Il problema dell'acqua
in Medio Oriente

LE GUERRE DELL'ACQUA

La minaccia di una guerra per il controllo di territori ricchi di petrolio non rappresenta niente di nuovo, ma negli anni a venire l'acqua potrebbe accendere più conflitti politici dell'oro nero. In alcune regioni del mondo, la scarsità di acqua potrebbe diventare quello che la crisi dei prezzi del petrolio è stata ,negli anni settanta: una fonte importante di instabilità economica e politica. [...] Quasi il 40% della popolazione mondiale dipende da sistemi fluviali comuni a due o più paesi. L'India e il Bangladesh disputano sul Gange, il Messico e gli Stati Uniti sul Colorado, la Cecoslovacchia e l'Ungheria sul Danubio. Una zona calda emergente è l'Asia centrale, dove 5 ex repubbliche sovietiche, da poco indipendenti, si dividono due fiumi già troppo sfruttati, l'Amu Darja e il Sjr Darja. E' soprattutto nel Medio Oriente tuttavia che le dispute sull'acqua stanno modellando gli scenari politici e i futuri economici. [...]

L'Egitto è un esempio dei dilemmi e delle incertezze che devono affrontare i paesi con una rapida crescita demografica e fonti di approvvigionamento idrico molto limitate sul proprio territorio nazionale. 56 milioni di persone in Egitto dipendono quasi interamente dalle acque del Nilo, ma le origini del fiume non si trovano all'interno dei confini del paese. l'85% del Nilo è generato dalla piovosità in Etiopia e scorre come Nilo azzurro nel Sudan prima di entrare in Egitto. La parte restante dipende dal sistema del Nilo bianco, che ha le sue sorgenti in Tanzania, al lago Vittoria, e si congiunge al Nilo azzurro nei pressi di Khartoun. Il fiume più lungo del mondo rifornisce in tutto nove nazioni, e in Egitto arriva per ultimo.

Sulla base di un accordo sottoscritto nel 1959 con il Sudan, l'Egitto ha diritto ogni anno a 55,5 miliardi di metri cubi d'acqua del Nilo, mentre al Sudan ne sono stati assegnati 18,5. Per soddisfare il suo fabbisogno l'Egitto integra l'acqua del Nilo con piccole quantità di acque freatiche, con l'acqua del drenaggio agricolo e con acque di scolo municipali trattate. Nel 1990, ha avuto una disponibilità di 63,5 miliardi di metri cubi di acqua. sfortunatamente, anche secondo le proiezioni più modeste la domanda idrica egiziana salirà a 69,4 miliardi di metri cubi per la fine del decennio. (Poste S., "Le guerre dell'acqua", 1993, in World Watch, n°8, agosto, pp.16 - 24.

Il valore crescente dell'acqua, le preoccupazioni concernenti la qualità e la quantità di approvvigionamenti, oltre che le possibilità di accesso, accordate o rifiutate, hanno dato luogo a un concetto di geopolitica delle risorse , o "idropolitica". A questo riguardo, l'acqua si avvicina al petrolio e a certe ricchezze minerali in quanto risorsa strategica. La sua rarità e il suo valore crescente porteranno sempre più a delle politiche dell'acqua e a conflitti internazionali che potranno attribuire ai diritti su quest'ultima un'importanza di primo piano.

Molti paesi dipendono da corsi d'acqua che vengono da altri paesi.

Il Botswana, la Bulgaria, la Cambogia, il Congo, l'Egitto, il Gambia, l'Ungheria, il Lussemburgo, la Mauritania, i Paesi Bassi, la Repubblica araba siriana, la Romania e il Sudan, ricevono tutti più del 75 per cento dei loro approvvigionamenti idrici da corsi d'acqua che nascono dai loro vicini a monte. Più del 40 per cento della popolazione mondiale vive in bacini idrografici divisi tra diversi paesi.

LA QUESTIONE DELLE ACQUE NEL MEDIO ORIENTE

E' indubbio che le difficoltà legate ad un'intesa per l'equo sfruttamento delle fonti comuni tra Israele e i territori di Gaza, secondo la formula che potremmo definire, parafrasando quella posta a fondamento del negoziato territoriale, di scambio "acqua contro pace", sono dovute al fatto che i bisogni socio-economici di entrambe le parti si coniugano con rivendicazioni politico-ideologiche difficilmente conciliabili. Da parte palestinese si avanzano diritti storici di sfruttamento del patrimonio idrico conservato dalle falde acquifere che nascono in Cisgiordania, comprese quelle che scendono naturalmente in territorio di Israele, venendo così sfruttate in prevalenza da quello stato. Soltanto quando l'esercizio di simili diritti verrà ripristinato, si sostiene, potranno essere negoziati accordi di cooperazione per una gestione coordinata delle risorse ed un impegno congiunto di iniziative quali lo sviluppo di impianti di desalinizzazione.

L'amministrazione militare israeliana è, inoltre, ritenuta responsabile di un insufficiente allocazione delle risorse idriche presso le popolazioni palestinesi, con grave pregiudizio dello sviluppo urbano ed industriale e delle esigenze di valorizzazione del territorio occupato.

Come nel caso dei territori e delle risorse energetiche, l'acqua è oggetto di conflitti, e nei casi estremi ha dato luogo a delle guerre. La spartizione dell'acqua del fiume Indus e dei suoi affluenti tra l'India e il Pakistan dovrebbe servire d'esempio e di avvertimento. La guerra è stata evitata nel primo anno dell'indipendenza grazie ad un accordo, appoggiato da un aiuto internazionale massiccio, per costruire enormi barriere di contenimento e un sistema di canalizzazioni. I costi dell'operazione sono stati elevati per tutte le parti coinvolte, ma sono stati certamente inferiori ai costi umani e finanziari di un conflitto.

Numerosi fiumi come il Nilo, l'Eufrate, il Gange, e il Mekong presentano tutti nella loro area rischi di conflitti di questo tipo. L'avvenire delle acque del Giordano rappresenta già ora un motivo di discussione tra i paesi della regione considerata, e illustrano bene la complessità che può attendere l'idropolitica. Il fatto che le acque di profondità siano anche esse l'oggetto di tali discussioni aggiunge un'altra dimensione alle precedenti difficoltà. Tutto il Medio Oriente si trova a fronteggiare una scarsità d'acqua che crea un complesso di problemi sempre più gravi, e secondo molti esperti questi problemi influiranno negativamente sulla stabilità della regione.

IL CASO DELL'EUFRATE

La Turchia e la Siria hanno firmato nel 1987 un protocollo che garantisce alla Siria un getto minimo di 500 metri cubi al secondo, circa la metà del volume del fiume Eufrate al confine. La Siria vuole aumentare questa quota, una richiesta che la Turchia ha sinora rifiutato. Si dice che lo scorso anno il primo ministro turco Suleyman Demirel, riferendosi alla richiesta siriana, abbia osservato: "Noi non diciamo che dovremmo condividere il loro petrolio. Loro non possono dire che dovrebbero condividere la nostra acqua".[...]

Una possibile carta vincente in mano siriana è il fatto che la Turchia ha bisogno di un accordo sull'acqua con i suoi vicini più a valle per assicurarsi il finanziamento della Banca Mondiale e di altre agenzie internazionali di prestito necessario a portare a termine il suo Southheast Anatolia Project, il cui costo è stato valutato intorno ai 29 miliardi di dollari. I benefici che la Siria e l'Iraq ricaverebbero da un accordo che fornisca sicurezza idrica sono ovvi. ( Postel S., 1993, "Le guerre dell'acqua", in World Watch, n°8, p. 23)

Calcoli relativi ai futuri sviluppi demografici della regione (il tasso di crescita medio annuo è pari al 2,2-3,7%) ed alla sua evoluzione climatica ed idrologica, sembrano promettere insolubili scompensi nel rapporto tra domanda e offerta delle risorse idriche degli anni a venire, con conseguenti tensioni socio-politiche a livello interno e internazionale, tanto da indurre qualcuno a prevedere che la prossima guerra medio-orientale sarà combattuta per l'acqua.

L'importanza di tale risorsa è pure illustrata dalla sua inclusione in uno dei "cesti" in cui si articola il programma del negoziato multilaterale per il Medio Oriente, che, esteso anche a soggetti non appartenenti alla regione né coinvolti attivamente nel processo di pace bilaterale, come l'Europa, viene affrontando, dal gennaio 1992, tematiche in vario modo collegate con tale processo.

Alle controversie internazionali, che non interessano il solo versante arabo-israeliano, ma si estendono alla stessa dimensione dei rapporti inter-arabi, si sommano preoccupazioni legate ai bisogni interni delle popolazioni. Basti pensare che nel Medio Oriente più del 70% delle risorse idriche è destinato alle colture irrigue, benché il contributo dato dal settore agricolo alla produzione ed occupazione nei diversi paesi sia declinante. L'obiettivo dell'autosufficienza alimentare (cfr. la Scheda relativa), ma anche la presenza di forti gruppi di pressione a tutela degli interessi degli agricoltori, oltreché motivazioni secondarie, quali l'esigenza di contenere fenomeni di inurbamento potenzialmente destabilizzanti, sono tutti fattori che spiegano simili scelte dei governi in materia di allocazione delle risorse idriche.

DIVISIONE DELL'ACQUA NEL BACINO DEL GIORDANO

Gli sforzi per raggiungere un accordo sulla divisione dell'acqua nel bacino del Giordano risalgono agli inizi degli anni Cinquanta. Nel 1953, una industria statunitense abbozzò un piano idrico per il sistema del Giordano, che fu mandato in Medio oriente tramite un inviato speciale del presidente Eisenhower. Dopo due anni e quattro tornate di difficili e nervosi negoziati, finalmente tutte le parti in causa si accordarono sui dettagli tecnici del progetto. Come ha scritto Miriam Lowi, esperta della situazione idrica medio-orientale presso la Princeton University, i colloqui tuttavia si interruppero per ragioni politiche, principalmente a causa del fatto che i paesi arabi non intendevano aumentare in alcun modo le prospettive di sviluppo del nuovo Stato di Israele. I negoziati cessarono nel 1955. Da allora, si sono avuti diversi tentativi di mediazione in merito a questioni specifiche, ad esempio la diga sullo Yarmuk, ma non si è arrivati a una soluzione delle dispute idriche nel bacino del Giordano.

Le nazioni del bacino del Nilo hanno partecipato tutte a un forum per la cooperazione tramite un gruppo chiamato Undugu, che in swahili significa "fraternità". Nell'immediato futuro, però, non appare probabile una collaborazione significativa, soprattutto non tra l'Etiopia, l'Egitto e il Sudan. All'Africa Water Summit, incontro ad alto livello tenutosi al Cairo nel giugno 1990, l'Etiopia dimostrò la sua indisponibilità a condividere con i suoi vicini persino dati idrologici di base. Per l'Etiopia, la cooperazione è condizionata alla rinegoziazione dell'accordo sulla divisione dell'acqua raggiunto da Egitto e Sudan nel 1959. L'Etiopia considera il trattato iniquo e impraticabile perché destina una grande quantità di acqua del Nilo a questi due paesi, che contribuiscono molto poco al flusso del fiume. (Tratto da: Postel S., 1993, "Le guerre dell'acqua", in World Watch, n°8, p.22)