Alessandro (Pelo) libero subito!

Lettera da Regina Coeli 29/04/2001

12 mq di cui 7 occupati dai letti 2 dal tavolino e l’armadietto con le cose da mangiare, sei persone x 3 mq, 3 passi per muoversi, anzi non muovesi, la cucina è nel bagno usato anche per stendere i panni, un’ora d’aria … 23 ore di ansia di attesa passate a confortarsi a leggere e rileggere a scrivere e riscrivere istanze.

La quotidianità è stare sdraiati sul letto alienati dalla televisione dalle 7,30 fino a che gli psicofarmaci non ci fanno dormire … le poche ore di libertà … o quasi.

Ogni volta che un secondino apre la porta della cella i rumori dei nostri cuori diventano un frenetico rullare di tamburi, si spera nelle lettere degli amici, dei familiari un’istanza andata a buon fine, a volte sono sorrisi … ma soprattutto lacrime.

L’eliminazione sistematica delle coscienze, del libero pensiero vorrebbero tanti automi privi di bisogni, affetti, sogni di libertà. La maggior parte di noi aspetta da mesi il processo, consumandosi poco a poco, il rischio di lasciarsi andare è forte, ma ancora più forte è la solidarietà che nasce tra uomini (e donne) che ci permette di alzare barricate contro questo sistema carcerario medioevale.

Ma c’è chi soffre ancora di più, parlo dei tossicodipendenti e dei malati di HIV costretti a questa lercia vita come se il loro fardello non fosse sufficiente, ed alle loro richieste di aiuto la risposta è … prendetevi 30 gocce in più di Tavor o non so quali altri farmaci trasformandoli in fantasmi vaganti persi nelle loro angosce così come i detenuti con problemi psicologici o psichiatrici alle domande seguono le solite risposte: aumentate le dosi di tranquillanti.

Così giorno dopo giorno ci trasformano nei lebbrosi del 2000, reietti della società che vanno lobotomizzati in modo che non rompano i coglioni al personale penitenziario. La notte gli urli di chi sta male squarciano il silenzio assordante del braccio, aspettarsi una risposta dai secondini o dal personale medico (sempre assente la notte e spesso anche di giorno) è un miraggio nel deserto della nostra solitudine.

Il giorno che sono entrato un detenuto ha tentato di impiccarsi … la risposta degli agenti è stata rapida … botte su botte con gli asciugamani bagnati per non lasciare i segni!

C’è ancora molto da raccontare e lo farò … ma ora scusatemi le lacrime di rabbia e dolore mi impediscono di continuare …

Un saluto a pugno chiuso

Un fratello prigioniero