PRIMO INCONTRO DEI POPOLI ZAPATISTI CON I POPOLI DEL MONDO
"...se anche non potremo cambiare il mondo, lotteremo affinche' il mondo non ci cambi."

Oventic, Caracol II, cuore centrico dei zapatisti di fronte al mondo.
30 dicembre 2006 - 2 gennaio 2007


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EZLNPer raggiungere Oventic, sia che si venga da San Cristobal o dalla capitale Tuxtla Gutzierrez, bisogna serpeggiare tra le montagne dell'Alto del Chiapas, tra ripidi campi di mais, foreste, piccoli villaggi, panorami mozzafiato e passare un imponente posto di blocco dell'esercito federale, subito dopo Bochil.

Siamo benvenuti, insieme ad altri 2000 partecipanti di 44 nazioni diverse di quattro continenti, nel Caracol di Oventic, una delle cinque zone autonome e liberate dall'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e gestite da altrettante Giunte del Buongoverno, ovvero dalle assemblee indigene di questi diretti discendenti dei Maya. Ogni Caracol include diversi villaggi, detti MAREZ (Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti) a loro volta gestiti da assemblee piu' piccole. Siamo giunti fin qui, appunto, per confrontarci sui modelli di governo e di autogestione delle comunita' locali che da 13 anni a questa parte, cioe' dalla sollevazione armata del 1994, tentano di gestire, autonomamente dal governo federale, la propria vita.

Il villaggio si arrampica su un fianco scosceso di una montagna e si affaccia su vallate verdi a piu' di duemila metri di altezza. Spesso le nuvole invadono il paesino, avvolgendo tutto in una fitta nebbia, poi passano e lasciano il posto a un sole rovente. La notte, sotto un cielo sempre stellato, la temperatura scende vertiginosamente ma questo, e neanche la pioggia che ha infangato gli ultimi giorni, non impedisce ad altri duemila indios della regione, oltre gli internazionali, di accamparsi con tende di fortuna a ridosso della tribuna e del campo di basket che fungono da foro dell'evento.

PERCHE' L'INCONTRO?

Spiega brevemente il pamplet del loro programma: "In questo Incontro dei popoli noi zapatisti vi racconteremo la nostra esperienza di questi anni di governi autonomi; gli obiettivi e i problemi che affrontiamo per costruire questa proposta anticapitalista e tenteremo, con umilta' e rispetto, di rispondere, dibattere, intercambiare e, soprattutto, condividere i nostri errori e ostacoli e anche i nostri piccoli successi. E' tempo di organizzarci e vedere come affronteremo insieme questo male comune che e' il neoliberismo che attacca l'umanita'". A ridosso delle conferenze, nella vita quotidiana del campeggio, sono effettivamente nati laboratori, reti, scambi d'opinioni, contatti, che hanno sancito l'effetiva riuscita dell'incontro, convergendo mille mondi in una trama comune.

inaugurazione incontro chiapas 2007

TAVOLI DI LAVORO

L'Incontro si articola essenzialmente attorno a 6 tavoli di lavoro, riguardanti le diverse specificita' del governo comunitario. I dibattiti sono articolati come in una conferenza, dove dal palco le Giunte dei vari Caracoles, con i responsabili dei relativi settori, raccontano lo sviluppo locale nei vari temi. Non bisogna pero' pensare a dei tecnici e/o professionisti: i relatori sono contadini stessi, eletti dalla comunita' e coperti dall'anonimato del passamontagna, che narrano il loro percorso di autogoverno. A volte intervengono compagn* analfabet* ma chiaramente ricchi dell'esperienza specifica che portano all'attenzione di tutti/e. Come dice Rosa: "Molti di noi non sanno leggere e non sanno scrivere ma questo non significa che non sappiamo pensare". Al termine dell'illustrazione degli obiettivi e problemi dei vari Caracoles, ci sono le domande del pubblico, spesso capziose, molto tecniche ma che comunque aiutano a dare una dimensione sempre piu' reale e specifica del lavoro delle Giunte. Si conclude con una lunga serie di interventi di svariati collettivi, gruppi (e anche esperienze individuali) di tutto il mondo, inerenti al tema trattato.

TAVOLO INAUGURALE - AUTONOMIA E ALTRO GOVERNO

A carico delle cinque Giunte del Buongoverno zapatiste con il tema: Che significa governare nell'autonomia? Quali sono gli obbiettivi? Cosa e' l'autonomia per i zapatisti? Che significa il principio zapatista "comandare obbediendo"? Obiettivi e orizzonti.

Quando si parla di Autonomia in ambito zapatista, si parte dal basso. Le strutture organizzative che si sono dati gli indigeni di questa zona del Chiapas partono e tornano al popolo, attraverso una serie di rappresentanze alle quali sono applicate verifiche a ogni livello. Chi viene incaricato di gestire la comunita', nelle differenti aree come salute, educazione, agronomia, etc, rimane investito di questa responsabilita' per tre anni. Il suo ruolo e' sempre destituibile, dalla comunita' stessa che decide se e quanto e' soddisfatta del lavoro del proprio rappresentante. Lo stesso "candidato" non puo' essere in nessun caso rieletto, proprio per evitare l'accumulo di potere e di conoscenze specifiche in un lobby ristretta. Dicono: "Anche se e' una guida capace, deve lasciare il posto ad uno nuovo. Se il nuovo arrivato e' meno capace, ha tutto il tempo di apprendere dal precedente incaricato". I rappresentanti sono scelti in seno alla comunita' stessa e solo gente del posto puo' assumere tali ruoli.

Dato che il denaro non e' la moneta di scambio nelle relazioni dei Caracoles e la proprieta' privata e' sostituita dalla proprieta' comunale, i rappresentanti non percepiscono alcun salario; l'assenza di lusso e distinzioni economiche e' una caratteristica fondamentale dei Caracoles. La comunita' stessa si occupa di garantire cibo, vitto e aiuto (in famiglia, con i bambini) agli incaricati, che dovendo adempire i propri compiti non possono andare a coltivare i campi.

Dunque il "comandare ubbidendo vuol dire che il popolo decide la direzione ed il modo in cui lavorare". Ecco i sette principi per l'Altro Governo: l'ubbidire e non comandare, il rappresentare e non soppiantare, lo scendere e non il salire, il convincere e non vincere, il costruire e non distruggere, il proporre e non imporre.

La Giustizia: un tema spinoso e interessante. Gli zapatisti cercano di porre fine alla idea di castigo inteso come vendetta. In casi gravi e estremi, dove e' prevista anche una detenzione in un piccolo carcere, il colpevole e' trattenuto temporaneamente e mai una pena si sconta attraverso la reclusione. La riabilitazione del colpevole avviene attraverso il lavoro comunitario, sancito dalla Giunta dopo aver ascoltato le parti in causa. Addirittura il risancimento alla vittima non viene devoluto alla famiglia o alla persona coinvolta ma alla comunita' e alla Giunta stessa. Lo stesso risancimento e l'entita' del lavoro collettivo sono decisi congiuntamente tra Giunta e vittima.

Su tal tema hanno illustrato che "il nostro ruolo è cercare e costruire un accordo comune, piu' che applicare la legge. Come autorita' della Giunta siamo un ponte e per mezzo del dialogo arriviamo all'aggiustamento", anche se - hanno aggiunto - "non sempre e' così facile". Affermano poi che non confondono dialogo con negoziato: la giustizia non e' mercanzia che si baratta o aggiusta matematicamente. Attualmente non c'e' un sistema giuridico a cui uniformarsi e ogni municipio si mette d'accordo sui propri regolamenti interni, anche se si sta individuando la necessita' di elaborare norme generali che possano guidare tutti i municipi di una zona. Infine le Giunte del Buongoverno assumo un ruolo di mediazione anche nei conflitti territoriali e nelle dispute civili.

Terminando, hanno raccontato che spesso si trovano ad ospitare migranti sudamericani di passaggio, diretti alla frontiera USA. A questi "clandestini" danno cibo, solidarieta', accoglienza ma cercano anche di fare un lavoro politico affinche' capiscano che devono cambiare il mondo laddove sono stati destinati e che nell'opulento Nord troveranno solo altre catene.

Tirando le somme, affermano che la principale difficolta' e' nell'uomo stesso, nelle sue debolezze. Ma condividere i problemi con la comunita' aiuta a risolverli, anche ammettendo umilmente davanti alla gente dove e' che si hanno delle incompetenze. I governanti non hanno risposte, quindi ascoltano il popolo. Ovviamente l'altra enorme difficolta' e' posta dall'assedio delle forze federali che sabotano l'autonomia in tutti i modi possibili, con una guerra a bassa intensita'.

TAVOLO 1 - L'ALTRA EDUCAZIONE

Come e' l'educazione autonoma zapatista? Quale e' stato il suo processo? Quali problemi affronta? Quali sono le esperienze di educazione alternativa degli altri popoli del mondo?

La conferenza si sarebbe dovuto tenere nell'ampio spazio della scuola primaria, ma gia' poco dopo l'inizio e' stracolma. Circa duemila partecipanti si sono quindi spostati e riuniti nella "piazza centrale", ovvero nel campo da basket. All'altissima partecipazione e' corrisposto un'altrettanto elevato livello di discussione.

Come per molte altre questioni, il 1994 funge da spartiacque nella vita di questi discendenti dei Maya. Prima della sollevazione armata le scuole in questa zona selvaggia erano pochissime e malfunzionanti. I professori statali non avevano alcun interesse a seguire l'apprendimento dei bambini e la cultura della scuola ufficiale era tesa a negare la storia degli indigeni, imponendo quella coloniale. L'insegnante istituzionale era funzionale solo alla distruzione del mondo e della natura, giocando a favore del capitalismo. I bambini indios venivano discriminati per la lingua che parlavano, per i vestiti "ridicoli", per il colore della pelle e in alcuni casi i paramilitari impedivano loro l'ingresso a scuola.

L'educazione autonoma zapatista non solo e' indipendente da quella del malgoverno, ma le si contrappone. Se quella del governo vuole diffondere una cultura individualista, meritocratica e proiettata nel mercato globale, quella zapatista vuole creare una cultura collettiva per il popolo, non dimentica della lotta e funzionale alla vita comunitaria.

I vari rappresentanti delle Giunte di Buongoverno hanno parlato anche dell'importanza della formazione dei promotori di educazione che sono scelti in assemblee comunitarie per prepararsi a fare scuola nei loro villaggi. Dunque non ci sono "professori", ma educatori.
Nella scuola ufficiale il maestro e' il detentore assoluto del sapere, il promotore all'educazione zapatista e' una persona della comunita' che insegna apprendendo. La curiosita' della conoscenza e' reciproca, dall'adulto al bambino e viceversa. La scuola non e' vista come reclusione e il bambino non sta seduto ma gioca col maestro, gira per gli spazi della comunita', si dividono perfino la merenda. La pratica e la teoria si alternano a ritmo del gioco, delle stagioni, dei percorsi pedagocici, ignorando pagelle, voti, interrogazioni e note. Se l'alunno scalpita, non segue, non "produce" attivamente, vuol dire che l'errore e' dell'educatore che non ha saputo suscitare l'interesse del ragazzo; dunque, si riformula il gioco/spiegazione affinche' stimoli una adeguata curiosita'.

Spiegano: "Per la democrazia e per l'insegnamento ci deve essere l'amore, non il lavoro. La comunita' dunque si preoccupa del vitto e del mantenimento dei docenti, che non hanno salario. La scuola zapatista non e' per gradi, per quanto abbiamo una primaria e una secondaria. Le ragazze e i ragazzi sono riuniti in gruppi simili di eta' o livello d'apprendimento e quelli piu' grandi aiutano i piu' piccoli". Ma la divisione non e' matematica e il passaggio da un livello al successivo e' molto fluido, in base agli interessi e le propensioni dell'alunno.

L'educazione comunque ruota a quattro aree conoscitive: matematica, storia, vita ed ecosistema, lingue. La matematica viene insegnata attraverso esempi pratici, contando le cose della natura, giocando all'aperto. La storia, che comprende miti indios e storia della lotta zapatista, viene appresa attraverso i canti, i balli tipici, i racconti dei nonni. Vita ed ecosistema servono a sviluppare una coscienza ecologica che porti ad acquisire tutti gli elementi (anche di sopravvivenza) della natura circostante: la conoscenza delle piante, degli animali, del bosco e della montagna; ma allo stesso modo, appresa l'importanza di questi elementi nella cultura indigena, servono a maturare un rispetto profondo verso la Madre Terra. Le "lezioni" sono rigorosamente bilingue, innanzittutto in dialetto indio locale (che varia da Caracol a Caracol) per non perdere mai le proprie radici e poi in spagnolo per non essere esclusi dal mondo, benche' questa lingua coloniale sia stata usata per sterminare culturalmente gli indio. Affianco a queste aree tematiche vi sono laboratori pratici: riparare piccoli oggetti, fare un orto comunitario, dipingere le mura della scuola. Le decioni sui "programmi" sono prese collettivamente dalle gruppo di alunni e insegnanti, unanimamente. Dicono: "La democrazia del potere e' quella del 50%+1, per la cultura indigena la democrazia e' il consenso collettivo. Cosi' dunque facciamo a scuola."

Gli alunni, sin dal principio, sono immersi nella vita comunitaria, la scuola non li separa da essa ma anzi li forma affinche' sviluppino una coscienza collettiva. Gli zapatisti hanno inoltre sottolineato che per molti versi nel loro modello educativo l'universita' e' inutile. Per quanto stiano sviluppando un'idea di un ateneo comunitario, il sapere specialistico occidentale e capitalistico e' essenzialmente superfluo nella vita della selva. Per chi termina il percorso educativo e vuole impegnarsi a fondo ci sono equipe tecniche per una cultura avanzata finalizzata a quello che serve alla comunita' (agronomia, promotore di salute, promotore di educazione stesso, farmacista di erbe medicinali, panettiere, etc...). Bisogna aggiungere che pero' le scuole zapatiste non sono riconosciute dallo stato federale a nessun livello. Chi uscisse dalla comunita' per proseguire gli studi altrove non avrebbe alcun titolo valido, ma, ci spiegano: "nessuno e' venuto meno ad adempiere le proprie scelte all'interno dei Caracol, decidendo piuttosto quanto e come dedicarcisi".

L'Altra Educazione e' dunque il motore del "cambìo social", creatore di coscienza. La sua importanza si puo' sintentizzare su quello striscione che recita "la Otra Educacion es el corazon de la Autonomia" e si evince dal profondo impegno che la comunita' intera mette in questo campo. Dicono: "Sono i nostri figli, per questo nell'Altra Educazione stiamo investendo tutto". Non a caso il malgoverno cerca di sabotarla come puo'. Benche' prima del 1994 una scuola secondaria da queste parti era un miraggio, ora lo stato federale, giocando sporco e sapendo che vi sono solo due scuole secondarie dei Caracoles, ne costruisce a bizeffe attorno, per far si che i campesinos non mandino i figli alle scuole zapatiste.

In ultimo hanno ringraziato la societa' civile per l'aiuto dato. Infatti anche se molte scuole sono state costruite dalle comunita', alcune sono state messe su' grazie alla solidarieta' internazionale. Lo stesso succede con il materiale scolastico che e' gratutito e fornito dalla collettivita' (e dai doni e dagli aiuti internazionali).

TAVOLO 2 - L'ALTRA SALUTE

Come e' il sistema di salute zapatista? Quali sfide affronta? Quali sono i suoi risultati? Quali le sue difficolta'? Altre esperienze dell'Altra Salute nel mondo.

(il seguente testo e' tradotto e estratto dal bollettino 3 di Oventic, dato che era nello stesso orario del precedente tavolo che stavamo seguendo)

Simultaneamente ai lavori del tavolo dell'Altra Educazione, si è portata avanti la riflessione sull'Altra Salute, con i rappresentanti autonomi delle cinque Giunte di Buon Governo e si è sottolineata l'importanza di riscattare la medicina tradizionale dei popoli indigeni. Hanno parlato di come organizzano la salute nella resistenza attraverso la preparazione di
promotori di salute e la costruzione di piccole case di cura, microcliniche ed ospedali zapatisti.

Gli/le rappresentanti delle comunità in resistenza hanno esposto la loro posizione di fronte all'aborto. L'aborto molte volte succede senza che nessuno lo provochi, perché si tratta di cose che succedono nelle comunità. "Molte donne soffrono questo problema, non lo praticano né lo cercano, succede per le condizioni di vita indigena".

Nella sessione di domande e risposte, si è sottolineata l'importanza di rafforzare l'educazione sessuale e la salute riproduttiva. Si è parlato anche dei problemi di salute mentale, dell'importanza delle campagne di vaccinazione senza la partecipazione del governo, dell'uso di stufe ecologiche che evitino i danni che provoca l'inalazione del fumo da legna
nelle donne e dell'importanza dell'educazione per pianificare la famiglia.

Gli zapatisti hanno spiegato che il loro precario sistema di salute si occupa gratuitamente di tutte le basi d'appoggio dei villaggi e che offrono pure il servizio di salute agli indigeni che non sono zapatisti perché "la salute è un diritto che non deve distinguere, come invece fa il mal governo".

20 compagni e compagne di molte parti del mondo hanno raccontato esperienze di salute alternativa. Il Collettivo Brigata Ambulante, del Distretto Federale, ha parlato del suo lavoro con le lavoratrici sessuali in Città del Messico, mentre un altro collettivo di Michoacán ha riferito dell'importanza della fisioterapia per la salute: "Il capitalismo ammala e dà solo soluzioni parziali con le cure".

Dal Cile, Ximena Castillo ha parlato della salute mentale e del lavoro nel suo centro comunitario di riabilitazione per schizofrenici. Gisela Morales, di Monterrey, ha spiegato che lavora in una zona emarginata dove le comunità cercano rettili per mangiare. "È necessario tentare di non riprodurre il sistema dentro noi, creare un altro paradigma. Bisogna ricordare che la terra e la natura sono i medici e gli ospedali più antichi".

Edgar Ibarra, della Fattoria della Sud Centrale di Los Angeles, California, ha raccontato che il suo progetto comunitario ed autogestito nacque nel 1992 e contava su 14 ettari dove la gente poteva coltivare i suoi propri alimenti, oltre a seguire dei corsi di medicina tradizionale e di agricoltura. Sono stati sgomberati dal loro terreno però hanno ancora un locale dove continuano ad offrire un servizio di salute basato sulle piante medicinali.

Fra gli interventi ci sono state altre voci ancora: quella di una missionaria indipendente, di un medico di Città di Messico che ha lavorato con i medici scalzi in Cina, di un compagno del Sierra Totonaca che porta avanti un progetto di salute comunitaria, di un collettivo di Yucatan, un'esperienza di musicoterapia a Buenos Aires ed una commovente storia di un indigeno del Canada. Hanno parlato anche sorelle e fratelli del Guatemala, di Amatlán (Morelos), del Costa Rica e del Distretto Federale.

TAVOLO 3 - DONNE

La lotta per l'uguaglianza. Sfide, obbiettivi e gli ostacoli che affrontano le donne indigene zapatiste. Come vive una donna indigena zapatista nella sua comunita'. Donne e autonomia. I suoi piccoli risultati e orizzonti.

Circa trenta donne di tutti i Caracoles sono schierate sul palco, determinate a raccontare con sicurezza, semplicita' e senza peli sulla lingua la loro lotta interna alla comunita'. Coscienti di essere tre volte sfruttate (come lavoratrici, come indigene e come donne), non fanno mistero del maschilismo che permea la cultura campesina. Tante battaglie intestine, consumate in seno alla famiglia, contro padri, fratelli, mariti prima di arrivare alla determinazione e alla coscienza che oggi trasmettono al mondo. Ci tengono a precisare che "il maschilismo e' figlio della cultura coloniale, prima non era cosi'". Quale che sia l'origine sempre con la realta' patriarcale devono fare i conti. Bisogna dire pero' che la loro visione e' "inclusionista" e benche' sentano la necessita' di confrontarsi solo fra donne, per le donne, l'obiettivo ultimo e' l'uguaglianza nella comunita' e ogni sforzo e' per la collettivita', che include tutti, uomini e donne, bambin* e anzian*.

Magdalena ed Elena, tzotziles degli Altos, hanno condiviso una testimonianza: "prima era molto difficile, perché non eravamo tenute in considerazione, senza diritto di pensare e tanto meno di prendere una decisione sulla nostra stessa vita. Molte erano obbligate a sposarsi con chi non desideravano. Già sposate ricevono botte, maltrattamenti ed umiliazioni dai mariti, e di più quando si ubriacavano. Non c'era modo di difenderci né protestare; inoltre l'opinione dei genitori, nonni e mariti è quella che dobbiamo sopportare e restare in silenzio". Come donne, aggiungono, "non abbiamo diritto alla terra, non possiamo occupare incarichi né risolvere problemi, tanto meno governare. Ma quando abbiamo incontrato la nostra organizzazione, da prima del 1994 ci siamo accorte che abbiamo diritti e che dobbiamo lottare insieme agli uomini per distruggere la nostra sofferenza". Hanno compiuto questo sforzo, seguendo l'esempio della Comandante Ramona, donna combattente della Comandancia Clandestina dell'Ezln e tra le prime graduate, organizzando un coordinamento di donne, laboratori, collettivi, cooperative per la presa di coscienza di genere nei vari villaggi.

Raccontano di come combattono la divisione dei ruoli, che relegandole ad accudire bambini e animali, le allontana dalla vita civile, politica e militare. Anche perche' gli uomini raramente si mettono a fare i compiti che "storicamente" spettano alle donne, e quelli che lo fanno sono presi in giro dagli altri maschi. E parlano di come vengono burlate e qualche volta umiliate quelle che faticosamente giungono alle rappresentanze o alle Giunte di Buongoverno. Ma raccontano soddisfatte: "una delle sfide più importanti nell'Altro Governo è la partecipazione della donna come autorità. Quando si sono create le Giunte c'era solo una donna, ma dopo 3 anni e mezzo di lavoro possiamo dire ora che siamo quasi alla pari, anche se manca ancora un lungo cammino".

S'infiamma poi l'ardore rivoluzionario: "La lucha sin mujeres no avanza", perche' le donne sono la maggioranza del popolo e quindi non ci sarà vera rivoluzione se questa non include la presa di coscienza delle donne. Sono stufe di essere considerate, dalla mentalita' campesina e dal pensiero colonialista e capitalista, solo come mogli e madri dei loro figli, salvo poi vedersi negato anche il diritto di difenderli. La spinta che le donne possono dare per "el cambio social" e' determinante e imprescindibile. Parole decise: "quando una mujer avanza, no hay hombre que regresa" (quando avanza una donna non c'e' uomo che non la segua!); e la storica: "Mujeres dejamos el mandil y si se necesita tomamos el fucil (donne lasciamo il grembiule e se è necessario impugnamo il fucile)"

Poi parlano dei fatti quotidiani, della giornata tipica, dura, della campesina. Del fatto che le donne indigene sono le piu' colpite dall'analfabetismo, ma che nonostante cio' mantengono alti e vivi i valori della comunita' assicurando cosi' la continuita' delle tradizioni, attraverso l'educazione dei figli. Hanno detto, tra mezzi sorrisi e accendendo la simpatia dei partecipanti, che "già" hanno il diritto di decidere insieme ai loro compagni il numero di figli che vogliono avere, anche se affermano che molte volte sono i mariti che "non ubbidiscono".

Chiudono, orgogliose, indicando che vogliono costruire un incontro fra sole donne per confrontarsi sulle lotte, sulla salute sessuale, sull'autodeterminazione. Invitano le compagne, le indigene e le donne del mondo a reagire alla violenza domestica. Su questo fronte raccontano che si stanno coordinando per combattere ogni forma di pressione compresi anche insulti, umiliazioni, restrizioni dei mariti, padri, fratelli. Come? Entrando tutte in casa della vittima e additando pubblicamente l'uomo che molesta!

Piccole storie, piccole donne che mentre parlano alla conferenza, con tanto di passamontagna, allattano i bimbi, seguono le figlie che corrono sul palco e bagnano con tanta umanita', viva e reale, le parole sicure della liberazione politica.

TAVOLO 4 - L'ALTRA COMUNICAZIONE, L'ALTRA CULTURA, L'ALTRA ARTE

Reti e spazi di incontro. L'apprendistato zapatista, i limiti delle sue comunicazioni. Radio Insurgente, creatori di video indipendenti, le radio comununitarie. Arte, cultura e comunicazione nella resistenza nel mondo.

I mezzi di comunicazione governativi non parlano di quello che succede realmente nei territori e da qui quindi parte la necessita' di creare mezzi di informazione indipendenti e non filtrati per notizie vere, chiare e precise. Il malgoverno fa un uso strumentale delle informazioni e di conseguenza gli zapatisti hanno preso coscienza della necessita' di creare media adeguati alle esigenze comunitarie. Lo hanno fatto organizzando corsi di utilizzo macchine da ripresa, computer e internet.

Le/i compagn* delle Giunte ammettono con umilta' che il loro uso del pc e' elementare: la cultura loro è altrove, nei campi, nel machete, nei frijoles, nel mais. Pero' sanno che non possono fare a meno, nel processo di globalizzazione della vita e della lotta, dei moderni strumenti comunicativi. Per esempio hanno sottolineato l'importanza di internet per sapere da fonti alternative e indipendenti cosa succede in Chiapas, in Messico e nel mondo o anche per seguire i percorsi politici tipo la Otra Campagna e la carovana del Delegato Zero. Questi materiali, insieme ai video autoprodotti vengono proiettati alle feste dei municipi, perchè ci sono comunità senza luce elettrica o senza strumenti idonei. Affermano pero' che ci sono problemi nelle traduzioni delle notizie per i molti campesinos che non conoscono lo spagnolo: solo nella zona Nord ci sono 4 lingue indigene e la traduzione rallenta la velocità con cui viaggiano le informazioni. Dunque, anche se il castigliano - ribadiscono sempre - è la lingua usata per sterminare la cultura indigena, oggi è usato come strumento di comunicazione interno fra le differenti etnie e come lingua di relazione col mondo esterno.
Altri problemi tecnici sorgono con le radio: la stessa Radio Insurgente non riesce a trasmettere bene in tutto il territorio zapatista e molte radio comunitarie suppliscono disfunzioni tecniche (trasmettitori rotti, etc...)

Riguardo l'arte e la cultura indigena non bastano queste poche parole e ne' tantomeno gli interventi dei "compas" per sintetizzare una produzione e una saggezza immensa e ancestrale. La loro arte e la loro cultura sono da salvaguardare contro l'attacco del capitalismo colonizzatore che vuole cancellarle da oltre cinquecento anni. Queste forme di arte autoctona, sotto il secolare assedio coloniale, si sono trasformate in cultura di resistenza. Insegnare la musica e la danza ai figli, per i genitori, e' un gesto ribelle e resistente che tramanda usi e costumi antichi. Esempi di questa cultura si trovano nell'utilizzo delle erbe curative usate dai curanderos, nell'uso calendario maya in agricoltura, nei vestiti tipici (tinti con i colori dei caracoles), nelle forme sincretiche fra cristianesimo e religione indigena (nei caracoles la maggioranza e' cattolica, ma vicina alla teologia della liberazione), nelle musiche e nei balli che improvvisamente i "relatori" inscenano sul palco.

La musica (cumbia, tradizionale o norteña che sia), infine, che non manca mai tra un intervento e l'altro, tra un'assemblea e una cerimonia marziale, nelle notti stellate e in quelle di pioggia, e' per gli zapatisti una forma di organizzazione che aiuta la lotta e rallegra "el corazon". Ci tengono a far sapere che, ovviamente, i loro musicisti e artisti non percepiscono ricompense. Si canta come si lotta.

TAVOLO 6 - TERRA E TERRITORIO

La terra e' di chi la lavora. Mantenimento della terra, redistribuzione agraria, terre recuperate, ostacoli su queste terre e problemi di confine. L'esperienza zapatista. Esperienze di lotta e difesa della terra e del territorio nel mondo.

I figli della terra, color della terra, parlando dei campi, parlano di se medesimi, dei loro sogni, della loro lotta, della vita dura (a schiena china ma testa alta) che orgogliosamente conducono. Parlano della terre riconquistate, che i latifondi avevano espropriato agli indios. Ci tengono a precisare che le loro occupazioni di terra sono quindi riappropiazioni. Terre che sono state riprese e collettivizzate secondo il principio zapatista de "la terra e' di chi la lavora" e grazie alla lotta organizzata e con l'insurrezione del 1994. Da allora molte comunita' e basi d'appoggio dell'EZLN pero' sono state cacciate dai paramilitari, se non proprio dall'esercito governativo, che cercano di sgomberare i campi ai latifondisti e accaparrarsi queste terre ricche di risorse (anche petrolifere). Lo scontro si fa piu' aspro nelle terre a valle, quelle piu' fertili e facilmente coltivabili, che i potenti non hanno intenzione di mollare. Da sempre infatti i campesinos indio sono relegati sui ripidi fianchi delle fredde montagne della selva, unici campi non ursupati che possono fruttare, faticosamente, solo mais e fagioli.

Le terre zapatiste sono divise in lotti personali e terre comunitarie, arate e coltivate dalla comunita' tutta. I prodotti ottenuti dai lavori collettivi vengono divisi in base alle necessita' e solo una minima parte viene messa in commercio attraverso piccole cooperative (viene commercializzato essenzialmente il caffe'). Si applica dunque un'agricoltura di sussistenza divisa in minifondi, per soddisfare la domanda base di cibo.

Esiste una Commissione Agraria addetta a vigilare e risolvere eventuali dispute e divide le terre che vengono riconquistate. Affianco c'e' anche la figura del "promotore per l'ecologia", incaricato allo studio della terra, del suo mantenimento e sulle modalita' di fertilizzazione. La commissione e i promotori stanno organizzando una banca dei semi naturali e non modificati per la salvaguardia della biodiversita'. Infatti nella terra zapatista, attraverso un lavoro di sviluppo della coscienza ecologica dei contadini, non si usa nessun tipo di concime o prodotto chimico. I sistemi di concimazione, di irrigazione, di raccolto, sono quelli delle tradizione maya, integrati con le conoscenze moderne, ma totalmente naturali. Dicono molto semplicemente "Quel che alla terra si da', dalla terra ritorna. Non si avvelena il piatto dove si mangia."

L'allarme sugli OGM e sui fertilizzanti e' dunque alto e l'occhio vigile. "Il capitalismo - dicono gli acclamatissimi rappresentanti del Congresso Nazionale Indigeno - ci stermina anche attraverso la contaminazione e la privatizzazione dell'acqua, attraverso i prodotti transgenici, i fertilizzanti chimici, le monoculture intensive. E' tutto il sistema mercantile neoliberista, applicato allo sfruttamento delle risorse naturali, che va combattuto".

Di fronte all'importazione massiccia dagli Stati Uniti di mais modificato geneticamente, con l'apertura delle frontiere determinata dall'ALCA, le comunita' maya autonome nel chiapas si sono dedicate a mantenere il loro mais puro e naturale. Dice un anziano tzotzil: "Durante gli ultimi cinque secoli, mentre il nostro popolo ha sopportato sofferenze, enormi sofferenze, il nostro mais c'ha permesso di sopravvivere. Ora il nostro mais sta soffrendo e dobbiamo restituirgli quanto c'ha dato... dobbiamo aiutarlo a reggere la sofferenza delle contaminazioni transgeniche portate dall'avarizia delle multinazionali e del mal governo. In questo modo, il mais e il popolo del mais, saranno capaci di sopravvivere insieme." E distribuiscono semi di mais naturale, maya da piantare ovunque a scuola, nei giardini, a casa, purche' si firmi una carta che ne vieti la commercializzazione.

Sulla riforma agraria, una sola frase e categorica: "sulla terra nasciamo, sulla terra viviamo, dalla terra prendiamo cio' che mangiamo: vendere la terra e' come vendere la propria madre. Siamo contrari a qualsiasi forma di vendita e contrattazione di questo sacro suolo."


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