Articolo uscito sulla rivista "Comunismo" n.40 e ripreso dalla rivista tedesca "BREAK OUT information regardin anarchists in Italy and elsewhere" per contatti: Solidaritatskomitee Italien c/o Breisacherstr. 12 - 81667 Munchen fax+49-89-480 2006

UN ULTERIORE PASSO DEL MODELLO REPRESSIVO ITALIANO.

Vogliamo mettere in rilievo la nuova strategia repressiva che lo stato italiano ha messo in atto contro gruppi di militanti proletari.
Vogliamo denunciare l'azione dello stato e solidarizzare con tutti i compagni colpiti da quest'ultima.
Vogliamo fare un appello di lotta e di solidarieta' contro queste ulteriori azioni militari da parte del terrorismo di stato.

Questo enorme laboratorio della controrivoluzione che l'Italia e' stato;
questo modello di stato repressivo che lo stato italiano e' stato per anni;
questo apparato di legge e repressione che produce esempi a livello internazionale su come dirigere, infiltrare pentiti e collaboratori ha fatto ancora una volta un nuovo e rappresentativo passo in avanti.

Qualche anno prima lo stato italiano si era distinto agli occhi di tutto il mondo, per come aveva usato le tattiche di infiltrazione per raggruppare interi settori del movimento proletario e accusarli di terrorismo anche se ufficialmente non erano responsabili di nessuna accusa specifica.
Per parecchi anni, la tattica repressiva dello stato italiano e' stata quella di usare bombe piazzate dalla polizia, o da settori manipolati da questa, per seminare paura e terrore tra la popolazione cosi' da leggittimare tutti gli atti terroristici da parte dello stato.
Da piu' di 15 anni lo stato italiano unisce agli atti terroristici comuni a tutti gli stati, (vedi tortura psicologica) una legislazione che favorisce il tradimento, il pentimento e la collaborazione cosi' da essere un modello internazionale copiato dalle polizie e dalla "giustizia" di sempre più stati.

Iniziando con qualche misura repressiva, condannando qualche "anarchico" per armi trovate durante le perquisizioni di case, ma soprattutto per alcune vaghe dichiarazioni di una "supertestimone" costruita, gli inquisitori di stato, rappresentati dai pubblici ministeri di Roma, cominciano a costruire una campagna di stato contro numerosi gruppi e militanti che si definiscono "anarchici". Infatti essi non sono in cerca di colpevoli di crimini specifici, ma cercano di rendere illegale un intero movimento, molto contraddittorio, con differenti strutture e differenti livelli che avrebbero una sola cosa in comune: "loro si definiscono anarchici".

Certamente attacchi di questo tipo da parte dello stato non mirano agli "anarchici" in generale -dopo tutto alcune parti che cosi' si definiscono sono chiaramente riformisti e pacifisti- in italia come nel resto del mondo e in questo modo stanno svolgendo un ottimo lavoro in favore dello stato. D'altra parte pero' lo stato italiano pressa tutti i settori, si infiltra per farli rinunciare, pentirsi etc. riuscendo molto bene in questo, come in precedenza, quando ci fu un diluvio di dichiarazioni in vista della repressione contro le Brigate Rosse, Prima Linea.

Settori dell'anarchismo ufficiale come "circolo Bernieri" e la F.A.I., non hanno perso tempo per dichiarare che gli accusati non sono anarchici, ma provocatori, e per concludere, hanno tentato di scusarsi con lo stato dichiarando che gli anarchici non farebbero mai nessuna azione armata. e' chiaro, percio', che la repressione mentre mette da parte gli "anarchici ufficiali" cerca di identificare quelli considerati come veri nemici dello stato e colpirli duramente, procedendo dal punto di vista di un poliziotto o di un giudice che non vede la sovversione come un risultato "naturale" della miseria e dell'oppressione, che non puo' essere ostacolata, ma come azioni di una banda atta a cospirare; naturalmente cio' li conduce erroneamente a condannare, anche se i militanti non stanno svolgendo nessuna attivita' rivoluzionaria.

Dalla fine del '95 e per tutto il '96 sono scattate una serie di procedure, case perquisite, arresti, sorveglianze, infiltrazioni, dichiarazioni, campagna questa con il suo apice il 16 e il 17 settembre: giorni in cui circa 60 tra case e appartamenti in numerose citta' italiane sono state perquisite, dozzine di militanti arrestati e molti altri costretti a nascondersi. Mentre alcuni degli arrestati sono accusati di rapine in banca, omicidi e furti, molti di loro, senza nessuna differenza e nessuna prova sono accusati di essere membri della stessa banda armata (un'organizzazione pretestuosamente chiamata"organizzazione rivoluzionaria anarchica insurrezionalista") un conglomerato di reati associativi: banda armata, associazione sovversiva, possesso di armi ed esplosivo, attacchi contro strutture pubbliche.

Noi non sottolineamo ne l'uso delle armi ne l'azione armata, perche' vogliamo solidarizzare con gli "innocenti" e non con quelli che -come sono stati definiti da molti gruppi riformisti e opportunisti - hanno compiuto azioni armate contro la proprieta' privata e contro lo stato.
Perchè il "colpevole" e' stato e sempre sara' una parte importante del nostro movimento nel senso più ampio possibile; come rivoluzionari a questo abbiamo sempre puntato iniziando dall'era di Marx e Bakunin fino al tempo di Flores Magon e Rodolfo Gonzalez Pacheco.
Noi facciamo questo poiche' pensiamo sia importante proclamare che lo stato non voglia liberarsi da coloro che hanno commesso questo o quel crimine, ma da coloro che sono un reale pericolo per lo stato stesso- che sia provato o no di aver commesso questo o quel fatto e per smascherare le tattiche dello stato -vedi gli infiltrati, i pentiti, i collaboratori- come mezzo per schiacciare un vasto movimento e per difendere e riprodurre il dominio di classe.
Noi evidenziamo che gli accusati hanno formalmente contestato di essere definiti membri di un'unica organizzazione clandestina, come una specifica struttura separata, come se definirsi anarchici non avesse senso e non corrispondesse alle proprie posizioni.

"Certamente i giudici sanno che l'organizzazione anarchica non esiste, la definizione di banda armata -derivata dai loro schemi- non puo' essere usata nelle reali relazioni tra anarchici; incontri basati sulle affinita' di individui e sulle loro differenze, che sviluppano iniziative non costruite da un'organizzazione formale; individualita' che organizzano non in maniera rigida e verticale,quella che verrebbe definita una banda armata. Non solo perchè disapprovano la clandestinità, ma perchè non sono propensi ad unirsi ad una struttura che fa del gruppo armato una realtà che parte dalla sovversione vera e propria. Questo vale anche se un anarchico individualmente, in piena responsabilita' per lui stesso, decide di prendere le armi; anche se qualcuno degli imputati o qualsiasi anarchico- scrivendo, discutendo, amando, distribuendo volantini, dando brutti soprannomi ai padroni, stando lontano dal lavoro, occupando case- ha preso le armi, questo non li fa diventare una banda armata. E' il potere che ha inventato tutto ciò. Quello a cui i giudici mirano e' illudere che, eccetto sopravvivere e aspettare tempi migliori, un'organizzazione armata sia l'unica via. Per fortuna l'insurrezione non è come la repressione ce la vuole far sembrare..."

tratto da "Comunismo #40"

Puoi contattare "Comunismo" via posta: BP 54 - BXL 31 Belgian 1060 Bruxelles