Gli strumenti del Non Governativo.


(Antonio Onorati
Centro Internazionale Crocevia)

L’abbiamo già ripetuto molte volte. L’iniziativa di avere un vertice mondiale sull’alimentazione resta estremamente positiva perché ha permesso di porre gli Stati, i Governi e la società civile difronte ai rischi che il Pianeta corre se non sarà in grado di affrontare con efficacia gli elementi di concorrono a fragilizzare il proprio futuro. L’insicurezza alimentare permanente di un quarto abbondante dell’Umanità unita ad un degrado inarrestabile delle basi stesse della produzione di cibo qualitativamente e socialmente adeguato ci pone tutti nell’obbligo di scegliere delle strategie. Molti attori sociali, spesso invisibili e silenziosi come quei due miliardi e passa di contadini che ancora lavorano la terra, hanno colto l’occasione per portare le proprie esigenze in questo dibattito. Quanto queste saranno accolte ce lo diranno i testi che verranno approvati dai Governi, ed ancor di più le correzioni di rotta che dovrebbero seguire alla firma dei documenti in discussione al Vertice. Partita dura ed poco trasparente. Comunque la complessità delle problematiche in discussione non deve far perdere di vista alcuni punti fermi che sono emersi attraverso il pianeta. Il primo di questi, il dibattito sul "libero mercato", ha fatto emergere non solo diversità di interessi ma soprattutto un rifiuto netto di tutte quelle posizioni - esclusivamente ideologiche - che vogliono attribuire alla liberalizzazione del mercato la capacità e la forza per affrontare e risolvere i problemi generali di insicurezza alimentare.I movimenti contadini, di donne, di poveri urbani, del Sud come del Nord hanno accumulato tante di quelle esperienze su questo terreno che i più incalliti ideologi del libero scambismo devono trincerarsi dietro "gli impegni già sottoscritti al GATT ed all’OMC" come se questi due luoghi fossero per loro natura superiori a qualsiasi altro spazio politico dove siedono Capi di stato o di governo, a qualsiasi altra istanza intergovernativa, negando in un sol colpo la primogenitura sugli accordi internazionali propria delle Nazioni Unite. Da questo punto di vista risulta sorprendente e non accettabile che la Unione Europea dopo aver enfatizzato il ruolo della pace e della democrazia nelle strategie di sicurezza alimentare, ponga come limite alla sua azione politica ed alle sue responsabilità proprio il negoziato GATT sui prodotti agricoli, confondendo i pochi prodotti di sua stretta pertinenza con l’insieme della produzione agricola del Pianeta, in particolare quella fondamentale per l’autosussistenza. Si tenta d’imporre l’idea che solo tre cerali debbano continuare ad essere all’origine della maggior parte delle proteine consumate nel pianeta e che per garantire il "loro libero mercato" si debba impedire o limitare lo sviluppo di strategie di sicurezza alimentare basate su un diverso uso del potenziale locale. L’impressione è che si considerino gli accordi GATT come una specie di nuova Yalta e che l’OMC sia già diventato un super consiglio di sicurezza dove il diritto di veto è limitato ad un numero ancora più ristretto di partecipanti. In effetti l’articolo 38 bis del piano d’Azione del Vertice, per il momento ancora in discussione, recita letteralmente:

" [38 bis. Etant donné que l'Organisation mondiale du commerce (OMC) est le forum approprié pour négocier les accords commerciaux multilatéraux, les documents approuvés au Sommet mondial de l'alimentation ne modifient en rien les droits et les obligations d'un membre quelconque de l'OMC dans le cadre du Cycle d'Uruguay et ne préjugent aucunement de la base des futures négociations commerciales.]"

Se passa questo è ancor più evidente - se non altro per motivi di stabilità planetaria - che occorre una istanza capace di governare questa deriva con forza e poteri decisamente nelle mani dei governi che sappia imporre al mercato dei limiti invalicabili, a garanzia della sicurezza di tutti. Non una terza forza neutra ed intermedia che "suggerisca" politiche ma un organo intergovernativo che determini ed imponga criteri di priorità invalicabili e ne risponda alle proprie società civili ed al Pianeta intero. E questo sulla scorta di un Trattato Internazionale, una Convenzione Globale per la sicurezza alimentare che nasca da una iniziativa delle Nazioni Unite e che sia negoziata passo dopo passo non solo tra i governi ma anche tra questi e le loro società civili. Non una discussione tra addetti ai lavori ed alle diplomazie ma un dibattito di società tra attori sociali.
Codificare le accresciute responsabilità degli stati locali, delle istanze intergovernative e delle organizzazioni della società civile, accrescere la democratizzazione della sicurezza alimentare decentrando non solo la gestione ma anche la collocazione degli stock locali, nazionali ed internazionali di sicurezza alimentare, gestione dei conflitti che sorgono dalla pratica delle politiche di sicurezza alimentare, garanzia di impegni certi conseguenti all’affermazione del diritto irrinunciabile alla sicurezza alimentare attraverso il riconoscimento dell’accesso alla terra, al controllo locale della biodiversità ed alla protezione d’accordare alle scelte di autonomi sistemi di sviluppo socialmente ed ecologicamente adattati alle realtà dei singoli paesi; questi possono essere indicati come alcuni dei punti chiavi di una futura convenzione. Insieme evidentemente alla ridefinizione del ruolo e dei compiti della FAO e della Banca Mondiale rispetto alle responsabilità sulle politiche di sviluppo agricolo internazionale.
Ed occorre far presto : il tutto da chiudere prima della revisione degli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio del 1999. E’ questo l’impegno che il Forum delle ONG di Roma vuole avviare con la forza, ci auguriamo, di una presenza nutrita, maggioritaria delle organizzazioni provenienti dai vari Sud del mondo.
Per chiarire che non stiamo qui difendendo vecchie politiche stataliste vogliamo solo ricordare quello che è chiaro ai più: i prodotti alimentari di base non possono essere considerati una merce come qualunque altra, per ovvi motivi. Poiché non è immaginabile che i paesi sviluppati pensino responsabilmente di poter - e saper - aumentare la produzione di quei pochi prodotti agricoli di base che producono per far fronte, fornendoli nelle quantità necessarie ed a condizioni di possibile accesso, al resto del Pianeta, allora è evidente che occorre creare le condizioni affinché in ogni paese ma soprattutto in quelli poveri si possa produrre la base dell’alimentazione necessaria alla sopravvivenza. E questa base deve essere esclusa dagli accordi GATT. Prendere decisioni strategiche ignorando l’impatto delle scelte speculative fatte dalle imprese che controllano il mercato mondiale agroalimentare e la crescente straordinaria libertà con cui si muovono i capitali attraverso il Pianeta per collocarsi secondo criteri che - evidentemente - non contemplano tra le loro priorità la sicurezza alimentare, è dar prova di una inaccettabile irresponsabilità. Molto più responsabile e realistica, allora, risulta essere la richiesta delle ONG di una revisione profonda del "paradigma dominante dello sviluppo", a cominciare da quello dei territori rurali. Sappiamo già cosa ha prodotto l’intensificazione monocolturale, non vi è nessun bisogno di ricominciare ancora una volta con le stesse strategie.


ONG Forum on food security

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