PER UNA MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE IN PALESTINA


La seconda Intifada è entrata a settembre nel suo secondo anno e oggi, dopo l'11 settembre, affronta una fase ancora più difficile.
Da una parte l'occidente ha "riscoperto" il conflitto in Medioriente, affermando a parole la necessità di una soluzione per la questione palestinese, per cercare di controllare le reazioni del mondo arabo ed islamico ai bombardamenti in Afghanistan e alle minacce di guerra allargata ad altri paesi dell'area.
D'altra parte l'amministrazione Bush ha continuato a finanziare l'esercito israeliano, opponendo solo deboli e inutili critiche alla costruzione di nuove colonie e alla "rioccupazione delle aree sotto controllo dell'ANP".
E' quindi evidente che dietro alle dichiarazioni di Bush e Blair non ci sia la reale volontà di risolvere il problema palestinese ma il tentativo già condotto alla fine della guerra contro l'Iraq di ridurre finalmente al silenzio l'Intifada. Israele ha usato tutto il suo formidabile apparato militare, tecnologico e propagandistico per questo e continua ad infliggere ai palestinesi sofferenze inaudite per mantenere e continuare l'occupazione militare e la colonizzazione e ora, sotto gli auspici della "guerra globale al terrorismo", è ancora più legittimata nella sua intenzione di liquidare militarmente l'Intifada che, nel suo complesso, è ormai equiparata al terrorismo dagli stessi Stati Uniti. D'altra parte con le nuove leggi antiterrorismo chiunque si opponga ai bombardamenti di civili innocenti potrebbe subire la stessa sorte e gli spazi per la libertà di pensiero e di opposizione si restringono ovunque.

Per i palestinesi, oggi, a 10 anni dagli accordi di Oslo che gli avevano promesso uno Stato ma hanno prodotto solo il proseguimento indisturbato della colonizzazione e la costruzione per loro di riserve di tipo indiano, le richieste dei leaders occidentali per la nascita di uno Stato palestinese suonano come parole vuote. Continuano le esecuzioni dei militanti e dei leader palestinesi, la confisca di terre e la demolizione di case, lo sradicamento degli alberi, la chiusura delle scuole e delle università, i bombardamenti, gli attacchi missilistici, e l'idea dello Stato di cui parlano assomiglia solo a quella di una gabbia, una prigione.
Uno Stato che lo stesso Arafat vuole imporre con la forza, attraverso la polizia e i servizi di sicurezza dell'ANP che nell'ultimo periodo hanno dichiarato fuorilegge il braccio armato del Fronte Popolare e arrestato decine di militanti e simpatizzanti dell'organizzazione più forte della sinistra palestinese e delle altre che si rifiutano di fermare la resistenza all'occupazione, prefigurando in questo modo come intenda governare la Palestina nel futuro che si aspetta. Il futuro che i palestinesi rivendicano con l'Intifada, invece, è quello di poter vivere sulla propria terra, coltivarla, poter costruire case, poter scavare pozzi, poter avere scuole, asili, sanità, vivere senza occupazione militare e colonie che si prendono tutto, dalla terra alle risorse e queste rivendicazioni sono le stesse che uniscono miliardi di persone in tutto il pianeta. Gli appelli all'occidente che continuano ad arrivare dalla Palestina sono quelli delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, dei Comitati delle donne, delle Università, dei prigionieri che, a distanza di più di un anno dall'inizio di questa nuova Intifada, nonostante il silenzio e la solitudine che si sono trovati ad affrontare, domandano ancora una volta attenzione e solidarietà.

Nella stessa Israele sono nati gruppi di giovani, femministe, antimilitaristi che, pur esigua minoranza, fuori del "blocco per la pace" tutto interno al partito laburista e che è stato travolto dal fallimento degli accordi di Oslo, porta elementi di critica radicale alla natura stessa dello Stato israeliano, elementi venuti chiaramente alla luce nella Conferenza contro il razzismo a Durban. Come comitati di solidarietà in questi anni in Palestina abbiamo costruito relazioni e solidarietà e una presenza che è stata importante per noi e per i palestinesi e che vogliamo riproporre oggi con forza.
Perché se oggi le diplomazie non vogliono nemmeno sentir parlare di protezione internazionale verso un popolo aggredito e massacrato da un'occupazione militare feroce, pensiamo invece che la nostra presenza in quei luoghi sia importante anche per portare avanti iniziative concrete insieme alle altre realtà della solidarietà internazionale.

IN PALESTINA DAL 27 DICEMBRE CON I COMITATI POPOLARI DEI VILLAGGI E DEI CAMPI PROFUGHI COORDINAMENTO NAZIONALE DI SOLIDARIETA' CON L'INTIFADA
Per contatti: Coordintifada@yahoo.it

Coordinamento Nazionale di Solidarietà con l'Intifada



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