Un migliaio di
persone hanno manifestato a Roma la rabbia per l'eccidio di Chenalhò.
La
polizia ha impedito con violente cariche che il corteo arivasse fin sotto
l'ambasciata.
La manifestazione
è stata indetta e promossa già nella giornata del 23 dicembre
all'arrivo delle prime notizie sul massacro. L'appuntamento era per il giorno
seguente alle ore 16.00 nella piazza di Porta Pia. Grazie anche al tam tam delle
radio di "movimento" la risposta della Roma autenticamente solidale,
quella compromessa con il cuore nella causa della dignità umana, non si
è fatta attendere neanche nel giorno della vigilia natalizia. Circa un
migliaio di persone di tutte le età si sono rapidamente riunite nella
piazza. In tutte c'era una sincera e cocente rabbia. C'era la determinazione di
gridare questa rabbia al resto della città impegnata o assordata dalla
spensierata girandola di preparativi pre-natalizi, perchè nessuno potesse
vigliaccamente ignorare la ipoteca di dolore che il massacro di 45
piccoli-grandi sorelle e fratelli gettava su tanta nostra spensieratezza, sempre
ipocrita, oggi cinica.
Le forze dell'ordine non hanno
dapprima opposto reazione alla volontà dei manifestanti di percorrere la
via Nomentana in direzione della ambasciata messicana.
Nel comizio volante e nelle
parole d'ordine il corteo ha chiaramente indicato nel presidente Ernesto Zedillo
e nel suo regime il responsabile diretto della strage: Ernesto Zedillo
autorizzo' l'esercito a reclutare ed addestrare bande di mercenari da usare
nella guerra sporca contro le comunità indigene ribelli; le articolazioni
locali del suo regime diressero nei giorni scorsi l'infame
sterminio.
I manifestanti non hanno però mancato di
denunciare la connivenza che il nostro governo ha dimostrato nei confronti del
regime messicano firmando l' 8 dicembre scorso per mano di Lamberto Dini
il trattato di cooperazione tra Europa e Messico. Insieme all'appoggio tanto
incondizionato quanto criminale dato al governo fascista di Ankara, massacratore
senza sosta del popolo Kurdo,
abbiamo due tragici esempi di come la politica estera italiana non sia
null'altro che la politica del "commercio con l'estero".
La presenza di alcuni parlamentari, Walter De
Cesari e Russo Spena del PRC, e Paolo Cento dei Verdi, è stata occasione
per richiedere un impegno anche nelle sedi istituzionali perchè la
attuazione di quell'accordo venga immediatamente quanto meno sospeso. Venga
cioè effettivamente rispettata la clausola del "rispetto dei diritti
umani", parole vuote nel Messico attuale, formalmente prevista tra le
pre-condizioni di un trattato di cooperazione economica.
Il corteo ha
raggiunto intorno alle 18.00 via L. Spallanzani, sede dell' ambasciata
messicana. Giunti però a una cinquantina di metri dal palazzo
dell'infamia le forze dell'ordine hanno sbarrato il passo schierando blindati e
celerini, e scegliendo ancora una volta di proteggere l'infamia. E' seguita
quindi una mezz'ora di pressioni affinchè le forze dell'ordine
arrettrassero quelle poche decine di metri che consentissero alla protesta di
arrivare almeno sotto le finestre dell'ambasciata. Quando era ormai chiaro che
la volontà pacifica ma determinata dei manifestanti non sarebbe venuta
meno, sono arrivati i primi lacrimogeni, molti dei quali ad altezza d'uomo. E
dopo i primi lacrimogeni la prima carica. E dopo la prima carica altre cariche.
Al consueto cinismo dei celerini si deve essere aggiunta evidentemente anche la
rabbia di dover fare tardi al cenone pre-natalizio. Fatto stà che
con abbondanti rinforzi è
stata effettuata una caccia all'uomo nel raggio di diversi chilometri, e
soprattutto in direzione del quartiere di S. Lorenzo dove molti dei manifestanti
stavano ripiegando. Abbiamo assistito a scene che continuano ad essere
raccapriccianti nonostante siano ormai divenute abituali nell'era Napolitano
delle forze dell'ordine: manifestanti singoli inseguiti per centinaia di metri,
posti di blocco per fermare e rastrellare autobus e automobili, spedizioni dei
cani di guardia fin dentro le fermate della metropolitana.
Ancora una volta
le ragioni dei buoni rapporti diplomatici ed economici si sono ben sposati con i
torti del manganello. Il risultato non è lusinghiero per il nostro
ministro degli interni e il suo questore romano: hanno scelto di celebrare il
natale alla stessa maniera con cui lo celebrano i loro omologhi messicani. La'
45 vite spezzate e 17 gravemente ferite, qui decine di contusi alcuni dei quali
hanno necessitato di cure mediche e, notizia ultima arrivata, 30 (trenta!)
denunce per il consueto elenco di reati riservati a chi non rinuncia a
manifestare. Qui e la' lo stesso grido di rabbia che reclama giustizia e
dignita'. Qui e la' il dovere di
non demordere.
Centro Sociale CortoCircuito
Home