LETTERA APERTA SU TOSSICODIPENDENZA E CARCERE
DA UN DETENUTO DI REBIBBIA NUOVO COMPLESSO (ROMA)



FEBBRAIO 2000

Questa è una lettera aperta a tutti coloro che si occupano, vivono in prima persona o di riflesso il problema della tossicodipendenza. Credo che il ragionamento vada impostato su tre punti principali: le cause, che sono sociali; gli effetti, che sono sociali; i rimedi, che sono anch'essi di valore sociale.
Si dovrebbe aprire un grosso spiraglio rispetto all'attenzione che la società riserva a questo problema. Deve essere la società in prima persona a mettere in gioco se stessa e valutare serenamente quello che il problema della tossicodipendenza realmente rappresenta. Altrimenti non si viene a capo di nulla. Per le persone detenute per droga, che sono tante, tra le 15 e le 20 mila, credo che il carcere non serva a niente.
Chi entra in carcere essendosi fatt@ l'ultima pera o l'ultima sniffata un'ora prima o anche più, dentro non riesce a risolvere il suo problema di tossicodipendenza. Anzi, tutto ciò che potrebbe fare fuori per riuscire a combattere la dipendenza qui dentro viene completamente impedito. Dentro vivi in uno stato di cattività, non riesci a esprimere socialità insieme agli altri perché stai chius@, i rapporti familiari, spesso già compromessi dalla condizione di tossicodipendenza, con la carcerazione vengono completamente distrutti.
Tra le cause sociali la prima è l'emarginazione. In carcere sono ben pochi i tossicodipendenti provenienti dalle classi sociali più ricche, i "figli di papà", per intenderci. Maradona è andato a finire su tutti i telegiornali perché è uno dei drogati più famosi del mondo. Una marea di gente che ha i soldi fa uso di droga pesante, lo sappiamo tutti. C'è chi ha le narici d'oro e chi ha le siringhe d'oro, ma loro non hanno problemi con il carcere, non sono una mina sociale. Noi siamo la mina sociale, però per noi non viene fatto nulla a parte il carcere. Maradona può andarsene in una clinica di lusso e magari, sono contento per lui come per chiunque altr@, riesce a smettere di drogarsi. Il cuore gli ricomincerà a pulsare normalmente e magari riprende pure a giocare a pallone…
Da Roma in carcere vanno i figli del Laurentino 38, di Tor Bella Monaca, dei quartieri popolari, quelli che non vanno a scuola, che non hanno un'educazione rispetto all'uso (e abuso) delle droghe. Sono loro che nel caso delle cosiddette droghe pesanti vengono coinvolti nella spirale della "rota", del dover assolutamente procurarsi della droga. Per chi non ha davanti a sé prospettive, una pera, quando l'hai assaggiata, resta comunque una bella "sanata". Se non hai un lavoro, un modo per guadagnarti tranquillamente e umilmente la tua vita, se non hai un posto dove poter stare piacevolmente con i tuoi amici quello rimane uno dei tanti rimedi. Non c'è solo la roba. Ce ne sono anche altri naturalmente: l'alcol per esempio e tante altre sostanze. C'è tanta gente che usa droghe ma non finisce in carcere. Ci finisce chi commette dei reati per procurarsi i soldi, tanti, che servono a comprare la droga. Chi guadagna 2 milioni al mese e vuole farsi una pera o una sniffata alla settimana non ha bisogno di delinquere. Chi invece non ha lavoro è normale, non sto dicendo che sia giusto, ma è automatico che vada a commettere reati. Per comprarsi una bottiglia di whiskey bastano 10mila lire, eppure si è ugualmente tossicodipendenti, ma il whiskey è legale e non si va a finire in galera. Se vai a comprarti un grammo di eroina o di cocaina, poi due, tre, quattro, cinque grammi, anche se lavori lo stipendio non ti basta più e commetti tutta una serie di reati che ti portano in carcere.
Consideriamo adesso i rimedi e dunque i risultati che fin qui si sono ottenuti. Per quegli oltre 15 mila tossicodipendenti che sono oggi detenuti il carcere abbiamo detto che non serve a nulla. Servirebbe dunque una grande azione riformatrice, come ormai emerge dal dibattito in corso sulla tossicodipendenza. Occorre intraprendere una politica antiproibizionista che svuoti il carcere da quelle migliaia di persone che vi sono rinchiuse per pochi grammi di eroina, cocaina e fumo. Non proibire l'uso delle droghe e la somministrazione controllata devono essere le linee su cui muoversi per questo tentativo. Non credo siano la panacea di tutti i mali, ma restano strade che non possono continuare ad essere escluse. Non voglio dilungarmi sulle questioni legate agli altri paesi europei e mondiali. Siamo in Italia e ragioniamo sull'Italia. Depenalizzazione e somministrazione controllata sono nel nostro caso una delle strade possibili. Se però vogliamo restare con i piedi per terra, sappiamo che questi 15 mila detenuti domani non usciranno e per loro il carcere continuerà ad essere nocivo, a non risolvere il problema della tossicodipendenza. In carcere non esistono le strutture adeguate per intervenire, non viene data la possibilità di capire il perché si abusa delle sostanze. Arrivat@ in carcere non trovi il Sert, gli operatori, le comunità. Esistono sulla carta, ma rispetto alla domanda, la risposta che forniscono equivale praticamente a zero. Occorre quindi ragionare su un sistema completamente nuovo che ridisegni da subito l'intervento sulla tossicodipendenza all'interno del carcere. Perché non hanno accesso il Sert, le comunità e tutta una serie di figure che potrebbero dare una mano ai tossicodipendenti in carcere? Si potrebbe dare accesso alle molte comunità presso cui i ragazzi hanno portato a termine il programma con successo. Potrebbero svolgere il ruolo di tutor: persone a sostegno del detenut@, laddove latitano psicologo e assistente sociale. Per sostegno non intendo semplicemente due chiacchere fatte tanto per fare, bensì la proposta di un indirizzo. Un esempio del perché il carcere non funziona per i tossicodipendenti? Basti pensare che su 16.000 detenuti tossicodipendenti il trattamento metadonico viene somministrato a 600 persone.
Guardiamo al caso di Ciuffreda, il ragazzo morto recentemente a Regina Coeli per "collasso". Noi sappiamo bene quali sono le ragioni per cui muori quando entri in carcere. Se entri con 180cc di metadone e dentro al carcere non te lo danno puoi morire di crisi d'astinenza da metadone, l'eroina di stato. E' una cosa molto semplice, su cui ci possono essere pochi dubbi. Dato che una percentuale oscillante tra il 30 e il 40 per cento dei detenuti è tossicodipendente il carcere andrebbe dotato degli strumenti idonei ad affrontare la questione. Si dovrebbe chiamare "fabbrica della rieducazione sociale" a custodia attenuata. Qui a Rebibbia Nuovo Complesso esiste una sezione in cui stanno sperimentando, senza averla ancora resa definitiva, la custodia attenuata: ci sono dei corsi, delle possibilità, una serie di piccoli benefici in più rispetto al resto della popolazione di Rebibbia. Questo ci dispiace, perché vorremmo che tutte le persone detenute in Italia potessero avere queste possibilità. Innanzitutto questa come riforma: una legge che rendesse ogni istituto con oltre 500 reclusi una casa a custodia attenuata. Secondo me la custodia attenuata dovrebbe caratterizzarsi principalmente per la disintossicazione e poi per l'istruzione. Molte delle persone tossicodipendenti che finiscono in carcere non sono educate all'uso delle droghe. Tutti noi abbiamo commesso lo stesso errore fondamentale: ci siamo lasciati andare senza avere consapevolezza degli effetti derivanti dall'abuso di droghe pesanti. L'indirizzo per ciascuno di noi lo dovrebbe dare la società stessa. Non esiste una comunità terapeutica che vada bene per tutti. Ognun@ di noi ha un problema, il suo punto di partenza in questa strada schifosa che non dimenticherai mai. Se la società vuole sconfiggere questo male deve contribuire attivamente perché è dal suo interno che questo male ha origine. Io sto in carcere da un anno e mezzo per reati che risalgono al 1984 e 1987 che mi hanno procurato non si sa quanti anni di carcere. Purtroppo supero il tetto dei quattro anni e così non posso usufruire dei benefici alternativi al carcere. Ci sono tantissimi ragazzi che per sei mesi o un anno superano il fatidico tetto dei quattro anni sotto al quale c'è la possibilità di uscire con le misure alternative per tossicodipendenti (comunità, Sert, lavoro ...). Perché il carcere non serve a nulla? Perché se anche dovesse scattare una molla, magari perché hai la fortuna di poter parlare a lungo con lo psicologo, l'educatore, le comunità; se anche si riesce a capire il perché voler smettere di drogarsi, di essere dipendente, di tornare in carcere e fare una vita schifosa, anche in quel caso non si riesce, nella stragrande maggioranza dei casi, ad ottenere un risultato concreto. La ragione è che il carcere ti ferma anziché metterti in movimento. Ti ferma e tu stai dove stai. Noi diciamo: "stai bene così, fatti la galera".

Rebibbia, febbraio 2000

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