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CRETA



Il paradigma dominante


Il fatto che a Creta le donne avessero una condizione di vita elevata non vuol dire che quella degli uomini fosse inferiore, o pari a quella femminile in un sistema sociale a dominio maschile. Il modello prevalente, che sostiene la divisione in classi come il più importante principio d'organizzazione, deduce che se le donne hanno una condizione sociale elevata quella degli uomini deve essere per forza inferiore. Oppure le prove di una divinità suprema al femminile, di sacerdotesse o regine con potere temporale, o di una discendenza matrilineare, sono fino adesso state sempre considerate indicative di un matriarcato, cosa che non viene assolutamente provata dalle testimonianze archeologiche.

Ma gli archeologi non hanno potutto ignorare completamente il ruolo centrale sorprendente svolto dalle donne nella società cretese. Ma come altri studiosi prima di loro si sono sentiti in dovere di adattare all'ideologia prevalente quanto osservavano. Sir Arthur Evans, quando iniziò gli scavi sull'isola all'inizio del novecento, capì subito che i cretesi adoravano una divinità femminile, e vide anche che l'arte ritraeva ciò che Evans definì "scene di confidenza femminile". Presto si sentì in dovere di comentarle come niente più di "scandali della società" o di mere "ciarle". Esaminando la maggior parte della letteratura su Creta si riscontra questo tipo di comportamento, di adeguamento delle proprie osservazioni alla visione del mondo prevalente. E' curioso notare che questo è effetivamente l'atteggiamento di molti studiosi.

Per esempio, Charles Darwin scrisse sul suo classico della scienza L'Origine dell'uomo, che quando era in Egitto aveva pensato che i tratti di una statua del faraone Amenophis III fossero spiccatamente negroidi. Ma presto corresse la propria affermazione, essendo ulteriormente confermata da due famose autorità in materia, J.C. Nott e George R. Gliddon, che nel loro libro Types of Mankind hanno descritto i tratti dei faraoni come "squisitamente europei" e hanno sostenuto che la statua in questione non era nel modo più assoluto un "ibrido negro". Darwin aveva verificato con i propri occhi ciò che in seguito è stato ampiamente accettato: in Egitto vi furono faraoni neri. Molto tempo dopo Darwin, nonostante la scoperta di molte statue e di prove visive molto più chiare dell'esistenza storica di regnanti neri, gli esperti, quasi tutti maschi bianchi, naturalmente, continuavano a sostenere che non poteva esistere assolutamente un "ibrido negro".

Si possono notare incidenti simili relativi all'esistenza di donne faraone come Meryet-Nit e Nit-Hotep, ma nella letteratura dotta su Creta questo tipo di cecità è onnipresente, sviando, rendendo invisibile ed insignificante, negando o fraintendendo il messaggio straordinariamente chiaro dell'arte cretese. Ma ecco l'eterno blocco, il punto in cui gli studiosi si scontrano con l'informazione che viene automaticamente esclusa dalla visione del mondo prevalente. Perchè quando si tratta di collegare questa differenza sostanziale della Creta minoica al fatto che essa fu l'ultima società, e quella più tecnologicamente avanzata, in cui il dominio maschile non era la norma, la stragrande maggioranza degli studiosi si blocca di colpo, o prende rapidamente un'altra direzione. Solo una donna, Jacquetta Hawkes, definisce esplicitamente "femminile" la civiltà minoica, ma anche lei taglia corto ed evita di indagare sulle piene implicazioni di questa importante intuizione.

Hans-Gunter Buchholtz e Vassos Karageorghis notano che "nel pantheon si rifletteva la preminenza femminile in ogni aspetto della vita" e che "la grande stima per il femminile è riscontrabile anche nella religione della più virile civiltà micenea". Nicolas Platon nota specificamente che "il ruolo importante svolto dalla donna è riscontrabile ovunque", che "senza dubbio le donne, o perlomeno l'influenza della sensibilità femminile, diedero un notevole contributo all'arte minoica", e che "il ruolo preponderante svolto dalle donne nella società è dimostrato dal fatto che esse prendevano attivamente parte a tutti gli aspetti della vita dei secondi palazzi". Platon definisce i minoici come un popolo che amava eccezionalmente la pace ma scrive, però, che erano dei re a occupare i troni minoici. Tuttavia anch'egli è colpito dal modo in cui ogni re governava il suo regno in stretta armonia e coesistenza pacifica con gli altri. Sebbene sia fuorviante descrivere Creta come un matriarcato, ci sono numerose testimonianze, anche del successivo periodo ellenico, che la discendenza fosse per via femminile.

E' ormai evidente come il nostro passato reale e l'impulso iniziale della nostra evoluzione culturale, possano solo essere visti attraverso il modello prevalente. Ma quando ci troviamo di fronte alla grande importanza di cosa questo passato significhi allo stato del nostro sviluppo tecnologico e sociale, ci viene da chiedere che cosa ha causato il mutamento radicale di direzione culturale, la svolta che ci ha precipitato da un ordinamento sociale sostenuto da un modello mutuale e egualitario a un modello di tipo dominatore. Come e quando è successo?