Alcuni cenni su esercito europeo ed aspetti militari del conflitto interimperialistico in atto.

"Finché il capitalismo resta tale, l'eccedenza dei capitali non sara' impiegata a elevare il tenore di vita delle masse del rispettivo paese, perché cio' importerebbe diminuzione dei profitti dei capitalisti, ma ad elevare tali profitti mediante l'esportazione all'estero, nei paesi meno progrediti La necessita' dell'esportazione del capitale e' creata dal fatto che in alcuni paesi il capitale e' diventato 'piu' che maturo' e al capitale non rimane piu' campo per un investimento redditizio"
(Lenin, V. I. "L'imperialismo fase suprema del capitalismo"; Laboratorio politico, Napoli, 1994, pag. 99).

100.000 soldati, dei quali 60.000 simultaneamente mobilitabili nel giro di sessanta giorni per missioni della durata di un anno, su 400 aerei da combattimento e 100 unita' navali; questo l'ultimo strumento di cui l'Unione Europea si e' dotata per proteggere i propri interessi sul piano geopolitico attraverso un'adeguata proiezione militare, altrimenti detta forza europea di rapido intervento. Il tanto decantato processo d'integrazione europea, panacea di tutti i mali e soluzione pacifica di tutte le contraddizioni economico-sociali che a tutt'oggi attanagliano l'Europa postmoderna e neoliberista, questo esodo salvifico verso la terra promessa che, a titolo ed in forme diverse, accomuna tutte le forze politiche delle diverse comunita' nazionali che compongono il vecchio continente, ci si rivela nella sua antica natura di accordo tra le grandi potenze per la spartizione del mondo. e' ancora Lenin, che gia' nei primi anni del secolo passato parlava degli "Stati Uniti d'Europa", a spiegarci la natura di questo fenomeno:

"L'eta' piu' recente del capitalismo ci dimostra come tra le leghe capitalistiche si formino determinati rapporti sul terreno della spartizione territoriale del mondo, della lotta per le colonie, della 'lotta per il territorio economico' " (Idem, pag. 115).

Il passaggio effettuato tramite la costituzione della task-force di rapido intervento, dunque, altro non rappresenta che l'ulteriore formalizzazione del conflitto interimperialistico che informa i rapporti tra i poli dominanti del capitale transnazionale. Come ormai risulta evidente, la tricotomia che definisce gli attuali assetti politici internazionali si compone dell'unica superpotenza egemone che da decenni attraversa una crisi di egemonia, gli USA, di un polo europeo in fase emergente, in particolare a partire dall'unificazione della Germania e sua costituzione in motore economico dell'unione, ed un polo asiatico ancora in via di definizione e che vede nella Repubblica Popolare Cinese e nel Giappone i soggetti principali. Lo strumento militare resta centrale nelle dinamiche conflittuali che caratterizzano questo scenario, da una parte rinnovando la funzione indispensabile di distruzione delle risorse produttive che la guerra assolve nelle fasi cicliche in cui la sovrapproduzione immanente allo sviluppo capitalistico su scala mondiale mette in crisi l'intero sistema; dall'altra creando le basi per un ri-innesco del processo d'accumulazione su basi piu' estese, realizzato per il tramite della penetrazione di capitali nelle aree soggette ai piani di ricostruzione post-bellici. In questo quadro possono essere ricomprese le numerose operazioni militari che si realizzano da qualche tempo nell'area balcanica, soglia di quei territori euroasiatici individuati oggi come regione chiave dell'egemonia mondiale data l'estensione dei mercati lasciati liberi dal processo di dissoluzione dell'Unione Sovietica.
Oggi come sempre, la guerra imperialista rappresenta lo strumento-limite per dirimere le questioni inerenti questo tipo di conflitti e si conferma, dalla prima aggressione all'Iraq all'intervento in Kossovo, quale forma principe della politica internazionale nella fase culminante del capitalismo e correlato complementare della pace imperialista quale spartizione del territorio economico sulla base delle posizioni di forza acquisite. La forma concreta in cui oggi si realizza e' quella dell'intervento contro terze entita' politico-territoriali come mediazione dell'antagonismo tra le potenze formalmente alleate. Non e' un caso, infatti, che l'episodio che inaugura il nuovo corso della guerra imperialista, l'intervento in Iraq dell'89, sia stato messo in atto dagli Usa lo stesso anno in cui veniva ratificato il trattato di Maastricht, formalizzazione di quel processo che da' vita al principale rivale della superpotenza e contribuisce notevolmente a minarne l'egemonia mondiale.
Il polo imperialista europeo necessita per il suo consolidarsi, di una politica estera e della difesa comuni che le consenta di occupare spazi di egemonia sul piano geopolitico, sottraendo quote crescenti del territorio economico all'invadente fratello-cugino statunitense. Se la costituzione di una politica estera e della difesa unica era uno dei tre punti su cui si concentrava il trattato di Maastricht nel promuovere una coesione interna che consenta la proiezione esterna dell'Europa come blocco, la PESC (Politica Estera e della Difesa Comune) acquista oggi una dimensione pienamente operativa col definire la possibilita' di interventi militari condotti in parziale autonomia dalla NATO. Funzionale a questo lo sviluppo di un'industria bellica e di un esercito comune, in cui s'inquadra la ristrutturazione dei vari eserciti nazionali verso forme piu' adeguate al nuovo contesto internazionale ed alle nuove modalita' della guerra imperialista cosi' come formulato nel cosiddetto "Nuovo Modello di Difesa". Come afferma lo Stato Maggiore della Difesa italiano e' "la difesa degli interessi esterni, che si esercita in tutte le aree di interesse strategico ove possono sorgere situazioni di instabilita', di tensione e di crisi, a salvaguardia degli interessi nazionali e nel contesto di interventi multinazionali". Si inaugura cosi' il passaggio da una politica della difesa, orientata prevalentemente alla protezione dei confini nazionali, ad una politica della sicurezza, cosi' definita dall'ex-segretario generale e direttore nazionale degli armamenti, generale Franco Angioni: "la sicurezza, in definitiva, non va piu' confinata all'interno di determinati limiti geografici: occorre avere la volonta' e la capacita' di proiettarsi a lungo e medio raggio, ovunque si manifestino situazioni a rischio che potrebbero degenerare rapidamente, coinvolgendo la sicurezza e gli interessi nazionali" (47a sessione del Centro Alti Studi per la Difesa, 1996; questa citazione e la precedente sono prese da un intervento del Comitato Golfo ad un dibattito contro l'intervento italiano in Albania). Negli ultimi mesi, a cavallo del vertice di Nizza, abbiamo assistito a uno sviluppo di questa politica a cui e' stata data una certa risonanza mass-mediatica, con ricadute economiche e politiche sia sul piano interno che internazionale e in particolare nei rapporti con gli USA. Primo punto da fissare, nella fase operativa dello sviluppo di questo modello sul piano europeo, e' la nascita entro il 2003 della gia' citata Forza Europea di intervento rapido (consiglio dei ministri degli Esteri e della difesa dell'unione del 20 novembre scorso) che potra' intervenire in tre tipi di scenari:
1. Missioni leggere di tipo umanitario, dopo catastrofi naturali o per evacuazione di profughi ;
2. Operazioni pesanti di "ristabilimento della pace con le armi" come in Kossovo;
3. Mantenimento della pace in funzione anti-crisi.
Nonostante le dichiarazioni di complementarita' alla Nato, la forza militare europea esprime la volonta' dei quindici di sviluppare una politica estera comune e soprattutto indipendente degli Usa che attraverso la Nato condizionano gli alleati europei. Abbiamo un esempio nella risonanza e nei giudizi che i mezzi di comunicazione danno delle azioni militari di Usa e Gran Bretagna in Iraq o alle criminali bravate americane come il Cermis o l'affondamento del peschereccio giapponese nel Pacifico. Fatti di questo tipo vengono trattati e giudicati con toni, mai visti fino a poco tempo fa (si pensi che stragi come quella di Ustica sono rimaste sotto silenzio per anni) con lo scopo di nutrire dolcemente ma costantemente l'antiamericanismo dell'opinione pubblica. Le posizioni all interno dell'Ue sono comunque varie, per fare gli esempi piu' estremi, al tradizionale indipendentismo francese espresso in dichiarazioni come quella di Chirac che afferma che l'Armé non sara' mai in mano a un funzionario di Bruxelles, si accompagna il neutralismo di Austria, Svezia, Finlandia e Irlanda.
Sicché, aldila' dei conflitti e delle tensioni che segnano il processo d'integrazione del polo imperialistico europeo, i passaggi politico istituzionali che definiscono sul piano sovrastrutturale questo processo conferma il mutamento in atto nei rapporti di potenza sul piano internazionale. Richiamandoci ancora una volta a Lenin, notiamo come "i capitalisti si spartiscono il mondo non per la loro speciale malvagita', bensi' perché il grado raggiunto dalla concentrazione ci costringe a battere questa via se vogliono ottenere dei profitti. E la spartizione si compie 'proporzionalmente al capitale', 'in proporzione alla forza', poiché in regime di produzione mercantile e di capitalismo non e' possibile alcun altro sistema di spartizione. Ma la forza muta per il mutare dello sviluppo economico e politico. Per capire gli avvenimenti, occorre sapere quali questioni vengono risolte da un mutamento di potenza; che poi tale mutamento sia di natura puramente economica, oppure extra-economica (per esempio militare) cio', in sé, e' questione secondaria" (Lenin, V. I. "L'imperialismo fase suprema del capitalismo"; Laboratorio politico, Napoli, 1994, pag. 115). Alla luce di questa situazione gli Stati Uniti non possono che ostacolare la formazione dell'esercito europeo o comunque cercare di renderlo il piu' possibile legato alla Nato. Si inserisce qui la Gran Bretagna, in bilico tra Europa e Stati Uniti, che cerca di moderare le ambizioni europee e fa gioco alla tattica statunitense di contenere e subordinare alle proprie istanze egemoniche lo sviluppo dell'unione, piuttosto che confrontarsi in uno scontro frontale col proprio fratellastro-rivale.
Le posizioni Usa in tema di politica militare vanno anch'esse sviluppandosi con la vittoria repubblicana. Bush e i suoi preannunciano un aumento delle spese militari, si prefigura da parte degli USA un sempre maggiore uso dello strumento militare per mantenere la propria egemonia. La crisi di stabilita' che ha investito gli assetti politici internazionali in conseguenza della dissoluzione dell'Unione Sovietica rende necessario il ridefinirsi dell'impostazione strategica della NATO come organismo centrale nel rilancio dell'egemonia statunitense. Durante il vertice dei paesi membri della NATO tenutosi a Roma nel novembre de '91, vengono tratte le conclusioni del crollo del patto di Varsavia affermando che "la novita' di questo scenario non riguarda né l'oggetto né le funzioni di sicurezza dell'alleanza, anzi ne ribadisce la permanente validita'… Il nuovo scenario offre nuove occasioni all'alleanza di inserire la sua strategia nel quadro di una concezione allargata di sicurezza". Il superamento dell'ONU come organismo garante dell'ordine mondiale ed il contestuale ampliamento dell'autonomia d'intervento della NATO, che l'ultima missione nell'ex-Jugoslavia ha stabilito ipso facto, hanno ricevuto una sanzione formale al vertice tenutosi a Washington tra il 23 ed il 25 aprile '99. In base al nuovo concetto strategico li' definito, la possibilita' d'intervento dell'alleanza e' stata estesa a tutte le zone dove siano in atto scontri etnici o religiosi, dispute territoriali, violazioni dei diritti umani o gravi instabilita' provocate dalla dissoluzione di stati. Questo passaggio s'inquadra nella nuova strategia regionale della difesa USA, tesa a "impedire che qualsiasi potenza ostile domini una regione le cui risorse siano sufficienti, se controllate strettamente, a generare una potenza globale. Queste regioni comprendono l'Europa occidentale, l'Asia orientale e sud-occidentale ed il territorio dell'ex-URSS" (dal National Security Strategy del '91).

La guerra in Kossovo ha messo in luce l'impotenza europea in campo militare; l'UE ha dimostrato di essere profondamente dipendente dalla potenza militare USA sia dal punto di vista delle azioni militari sia, se si esclude il settore aeronautico, rispetto alle forniture di alta tecnologia. " La piu' grande sfida europea dopo il lancio della moneta unica non poteva che partire in simbiosi con l'Alleanza Atlantica separabile ma non separata", recita infatti il Sole 24 Ore nel riferirsi alla costituzione di un esercito europeo. La grande importanza che il giornale del padronato italiano da' all'esercito che comunque resta per il momento legato agli alleati NATO e' da riferire ad un dato di fatto oggettivo: l'europa non dispone di un apparato logistico e di collegamento autonomo, e dovra' necessariamente appoggiarsi a quello della NATO, almeno per quello che riguarda il medio periodo. L'interrogativo che si pone e' se il polo europeo abbia interesse, per dotarsi di un'autonomo strumento militare, a replicare le strutture della NATO o non le convenga conquistare sempre nuovi spazi di gestione all'interno dell'organismo e qui scalzare gli Stati Uniti dalla posizione di egemonia assoluta. Problemi vengono su questo aspetto dalla Turchia, fortemente legata agli USA, che continua a negare il suo assenso all'utilizzo delle infrastrutture NATO da parte della forza europea, cercando in questo modo anche di accelerare il suo ingresso nell'UE. C'e' da chiedersi se, una volta perfezionato questo passaggio, non si debbano considerare gia' presenti le condizioni di un superamento di potenza sul piano geopolitico e militare, considerato che la Turchia non solo rappresenta il secondo esercito della Nato e principale alleato degli USA nella regione, ma anche un territorio dall'importanza strategica incalcolabile, dato il ruolo di stato-cerniera tra est ed ovest da essa assunto.

Ma al ruolo geopolitico espletato dallo sviluppo di un apparato militare europeo autonomo, si affianca il lancio di un polo industrial-militarista come fattore consistente nella produzione di valore aggiunto. Assistiamo ad una tendenza alla razionalizzazione e al coordinamento delle spese degli stati destinate alla difesa ,a una uniformazione degli equipaggiamenti e alla creazione, stabilita a Nizza, di organi di pianificazione e di comando con sede a Bruxelles strutturati sulla falsariga della istituzioni atlantiche. All'aspetto politico-militare va a legarsi quello prettamente economico della crescita dell'industria bellica del vecchio continente , che va caratterizzandosi, come avviene per la generalita' del capitale europeo, in una serie di fusioni e nascita di Joint Venture tra imprese a capitale nazionale. - stadio iniziale - Le Joint Venture sono lo strumento piu' adatto alla natura frammentata del mercato europeo in quanto permettono di superare le barriere nazionali e, nel caso dell'industria bellica, di sviluppare settori di mercato a forte connotazione duale. Un esempio e' la formazione del consorzio per la costruzione dell'Airbus impegnato anche nella produzione bellica e in forte competizione con l'americana Boeing. Il processo di integrazione europea nel campo dell'industria bellica ha raggiunto negli ultimi dieci anni risultati inattesi. Sono nati quattro grandi gruppi, di cui i primi due, EADS e BAE Systens sono tra i primi a livello mondiale. L'aspetto economico va definendosi molto piu' velocemente di quello militare che ha bisogno di un maggiore supporto politico istituzionale, il piu' lento a uniformarsi e tuttavia essenziale in quanto presupposto alla costituzione di un mercato comune.
Questo processo che implica una complessiva levitazione delle spese militari. I Quindici paesi del UE investono complessivamente nella difesa circa 190 miliardi di dollari, il 65% della spesa americana ma con ricadute concrete decisamente inferiori. Stando alle stime ufficiali , a parita' di prodotto se gli USA spendono un dollaro, gli europei ne spendono tre. In questo senso, la battaglia per una riduzione della spese militari dovrebbe assumere un valore politico notevole per quei soggetti che intendono porsi in una prospettiva antagonista rispetto alle mire imperialistiche che abbiamo visto sottendere il processo d'integrazione europea nelle sue molteplici determinazioni.