti Schemi di Ritorno Volontario, in Inghilterra, Germania, Olanda e in molti altri paesi) e il reclutamento di lavoro richiesto (come dall’Ecuador alla Spagna).

IGC e OIM non solo si basano su principi economici ma riflettono anche un’idea assolutamente razzista di casa, nazionalità e appartenenza. Molte critiche mettono alla luce il fatto che esse si basano sull’assunto che “le persone devono primariamente vivere dove hanno la loro casa, la loro gente e la loro terra”. [42]

IL MITO DI UN MONDO SENZA FRONTIERE

La storia europea ha dimostrato che l’integrazione economica, la mobilità e l’immigrazione possono portare a una qualche convergenza di risultati. [43] Per questo alcuni studiosi si aspettano che la globalizzazione porti all’abolizione delle frontiere e degli stati-nazione, e all’apparizione miracolosa di un mondo senza confini. [44] Altri affermano che le politiche neoliberali di de-regolarizzazione influiranno sull’immigrazione e permetteranno la nascita di flussi migratori liberi. [45] E la teoria neoclassica dell’economia vuole farci credere che la globalizzazione unita alla migrazione cesserà l’ineguaglianza e porterà ad una più omogenea distribuzione della giustizia. [46]

Comunque tutto ciò è lontano dal divenire reale. Contemporaneamente esistono centri di ricerca neoliberisti come l’OECD o la Commissione Multilaterale che insistono su politiche bilaterali di de-regolamentazione delle finanze e del commercio da una parte, e di regolarizzazione inflessibile per il movimento di persone e di forza lavoro dall’altra.
[47] Questo coincide con una tendenza a creare nuovi stati, con i processi di devolution come in Inghilterra e Italia, con il progetto europeo di rimpiazzare gli stati nazione con euro-regioni, con nuovi schemi pionieristici per la polizia e, se necessario, con il contenimento dei movimenti di ultras, criminali, richiedenti asilo e attivisti antiglobalizzazione.

Queste apparenti discrepanze vanno spiegate.

L’imperialismo si basa sullo sfruttamento dei salari e sulla riproduzione di differenze tra regioni e nazioni, razze e generi, gruppi legali e sociali. [48] C’è un interesse strategico a mantenere divisioni sociali e geografiche, così come quelle razziali, di genere, o che territorializzano l’umanità. L’ordine economico mondiale ha assoluto bisogno di frontiere, che siano esse immaginarie, fisiche o sociali. Le politiche migratorie puntano a mantenere il sistema delle frontiere e dei territori; e allo stesso tempo sfrutta i salari e riproduce costi differenti tra le diverse nazioni.

La politica economica riguardante il rapporto di salario tra Singapore e Indonesia (1:289), tra Messico e Stati Uniti (1:50), e tra Germania e Polonia (1:10) è ben documentata. [49] Il rafforzamento delle frontiere, il controllo dei movimenti migratori e della mobilità in generale, l’introduzione di nuove frontiere (come nei Balcani o nell’ex Unione Sovietica) o la tecnologia per il controllo come le telecamere a circuito chiuso (CCTV) e la scannerizzazione biometrica sono aspetti dello stesso concetto.

Esiste anche una “gerarchia della mobilità” [50] per cui alle élite globali è permesso di muoversi liberamente, mentre la migrazione per lavoro è severamente regolata; e coloro che non possono mantenersi nel paese di destinazione (come i turisti) o che non sono economicamente produttivi sono parzialmente o completamente ostacolati (come i rifugiati), in quanto potrebbero gravare sul bilancio pubblico. Il trattamento assolutamente iniquo tra lavoratori qualificati, richiedenti asilo, immigranti clandestini e profughi mostra chiaramente il disegno economico dietro la doppia strategia neoliberale di regolazione e deregolazione.

CONCLUSIONE: LA GESTIONE DELLA MIGRAZIONE GLOBALE NON CONTRIBUISCE ALLA GIUSTIZIA SOCIALE GLOBALE

Il modello del diciottesimo e diciannovesimo secolo di immigrazione “finale” verso continenti poco popolati o il cui scopo era di sfollare la popolazione indigena è ormai ampiamente superato. Nel secondo dopoguerra, il piano dei paesi europei di ospitare lavoratori immigrati per il solo periodo del boom economico fallì, e paesi come Francia, Inghilterra o Germania si trovarono costretti ad accettare la loro multietnicità. In ogni caso, la nuova legge tedesca sull’immigrazione nella sua introduzione puntualizza che lo stesso errore non deve essere ripetuto. [51]

L’OIM e l’UE ora accettano la migrazione globale come un dato di fatto, ma insistono nella sua “gestione ordinata”. Recenti studi in Germania, Spagna, Inghilterra e Italia rivelano la preferenza per un’immigrazione stagionale che risponda ai bisogni economici di durata limitata, piuttosto che per una sistemazione a lungo termine. Il trend attuale nella gestione dell’immigrazione è una politica di sfruttamento e repressione piuttosto che una vera politica dell’immigrazione, e il risultato sarà la flessibilizzazione della popolazione. Questa tendenza richiama le strategie del Keynesianismo, che punta ad addomesticare e di conseguenza controllare i conflitti sociali per l’integrazione della classe lavoratrice e la sua richiesta di migliori salari e condizioni di vita nella società capitalista. Questa strategia, adattata alle politiche sull’immigrazione, mira a distinguere marcatamente gli elementi produttivi e quelli improduttivi dell’immigrazione, e a costruire sui primi la crescita economica di un paese.
Oltre alla mobilità globale d’élite e dei lavoratori stagionali, le agenzie internazionali e i governi tendono a combinare concetti di stati nazione etnicamente omogenei, come a Timor, in Kosovo, Kazakistan, Ucraina, Kenia con immigrazioni temporanee tra queste componenti.

L’aggressività con cui l’UE, gli USA e le agenzie transnazionali da loro controllate ribadiscono i concetti di controllo della migrazione rivela una spinta imperialista che mira all’obbedienza e alla condiscendenza dei paesi del terzo mondo, da ottenere con ogni mezzo possibile ­ economico, politico, finanziario o militare. Se in ambito di politiche d’immigrazione l’UE o il FMI si trovassero a dover gestire un crollo demografico, potrebbero indicare come soluzione lo spostamento di 75 milioni d’immigrati ­ e questo è indice di un piano di gestione a livello globale. [52]

Una visione del genere, come commentato dall’ex ministro degli interni francese Chevenement, supera di molto qualsiasi esodo dovuto ad una guerra, qualsiasi “scambio di popolazioni” come quello avvenuto nel subcontinente indiano, o anche la vecchia propaganda tedesca diretta a milioni di tedeschi in Russia per farli “tornare a casa”. In questi casi la politica sull’immigrazione diviene un processo di proporzioni molto maggiori.

Per comprendere le politiche su immigrazione e popolazione bisogna prendere in considerazione le lezioni naziste riguardanti la popolazione dello spazio europeo, per assimilare il concetto di “valore” di un popolo, la sua salute e la sua produttività [53], e da qui trovare i collegamenti diretti a genocidio, sfruttamento, decentramento, organizzazione delle popolazioni, questione sociale, strategie sull’immigrazione, questioni demografiche, e non meno importante la produttività delle società capitaliste. [54]

Esiste un preoccupante equilibrio fra coloro che vengono deportati dall’Europa ogni anno ­ circa 350.000 a cui si somma un numero imprecisato di persone che emigrano “volontariamente” a causa di politiche deterrenti ­ e coloro che vengono reclutati come forza lavoro straniera. Sotto questa luce le politiche migratorie appaiono come un modo per mantenere la “UK plc” o la “Deutschland AG” [55] e rappresentano una strategia d’ingegneria sociale per razionalizzare e ricomporre la propria popolazione. Questo perché il loro carattere transnazionale appare una nuova caratteristica nel controllo della migrazione.

E infine, per mantenere fuori gli indesiderati (cioè la maggioranza della popolazione mondiale), esistono un sistema globale spietato di deportazione e rimpatri, numerosi “paradisi”controllati dall’ONU, campi d’internamento e per rifugiati, isole del Pacifico trasformate in prigioni come Nauru, e migliaia di guardie di frontiera armate. Questi sono i simboli del ventunesimo secolo: ineguaglianza, ingiustizia e politica di esclusione. Dall’altra parte gli appelli per chiudere i centri di detenzione, terminare le deportazioni, dare un amnistia ai sans papiers, abolire i controlli sull’immigrazine e aprire i confini, da parte di organizzazioni come No one is illegal, di un numero sempre crescente di attivisti e di studiosi [56] marcano la sola vera strada per la giustizia e l’uguaglianza sociale globale.

 

NOTE:

1- Questo articolo somma diverse ricerche da Düvell, F. (ed) (2002): Die Globalisierung des Migrationsregimes. Materialien für einen Neuen Antiimperialismus 7. Berlin: Assoziation A
2- IOM (1995): Migration Information Programme - Transit Migration in Turkey
3- Tageszeitung, 11/5/2000
4- Come per esempio definito nella teoria di Rawls sulla giustizia come la seconda di "beni sociali primari" vedi Rawls, J. (1971): A theory of justice, Oxford: OUP
5- Kennedy, P., Connelly, M. (1994): Must it be the rest against the west?, in: Atlantic Monthly, 12/1994, p. 61 - 91. Kennedy, professore alla Yale university ed esperto militare è un seguace del Malthusianesimo e un profeta del concetto di esplosione della popolazione del terzo mondo, vedi Kennedy, P. (1993): Preparing for the 21. century, London: Random House.
6- Zolberg, A. (2001): Global migrants - global refugees, New York: Berghahn
7- Una versione è quella di definirlo un "trattato di sicurezza non-militare", Pargeter, A. (2001) Italy and the Western Mediterranean, Working Paper 26/01, ESRC "One Europe or Several?" Programme. London: Centre for Defence Studies, King's College
8- Vedi International Organisation for Migration (IOM): Assisted Return Service, www.iom.int/new.htm, Siehe Sassen, S. (1996): Migranten, Siedler, Flüchtlinge, Frankfurt: Fischer, own calculation in Düvell, F. (2002): Die Globalisierung der Migrationskontrolle, in Düvell 2002, p. 45 -168
9- Stalker, P. (2000): Workers without frontiers, London: Rienner
10- Macdonald, J.S. (1993): Agricultural organisation, migration, and labour militancy in rural Italy, in: Economic History Review, No. 16, p. 61 - 75
11- Jordan, B., Düvell, F. ( 2003): Migration - Boundaries of Social Justice, Cambridge: Polity. Ad ogni modo, uno studio sulla soggettività migrante dev'essere ancora realizzato
12- Sivanandan, A. (2000): Refugees from globalisation, in: CARF, no. 57
13- Baumann, S. (2000): Globalisation - the human consequences, Cambridge: Polity
14- Düvell (2002), prende in considerazione migrazione agricola-urbana, migrazione che attraversa le frontiere, migrazione forzata, incremento nelle città globali, e l'enorme migrazione interna in Cina.
15- YaBasta (2001): rompere i muri della Fortezza Europa, Italia
16- Kindleberger, C.P (1967): Europe's post war growth - the role of labour supply, Cambridge, Mass.: Harvard University Press, Sassen, S. (1991): Global Cities, Princeton and others
17- Shrestha, N.R. (1987): International policies and migration behaviour: a selective review, in: World Development, Vol. 15, No. 3, p. 329 - 345
18- European Commission (2001). On a Community Immigration Policy - Communication from the Commission to the Council and the European Parliament, Mr. Vitorino, Mrs Diamantopoulou", COM 11
19- Daily Telegraph, 4/9/2000
20- www.un.org, www.fao.org, www.worldhunger.org
21- Bollettino di Statewatch, diverse distribuzioni
22- Research Society Refuge and Migration (FFM), several publications, for e.g. Ukraine - Vor den Toren der Festung Europas, Berlin: Schwarze Risse
23- Vedi http://europe.eu.int/comm/external_relations/asem/min_other_meeting/mig.htm
24- Commission Staff Working Paper, (16.03.1998): EU action plan on influx of migrants from Iraq and the neighbouring region, SEC(1998) 466, Brussels
25- http://europa.eu.int/comm/development/cotonou/agreement_de.htm
26- WEU Ministerial Council: Luxembourg Declaration, Luxembourg, 23.11.99 plus several other documents
27- Hollifield, J. F.(1998): Migration, Trade, and the Nation-State: The Myth of Globalization, in: Paper prepared for a conference on "Managing Migration in the 21st Century", Hamburg, June 21-23, 1998
28- Straubhaar, T. (2000): Why Do We Need a General Agreement on Movements of People (GAMP)? HWWA DISCUSSION PAPER 094 Hamburgisches Welt-Wirtschafts-Archiv (HWWA); vedi anche Ghosh, B. (2000): Managing migration - time for a new international regime, Oxford: OUP
29- Bhagwati, J. (1998): A stream of windows, unsettling reflections and trade, immigration and democracy, Cambridge, Mass.: MIT; Sassen, S. 2000): Immigration im Zeichen der Globalisierung - Ein neues Feld politischer Inhalte, in: Vorgänge, No. 2, p. 3 - 13; Harris, N. (2002): Thinking the unthinkable - the immigration myth exposed, London: Tauris
30- www.igc.ch, www.icmpd.org
31- Per informazioni dettagliate vedi www.iom.int, per maggiori critiche vedi www.noborder.org/IOM
32- C'è da ricordare che alla conferenza tutti i 32 governi partecipanti hanno assicurato che non sarebbero stati in grado di prendere i rifugiati ebrei dalla Germania e Austria. L' Australia in particolare si è dimostrata apertamente antisemita. Con nessuna possibilità di fuga le basi per una "soluzione finale" furono poste, vedi Heim, S. (1993): "Deutschland muß ihnen ein Land ohne Zukunft sein - Die Zwangsemigration der Juden 1933 bis 1938, in: Beiträge zur nationalsozialistischen Gesundheits- und Sozialpolitik Nr. 11, Arbeitsmigration und Flucht, Berlin, p. 48 - 81
33- Risoluzione per stabilire un Comitato Intergovernamentale provvisorio per il movimento dei migranti in Europa (1951): Annex; Feldblum, M. (1999): Passage-Making and Service Creation in International Migration, Pasadena: California Institute of Technology; The UNHCR at 50: State Pressures and Institutional Autonomy
34- Per esempio,durante una conferenza sul traffico a Bruxelles nel settembre 2002, 1000 partecipanti, che rappresentavano donne e prostitute hanno protestato per il ruolo di passive spettatrici a cui erano state ridotte.
35- Costituzione dello IOM
36- Vedi diversi report e documenti su www.iom.int, come i bollettini, i report annuali etc
37- Kawczynski, R./RNC (2001): Compensation German Fund and IOM, Hamburg 8.5.2001, in: www.romnews.com/a/32-01.html
38- IOM (1995): Migration Information Program - irregular migration in Central Europe: the case of Afghan asylum seekers in Hungaria
39- UN/Integrated Regional Information Network (IRIN), 30/9/2002
40- IOM (1999): Migration in the CIS: 1997 - 1998
41- Steve Cook, IOM representative in an interview, transcript from video documentation for Ukrainian TV
42- www.no-racism.net, Festung Europa in der Offensive - Staatliche Flüchtlingsabwehr
43- O'Rourke, Kevin H., and Jeffrey G. Williamson (1995): "Around the European Periphery 1870-1913: Globalization, Schooling and Growth", NBER Working Paper 5392, Cambridge, MA: National Bureau of Economic Research
44- Kenichi, O. (1999): The borderless world: power and strategy in the interlinked economy, New York: Harper Business
45- Harris 2002, op.cit.
46- As Stalker (2000) is to disprove.
47- OECD (1998): Open markets: The benefits of trade and investment liberalisation, Paris; Trilateral Commission (1993): International migration challenges in a new era. Triangle paper 44, New York
48- Vedi per esempio Meillasoux, C. (1975): Femmes, greniers et capitaux, Paris: Librairie Francoise Maspero
49- Azzelini, D., Kanzleiter, B. (1999): Nach Norden, Berlin: Schwarze Risse
50- Bauman 1998, op. cit.
51- The new German Immigration bill: restrictive and repressive, in: Statewatch, Vol. 11, No. 5 2001
52- Guardian, 28.7.2000, Europe 'should accept' 75 m new migrants
53- La continuità è stata analizzata da Agamben, G. (1995): Homo Sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Torino: Giulio Einaudi
54- See Beiträge zur nationalsozialistischen Gesundheits- und Sozialpolitik Nr. 10 (1992): Modelle für ein deutsches Europa - Ökonomie und Herrschaft im Großwirtschaftsraum, Berlin
55- A Work Permits (UK) staff in an interview; Die Zeit,
56- Per nominare solo alcune di queste organizzazioni come No Border, No One is illegal, GISTI, ILPA o autori come Rawls, Caren, Gibney, Coles, Hayter,Bauder, Harris, Jordan and Düvell etc.

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