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< Migrazioni di Genere >

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Dal 15 al 17 ottobre 2005 si terrà a Bruxelles la conferenza europea sul lavoro sessuale, i diritti umani, il lavoro e l’immigrazione, organizzata dal Comitato internazionale sui diritti delle lavoratrici e lavoratori del sesso in Europa (ICRSE). Questo è un testo che si trova sul sito (tradotto) www.sexworkeurope.org, e può essere, benché restiamo perplessi sulle conclusioni del documento, un ottimo contributo alla riflessione sul tema migrazione/sex work/politiche sull’immigrazione.

IMMIGRAZIONE E MERCATO DEL SESSO

Nei decenni passati il numero di migranti che lavorano con il sesso in Europa è rapidamente cresciuto; qualcuno stima che essi superino in larga misura gli Europei nello stesso campo. Queste donne, uomini e transgender migranti vengono in Europa da tutto il mondo e trovano un impiego tra i molti lavori disponibili nell’industria del sesso.

I media di solito si riferiscono a questi migranti in maniera sensazionalista, parlando di “traffico” e di schiavitù sessuale; sia i media che i governi tendono a parlare di questi migranti come: a) ospiti indesiderati e clandestini in Europa, o b) vittime senza autonomia bisognose di protezione (che spesso si traduce nell’aiuto a tornare nei loro paesi di origine, cioè venire deportati.) La propaganda negativa e con motivazioni politiche implica anche che i/le migranti siano responsabili della diffusione di malattie a trasmissione sessuale. Spesso vengono diffuse solo immagini di migranti che lavorano all’aperto, contribuendo a diffondere la percezione sbagliata che questi lavorino solo sulle strade e che siano i soli responsabili del degrado che molte comunità lamentano. D’altra parte, i/le cittadin* europei che lavorano nell’industria del sesso incolpano i migranti di accettare pessime condizioni nel mercato del sesso europeo, abbassando così i guadagni dei/lle lavoratori/trici europei/e. In fin dei conti sia i clienti che i lavoratori dell’industria del sesso considerano cultura e sessualità dei migranti in termini razzisti, si aspettano da questi comportamenti preconcetti e capita che si comportino in maniera aggressiva quando questi pregiudizi si rivelano falsi.

Ricerche in tutta Europa rivelano una ben più complessa realtà tra i migranti di come questi stereotipi suggeriscano, soprattutto riguardo all’autonomia con cui questi si spostano e si avvicinano al lavoro nel mercato del sesso. E’ chiaro che la maggioranza di migranti viene in Europa cercando un futuro migliore per sé stess* e le loro famiglie, migliori condizioni economiche ma anche liberazione da situazioni di oppressione (come matrimoni forzati, violenza domestica, omofobia) ed emancipazione personale. Questo riguarda in particolare molti migranti transgender che soffrono per l’emarginazione e la discriminazione nei loro paesi. Ma questa situazione più complessa tende ad essere ignorata nei dibattiti pubblici, che si concentrano invece sulle esperienze più violente subite dai/lle migranti, che spesso non partecipano neppure a questi dibattiti e non hanno quindi opportunità di raccontare le loro storie.

Le ricerche non dimostrano che i/le migranti sono più inclini a praticare sesso non protetto. Ma la questione della competizione sul mercato del sesso riguarda tutt* i/le lavoratori/trici, in quanto è ovvio che migranti che provengono da paesi poveri, oppressi da debiti e dalla paura di venire espulsi/e in qualsiasi momento sono maggiormente disponibili a lavorare in condizioni peggiori e con tariffe più basse rispetto agli/lle europei/e. Finchè i/le migranti si sentiranno minacciati/e e socialmente emarginati/e non si sentiranno in grado di chiedere condizioni migliori e compensi pari a quelli di coloro che godono invece di sicurezza, temendo di perdere clienti.

L’immagine dominante e stereotipata di migranti che vendono sesso influenza abbondantemente la concezione delle presenti politiche sulla prostituzione. Ad esempio, l’attuale legislazione olandese in materia permette ai/lle cittadini/e europei/e di vendere sesso legalmente, mentre possibile che ai/le non-europei/e venga negato il permesso per lavorare in questo settore ­ la giustificazione ufficiale è che se venissero loro concessi questi permessi facilmente comincerebbe il traffico di esseri umani in Olanda. La legislazione olandese, che doveva inizialmente migliorare la posizione dei/lle sex workers, di fatto aiuta solo alcuni/e di loro.

La motivazione del traffico di esseri umani è usata anche per giustificare politiche sull’immigrazione anche più restrittive, che prevedono la creazione di schedari della polizia e di deportazioni dei/lle migranti che lavorano nel mercato del sesso, il che spesso si traduce nella costrizione per loro a nascondersi dalle autorità. Questo tipo di politiche di fatto aumenta i pericoli per i/le migranti, poiché li costringe alla clandestinità e al rifiuto di sporgere denuncia in caso di eventuali violenze subite.

Le politiche che mettono i/le migranti in difficoltà ignorano il fatto che coloro che danno lavoro in questo campo pubblicizzano questo lavoro “flessibile” e più redditizio, nel caso di coloro che accettano condizioni di lavoro peggiori; inoltre, la preferenza che alcuni clienti accordano a lavoratori/trici di provenienza “esotica” incoraggia a cercare sex workers di culture e razze diverse, e porta a modalità di assunzione come il contratto tri-settimanale, il che costringe i/le migranti a spostarsi continuamente.

Molti/e migranti vengono in Europa con l’intenzione di fermarvisi temporaneamente, ma considerate le possibilità di guadagno da mandare a casa spesso vi si fermano più a lungo. Poiché non esiste per loro una possibilità di regolarizzare la loro posizione in base al lavoro nel mercato del sesso, sono costretti/e a lavorare senza alcuna protezione legale. In alcuni paesi essi/e non hanno accesso ai servizi sanitari, anche se alcune cliniche e progetti di ricerca spesso monitorano la loro situazione sanitaria. In alcuni paesi, ai/lle migranti clandestini/e non viene riconosciuto il diritto di partecipare a manifestazioni pubbliche o di fare parte di associazioni. Sono spesso maltrattat* dalla polizia, che non permette loro, in quanto “illegali”, di denunciare violenza o sfruttamento. Poiché essi/e si trovano a dover far fronte come tutt* i/le migranti alle barriere linguistiche, possono diventare dipendenti da altri che li aiutino ad affrontare la vita di tutti i giorni. Ciononostante, alcuni/e migranti riescono a trovare modi di lavorare e vivere e gradi di integrazione sociale accettabili, e formano una significativa sottoclasse tra i/le migranti in Europa. Alcun* viaggiano spesso sia in Europa che da e per il loro paese d’origine.

PROPOSTE PER UN CAMBIAMENTO

Secondo le convenzioni internazionali, tutte le persone godono della libertà di lasciare il proprio paese d’origine per cercare lavoro, ma di fatto non godono della libertà di entrare in un altro paese. Si trovano invece a dover affrontare leggi locali che regolano il lavoro migrante in ogni paese. Le seguenti sono richieste che questa conferenza propone di avanzare:

• IL DIRITTO ALLA MOBILITA’, AD ENTRARE E LAVORARE LEGALMENTE IN ALTRI PAESI, E NELL’INDUSTRIA DEL SESSO. Potrebbero esistere due modi diversi di ottenere permessi di lavoro, cioè: a) come impiegati/e, o b) come liber* professionist*. Questa richiesta vuole che i /le migranti abbiano la possibilità di vivere dignitosamente lavorando nel mercato del sesso, proprio perché sono gli Europei a pagarli/e. Questa richiesta include anche il diritto di stare e trascorrere del tempo in spazi pubblici, visto che questi sono un diritto di ogni persona.

• IL RISONOSCIMENTO DEL MERCATO DEL SESSO IN OGNI STATO APPARTENENTE ALLA COMUNITAì EUROPEA. Quando le attività commerciali sono “formalmente” riconosciute esse entrano in un processo di regolarizzazione che permette l’azione, così controlli, controlli e condizioni sanitarie basilari devono essere garantite ai/lle lavoratori/trici. Si potrebbe obbiettare che a coloro che lavorano nel mercato (del sesso) devono essere garantiti i normali diritti dei lavoratori, devono essere inseriti nei regolari piani di sicurezza sociale e devono avere garantite alcune condizioni che sono garantite ai/lle lavoraotori/trici europei/e. Questo significa anche che lo stato guadagna in tasse da questo tipo di mercato, così come dai/lle lavoratori/trici stessi/e. Inoltre, l’ILO (International Labour Organisation ndt) nel corso del suo studio sul settore nell’Asia sud-orientale è arrivata alla conclusione che solo penetrando all’interno del business condotto dal governo, cioè rendendo i/le sex workers totalmente visibili, questi potranno essere protetti/e.

• IL RICONOSCIMENTO DI COLORO CHE OPERANO NELL’INDUSTRIA DEL SESSO COME LAVORATORI/TRICI. Alcuni giudici hanno dettato sentenza in merito a casi di datori di lavoro che impiegano migranti, richiedendo di metterli in regola. Ma la questione è che, sia che questo settore venga riconosciuto come “legale” o no, coloro che vi lavorano hanno il dovere di proteggere la loro forze. Questo potrebbe necessitare la creazione di una nuova categoria di lavoratori/trici o di professione per l’iscrizione nelle liste governative; questa categoria potrebbe essere chiamata “servizi personali”, per evitare termini pesanti.

• IL SUPPORTO DA PARTE DI SINDACATI RICONOSCIUTI. In alcuni paesi, i sindacati hanno riconosciuto l’incoerenze dell’esistenza di un settore di mercato del sesso altamente lucrativo in assenza di un qualsiasi riconoscimento di coloro che vi lavorano. Quest’incoerenza riguarda anche i/le lavoratori/trici europei/e, che vengono ignorati dai sindacati dei propri paesi. Un maggiore supporto da parte di altr* lavoratori/trici e sindacati potrebbe invece incoraggiare i/le migranti ad essere più attiv* politicamente.

• CAMPAGNE PER MODIFICARE LA RAPPRESENTAZIONE DEI/LLE MIGRANTI CHE LAVORANO NEL MERCATO DEL SESSO. Questo sarebbe compito di ONG ed altri organismi solidali con la situazione dei/lle migranti.

• L’APPLICAZIONE DI TRATTATI INTERNAZIONALI CHE PERMETTANO A TUTTE LE PERSONE DI MANIFESTARE PUBBLICAMENTE E DI PRENDERE PARTE ALLE ASSOCIAZIONI.

• IL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE E DI ACCESSO AI SERVIZI E ALLE LEGGI CHE POSSONO PROTEGGERE I/LE MIGRANTI, INDIPENDENTEMENTE DAL LORO STATO CIVILE.

• IL DIRITTO AD ACCEDERE AI PRINCIPALI SERVIZI PUBBLICI, AD AVERE PROTEZIONE DALLA POLIZIA E DI DENUNCIA DELLE VIOLAZIONI DI DIRITTI.

*Alcuni di questi studi sono riguardano il “traffico” di persone, ma la maggior parte immigrazione e pre-immigrazione: Altink 1995; Cuanter 1998; Polanía and Claasen 1998; Kennedy and Nicotri 1999; Bueno 1999; Lahbabi and Rodríguez 2000; Bonelli et al 2001; Agustín 2001; Mai 2001; Pisano 2002; Cabiria 2002; Gülçür and Ilkkaracan 2002; Danna 2003; Carchedi et al 2003; Corso and Trifirò 2003; Riopedre 2003; Oso 2003; Likiniano 2003; Andrijasevic 2003; Zimmerman et al 2003; Cooper et al 2004; Ward et al 2004; Pisicitelli 2004; Cabezas 2004; Unal 2004; Crowhurst ; Janssen 2005; Ribeiro and Sacramento 2005.

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