Il voto a Chirac: dall'Europa all'Europa

Le presidenziali in Francia

Incominciamo il nostro ragionamento partendo dai dati sotto gli occhi di noi tutti : quelli elettorali. Fin quasi al 21 aprile si svolge una campagna presidenziale incentrata soprattutto sul duello Jospin/Chirac : bastava sfogliare ogni quotidiano francese per trovare testate, articoli e vignette satiriche solo su di loro. In realtà esistevano anche altri nomi e principalmente un tale Le Pen (leader storico del Front National), Francois Bayrou (Centrista dell'UDF, Unione per la Democrazia francese) che erano tra i favoriti, ma anche molti altri fino ad arrivare a Bruno Mégret (ex sottopancia di Le Pen ed ora leader fondatore del MNR, Movimento Nazionale Repubblicano), ed i trotzkchisti di Olivier Bensacenot (LCR Lega Comunista Rivoluzionaria) e di Arlette Laguiller (LO, Lotta operaia). Si perché in Francia, che è una Repubblica presidenziale le formazioni politiche che si contendono il posto più importante dello Stato, anche se sui limiti della governabilità reale dello Stato da parte della carica istituzionale del presidente di questo tipo di Repubblica, sono molto più numerose che da noi. Direi anzi praticamente tutte: si candidano l'estrema destra, il centro destra, i cristiani democratici, i verdi, le sinistre tradizionali e le sinistre "rivoluzionarie". Ciò è dovuto alla diversa natura e storia dello Stato italiano rispetto a quello francese e alla loro differente evoluzione.

Il duello sul primo ministro uscente Lionel Jospin, ex collaboratore di Mitterad e massimo esponente attuale della "Gauche", la sinistra riformista francese legata alla social democrazia europea, ed il Presidente della Repubblica uscente Jacques Chirac, massimo esponente del centro destra forse il più europeista dei partiti di questa corrente facenti parte dell'UE, è risultato pesante e farraginoso per l'elettorato che infatti ha disertato le urne attestandosi al 30% o cercando la novità. Ed infatti il 21 aprile la "novità" fa il suo ingresso trionfale. Chirac 19,56%, ovvero il 20% in meno del previsto, Le Pen 17,41%, Jospin 15,93%, il 18% in meno delle attese. Il Front National si impone e con esso Le Pen che annuncia all'Europa la sua prossima presidenza. L'auspicato duello centro - destra/ centro sinistra non ci sarà più al secondo turno, giacché il maggior esponente del centro sinistra, Jospin, annuncia il suo ritiro dalla politica ed anche perché la "Gauche" si era ulteriormente divisa al primo turno giacché l'ex ministro degli Interi del governo Jospin, Chevènement, aveva fuggito lo schieramento creando un partito proprio (MDC, Movimento dei Cittadini).
E' a questo punto che occorre fermarsi e considerare attentamente le risposte della socialdemocrazie europea alla scalata al trono di Francia. Romano Prodi : "Sono sicuro che la Francia resterà fedele ai valori fondamentali della democrazia. E' importante anche per il ruolo decisivo che gioca nell'Unione", ed aggiunge "l'esito del voto dimostra che bisogna fare uno sforzo ulteriore per spiegare l'Europa ed i suoi valori ai cittadini" (Il Sole 24 ore. 23 aprile 2002). Lo stesso giorno, sullo stesso giornale, leggiamo che anche Tony Blair ha chiesto agli elettori francesi di "respingere l'estremismo" sostenendo la candidatura di Jospin. Jacques Delors, ex presidente della Commissione Europa in riferimento all'esito elettorale del 21 aprile, commentava : "è il risultato dell'evoluzione che ha avuto luogo in Francia da sette anni : i dirigenti francesi non si fanno più carico dell'Europa." (Le Monde, 2 maggio 2002). Alberto Benzoni (Sdi) : "La vittoria di Chirac è scontata. E sarà beninteso nettissima [..] la cosa sarebbe significativa soprattutto delle difficoltà ideologiche e politiche delle sinistre ad appoggiare Chirac. Difficoltà ideologiche: per la componente "estrema" Chirac è il nemico di classe. Difficoltà politiche: la "sinistra plurale" si appresta a presentarsi come alternativa all'attuale Presidente del centro - destra nella campagna elettorale [...]. E allora può farlo votare oggi come "minor male" ma senza entusiasmo" (A. Benzoni, "Chirac il male minore", Avanti! della domenica, 5 maggio 2002). Ed infine le parole di Valéry Giscard d'Estaing, così parlava il 3 maggio dai microfoni dell'emittente nazionale televisiva francese "France 2" : "Raccomando ai telespettatori che ci ascoltano di votare per Jacques Chirac, come Presidente della Repubblica per mantenere la Francia in Europa, giacché egli sostiene di riuscire a modernizzare la Francia" (Le Monde, 6 maggio 2002).
Le precedenti dichiarazioni danno il senso di una adesione programmatica trasversale della socialdemocrazia europea, comprendendo di striscio anche Blair, alla propaganda europeista anti Le Pen, messa in campo quasi da subito dall'uscente Chirac. Completano il quadro quelle di Chirac stesso, numerosissime e che martellano sulla stampa francese ed internazionale. Fra queste ultime si leggano : "la Francia è ferita [...] è in causa l'anima del nostro Paese [..], la sua coesione, l'unità della Repubblica", l'Unità 23 aprile 2002. O ancora, dello stesso : "Lasciare l'Europa sarebbe distruggere milioni di posti di lavoro [...]. Rinunciare all'euro non sarebbe ritrovare la sovranità, ma ricominciare con la fiacchezza, con l'inflazione e l'instabilità monetaria", Le Figaro, 3 maggio 2002.
Facciamo un attimo il punto. Prima delle presidenziali i francesi si dimostravano annoiati e distanti dalla politica europea e dal ruolo del loro Paese, strettamente connesso ad essa. Un forte dissenso si esplicita i un astensionismo di forte portata la "minaccia Le Pen", letta e proclamata in Francia come nel resto d'Europa come pericolo forte all'identità nazionale, al progresso economico ed al futuro della democrazia richiama massicciamente gli elettori alle urne e li riporta in Europa, ma convinti : dall'Europa all'Europa, perciò. Ebbene, tra il voto del primo turno 21 aprile 2002 ed il voto del secondo turno, 5 maggio 2002, è successo qualcosa di importante : la macchina da guerra elettorale di Chirac e dell'Europa si è messa in moto. La disillusione e la rabbia popolare, che avrebbero potuto con la discussione e la riflessione politica portare i lavoratori ad una coscentizzazione ed a una ripresa, da presupposti comunisti evidentemente, delle lotte è stata ancora una volta invischiata nei meccanismi del vuoto e riportata all'autonomia del politico.
Ma non basta per fortuna : il milione di manifestanti che è sceso in piazza il 1° maggio sotto l'egida di Chirac, pressato dai sindacati maggiori come dalle molte forze politiche, non era comunque portatore solo dei princìpi elettoral - propagandistici del Presidente gollista (in quanto appartenente alla destra che si rifà a De Gaulle). No esso era anche altro come in Italia pochi mesi fa nella mobilitazione del 1° maggio che aveva per tema una contrapposizione all'articolo 18 ed al terrorismo, esso raccoglieva migliaia di lavoratori non tesserati né necessariamente prossimi politicamente e nella piazza erano pure immigrati, precari, studenti, insegnanti, impiegati, disoccupati e quant'altro. Dirò di più : il primo maggio francese 2002 è stato preparato da centinaia di comitati spontanei di studenti, medi per lo più che da un capo all'altro della Francia si sono auto organizzati, hanno cominciato a riflettere e discutere, hanno inventato slogan, dato vita ai cortei. Poi da ogni parte ognuno, e questo è lo spirito francese migliore, hja dato il suo contributo a consolidare la causa e ad assicurare la vittoria : artisti che creano mostre contro il FN, atleti che formano comitati di atleti e che lanciano appelli contro Le Pen (è il caso del calciatore Zidane), scrittori che invadono le testate per discutere, lavoratori che si passano la voce sul posto di lavoro. Tutto questo è magnifico! Se non fosse che la drammatica cronaca politica finora esposta non ci porti ad un ennesima amara conclusione : il proletariato è stato ingannato ancora una volta, anzi due : nel suo slancio ribellistico, canalizzato nella xenofobia e nell'esaltazione dello sfruttatore contro la classe lavoratrice, e nella strumentalizzazione della sua dinamica ricompositiva.

Il governo Raffarin.

Il governo di transizione attualmente in carica in Francia, presieduto da Chirac e guidato dal primo ministro Jean Pierre Raffarin che durerà almeno fino alle prossime elezioni, da tenersi ai primi di giugno, merita la nostra attenzione.
Anzitutto la sua connotazione esageratamente europeista : Dominique de Villepin, il nuovo Ministro degli Affari Esteri appena insediato ha parlato di "un'ambizione e di un obbligo della Francia di essere europeista in quanto è stata uno degli "inventori" dell'Europa e vuole rimanerne uno dei motori", aggiungendo di avere una "visione esigente dell'Europa nel mondo" e di credere fortemente in "una politica comune" della UE" (dichiarazione registrata da Le Monde del 15 maggio 2002). Tale e tanta "verve" europeista se da un lato nasce dal clima provocato da Chirac all'indomani della sconfitta al primo turno con le esternazioni sue e dei principali rappresentati dell'UE prima elencate (e che, evidentemente, hanno creato delle aspettative negli elettori dei quali come sappiamo si vuole mantenere la fiducia) affondano sicuramente nella certezza del ruolo economico -politico e strategico francese all'interno della UE , ma non è solo questo. Chirac vuole oggi affabulare tutti, accontentare ogni anima del Paese : immigrati e conservatori, intellettuali ed imprenditori, socialdemocratici e gollisti. Per questo schiera un governo che l0ironica stampa francese non esita a definire "una squadra di football" : Nicolas Sarkozy, legata ad una delle personalità più dure del gollismo, Charles Pasqua (che aveva organizzato le mobilitazioni golliste nel maggio '68 e che nel 1999 aveva guidato la destra francese alle elezioni europee), è insediato al rinnovato e potenziato Ministero degli Interni e delle Libertà Locali; l'intellettuale - filosofo - scrittore politico Luc Ferry al Ministero della Gioventù e dell'Educazione; Francis Mer, il capitano d'Industria rispettato e temuto da padroni e sindacati e che ha dato un grosso impulso alla siderurgia europea, al Ministero dell'Economia; Tokia Saïfi, figlia di un deputato algerino e deputata europea, al Ministero per lo Sviluppo Sostenibile. Questo per dirne solo alcuni.
Una destra istituzionale che si maschera da "gauche plurielle", ovvero la "sinistra plurale" quale era solita presentarsi alle elezioni, cioè suddivisa come ogni sinistra in vari schieramenti. Ma la sinistra, la "Gauche", quest'anno rinuncia alla rivendicazione delle proprie differenze e si presenta unita, in blocco. Il Partito Socialista (PS) , orfano di Jospin, presentando il vecchio programma in parte aggiornato agli elettori ha provato un certo imbarazzo e fatto qualche "gaffe". La situazione mi ha fatto sorridere, ricordando quanto disse Claudio Martelli alle ultime elezioni presentandosi assieme a Ferrara ancora con il nome Socialisti Italiani : "Cari compagni votate Polo delle Libertà".
Ma la questione centrale in Francia è che si respira ancora il clima di emergenza del dopo 21 aprile e che si assiste ad un preoccupante compattamento in un fronte unico di tutte le forze politiche, dallo schieramento della "Gauche" sono ovviamente esclusi i due partiti troschisti : LCR ed i più internazionalisti LO. Chirac d'altronde lo ha detto a chiare lettere : o mi date la piena fiducia ed i pieni poteri o vi troverete di nuovo di fronte ad una "coabitazione" e stavolta sarà anche peggio di prima. La parola chiave su cui fa anche leva il Presidente è, dunque, "coabitazione" che significa per i francesi una cosa molto chiara instabilità e difficoltà di governare appieno (essendo essa la mancanza della maggioranza dell'Assemblea, ovvero del Governo, nelle mani del Presidente della Repubblica). E se storicamente la "coabitazione", ovvero la limitazione dei poteri già grandi del Presidente della Repubblica di una Repubblica presidenziale, ha significato una scelta di libertà maggiore di tutela minima dei propri diritti in un Paese che usciva dall'esperienza De Gaulle, oggi questo fa paura. E su questa paura, come sull'unità dei Partiti in gioco e sull'alleanza tattica e strategica con la socialdemocrazia europea, Chirac fa leva e si propone al suo popolo come la soluzione migliore a tutte le difficoltà promettendo una sorprendente riduzione delle tasse entro tempi brevi. La realtà però è che nei bilanci e nei tempi di attuazione (2004) concordati a Barcellona, non sta alla Francia ma neanche alla Germania : i due Stati tendono invece, al di là delle accuse di facciata del Ministro delle Finanze tedesco Hans Heichel a Chirac, a stringere una complice alleanza - freno contro i tempi di attuazione dell'Europa. Altro che "motore dell'Europa" come diceva Villepin!
Si profila perciò una Francia sempre più forte, unita, senza dissenso interno, con un apparato repressivo potenziato, legata a filo doppio alla socialdemocrazia europea (le dichiarazioni rilasciate da Chirac a Bush il 28 maggio scorso in occasione del "Memorial Day" sono evidentemente di circostanza) e sempre più unita alla Germania.
Quel che vorremo come compagni e compagne del Brutus è che quel milione di disoccupati, lavoratori e studenti scesi nelle piazze francesi il 1° maggio non ritorni con estrema difficoltà nella propria collocazione sociale e produttiva , quasi non fosse successo nulla, e soprattutto che la straordinaria spinta mobilitativa dimostrata nella lotta contro Le Pen venga sempre meno imbrigliata in logiche frontiste.