bollettino del

COMITATO DIFESA ANARCHICI

Questa edizione è del

AGOSTO 1997

 

IL COMITATO DI DIFESA DEGLI ANARCHICI

si è formato nel Febbraio 1992 e si pone l’obiettivo di sostenere sia dal punto di vista giuridico che da quello finanziario gli anarchici detenuti. Per quanto concerne l’assistenza legale abbiamo cercato la collaborazione di diversi avvocati in tutta Italia che potessero aiutarci, anche solo in senso logistico, per una prima assistenza e appoggio locale.

Ovviamente, pur disponendo di diverse adesioni, non siamo ancora in grado di coprire l’intero territorio nazionale. Chiediamo quindi a coloro che ne conoscano, di indicarci i nominativi di avvocati che eventualmente vogliano e possano essere disponibili nel modo e nella forma da loro decisa.

Chiediamo, inoltre, dato che il Comitato è autofinanziato, un sostegno economico di qualsiasi entità a chiunque sia interessato: i finanziamenti fino ad ora giunti provengono da concerti, cene e iniziative varie svoltisi in posti occupati, da autoproduzioni-benefit, da redazioni di giornali/fanzines e da contributi volontari di gruppi, collettivi, etc.. Abbiamo aperto un conto corrente postale e sono disponibili, su richiesta, dei bollettini postali prestampati.

 

Ultimo e importante, le informazioni: queste, per la dinamica propria del Comitato, provengono soprattutto dai singoli che siano a conoscenza di tutto ciò che ci può riguardare, quindi dagli arresti veri e propri alle date dei procedimenti penali, dalle condizioni dei prigionieri ai contatti specifici con chi ne sostiene la difesa in loco, ecc. Allora fatevi sentire per dare e ricevere informazioni.

Pur non essendo il Comitato una struttura fissa con persone che se ne occupano stabilmente, alcuni individui che collaborano sono disponibili ad intervenire durante iniziative pubbliche a sostegno del CDA o a fornire la documentazione in nostro possesso sulla situazione dei detenuti. Abbiamo a disposizione — soprattutto da quando sono avvenuti gli arresti del 17 Settembre ‘96 — molta documentazione in varie lingue (francese, inglese, tedesco e spagnolo) che possiamo fornire in fotocopia alle realtà che vogliano organizzare delle iniziative.

 

Essendo sovraccarichi di lavoro e di informazioni da smistare avvisiamo che chiunque voglia avere non solo il bollettino ma anche gli aggiornamenti in tempo reale può averli sia via fax (che resta un mezzo utile e poco dispendioso solo se limitato nelle richieste) oppure per via telematica, facendo riferimento agli indirizzi che seguono. Tenete conto, ad esempio, che gli aggiornamenti composti dall’ultimo bollettino (febbraio) a quest’ultimo sono una dozzina. Chi non possiede un computer può rivolgersi ai tanti negozi che forniscono questi servizi: la spesa è molto limitata. Quindi per mandare messaggi via telematica bisogna indirizzarli a:

elpaso@ecn.org

e chi vuole invece "leggere" gli aggiornamenti deve visitare il sito del Cda all’indirizzo:

http://www.ecn.org/zero/anarchy.htm

gli aggiornamenti vengono anche inviati automaticamente alle liste di discussione:

a-infos@lglobal.com e cslist@ecn.org

Questo sistema di informazioni è risultato particolarmente utile per coloro che dall’estero hanno richiesto informazioni e che hanno provveduto anche alle traduzioni degli aggiornamenti. A 10 mesi dagli arresti di Settembre possiamo anche dire che è grazie alla ‘rete’ se la vicenda Marini è molto nota a livello internazionale.

Inutile dire che per inviare messaggi o informazioni restano utili anche i sistemi più tradizionali: telefono nr. 011-317.41.07 (El Paso), fax 011-674.833, oppure scrivete.

Ricordiamo anche che molte radio di movimento si sono occupate delle ultime vicende repressive e diffondono informazioni e servizi in diverse città (a Roma Radio Onda Rossa, a Brescia Radio Onda d’Urto, a Padova Radio Sherwood, a Torino Radio Black Out). Chiunque sia interessato può richiedere servizi radiofonici a Radio Black Out di Torino (011-650.34.22).

Per i versamenti: CONTO CORRENTE POSTALE n. 14385108

intestato a: MARIO ANZOINO, Via Ormea, 150 - 10126 TORINO

(Importante: scrivere "pro Comitato" solo sul retro del bollettino!)

Per informazioni, per ricevere altre copie e aggiornamenti di questo bollettino:

COMITATO DIFESA ANARCHICI c/o EL PASO OCCUPATO

VIA PASSO BUOLE, 47 - 10127 TORINO TEL. 011-317.41.07

 

La BIBLIOTECA ANARCHICA DI SOLIDARIETÀ

nasce nel 1993 per iniziativa di alcuni anarchici e si propone di solidarizzare concretamente con i detenuti mettendo loro a disposizione gratuitamente testi, libri, giornali di carattere anarchico e libertario. A tutti i carcerati che lo richiedono, viene inviato il catalogo (che contiene, al momento, circa 150 testi ed un indirizzario dei giornali e delle riviste anarchiche che sottoscrivono abbonamenti gratuiti per i carcerati) da cui scegliere i volumi che interessano, che vengono spediti gratuitamente. Ai detenuti non si chiede la restituzione dei libri, che tra l’altro comporterebbe una spesa spesso insostenibile, ma li si invita, nel limite del possibile, a farli circolare a loro volta.

Fino ad oggi, un buon numero di case editrici di movimento, di individualità e gruppi ha mostrato interesse attivo nei confronti di questo progetto, interamente sostenuto da donazioni o iniziative benefit. È altresì importante sottolineare il fatto che la "gestione" ed il sostentamento della Biblioteca avvengono in maniera antiautoritaria essi stessi, ovvero con spontanea rotazione di tutti coloro interessati a collaborare, senza capi né ruoli prestabiliti.

Dall’interno delle prigioni, un numero sempre crescente di persone scrive alla Biblioteca per richiedere libri, segnalare altri indirizzi di persone interessate, consigliare ulteriori testi, ecc., e vengono fatti girare, nelle carceri, sempre più cataloghi, libri e stampati. L’interesse riscosso da questo progetto è notevole, non solo tra i detenuti di idee anarchiche ma anche tra molti cosiddetti "comuni".

Se vuoi sostenere anche tu questo progetto puoi farlo inviando dei contributi in denaro (soprattutto in considerazione della crescita ormai quasi esponenziale della quantità di testi che vengono inviati), organizzando iniziative di informazione e benefit, segnalando il recapito di detenuti che possono essere interessati e/o facendoci avere libri (in linea di massima preferibilmente di carattere libertario) da inserire nel catalogo.

Scrivere a: STEFANO FRONGIA, CAS. POST. 145, 12100 CUNEO.

_________________________

 

BIBLIOTECA del PRINZ EUGEN OCCUPATO

Dall’inverno 1996 è entrata in funzione anche la biblioteca del Prinz Eugen, uno spazio occupato di Torino; anch’essa si occupa di fornire gratuitamente libri ai detenuti, ma con un raggio d’azione più vasto: la biblioteca fornisce infatti qualsiasi tipo di testo richiesto ad ogni detenuto, purché non sia un ex sbirro, un ex politicante oppure, ovviamente, un collaboratore di giustizia. Si possono richiedere anche dei testi non più in commercio, in quanto reperibili nelle biblioteche; in questo caso verranno forniti in fotocopia. Anche per la Biblioteca del Prinz Eugen non si richiedono soldi ai detenuti né la restituzione dei libri, e per questo si invita ogni individuo o realtà interessata a collaborare inviando testi o organizzando iniziative per l’autofinanziamento della biblioteca. In questo caso non esiste un catalogo da distribuire perché ogni testo può essere richiesto. Ovviamente per i testi specifici di carattere anarchico o libertario i detenuti e i sostenitori possono fare riferimento alla biblioteca di solidarietà di Cuneo. Per richiedere libri, informazioni o collaborazioni scrivere a:

Biblioteca del Prinz Eugen occupato, Corso Principe Eugenio 26, 10122, Torino.

 

 

———AGGIORNAMENTI DA E ATTORNO AL CARCERE———

Il 12 Febbraio a Marsiglia veniva arrestato con mandato di cattura internazionale Salvatore Condrò con l’accusa di aver partecipato ad un attentato (l’autobomba nel Prenestino del 1989) e ricercato come appartenente alla ‘banda armata’ nell’ambito dell’inchiesta Marini. Condrò, residente da sempre in Francia dove lavora come docente, ha avuto l’udienza per l’estradizione il 30 aprile e in giugno è stato liberato sotto cauzione sebbene i magistrati abbiano dato parere favorevole alla sua estradizione. La decisione finale spetta comunque al ministero francese.

 

Il 14 marzo è stato arrestato a Parigi (sempre con mandato di cattura internazionale) Massimo Passamani, ricercato anche lui dal 17 settembre. Su di lui gravano accuse associative (l’appartenenza alla ‘banda armata’) e di detenzione di armi — accusa quest’ultima che non ha alcun riscontro specifico e che deriva dalla sua presunta partecipazione alla presunta ‘banda’, appunto, ‘armata’.

La sua estradizione è stata discussa il 25 giugno e il 22 luglio ma la decisione è stata ancora rinviata in quanto i magistrati hanno richiesto all’Italia un supplemento d’indagine (entro il primo ottobre) proprio riguardo alla questione delle armi.

La decisione sulla sua estradizione sarà molto significativa anche per i cambiamenti che potrà rappresentare in merito ai rapporti futuri di collaborazione tra le polizie e le magistrature dei due Stati. Infatti da sempre la Francia rappresenta un rifugio per centinaia di esuli, ricercati in Italia per accuse dello stesso tenore.

MASSIMO PASSAMANI - ecrov. 265798/m 1/110 - 42, Rue de la Santé - 75674 Paris cedex 14

 

Nel mese di marzo Salvatore Gugliara ha ottenuto la sostituzione degli arresti domiciliari con l’obbligo della firma dai Carabinieri per due volte al giorno.

 

Non è ancora stato fissata la data del processo contro i compagni detenuti per i fatti di Cordoba. Sicuramente, però, sarà celebrato dopo il primo di ottobre e a porte aperte. Sono imputati tutti e quattro degli stessi reati: omicidio, rapina, minacce, armi, lesioni e danni.

I compagni sono difesi da tre avvocati spagnoli, due per Claudio Lavazza, Giorgio Rodriguez, Giovanni Barcia ed uno per Michele Pontolillo. Gli avvocati hanno tentato a più riprese di farli trasferire nello stesso carcere, senza risultati; così come senza successo, per ora, è stata la loro richiesta di poterli vedere tutti e quattro assieme per poter concordare la linea difensiva. In più, verso i due reclusi nel carcere di Jaen — Claudio e Giovanni — è in corso un pressoché totale blocco della corrispondenza attuato dalle autorità carcerarie. Nel caso di Claudio le lettere vengono rispedite al mittente e nel caso di Giovanni vengono sequestrate. Non per questo è il caso di interrompere la corrispondenza, anzi è importante che venga intensificata. In tutto questo periodo i quattro sono stati sballottati in giro per la penisola a causa dei riconoscimenti in merito ad altre rapine delle quali sono stati accusati. Per Claudio e Giovanni la magistratura italiana ha richiesto l’estradizione. Per ora sappiamo solo che è stata concessa per Claudio. All’interno del carcere di Jaèn sappiamo che sono in corso diverse lotte dei detenuti — tra le quali lo sciopero dell’aria (patio) — alle quali partecipano anche Claudio e Giovanni.

 

Dopo quattro rinvii si è aperta, martedì 6 maggio, l’udienza preliminare dell’inchiesta Marini. Il Pm ha chiesto l’acquisizione di nuovi elementi riguardanti: a) La rapina a Cordoba b) L’assalto al consolato d’Italia a Malaga c) Internet d) L’arresto a Parigi del latitante Massimo Passamani e) L’attentato dinamitardo di Milano del 25 aprile f) La pubblicistica dell’area anarchica ed insurrezionalista. Marini ha fatto mettere agli atti, oltre a queste note numerate (rapporti, indagini, verbali, etc.) anche molti volantini e manifesti che pubblicizzano le più svariate iniziative sull’inchiesta e sugli arresti fatte in tutta Italia da posti occupati, collettivi, etc.

Marini ha chiesto altro tempo per meglio valutare la posizione di alcuni indagati a piede libero, che secondo lui avrebbero, all’interno della banda, una posizione di maggior rilievo rispetto a quella ipotizzata finora. Ha definito Alfredo Bonanno il capo di Azione Rivoluzionaria (così, la ‘banda’ ha un nuovo nome — prima si parlava solo di ORAI) forse non essendo a conoscenza del fatto che quando nell’80 Alfredo fu arrestato insieme ad altri compagni con l’accusa di far parte di A.R. il procedimento non arrivò neanche al termine della fase istruttoria, tanto visibilmente infondato era il teorema repressivo.

Quindi Marini si è indignato per la continuazione delle attività della ‘banda’, nonostante la retata di settembre, riguardo alla ‘propaganda’: «...si pensa ci siano oltre agli imputati liberi ed ai latitanti altre persone allo stato non identificate che perpetuano la realizzazione degli obiettivi dell’associazione terroristica perseguita. [...] Il gruppo anarchico insurrezionalista denominato Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica Insurrezionalista è presente in Internet con il periodico anarchico "Canenero" che rappresenta la pubblicazione dell’area. [...] Ciò rileva, oltre alla volontà di pubblicizzare nel minor tempo possibile la divulgazione dell’ideologia insurrezionale anarchica e delle azioni eseguite, una certa disponibilità economica..."

 

Il 10 maggio, all’udienza successiva, ha preso la parola Alfredo Bonanno che, tra l’altro, ha spiegato come i cosiddetti ‘scritti programmatici della banda’ altro non siano che le sbobinature di conferenze pubbliche tenute da lui in Grecia nel 1993. Per sostenere la tesi degli ‘scritti programmatici’ di una organizzazione clandestina, gli investigatori hanno addirittura negato che queste conferenze abbiano mai avuto luogo, nonostante centinaia di testimoni e servizi giornalistici di diverse testate e periodici della stampa greca. Alfredo ha anche parlato del concetto di gruppi d’affinità, cercando di chiarire la differenza tra quanto lui ha teorizzato e proposto in questi anni e il significato che ad essi attribuiscono i ROS — quello, cioè, di cellule terroristiche.

 

Il 20 giugno, a Milano, viene arrestata Patrizia Cadeddu. È accusata da un pool di magistrati guidati al sostituto procuratore D’Ambrosio di essere la donna che ha portato presso la sede di Radio Popolare di Milano la rivendicazione dell’attentato a Palazzo Marino del 25 aprile, firmata Azione Rivoluzionaria Anarchica. I reati contestati sono uso e detenzione di esplosivo.

L’unica prova contro di lei sarebbe costituita dal filmato (ampiamente rimaneggiato dalla Polizia Scientifica e mai fatto visionare alla difesa) della telecamera apposta all’esterno della sede della radio. Inoltre, due colleghe — che avevano avuto forti screzi con lei in ambito lavorativo — avrebbero riconosciuto nel filmato il vestito di Patrizia.

Una misteriosa società di Roma, la SOS Italia, aveva offerto dieci milioni di premio per chi avesse effettuato un riconoscimento. Contemporaneamente al suo arresto il Laboratorio Anarchico di Via De Amicis 10, del quale Patrizia fa parte, veniva perquisito, sgomberato e murato; gli occupanti hanno comunque continuato a presidiarlo dall’esterno. Altre perquisizioni venivano effettuate a Verona, Venezia, Torino, Bordighera, Sanremo e Cagliari. Una ventina di persone veniva indagata per "strage" e "associazione sovversiva" .

Patrizia è stata interrogata il 23 giugno dal G.I.P.; ha negato di aver portato la rivendicazione ed ha ripercorso la sua storia di anarchica; intanto, fuori dal carcere, si svolgeva un presidio in sua solidarietà e nei giorni successivi altre iniziative nel resto della città.

Le due istanze di libertà presentata dalla difesa sono state respinte.

«Grazie a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di mandarmi un telegramma. Rivendico la mia più che ventennale militanza nel movimento anarchico. Rivendico tutte le lotte degli anni ’70 fino ad oggi, lotte che ho portato avanti con coerenza. Rivendico l’amore per tutti i compagni/e dentro e fuori le galere. L’intera sinistra milanese mi vuole chiusa in cella, sicura del fatto che nessuno potrà più contrastarla nel gioco miserabile che oggi porta avanti. Chiudermi in carcere è l’unico modo per eliminare il Laboratorio Anarchico, unico spazio realmente antagonista. Non preoccupatevi quando esco ci riprendiamo tutto. Vi amo tutti come sempre. Sono tranquilla e serena, quelli che mi accusano vogliono eliminare la mia storia d’anarchica che non ha mai voluto accettare compromessi con il sistema. Sempre per l’anarchia. »

Il suo indirizzo è:

PATRIZIA CADEDDU - Carcere di San Vittore, P.zza Filangeri 2, 20123, Milano

 

Dopo due mesi di pausa, il primo luglio è ripresa l’udienza preliminare dell’inchiesta Marini. In questa occasione per qualche imputato gli avvocati hanno richiesto il rito abbreviato ma Marini, non intendendo frazionare l’inchiesta, si è dichiarato contrario. È stata anche chiesta la trattazione unitaria del processo riguardo agli imputati in carcere all’estero (Barcia, Pontolillo, Passamani e Condrò), istanza respinta per non ritardare il procedimento (difatti la posizione dei quattro sarà successivamente stralciata).

Hanno poi preso la parola due degli arrestati, Jean Weir e Christos Stratigopulos. La prima ha ripercorso alcune tappe fondamentali della sua vita, da quando, giunta anni fa a Roma, si avvicinò alle idee anarchiche, con un percorso che esclude qualsiasi tipo di organizzazione gerarchica armata come quella che ipotizza il giudice Marini. Ha ribadito la sua convinzione che, in realtà, questo sia un processo alle idee anarchiche, al contrario di quanto sostiene il pubblico ministero.

Christos ha spiegato con una accurata esposizione come non esistesse nessun tipo di organizzazione armata come quella che prefigura l’accusa; ha esposto, poi, alcune analisi personali sul metodo organizzativo, orizzontale e basato sull’informalità e sul metodo insurrezionale di massa; questi sono tutti elementi contenuti anche in un opuscolo che raccolse le sbobinature delle conferenze pubbliche tenute da alcuni anarchici in Grecia nel ‘93. Christos ha accusato la Procura di Roma e i ROS dei Carabinieri di aver estrapolato strumentalmente da questo libretto sia alcuni brani sia il nome stesso della ‘banda’, ORAI (un sottotitolo di questo opuscolo). Ha quindi chiesto che l’opuscolo venisse tradotto e messo agli atti. Non solo: ha anche accusato la Procura di Roma ed i Ros di aver fabbricato false testimonianze e falsi pentiti, riconfermando come questo sia un processo alle idee, condotto con il metodo della calunnia e della menzogna organizzata.

Il Gip D’Angelo, dimostrando una notevole subordinazione al Pm Marini e non dando peso alle affermazioni di Christos, gli ha risposto che il contraddittorio con i ‘pentiti’ non si sarebbe fatto in quella sede, ma in quella processuale.

 

Giovedì 10 Luglio è stata recapitato — con mittente anonimo — presso Radio Blackout di Torino un documento a circolazione interna dei ROS. Nelle 14 pagine del documento — datato dicembre ’94 — vengono ripercorse le tappe fondamentali delle varie indagini sugli anarchici condotte dalle forze dell’ordine e dalla magistratura negli ultimi 20 anni, a partire dal ’76. In particolar modo delle indagini sugli ‘anarchici insurrezionalisti’, mai andate completamente a buon fine. E quindi «...si ritiene urgente intensificare l’attività investigativa ed esecutiva e mettere in atto procedure finalizzate ad arrestarla [«l’ideologia insurrezionalista»], per impedirne l’ulteriore pernicioso spargimento».

Le attività "dell’area" — giornali, occupazioni, iniziative di solidarietà con gli arrestati — «pur determinando potenziali tensioni per l’ordine pubblico, non comportano, di per se stesse, un pericolo per le istituzioni ma costituiscono non di meno un primo passo verso il compimento di attività delittuose [...] si può affermare rappresentino l’anticamera del crimine».

Come fare, allora? «... fin da subito l’attenzione si è focalizzata sulla Namsetchi Mojdeh, legata sentimentalmente al Tesseri Carlo [...] non sembra essere connessa all’anarchismo [...] non ha quindi vincolo ideologico che la saldi agli altri sospettati [...] la sua disponibilità economica è venuta meno [...] ha incominciato a intrattenere i clienti di un locale notturno [...] dalla valutazione di questi elementi il personale di codesta sezione ha deciso di avviare contatti con la Namsetchi, in vista di una sua possibile collaborazione con l’arma [...] l’incarico è stato espletato dal nucleo operativo di Civitavecchia ed ha avuto immediato riscontro. [...] La Namsetchi ha palesato di non avere alcuna propensione per le ideologia anarchiche [...] dichiarandosi disponibile a fornire qualsivoglia contributo. [...] Si delinea la probabilità di agevolmente operare pressione sulla Namsetchi, riconosciuta elemento vulnerabile e particolarmente duttile.»

E per renderla più credibile, gli investigatori suggeriscono la chiamata in correo: «Si permette di consigliare l’ambientazione di attività criminali come rapine nella zona di Trento, dove il Tesseri, la Weir, il Budini e lo Stratigopulos sono già stati condannati per lo stesso reato [...] il successivo riconoscimento del tribunale giudicante la legittimità della Namsetchi permetterebbe di ipotizzare il reato di banda armata o anche solo di associazione sovversiva per tutti gli anarchici già identificati.»

Concludono gli investigatori che «per quanto le attività di acquisizione probatoria esperite nel corso di questi anni dai vari organi di P.G. non forniscano oggettivi elementi sufficienti per l’individuazione materiale dei responsabili degli attentati di matrice anarchica, si può presuntivamente ritenere che siano stati commessi da soggetti gravitanti nell’area in esame, con il concorso quanto meno psichico di tutti gli altri appartenenti. Come già accennato in precedenza, per quanto la manifestazione pubblica dell’ideologia insurrezionalista non costituisca in sé un illecito, è possibile ritenerla tuttavia di non comune capacita’ criminogena, tale quindi da giustificare un procedimento giudiziario nei confronti di tutti i suoi simpatizzanti.»

 

Questo documento è stato presentato dagli avvocati della difesa durante l’udienza successiva, il 12 luglio. In base al documento hanno inoltrato al Gip diverse richieste: la scarcerazione degli imputati, la sospensione dell’inchiesta, la sospensione o il rinvio dell’udienza in atto e naturalmente l’apertura di un’indagine sul documento stesso (per accertarne la veridicità e per verificare le modalità con cui si è svolta tutta l’inchiesta) con l’audizione in aula dei Carabinieri firmatari del documento nonché della collaboratrice di giustizia.

L’inchiesta volta ad accertare la veridicità del documento si sarebbe dovuta svolgere, intanto, rispetto ai Carabinieri dei Ros — ma non è andata così, vedi il paragrafo relativo alle perquisizioni a Radio Black Out.

Il Gip si è ritirato per deliberare insieme al Pm, con il quale ha deciso di non accogliere alcuna delle richieste presentate dagli avvocati, ipotizzando che il documento fosse un maldestro tentativo per far slittare l’udienza preliminare sino al termine della custodia cautelare (17 settembre ’96 - ’97). L’udienza, quindi, è andata avanti.

Molti dei difensori presenti hanno manifestato, a questo punto, la propria sfiducia verso il Gip D’Angelo, dichiarando che avrebbero proceduto nella difesa solo per non incorrere nel reato di ‘abbandono di difesa’. Hanno illustrato i motivi della sfiducia ripercorrendo le tappe fondamentali di questa inchiesta, a partire dalle motivazioni delle richieste di custodia cautelare (firmate dallo stesso D’Angelo) nelle quali già si prevedevano per gli imputati «pesanti condanne»; quindi, hanno additato la sistematica mancanza di motivazioni valide per il rifiuto delle istanze di scarcerazione di molti imputati; soprattutto, poi, hanno illustrato la mancata applicazione in questo caso dell’articolo 294, sul quale si è recentemente pronunciata la Corte Costituzionale. Questo articolo prevede la scarcerazione di tutti gli imputati che non siano stati interrogati dal Gip entro cinque giorni dall’arresto; questa norma è stata applicata pressoché in tutto il territorio nazionale fuorché in questo caso.

La sfiducia degli avvocati, quindi, è motivata dalla palese subordinazione del Gip alle tesi dell’accusa.

 

Martedì 15 l’udienza è proseguita con altre arringhe difensive; nessuno degli imputati ha preso la parola.

Giovedì 17 Luglio 1997 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, Claudio d’Angelo ha emesso la seguente sentenza:

Beniamino Anna, Frisetti Mario, Maschietto Maria Ludovica, Cospito Alfredo, De Pascale Nadia, Scapuzzo Raffaele, Di Marca Carmela, Raneri Rosa Gabriella, Scoppetta Maria Grazia Antonia, Scarso Giuseppe, Palamara Bruno, Sforza Roberto, Porcu Pierleone, Cavalleri Costantino, Sgaramella Anna Maria, Anzoino Mario, Avenale Maria, saranno processati per la «partecipazione ad associazione sovversiva diretta a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato (270 bis c.p.)». Il giudice li ha quindi prosciolti dalle accuse di banda armata e di ricettazione.

Fantazzini Loris, Lorenti Pasquale, Cannoletta Flavia, Gemignani Roberto, Brizzolari Marco, Maracino Domenico, Viola Corrado, Massari Edoardo, Sanna Giovanni Mario e Goddi Bachisio, sono stati prosciolti da ogni accusa.

Bonanno Alfredo Maria, Andreozzi Tiziano, Berlemmi Francesco, Budini Antonio, Camenisch Marco, Campo Orlando, Cortimiglia Maria Apollonia, Di Fazio Luciano, Falco Liborio, Fantazzini Horst, Gizzo Antonio, Fonte Franco, Gregorian Garagin, Gugliara Salvatore, Lo Forte Cristina, Lo Vecchio Angela Maria, Mantelli Guido, Marotta Maria, Martino Giuseppe, Moreale Stefano, Namsetchi Mojdeh, Nano Roberta, Pio Fabrizio, Porcu Francesco, Ricci Lorenzo, Riccobono Giuseppina, Ruberto Paolo, Sassosi Emma, Scrocco Rose Ann, Sforza Antonio, Sforza Fabio, Sforza Massimo, Stasi Giuseppe, Stratigopulos Christos, Tesseri Carlo, Tzioutzia Evangelia, Weir Jean Helen, saranno processati per «partecipazione ad associazione sovversiva diretta a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato (270 c.p.), associazione sovversiva con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico (270 bis c.p.), formazione e partecipazione a banda armata (306 c.p.), ricettazione (648 c.p.) con l’aggravante di qualsiasi reato commesso con finalità di terrorismo (art.1 legge n.15 del 1980)».

Tutti gli indagati saranno anche processati per tutte le accuse individuali imputategli. In pratica il giudice ha accolto tutte le richieste dell’accusa.

Il Gip ha respinto le richieste di revoca o sostituzione della carcerazione per Budini Antonio, Camenisch Marco, Campo Orlando, Fantazzini Horst, Gizzo Antonio, Gregorian Garagin, Ruberto Paolo, Sassosi Emma, Stasi Giuseppe, Tesseri Carlo, mentre ha accolto la richiesta di revoca degli arresti domiciliari per Riccobono Giuseppina e Cristina Lo Forte sostituendoli con l’obbligo della firma dai Carabinieri per due volte al giorno.

 

Il processo Marini si aprirà il 20 ottobre 1997 alle ore 9.00 nell’aula bunker del carcere di Rebibbia, Roma. Attenzione: il processo è a porte aperte e chiunque può assistervi.

 

Venerdì 25 luglio è stata perquisita la sede di Radio Black Out di Torino — la radio dove il 10 luglio è stata recapitata la nota informativa dei Ros.

Il provvedimento (firmato da Marini, Ionta e Piero De Crescenzo) riguarda il reato di "falso in atto pubblico" (art. 476 c.p.). La perquisizione (durata 2 ore circa) ha portato al sequestro di una copia del documento stesso e di un computer. I due redattori che al tempo avevano consegnato il documento alla Digos di Torino sono stati anch’essi oggetto di perquisizione.

 

Lunedì 4 agosto altra visita dei Ros e ulteriore sequestro (cavetti e stampante); questa volta nell’ordinanza si può leggere: «accertare se nel computer già in sequestro risultino tracce di qualsiasi tipo dalle quali si posa evincere se i documenti sopra indicati siano stati formati utilizzando quel computer e quali modalità siano state impiegate per la loro divulgazione». Invece di indagare sui presunti autori del documento — i Carabinieri del ROS — i magistrati (nella persona del sostituto procuratore De Crescenzo, già sostituto di Marini in un’udienza preliminare) hanno più o meno apertamente accusato Radio Black Out di averlo scritto, di esserselo spedito e soprattutto di averlo diffuso. A condurre l’indagine, tra l’altro, sono proprio i Ros, i presunti autori del documento.

In un comunicato stampa la radio ha ribadito la propria assoluta libertà di comunicazione e di informazione e la volontà di non assoggettarsi a qualsivoglia intimidazione di stampo poliziesco e inquisitorio.

 

Il 17 settembre, a Bologna, si riaprirà il processo di secondo grado in merito al sequestro Silocchi.

Il 18 dicembre scorso, infatti, la precedente sentenza è stata annullata dalla Corte di Cassazione. Tutta la struttura della sentenza di condanna era basata su fantomatiche prove e fantomatiche dichiarazioni mai presentate in aula. Nel primo grado, a sostegno della tesi accusatoria sostenuta dal P.M. Brancaccio, soltanto testimonianze e verbali di poliziotti. Un processo da inquisizione: la difesa non ha potuto provare l’estraneità degli imputati dato che l’accusa non forniva alcuna prova della loro implicazione. Da ricordare, al processo d’appello, il fatto che sia stata negata la presenza in aula dei componenti della famiglia Sforza, che in primo grado avevano avuto un ruolo fondamentale nell’accusa; poi venne ritenuta valida come prova una macchina da scrivere sequestrata a casa di uno degli imputati (secondo l’accusa era servita per mandare i messaggi alla famiglia della rapita) che risultò essere stata costruita e commercializzata in epoca successiva a quella del rapimento.

Inoltre sembrano non aver avuto alcun peso le dichiarazioni portate in secondo grado dal fratello di Mario Giau, il quale ha testimoniato che quest’ultimo veniva ricattato dalla polizia, la quale lo aveva utilizzato per reperire i frammenti di ossa e l’anello "trovati" in un podere — altro elemento cardine per l’accusa —, per poter intascare la somma di lire 200 milioni che il marito della rapita aveva promesso. Ciononostante in sede processuale un perito dimostrò, dopo un esame del fango che ricopriva il sacchetto contenente detti reperti, che lo stesso non poteva essere stato depositato più di tre giorni prima del ritrovamento. Vennero quindi ritenute attendibili le testimonianze di un altro pentito, Marcello Mele, nonostante costui continui a giurare ancor oggi di non aver mai fatto le dichiarazioni che gli addebitano in merito a questo processo e che peraltro non sono mai state verbalizzate né firmate, come invece sono state verbalizzate e sottoscritte dallo stesso confidenze riguardanti altri fatti di cui era a conoscenza.

E non è finita: un’altra delle cosiddette prove sarebbe una fotografia che venne fatta recapitare dai rapitori ai familiari della rapita come prova che quest’ultima era ancora in vita; fotografia in cui era ritratta, oltre alla signora Silocchi, un’arma che sarebbe poi stata rinvenuta in un cosiddetto covo anarchico ed una bisaccia che secondo una testimonianza sarebbe stata vista in possesso di uno degli imputati. Peccato che tale fotografia non sia stata oggetto di riscontro poiché, su autorizzazione della magistratura, venne consegnata dal marito della rapita ad un "rabdomante" o qualcosa del genere e da questi ...semplicemente perduta!

Evidentemente tutto questo è stato ritenuto eccessivo pure dalla Corte di Cassazione.

 

Andrea Poli, arrestato a Bologna il 15 marzo scorso dopo una manifestazione per l’anniversario della morte di Lorusso — durante la quale ci fu un esproprio ai danni della libreria Feltrinelli — è stato scarcerato il 25 marzo è stato ristretto ‘al confino’ nel suo paese in Romagna ed ha tuttora il foglio di via da Bologna e provincia.

 

Sabato 19 aprile, alla "BarH" di Scandicci (Fi), al termine di un concerto in solidarietà con gli anarchici inquisiti da Marini, piomba sul posto una pattuglia che pretende di far abbassare la musica e di controllare i documenti; subito dopo, perfettamente organizzati, arrivano altre auto dei Carabinieri, cellulari, unità cinofile, e agenti in borghese; i Carabinieri sono armati di manganelli, che normalmente non hanno in dotazione. Malgrado l’atteggiamento non particolarmente ostile dei partecipanti all’iniziativa, le forze dell’ordine caricano, fermano alcune persone e le ammanettano a dei pali. Altra gente viene pestata a terra a calci e bastonate. Ad uno dei ragazzi ammanettati al palo viene spaccata la faccia con una testata, sembra dal maresciallo stesso. Viene lasciato sanguinante a terra, ancora ammanettato. Dopo ore i CC se ne vanno arrestando otto persone, che resteranno in carcere per tre giorni e verranno quindi denunciate a piede libero per diversi reati (oltraggio, resistenza, lesioni, etc.). Il magistrato che ha coordinato e seguito il blitz è Emma Boncompagni, non a caso una ‘delfina’ di Piero Luigi Vigna a Firenze.

 

Il 12 giugno i Carabinieri di Firenze hanno effettuato due perquisizioni a Torino e Firenze per i reati di associazione sovversiva e istigazione a delinquere, in merito ad un’indagine condotta dal P.M. fiorentino Alessandro Crini. Nulla di rilevante è stato sequestrato.

 

Sempre a giugno quattro anarchici di Pescara — tra cui tre fratelli — hanno scoperto di essere stati indagati per associazione sovversiva, da parte del giudice Marini, di Roma. Uno è già nella lista degli indagati dell’inchiesta Marini per banda armata.

 

La situazione dei non sottomessi:

Giacomo Calligaris di Savona è stato scarcerato il 3 febbraio dopo 3 mesi di reclusione.

Marzio Muccitelli, arrestato il 19 agosto ’96 per diserzione e occupazione abusiva è stato scarcerato il 28 aprile.

Fabio Sgarbul di Trieste è stato condannato il 3 aprile a 10 mesi e 20 giorni con la sospensione condizionale della pena.

Andrea Di Filippo di Castel Di Sangro è stato condannato l’11 aprile a 4 mesi con la condizionale, così pure Matteo Vescovi di Milano (18 aprile), Marco Maiorano di Massafra, Taranto (6 giugno) e Emanuele Giorgini di Porto Recanati (8 luglio).

Michele Pircher di Verona il 16 giugno è stato arrestato (dopo mesi di latitanza); deve scontare ancora 2 mesi. Ora è rinchiuso nel carcere di Altamura (Bari), Via dell’Uva Spina 18, 70022.

 

 

—————————LO SCHEDARIO——————————

 

Accusato di una serie interminabile di rapine, Horst Fantazzini è in galera dal 1967. Quasi trent’anni in cui le condanne sono andate accumulandosi in seguito a numerosi, più o meno riusciti, tentativi d’evasione ed altre tenaci lotte e rivolte nelle carceri — lager speciali. Verrà processato il 28 Settembre prossimo a Latina insieme a Tesseri e Campo con l’accusa di aver rapinato una banca nel periodo di libertà (un anno esatto) che si è guadagnato nel ’90 non tornando in carcere da un permesso. Contrariamente a quanto scritto nel precedente bollettino, Horst non sarà liberato in tempi brevi. Anche lui è stato rinviato a giudizio per l’inchiesta Marini.

 

Nello stesso carcere San Michele è rinchiuso Franco Fiorina, un comunista libertario arrestato nel 1983, dopo tre anni di clandestinità, nel corso di un conflitto a fuoco con i carabinieri. È accusato di essere stato a capo dei Colp (Comunisti Organizzati per la Liberazione del Proletariato).

HORST FANTAZZINI e FRANCO FIORINA: c/o Carcere S. Michele, 15040 Alessandria.

 

‘Martino’ Marco Camenisch viene arrestato in Svizzera l’8 gennaio 1980 con l’accusa di aver compiuto un attentato dinamitardo ai danni della centrale idroelettrica Sarelli, in prossimità del confine tra il Canton San Gallo e quello dei Grigioni. Martino viene processato e condannato a dieci anni di carcere da scontare nella prigione di Regensdorf. Da qui egli evade due anni dopo, insieme ad altri cinque detenuti. Nel corso dell’evasione una guardia carceraria viene ferita a morte. Dopo l’evasione, Martino rimane latitante per circa dieci anni.

Il 5 novembre 1991, dopo un conflitto a fuoco con i carabinieri, viene arrestato in località Cinquale di Montignoso (Massa Carrara), insieme ad un altro compagno: Giancarlo Sergiampietri. Dopo l’arresto e l’identificazione Martino viene accusato, oltre che di tentato omicidio, detenzione d’armi e di materiali esplodenti, anche di essere l’autore di una serie di attentati a tralicci dell’alta tensione e ripetitori della Rai, che negli ultimi anni si erano verificati in varie zone d’Italia ed in particolar modo in Toscana. Per questi reati, Martino è stato condannato nella primavera del 1993 a 12 anni di carcere e al risarcimento di 400 milioni di lire nei confronti dell’ ENEL.

Nel frattempo le autorità elvetiche hanno chiesto ed ottenuto al governo italiano la sua estradizione accusandolo, senza prove, dell’uccisione di un doganiere svizzero.

Dopo aver portato avanti nel corso del ’93 due scioperi della fame complessivamente durati ben 50 giorni, Martino ha infine ottenuto il trasferimento al carcere di Novara.

Le accuse di attentati a lui rivolte vanno ad integrarsi nel castello accusatorio costruito dal giudice Marini per provare le molteplici azioni criminose di un’unica banda.

MARCO CAMENISCH, via Sforzesca 49, 28100, Novara.

 

Nel 1989 viene rapita, a Parma, Mirella Silocchi, moglie di un facoltoso industriale. Nel corso dei primi venti mesi le indagini non arrivano a niente. Poi, il questore Improta delinea una sua tesi: i responsabili si devono cercare all’interno delle comunità sarde, con l’implicazione — in questi casi è sempre meglio abbondare — di anarchici e armeni. Si scatena una montatura allucinante, grazie anche al contributo di personaggi soggiogati e ricattati dai Servizi segreti e dalle forze dell’ordine, che vedrebbe coinvolti l’Anonima Sequestri Sarda ed un fantomatico "Gruppo Anarchico Romano". Il processo di primo grado, tenutosi a Parma in un clima di terrore, è poco più di una farsa con testimoni non presentati o lasciati nell’anonimato più assoluto, con la difesa impossibilitata a provare l’estraneità degli imputati al processo dato che l’accusa non fornisce prova alcuna della loro implicazione. Le condanne sono pesantissime: 6 ergastoli (Garagin, Staffa, Sanna, Porcu, Goddi, Scrocco) e 22 anni a Orlando Campo; diversi sono alla latitanza. Nel febbraio ’95, a Bologna, la giuria d’appello conferma le condanne di Parma con due "varianti": Staffa si è visto ridurre la pena dall’ergastolo a 30 anni e Giovanni Barcia, che era stato assolto, è stato condannato all’ergastolo.

La conclusione del processo di Bologna dimostra l’importanza marginale che gli aspetti tecnici hanno in un processo di questo genere, già deciso in partenza sulla base di una tesi repressiva del tutto priva di riscontri concreti. Il 18 Dicembre 1996 la Corte di Cassazione ha sorprendentemente annullato il processo di secondo grado che ora sarà ripetuto da un’altra sezione del Tribunale di Bologna il 17 settembre a Bologna.

La montatura Marini ha colpito ovviamente anche Campo, Francesco Porcu e Gregorian Garagin (il cui vero nome, non storpiato dall’anagrafe italiana, è Cricorian Karechin).

ORLANDO CAMPO, via delle Macchie 9, 57100, Livorno

GREGORIAN GARAGIN, Carcere di Rebibbia,V. Majetti 165, 00156, Roma

PORCU FRANCESCO, V. Della Montagna, Ponte Della Togaia, 50047, Prato

Il 19 Settembre 1994, gli anarchici Antonio Budini, Jean Weir, Christos Stratigopulos , Eva Tzioutzia e Carlo Tesseri vengono arrestati dopo una rapina alla Cassa Rurale nei pressi di Trento. In sede di appello per Antonio, Jean, Eva e Christos tre anni e quattro mesi di prigione. Per Carlo, recidivo, quattro anni. In primo grado però Eva era stat assolta ed ha avuto quindi l’occasione di andarsene.

Grazie ad una "pentita" (che costituirà il perno accusatorio dell’indagine Marini), sono stati condannati il 31 Gennaio 96 per altre due rapine a Ravina di Trento: 6 anni e mezzo a Jean, Christos e Antonio, 7 a Carlo, recidivo; tutto grazie alle chiamata di correo effettuata da costei.

La collaboratrice di giustizia — che non sconterà alcuna pena e che percepisce, sotto nome falso, uno stipendio dallo Stato — è stata controinterrogata dai difensori dei 4 per teleconferenza, come nei grandi processi per mafia, ed ha offerto una testimonianza di una falsità vergognosa. Non ha praticamente ricordato nessun particolare oltre ai nomi dei presunti responsabili. Non si ricorda neanche se ha sparato; il testo della sua testimonianza è disponibile presso il CDA.

Il 7 dicembre ’96 a Trento si è concluso il processo d’appello per le due rapine di Ravina di Trento; oltre a Carlo, Antonio, Jean e Christos la Namsetchi ha incolpato anche Emma Sassosi, Guido Mantelli e Roberta Nano, contro i quali però fissato alcun procedimento.

LA Corte d’Appello ha ridotto la pena a 2 anni (per la continuazione di reato) per tutti e quattro gli imputati. Pur ribadendo la credibilità della pentita, la Corte non si è pronunciata sulle sua effettiva partecipazione alla rapina, che aveva visto protagonista una sola donna, quindi o la ‘pentita’, o Jean Weir, che in questo caso avrebbe dovuto essere assolta. Così non è stato.

ANTONIO BUDINI, Casa Circondariale. Via Prati Nuovi, 27058 Voghera (Pavia)

CHRISTOS STRATIGOPULOS, via Sforzesca 49, 28100 Novara

JEAN WEIR, carcere di Rebibbia via Bartolo Longo 92, 00156, Roma

CARLO TESSERI, via G. Leopardi 2, 61034, Fossombrone (PS)

 

L’inchiesta Marini viene alla luce il 16 novembre ’95, quando all’alba vengono perquisite le abitazioni di decine di anarchici in tutta Italia; si apprende che l’operazione — condotta da centinaia di carabinieri del ROS di Roma e ordinata dal giudice Antonio Marini e Franco Ionta — è volta ad indagare su una ‘banda armata’ anarchica e altri reati. Tutti i perquisiti vengono infatti contemporaneamente indagati per quel reato associativo, nonché di associazione sovversiva, detenzione di armi e attentati a pubbliche strutture; alcuni sono indagati per altri reati (rapina, omicidio).

Nella lista compaiono quasi tutti gli anarchici già detenuti o latitanti.

Il 3 gennaio ’96 compare su molti quotidiani un comunicato della Procura di Roma a firma di Marini che descrive l’attività inquisitoria in corso come un’indagine contro una gang di pericolosi criminali e sequestratori, indagine sorretta dalle dichiarazioni di una ‘pentita’.

 

Il 16 gennaio, durante un processo a Trento contro Budini, Weir, Stratigopulos e Tesseri, accusati di altre due rapine, compare Mojdeh Namsetchi, l’ex ragazza di Tesseri che dichiara di aver partecipato alla doppia rapina in questione. La sua testimonianza (che avviene per teleconferenza, essendo la ragazza inserita nel programma di protezione dei collaboratori di giustizia) presenta lacune abissali e incomprensibili vuoti di memoria su ogni elemento essenziale: si esprime a monosillabi, ma il più delle volte dichiara di non ricordare nulla, eccetto i nomi di chi deve accusare.

 

Ciononostante il 31 gennaio, alle 22, in un’aula gremita di persone solidali con gli imputati, la corte emette un verdetto di condanna (6 anni e mezzo a tutti, 7 a Tesseri, recidivo), accettando la chiamata in correità della Namsetchi. La polizia carica in aula e all’esterno del Tribunale. In appello la condanna verrà ridotta a 2 anni per la continuazione di reato.

Questo processo sancisce la credibilità di questa ‘pentita’, che ora è a disposizione del giudice Marini per procedere con la sua inchiesta.

 

Il 17 settembre ’96 scattano 68 perquisizioni e, soprattutto, gli arresti. Tra i destinatari dei 29 mandati di cattura ci sono alcuni detenuti e latitanti, più altri 20. Le accuse sono quelle già riportate nei mandati del 16/11/95.

Alla cattura sfuggono Guido Mantelli. Roberta Nano, Scrocco Rose Ann, Eva Tzioutzia e Angela Maria Lo Vecchio. Giovanni Barcia sarà arrestato in dicembre dopo una tentata rapina in Spagna. Massimo Passamani sarà arrestato solo nel marzo ’97 a Parigi, e poco prima di lui, sempre in Francia, anche Salvatore Condrò.

Nei mesi successivi saranno liberati Apollonia Cortimiglia, Francesco Berlemmi, Stefano Moreale e quindi Tiziano Andreozzi, Salvatore Gugliara, Giuseppina Riccobono e Cristina Lo Forte, già sottoposti alla carcerazione domiciliare.

Restano tuttora in carcere, oltre a quelli già precedentemente detenuti, Emma Sassosi, Giuseppe Stasi, Antonio Gizzo, Alfredo Bonanno, Paolo Ruberto, oltre a Massimo Passamani in Francia e Giovanni Barcia in Spagna. Salvatore Condrò è tuttora libero in Francia ma in attesa del verdetto d’estradizione.

 

L’udienza preliminare è stata rinviata dal 12 dicembre ’96 prima a febbraio, quindi a marzo e poi al maggio ’97.

 

Negli atti d’accusa si ipotizza l’esistenza di una banda armata anarchica denominata O.R.A.I. — come da codice penale, struttura paramilitare organizzata in maniera gerarchica —, che avrebbe compiuto una vasta serie di reati dall’85 al ’95, il cui ‘capo’ sarebbe Alfredo Bonanno. L’inchiesta dei carabinieri si sviluppa secondo la teoria dei ‘due livelli’: uno clandestino e criminale, l’altro pubblico, costituito dalla rete di case occupate e di centri sociali nei quali ci si trovava per progettare attentati, rapine e omicidi. Questo naturalmente ha suscitato l’interesse e la solidarietà di molti occupanti, soprattutto di quei posti i cui rapporti con le autorità sono permanentemente conflittuali.. La ‘banda’ avrebbe compiuto reati come attentati con autobombe, rapimenti, rapine ed omicidi allo scopo di autofinanziare le proprie tipografie, le proprie pubblicazioni (Anarchismo, Provocazione, Gas e Canenero — quest’ultimo definito l’organo a circolazione interna della banda — tutti considerati semiclandestini) e quindi la propria attività propagandistica. Il nome, come il ‘documento programmatico’ della banda, è stato strumentalmente ripreso da un opuscolo contenente gli appunti per una serie di conferenze tenutesi in Grecia nel ’93.

 

Durante tutte le perquisizioni non viene trovato nulla di rilevante, ma vengono sequestrati a iosa corrispondenza — soprattutto quella proveniente e indirizzata ai detenuti —, agendine telefoniche, volantini, opuscoli...

Sui contatti, le frequentazioni, le conoscenze ed i legami personali tra gli indagati (addirittura anche su legami familiari) viene forzosamente costruita la presunta rete di ‘cellule terroristiche’. La presenza ai processi degli anarchici detenuti diventa la prova di un legame criminoso organizzato.

Gli atti dell’inchiesta (80mila pagine circa) sono zeppi di verbali di intercettazioni telefoniche e ambientali, di pedinamenti, segnalazioni insignificanti, sillogismi investigativi e collegamenti indiziari basati su nulla di concreto. Ciò che si legge chiaramente è la preoccupazione di dover collegare una vasta fascia di persone ad una lunga serie di eventi illegali per i quali gli inquirenti non sono mai riusciti a trovare dei colpevoli: gli anarchici vanno fermati.

 

L’accusa di aver costituito una organizzazione militare e gerarchica non solo rappresenta l’elemento più pesante dal punto di vista strettamente giudiziario, ma anche quello più improbabile da rivolgere ad un anarchico. È difatti su questo punto che la maggior parte degli accusati, in carcere o meno, contestano le accuse rivoltegli dal pm Marini, al di là del procedimento strettamente giudiziario.

Lungi dal difendersi dalle accuse individuali, sono stati in molti ad esporre pubblicamente il proprio rifiuto di sentirsi ‘arruolati’ in una struttura — con capi e gregari — che non solo non hanno mai concepito, ma che è sorprendentemente simile a quella combattuta da ogni anarchico: lo Stato. Altri hanno deciso non presentarsi al processo.

 

Al momento non è possibile fare alcuna previsione sul futuro dell’inchiesta a livello processuale: la magistratura non ha nulla in mano se non le dichiarazioni della ‘pentita’ (ricordiamo, una ragazza mai stata anarchica, una ventunenne che stranamente ricorda di essere stata testimone di eventi criminosi di 12 anni fa). L’andamento dei processi a Trento e di quelli relativi al sequestro Silocchi fanno presagire, però, il verdetto di condanna in ogni caso, stante la volontà politica di colpire con qualsiasi mezzo le idee anarchiche. Ciò, comunque, non dovrebbe stupire chi, come gli anarchici, ha sempre combattuto giudici e tribunali.

EMMA SASSOSI, sez. femminile, Carcere di Rebibbia, via Bartolo Longo 92 - 00156 Roma

GIUSEPPE STASI, ANTONIO GIZZO, ALFREDO BONANNO, PAOLO RUBERTO:

Via R. Majetti 165 - 00156 Roma

 

Il 18 dicembre 1996 a Cordoba (Spagna) viene rapinato il Banco di Santander. Durante la rapina avviene un conflitto a fuoco in cui vengono uccise due poliziotte e resta ferita una guardia giurata. Subito dopo la rapina, vengono arrestate quattro persone: Jorge Eduardo Rodriguez, Claudio Lavazza, Giovanni Barcia e Michele Pontolillo. Il primo è italo-argentino, gli altri sono italiani. Barcia e Pontolillo sono due anarchici inquisiti anche per l’inchiesta Marini, Barcia inoltre era già latitante in seguito alla condanna all’ergastolo in secondo grado nel processo Silocchi (condanna annullata dalla cassazione proprio il giorno del suo arresto in Spagna). Anche Lavazza era latitante in Italia per diverse accuse legate alla partecipazione ad una formazione armata di estrema sinistra; era anche ricercato in Francia. Al momento dell’arresto, solo Michele è illeso. Gli altri invece sono gravemente feriti e devono la propria salvezza ai giubbotti antiproiettile. Ora stanno tutti meglio e sono in due carceri, a Badajoz e a Jaèn.

Come è d’abitudine in questi casi, sono stati accusati anche di varie altre rapine in giro per la Spagna. I giornali li hanno anche dipinti come gli autori dell’assalto al consolato italiano di Malaga del novembre ’96, ma per questo fatto nessun procedimento è stato aperto nei loro confronti.

Gli indirizzi dei reclusi sono:

MICHELE PONTOLILLO e GIORGIO EDUARDO RODRIGUEZ:

Centro Penitenciario de Badajoz, carretera de Olivensa kmtro 7.300, 06061Badajoz (Estremadura)

GIOVANNI BARCIA: Prision Provincial de Jaèn, carretera Bailen Motril kmtro 8, 23080, Jaen

CLAUDIO LAVAZZA in questo momento si trova a Salamanca e da settembre dovrebbe tornare a Jaèn (stesso indirizzo di Giovanni). L’indirizzo di Salamanca è: Centro Penitenciario Topas, carretera Gijon-Sevilla Kmtro 314 - Salamanca

 

 

Ricordiamo che i detenuti vengono trasferiti e restano a lungo nelle carceri delle città dove si svolgono i procedimenti contro di loro. Consigliamo quindi di non inviare posta in questi periodi o di prendere accordi preventivi coi detenuti per far sì che la posta sia loro messa da parte.

 

Ribadiamo l’importanza di continuare a collaborare con il CDA, sia scrivendo ai detenuti, sia richiedendo e diffondendo le informazioni sulle vicende repressive. Su queste vicende, in particolare sull’inchiesta Marini, le istituzioni hanno fatto calare il silenzio più assoluto, rotto solo dalle mille piccole iniziative che ci sono state in giro per l’Italia e regolarmente represse. Le radio "di movimento" hanno giocato in questo caso un compito prezioso. Così non si può certo dire della maggior parte della pubblicistica del movimento anarchico che continua ad ignorare la faccenda.

Abbiamo comunque e sempre bisogno di fondi, sia per i detenuti che per la diffusione delle informazioni che ci arrivano e ci vengono richieste — sempre più copiosamente — da tutto il mondo.

Ogni contributo è quindi bene accetto, come anche le offerte di collaborazione per le traduzioni.

Ricordatevi di utilizzare per l’invio di fondi il numero di conto corrente postale riportato nelle prime pagine: non solo costa meno del vaglia, ma è più rapido. Non utilizzate per l’invio di soldi altri indirizzi o tantomeno l’intestazione del CDA (che ‘legalmente’ non esiste).

Contattateci per richieste di materiale, per organizzare incontri, mostre, assemblee o altro. Soprattutto teneteci al corrente delle varie iniziative in sostegno dei detenuti e del CDA, in modo da poterle pubblicizzare anche via radio e via telematica, comunque da esserne a conoscenza.

 

Infine un ringraziamento verso tutti quegli individui, collettivi, posti occupati, gruppi, band, etichette, anarchici e non, che continuano a interessarsi e a sostenere la nostra attività con i modi e metodi più diversi.