STRANIERI


Dopo tante occasioni perdute, per la prima volta prendiamo la parola come detenuti stranieri per sottolineare i problemi che ci accomunano ai nostri compagni italiani e quelli che hanno invece per noi una particolare rilevanza. Pensiamo sia necessario ribadire innanzitutto che, alle soglie del duemila, si deve procedere senza tentennamenti alla costruzione di una società multietnica e di una cultura di solidarietà tra i differenti popoli, partendo da una visione d'insieme dei problemi che tutti abbiamo davanti qualunque sia il colore della pelle.
Nello specifico del carcere, crediamo sia fin troppo evidente per tutti come negli ultimi anni si siano modificate le caratteristiche della popolazione detenuta. "Specchio" particolare della società, anche qui, parallelamente all'aumento delle comunità straniere in Italia, si è assistito al fenomeno di una presenza quantitativamente significativa e comunque strutturale (permanente) di soggetti stranieri. Al 30 giugno 1995 gli stranieri reclusi risultavano essere il 16% (ossia 8.566) dei detenuti complessivi. Di questi 4.310 erano ristretti per piccoli reati di varia natura e 4.256 per reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti. Nei grandi giudiziari metropolitani la percentuale dei detenuti stranieri arriva fino al 30-35%.
Si ipotizza che un terzo degli stranieri sia stato recluso per violazione della legge "Martelli" sull'immigrazione.
Si è quindi ben oltre cifre simboliche. Si tratta invece di una presenza che complica i numerosi problemi specifici già esistenti in questo particolare mondo.
Se si considera inoltre la scarsa presenza di noi stranieri nei fenomeni di grande criminalità organizzata, se ne deduce che la maggioranza della detenzione straniera riguarda il sistema punitivo dei piccoli reati.
Ma anche davanti a questo dato di fatto, che dimostra la scarsa pericolosità sociale dei reati da noi commessi (comunque tra i più avversati dalla popolazione che li subisce), le posizioni di carattere razzista indicano la linea dell'espulsione coatta come unico rimedio, considerando addirittura come un reato anche la semplice presenza da lavoratore "irregolare".
Essi dimenticano che i paesi extracomunitari da cui proveniamo considerano il nostro espatrio come una valvola di sfogo degli enormi problemi sociali interni, e quindi non faranno nulla per recepire gli espulsi dai paesi europei.
Tanto meno quei paesi sarebbero disposti ad accogliere quelli di noi che sono emigrati perché attratti dalle apparenti facili opportunità offerte dal mondo occidentale per arricchirsi con ogni mezzo, e quindi potrebbero commettere dei reati anche una volta tornati nel loro paese.
In altre parole, la nostra condizione iniziale è la miseria; la nostra illusione è l'arricchimento; ma la realtà finale è che diventiamo detenuti senza alcuna cittadinanza e, di conseguenza, anche senza diritti.
Per chi si trova nella doppia posizione di detenuto e di straniero si pone ad esempio il problema di una effettiva e reale parità di trattamento (fin'ora esistente in gran parte sulla carta) e di accesso alle diverse opportunità, benefici e diritti previsti dalle norme vigenti per chiunque si trovi in stato di detenzione. Troppo spesso, ad esempio, subiamo una discriminazione anche nell'attuazione della legge "Gozzini", ed è per noi alquanto difficile usufruire dei benefici da essa previsti.
Vi sono poi una serie di questioni sociali - quali i rapporti con i familiari, con gli stessi operatori penitenziari, con l'ambiente sociale in generale, con le istituzioni e le rappresentanze diplomatiche - che denunciano lo stato di abbandono in cui viviamo noi detenuti stranieri.
Esiste inoltre il problema della salvaguardia e dell'integrità della propria personalità sotto il profilo psicologico, del diritto allo studio e al mantenimento della propria identità culturale.
Esistono certamente tanti altri grandi e piccoli problemi del quotidiano, ma tutti comunque riconducibili alla possibilità di una reale integrazione nella vita carceraria, per quanto necessariamente e giustamente essa venga da noi criticata, quale presupposto per una effettiva risocializzazione che non può arrestarsi di fronte a nazionalità, culture e religioni diverse.
Ecco perché le particolari e più disagiate condizioni in cui noi ci troviamo richiedono appunto soluzioni di carattere sociale, legislativo e amministrativo che siano almeno in parte diverse da quelle necessarie per la grande massa dei detenuti.

In linea generale sottolineamo i seguenti temi:
* Applicazione dei criteri sanciti dalla convenzione di Strasburgo in materia di trasferimenti;
* Superamento dell'espulsione automatica a fine pena;
* Permesso di soggiorno a fini giudiziari;
* Garanzia di completa e gratuita assistenza sanitaria; almeno quando si ha l'obbligo di rimanere in Italia per libertà provvisoria o per decorrenza dei termini di custodia cautelare;
* Patrocini gratuiti e obbligo di assistenza con interpreti.

Sotto il profilo particolare della nostra situazione di detenuti, chiediamo invece che il nuovo Governo dia una risposta alle seguenti richieste:
* Il calcolo del residuo pena necessario per chiedere l'espulsione, deve essere basato su un parametro di proporzionalità alla pena da scontare . Si potrebbe, ad esempio, utilizzare lo stesso criterio della semilibertà, ossia la metà pena. * Un effettivo aumento del sussidio economico che sia sufficiente almeno per l'acquisto di prodotti per l'igiene e la sanità;
* La costituzione di centri di accoglienza gestiti dagli Enti locali, o da strutture convenzionate con essi, che ci permettano di poter usufruire dei permessi premio anche se non abbiamo una famiglia e una residenza stabile in Italia;
* Provvedere affinché, per chi è privo di colloqui (e quindi anche per gli italiani) i tempi delle telefonate siano raddoppiati e utilizzabili nelle fasce orarie con tariffa a minore costo;
* L'insegnamento della lingua italiana, sia a livello scolastico che a livello di corso non scolastico, per metterci in condizione di poter stabilire normali relazioni sociali con la popolazione detenuta, e ci consenta di poter leggere e conoscere leggi e regolamenti del vostro Paese.

Siamo certi che quello di oggi è solo un primo piccolo passo per superare tutti insieme, italiani e stranieri, in un difficile ma necessario cammino unitario, i tanti problemi della popolazione detenuta.



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