Gli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale


Numerose rivolte caratterizzano già il 1945, anno in cui viene emanato un decreto per rendere più rigido e severo il controllo nelle carceri. Il disagio e le tensioni scaturivano sia dal peggioramento delle condizioni carcerarie davute a questo “decreto per la sicurezza", ma anche alle aspettative frustrate di chi sperava nella “liberazione dal fascismo" un clima nuovo e più libero anche nelle galere.
Viene istituita una commissione ministeriale il 20 aprile 1947 e inizia il lunghissimo e tribolato iter per la riforma penitenziaria che vide la luce solo nel 1975, continuamente insabbiata, boicottata e peggiorata dalla classe dominante e; riforma realizzata solo grazie alle numerose lotte e alle sanguinose rivolte, ma i cui risultati furono, ancora una volta, largamente al di sotto di quanto era nelle più modeste aspettative.
L’Italia, forcaiola e sostanzialmente ancora succube dell’ideologia fascista per quanto attiene ai concetti di punizione e pena bene incarnati dai settori reazionari della piccola borghesia, spregiudicati soltanto nel togliersi di dosso rapidamente l’orbace per indossare la croce, perse un’altra occasione per portarsi su un terreno di civiltà giuridica.
Terreno che ha ulteriormente perso negli anni ‘80 e nei ‘90 e continua a perdere in preda ad una ossessione punitiva stretta tra l’incapacità di operare sul terreno politico-sociale per contenere i problemi della non-integrazione e una sottocultura totalitaria che ha bisogno del "nemico" per canalizzare le ansie e le frustrazioni di massa
Una conduzione fascista del carcere attuata in pieno periodo post-fascista creò dunque un malessere ancor più marcato; anche perchè molti soggetti che sono presenti nelle carceri italiane del dopoguerra avevano preso parte, in qualche modo, alla lotta anti-fascista e si sentono ingannati. Dunque le tensioni nelle carceri sono altissime.
Molti detenuti, entrati in carcere per scontare piccole pene vi rimangono per molti anni a causa di condanne subìte da detenuti per comportamenti ribelli, per lotte o rivolte. Spesso per difendersi dalla tracotanza e dallo strapotere corrotto che vede spesso complici il personale di custodia e i boss malavitosi. Molti finiscono addirittura nel manicomio criminale che altro non è che un prolungamento del carcere punitivo, ultimo stadio della devastazione mentale e dell’ annientamento dei comportamenti non-compatibili.

Una situazione di abbru-timento e sottomissione coatta, di disumanizzazione e criminalità isti-tuzionale ... Una delle peggiori pagine della storia del nostro paese, un universo abbandonato e sconfitto che ritroverà finalmente il suo riscatto quando, sul finire degli anni ‘60, il proletariato delle carceri riuscirà a stabilire un contatto con la realtà esterna in grande fermento; riuscirà a prendere in-segnamento dall’immensa ricchez-za di nuova cultura e progettualità antagonista che caratterizzò il 68 e 69 ed attuerà anche nelle carceri una stagione di lotte e rivendi-cazioni tra le più significative nella storia delle carceri di tutti i paesi, perchè acquisirà la coscienza di essere una frazione del proletariato sfruttato che solo nella lotta collet-tiva può trovare il suo riscatto.

Rapidamente, così come è cresciuto, il livello di coscienza del proletariato detenuto è sceso di nuovo ai livelli pre-rivolte; di nuovo sono ricomparsi i poteri dei boss mafiosi, di nuovo l’individualismo e l’assenza di solidarietà, di nuovo la mortifera alleanza tra boss e custodia in assenza della mobilitazione dei detenuti. Chi ha contribuito al degrado delle carceri, a riportarle ai livelli degli anni 50? Un po’ tutti!
Lo Stato in primo luogo: i suoi solerti funzionari si sono spaventati che le lotte dei detenuti impedissero (ed hanno realmente impedito) gli intrallazzi e i ricchi imbrogli tra sistema carcere e malavita organizzata; un interesse economico miserabile da una parte, ma anche la mentalità reazionaria e del tutto priva di cultura giuridica della grandissima parte di chi opera nel sistema carcere a livelli alti di responsabilità, quei pochi operatori capaci, sensibili e colti in un ambiente come l’istituzione carceraria in cui vige il sistema mafioso e clientelare per avanzare nella carriera non arrivano mai ad alti livelli, Corruzione, ignoranza, metodi mafiosi, traffici illeciti, totale illegalità delle istituzioni .. tutto questo ha operato pesantemente perchè finisse la stagione di lotta nelle carceri italiane. Ma anche i partiti -tutti- anche quelli di sinistra che avevano nel proprio codice genetico la critica radicale del carcere e di ogni altra istituzione totale, anch’essi, per accattonare qualche voto dal ceto medio reazionario hanno buttato via un patrimonio culturale di valore inestimabile.
Oggi il carcere, come era un tempo, è tornato ad essere il luogo del più sfrenato individualismo, dell’assenza di ogni solidarietà sincera e costruttiva; è di nuovo il luogo dove alligna e cresce il mito dell’uomo forte e violento, del prevaricatore, del protetto e del raccomandato. Oggi il carcere è il luogo più diseducativo esistente sulla terra; questa sola ragione dovrebbe bastare per decretarne la chiusura permanente.
Purtroppo è il modo stesso di vita dominante in questa società che ha assimilato i "valori negativi" del "vecchio" carcere preva-ricatore: una società proiettata anch’essa verso l’individualismo, il carrierismo e l’ignoranza assoluta e tracotante, condita coi miti del superman. Oggi più che mai la società, il cittadino medio, il borghese piccolo-piccolo, ha biso-gno del carcere. Ne ha bisogno perchè la dentro, oltre quei muri oscuri, ritrova la rappresentazione del suo nemico principale: le proprie frustrazioni, le voglie re-presse, le paure ancestrali; ritrova, per odiare, il ribelle arreso, il randagio addomesticato: rivede il viaggio che avrebbe voluto fare ma che ha avuto il terrore di iniziare... di osare.
Che cosa resta a lui se non ... il bisogno ansioso di ordine, ordine.. ordine .. ordine .. totalizzante e rassicurante !
E soporifero!
Buona notte borghese piccolo, assai piccolo, sempre più piccolo!!!
Abbiamo visto le diverse funzioni che il carcere ha asoolto nel percorso storico di questi ultimi secoli. Forse quella che abbiamo appena visto sarà la funzione che il carcere si appresta ad assolvere nell’epoca che stiamo vivendo.


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