La bicicletta nei mondi virtuali della pubblicità

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Strategie comunicative nel paese più motorizzato del mondo

di Gianni Ventola

Da dove provengono le strutture narrative? Quale ruolo possono avere nel dare una forma ed un significato alla realtà? Le teorie che hanno cercato di dare una risposta a queste domande (dalla psicologia freudiana, passando per la morfologia proppiana fino alla semiotica generativa), indipendentemente dalle loro premesse generali, sono tutte d'accordo nell'affermare che il significato di un messaggio o di una narrazione è articolato su più livelli. Per comodità possiamo pensare che questa specie di torta a più strati del significato possa essere divisa in due soli macro livelli: un livello superficiale ed un livello profondo. In questo breve scritto vorrei cercare di capire in che modo l'oggetto bicicletta metta in relazione questi due livelli nei programmi narrativi del messaggio pubblicitario televisivo, e come ciò possa influire sul riconoscimento o sulla costruzione di determinati modelli mentali.

Fra la comunicazione pubblicitaria e alcuni schemi collettivi di pensiero esiste un legame a doppio filo. In primo luogo, perché i mezzi di comunicazione di massa, attraverso la ricorsività del messaggio modificano le nostre strutture mnemoniche (e la memoria è l'ambiente naturale dell'attività cognitiva). In secondo luogo, perché la pubblicità, per esercitare la sua funzione persuasiva, ha bisogno di esibire modelli della realtà che siano il più possibile condivisi e normalizzati.

Prendere in esame l'oggetto bicicletta all'interno della pubblicità televisiva non significa considerarlo come oggetto pubblicizzato, ma solo come oggetto pubblicizzante, che fornisce cioè significati e valori ausiliari ad un altro oggetto. Ad oggi ho identificato 15 spot nei quali la bici ricopre questa funzione. Ho suddiviso i prodotti pubblicizzati nelle seguenti categorie merceologiche: articoli per l'igiene personale (2 spot), detersivi (2), automobili (6), riviste (1), alcolici (1), alimentari (2), e lotterie nazionali (1).

Il primo dato significativo è che nel 40% dei casi (6 su 15) il prodotto pubblicizzato è un'automobile, ovvero un oggetto che rappresenta l'antitesi per eccellenza della bicicletta. Questo dato ci fa capire che l'industria automobilistica non teme di mettere in scena un oggetto potenzialmente concorrenziale, anzi ne sfrutta alcuni aspetti a suo favore. Questo non è un caso ma il segno di una precisa e intelligente strategia comunicativa basata sulla combinazione degli opposti, e che può fondare un modello della realtà accomodante, aconflittuale, in un certo senso neutro, dove le differenze si sfumano e si rendono compatibili. Da questa impostazione, per certi versi geniale, si astrae comprensibilmente l'industria italiana che non ha ancora superato il tabù dell'esibizione ciclistica nei suoi spot. Negli spot delle automobili di casa Agnelli ricorre sovente una certa pedofilia, nel senso appunto che si predilige l'esposizione di bambini o adolescenti ai quali si attribuiscono spesso atteggiamenti e parole da adulto.

Considerando il livello superficiale come quello del significato denotato (cioè un significato stabile rispetto al segno) ed il livello profondo come quello relativo al significato connotato (ovvero un significato secondo e meno prevedibile) ho individuato tre luoghi semantici che sembrano disporre di una relazione connotativa con l'oggetto bicicletta. La bici connota, quindi entra in relazione con: (a) la sessualità femminile, (b) una situazione di mancanza o danneggiamento, e (c) un contesto deformato o poco credibile. Un comunicato pubblicitario può produrre anche più di una significazione connotativa contemporaneamente, ad esempio istituendo la relazione con l'universo della sessualità femminile, ma in un contesto irreale. Non si osserva una particolare preferenza per l'uno o l'altro tipo di connotazione: il tipo (a) è presente in 5 spot, il tipo (b) in 7, e il tipo (c) in 6. Darò ora qualche esemplificazione per ogni tipo di relazione connotativa.

La relazione con la sessualità femminile passa necessariamente e in modo un po' banale per la zona del sellino. Così, per reclamizzare un prodotto per l'igiene intima, una signorina si interroga sulla possibilità che sia la bici a procurargli certe irritazioni. Altrove, vengono scomodate ben tre cicliste per pubblicizzare dei pannoloni per incontinenti. In altri spot, decisamente più espliciti, improbabili top model (dotate anche di tacchi a spillo) pedalano discinte seducendo i passanti. Insomma, la bici ha solo una funzione di supporto espositivo per l'esibizione di determinati tranci anatomici, lo ha capito perfino Tinto Brass che per il manifesto del suo ultimo soft porno, Monella, sceglie una prospettiva da tergo della protagonista in bicicletta mentre mostra... il sellino, appunto.

Le situazioni di mancanza o di danneggiamento connotate dall'oggetto bici sono le più disparate. A questo proposito devo ricordare che in tutti i casi la narrazione è incentrata su un valore (ad es. la bellezza, la sicurezza, la libertà, ecc.). La bici viene citata come l'oggetto che deficita del valore in questione, e che per questo può procurare un danneggiamento. Il prodotto pubblicizzato è invece l'oggetto di valore, proprio nel senso che detiene il valore in questione, riparando in questo modo la mancanza evidenziata. Farò qualche esempio.Il programma narrativo di uno spot di un detersivo si basa sul valore della pulizia e dell'igiene: la bici procura un danno che l'oggetto di valore riparerà. Infatti la seguente frase compare come incipit: "Uffa! E' rimasto il grasso della bicicletta!". E' singolare che con tutti i grassi a disposizione sia stato scelto proprio un grasso di bicicletta per individuare il danno da riparare. In uno spot per una lotteria nazionale, ovviamente basato sul valore della ricchezza, la bicicletta si trasforma per l'effetto di una possibile vincita in una motocicletta nuova fiammante. In questo caso la bici connota la mancanza del valore che potrà essere comunque colmata tentando la fortuna con un biglietto della lotteria. In due spot automobilistici, infine, la bici testualizza contemporaneamente sia la mancanza che il danneggiamento. Nel primo il valore in questione è la silenziosità. Su una strada di campagna l'auto sfila silenziosa a fianco di un cavallo, poco dopo nello stesso punto giunge un ciclista, la sua bici cigola (mancanza) spaventando il cavallo (danneggiamento). Nel secondo, un vero capolavoro comunicazionale di censura dell'uso urbano della bicicletta, in cui il valore è la sicurezza, uno spericolato ciclista urbano non dà la precedenza (mancanza, ovvero "andare in bici in città non è sicuro") ma viene graziato dagli efficienti freni dell'automobile. Il danneggiamento in questo caso assume connotati catastrofici in quanto la forza d'inerzia della frenata provocata dall'infrazione del ciclista si ripercuote sullo scenario retrostante mandando all'aria ogni cosa, edifici compresi.

La terza ed ultima relazione semantica consiste nel collocare l'oggetto bicicletta in contesti astrusi ed atipici. Ad esempio, in uno spot automobilistico, sulla parola libertà appaiono due ciclisti. Sembrerebbe clamoroso. Il fatto è che i ciclisti non vengono mostrati mentre sfilano nel traffico cittadino, ma avvolti in un'aura da sogno, con le immagini leggermente sfocate e rallentate. Quindi, se la bici è uno strumento di libertà, lo può essere solo in un mondo immaginario e irreale, così irreale da apparire essenzialmente utopico. Altrove predomina l'assurdità del contesto d'uso. Ad esempio, per pubblicizzare uno yogurt un noto calciatore appare in bicicletta all'interno di un appartamento. Oppure, in uno spot automobilistico, allorché un poliziotto ha quasi raggiunto un ladro in fuga, si ferma, apre il baule della sua automobile, ne trae una bici e con quella lo raggiunge e lo blocca. Ecco quindi che l'oggetto bicicletta viene estromesso da una dimensione d'uso logico-razionale e inserita in situazioni inedite dominate dall'irrazionalità.

Conclusione. Da un punto di vista storico, leggendarie sfide ciclistiche degli anni ’50 e ’60, fra corridori e case costruttrici, e opere cinematografiche come Ladri di biciclette, dimostrano come la bicicletta fosse allora non solo un oggetto di uso quotidiano, ma anche un potente simbolo dell’immaginario collettivo. Il boom economico prima e i meccanismi del capitalismo finanziario dopo, hanno contribuito a rimodellare la gerarchia dei valori sostituendo la bicicletta con l’ingombrante, antiecologica, antieconomica, pericolosa e, in definitiva, lenta automobile. L'insieme dei poteri economici è dunque interessato a mantenere cristallizzata l'attuale gerarchia di valori e utilizza i mezzi di comunicazione di massa per affermare il suo modello di mondo possibile (e preferibile). In questo senso, il comunicato pubblicitario televisivo veicola indirettamente un modello mentale della bicicletta e del suo uso che nega la funzione utilitaristica di tale oggetto e che tende a reprimere e a censurare le sue reali potenzialità di strumento per la mobilità urbana.

L'industria automobilistica appare, secondo logica, la più impegnata su questo fronte. Le strategie comunicative utilizzate sono tuttavia la conferma del fatto che un modello antiquotidiano della bicicletta va costruito e testualizzato soprattutto là dove un modello alternativo non si è ancora diffuso. In altri termini l'Italia, il paese più motorizzato del mondo, è per i costruttori di automobili ancora una fertile terra di conquista e rappresenta un'importante fetta di mercato che va attentamente salvaguardata. In questo senso, mentre i programmi narrativi degli spot analizzati contribuiscono a costruire e a diffondere schemi mentali nei quali l'automobile è un indispensabile oggetto di valore, proiettano contemporaneamente, al livello profondo, determinati significati connotativi su un oggetto che, a giudicare dalla realtà extra italiana, può essere concorrenziale e, in definitiva, alternativo.

In Italia, almeno nella comunicazione pubblicitaria televisiva, non c'è ancora lo spazio per inserire l'oggetto bicicletta in una prospettiva che la connoti positivamente come oggetto d'uso quotidiano. Piuttosto si sta affermando un modello narrativo che potremmo definire "dell'iperbole tecnologica" in quanto esibisce mondi possibili in cui una tecnologia esasperata si presenta come unica soluzione plausibile ai problemi. In questo senso, il solo personaggio pubblicitario che si permette di ridicolizzare gli automobilisti, bloccati nelle strade congestionate e ossessionati dal problema del parcheggio, è un imprenditore in elicottero. Lo spot, naturalmente, è per un ciclomotore ultramoderno.

Gli autori delle agenzie pubblicitarie dimostrano inoltre di ignorare le potenzialità connotative della bicicletta dal momento che tale oggetto viene messo in relazione con le sole tre aree semantiche evidenziate. In particolare mi sembra che rimangano inesplorati ancora molti legami semantici dell'oggetto bicicletta, come quelli relativi all'ecocompatibilità, alla comodità, all'economia (di tempo e denaro), al salutismo, ad un certo anticonformismo, alla semplicità, alla sicurezza, all'europeismo, solo per citarne alcuni. La bicicletta potrebbe essere in questo senso motore di molti programmi narrativi pubblicitari, ricoprendo la funzione di oggetto di valore in relazione a determinati prodotti. Ma finora non si è visto nulla del genere.

 

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