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Campo Internazionale di Solidarietà

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Diario dai Territori Occupati - Palestina - 6 gennaio 2001

Oggi e' il 6 gennaio, e per i cristiani e' un giorno di festa. Mentre a Betlemme sfilano i Boy scout in attesa del discorso di Arafat, nei villaggi intorno l'intifada continua. Siamo andati ad Al-Kader, un villaggio che sta tra la strada che porta a Hebron e la strada degli insediamenti, anche qui tutti i giorni le camionettte dei soldati passano e osservano se ci sono ragazzi sul campo.

Le mura della scuola sono state abbattute dagli israeliani, per impedire che i shabab si nascondessero dietro queste durante il lancio dei sassi. Ora gli e' rimasto solo un piccolo monte di terrra e pietre, che e' stato messo li per bloccare la strada che collega il villaggio al resto della strada principale. La gente per continuare il percorso, deve scendere dal taxi, oppure dall'autobus, andare a piedi attraverso i campi fino alla strada principale dove ci sono gli altri taxi per continuare il viaggio. Le camionette dei soldati si fermano ai bordi della strada, scendono, guardano quanta gente arriva, e cominciano a tirare.

I ragazzi rispondono presto con le loro fionde e i loro soliti sassi, fischiano, urlano, loro niente, continuano, prima i gas, poi i proiettili di gomma, poi i proiettili di piombo, si avvicinano sempre piu', per meglio prendere la mira. Quando passano a questa modalita' l'intenzione e' solo di uccidere qualcuno. Un proiettile di gomma colpisce un ragazzo al braccio, pero' si continua.........avanti cosi' per almeno 2 ore!!
A Gaza le manifestazioni sono ancora piu' decise, si marcia perche' non si possono accettare compromessi e false promesse: con i coloni su questo territorio non e' possibile fare nessuna pace.

Intanto la cosiddetta politica diplomatica va avanti, Arafat non firma, il problema del ritorno dei rifugiati non viene nemmeno menzionato, senza questo non e' possibile fare nessuna pace. Anche le forze progressiste di Israele, Peace Now e vari scrittori israeliani, inizialmente disponibili al dialogo, rifiutano anch'essi di parlare del diritto al ritorno nelle terre del '48. Potrebbero tornare solo le prime generazioni, cioe' quelle cacciate, ma siccome dopo oltre 40 anni sono morti, nessun altro discendente, figlio, nipote ecc.. ha il diritto a tornare.
Cosi' il problema si fa sempre piu' difficile, la gente questa volta non vuole mollare, i suoi oltre 300 martiri in pochi mesi non possono essere morti invano. E cosi' anche oggi si attende una guerra imminente.