LO ZEN E L'ARTE DELLA MANUTENZIONE DEL COMPUTER

di Hobo


"Sappiamo adesso che e' impossibile prevedere tutte le complicazioni future. Sappiamo, comunque, che i temi politici e sociali centrali delle comunicazioni telematiche influenzeranno la maggior parte della popolazione mondiale nei prossimi dieci anni. Le opportunita' sono immense e il potenziale per un incremento della conoscenza umana, della saggezza e del benessere totali sono ben oltre le nostre possibilita' immaginative"
(Electronic Frontier Foundation, dichiarazione d'intenti, aprile 1990)

Padova, novembre 1994

1. LO ZEN E L'ARTE DELLA MANUTENZIONE DEL COMPUTER

"Ancora una volta ci troviamo di fronte a due realta': quella dell'apparenza artistica immediata e quella della spiegazione scientifica soggiacente, e queste due realta' hanno ben poco a che vedere l'una con l'altra. Brutto affare."
(Robert M. Pirsig, Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, 1974)

Il divario di cui tratta Pirsig, che e' fortemente caratterizzato nella storia dell'uomo dalla rivoluzione industriale in poi, fra Tecnica e Arte, ha raggiunto con l'avvento dell'informatica un momento critico: mai come oggi la distanza fra produttore e utente puo' ridursi fino a far coincidere le due figure, cosi' come puo' dilatarsi fino a creare un abisso incolmabile per le prossime generazioni. L'opzione stessa fra questi due scenari non e' detto che possa/debba risolversi definitivamente o piuttosto sottrarsi circolarmente in un indefinito gioco di bilico.

La disponibilita' di massa di strumenti potentissimi per accuratezza e versatilita' come i computer, rende verosimile il termine di "rivoluzione" informatica. Il salto qualitativo dal ciclostile al desktop publishing, dalla cassetta al compact disk e via dicendo, ha reso possibile che il sogno dell'autoproduzione si realizzasse non solo nei termini immediatamente comunicativi, ma anche in quelli di competitivita' economica rispetto alla produzione di mercato. Allo stesso tempo, la richiesta di maggiore versatilita' degli strumenti e' soddisfatta con un livello di interazione tale da accrescere la complessita' di un programma in maniera non linearmente proporzionale al numero di esigenze da risolvere, finendo con il ricondurre l'utente ad un ruolo di "esperto" o, alternativamente, a relegarlo nel ruolo di "fruitore" passivo di soluzioni preconfezionate.

Quindi, chiunque abbia voglia di esprimersi puo' autoprodursi, a patto di (a) accettare di rientrare in uno schema precostituito (delegando percio' a una classe di "tecnici" l'organizzazione dei sistemi di produzione) oppure (b) acquisire la conoscenza necessaria a gestire in proprio la tecnologia (supponendo di riuscire a venir fuori dalla trappola della inconciliabilita' fra attitudine creativa e attitudine tecnica).

E' evidente che tutto cio' che tale scelta mette in gioco e' il livello di interazione desiderato, come e' evidente che l'interazione e' il vero fattore rivoluzionario in questa dinamica.

Nell'ambito della comunicazione, la possibilita' di interagire e' ovviamente fondamentale; costituisce, tanto per banalizzare, l'elemento non trascurabile che trasforma un comizio in un'assemblea. Rinunciare all'appropriazione della tecnologia vuol dire eludersi la possibilita' di partecipazione, accettare supinamente un sistema di controllo, restare chiusi in un ghetto dal quale non potra' emergere la proposizione di un'alternativa.

Mi sembra superfluo sottolineare il ruolo cruciale della comunicazione nella societa' post-industriale, e credo che tutti siamo d'accordo sulla necessita' di gestire in proprio e difendere i mezzi di espressione individuale e collettiva. Sono in gioco il controllo delle informazioni, l'accesso alle notizie, la manipolazione delle "verita'".

Nonostante cio', permangono dubbi, ritrosie, diffidenze, malcelate antipatie nei confronti del computer, macchina interattiva per eccellenza, che immediatamente scompaiono quando ci si riferisce ad altre macchine piu' limitate e piu' autoritarie come fax, fotocopiatrice, mixer audio, ecc. E' vero, il fax non costringe a elucubrazioni particolari, basta premere un tasto, ma bisogna andare oltre, superare la logica della "scatola nera" che, qualunque cosa avvenga al suo interno produce un risultato standardizzato e quindi limitativo. Si puo' ottenere di piu': lo stesso testo trasmesso via modem anziche' via fax puo' essere rimanipolato, integrato, stampato in altre vesti grafiche e ridistribuito. Il tutto al costo di un maggior impegno per imparare ad usare uno strumento di uso meno immediato ma enormemente piu' versatile.

Se non vogliamo accontentarci degli stereotipi, occorre fare uno sforzo per riuscire a possedere tutta la potenza della tecnologia. L'alternativa e' subirla.

2. NAVIGARE NECESSE EST

"E' come un sistema telefonico, nel quale i messaggi passano da individuo a individuo o vengono accumulati in piccoli angoli della rete nei quali la gente puo' andare a prenderli. Non e' un media per le comunicazioni di massa nel quale chiunque sia collegato sa le stesse cose."
(Bruce Sterling, intervista a Paul Toohill per Neural, Roma 19.4.94)

Il sistema di comunicazione unilaterale, tipico della cultura scritta ed esaltato dalla societa' dei mass-media, ha generato un pericoloso vizio di forma anche nelle istanze di comunicazione piu' immediata: laddove l'espressione di un pensiero necessiti di una formalizzazione, scatta un meccanismo perverso di comunicazione verticale che di fatto limita, se non preclude, il confronto dialettico.

Questa prassi e' intimamente legata alla tecnologia di produzione e diffusione del sapere, fino ad oggi economicamente accessibile a pochi che si facevano carico (o, piu' spesso, godevano del privilegio) di gestire l'informazione. L'informatica e soprattutto la telematica dovrebbero aver reso questo processo obsoleto: oggi chiunque e' in grado, con tecnologie a basso costo, di comunicare con il mondo intero, e di farlo in maniera diretta, personalizzando i rapporti e ottenendo un continuo feed-back.

Nonostante cio', nelle stesse reti telematiche, troppo spesso si e' di fronte a un approccio "impositivo" della comunicazione. Nei confronti del testo elettronico, manipolabile, plasmabile, immediato nei tempi e nelle risposte come puo' esserlo il discorso orale, ci si comporta come se si avesse a che fare con la carta stampata, conservandone tutti i limiti.

La telematica consente ben altro che la riproduzione trans-mediatica di un documento scritto. La sua forza dirompente sta nell'abbattere il concetto modernista di comunicazione di massa per superarlo in quello di comunicazione in rete, dimenticando la posizione centralistica di chi enuncia un proclama per assumere un piu' remunerativo atteggiamento di scambio di culture/opinioni/informazioni.

L'uso "strumentale" delle reti telematiche porta a considerare queste come bacheche virtuali in cui appendere i propri avvisi o dalle quali, senza sforzo comunicativo, attingere informazioni. Questo modo di intendere la telematica non e' che la riproposizione in chiave attuale di un metodo ormai vecchio di gestione dell'informazione, ne conserva tutti i limiti e ne riproduce quello che Foucault definisce "l'ordine del discorso". Si formano gerarchie di nodi, o nodo-utente, in un rapporto stellare anziche' reticolare, in cui il ruolo del nodo/deposito di dati acquista una centralita' determinata non gia' dalla produzione di informazioni, ma dalla funzione di smistamento delle stesse, cosi' come nella societa' del terziario il processo di distribuzione assume una preponderanza rispetto al processo di produzione.

Forse un superamento di questa situazione verso un'orizzontalita' "de facto" puo' essere possibile navigando attraverso il flusso dei dati e scambiando lungo la strada elementi di interesse. Un esempio parzialmente riuscito di cio' e' la rete Internet, in cui il percorso di ricerca dei dati e' di tipo esplorativo, a volte tortuoso, e consente di svincolarsi dal rapporto paradigmatico fra fornitore di informazioni e fruitore, trasformandolo in una visitazione di piccoli centri di attrazione non predeterminati che nel formarsi assumono qualche affinita' con gli attrattori strani della teoria del caos.

Senza entrare nel merito di possibili soluzioni tecniche, molto puo' essere fatto considerando la rete non come un ente o un elemento unico da accettare o contestare nella sua monoliticita', ma come un territorio in cui ricavare degli spazi da esplorare, occupare, gestire, coesistendo affianco ad altri spazi. Mille "comunita' virtuali" o gruppi di interesse o individualita' possono fiorire su una stessa rete, ignorandosi o collaborando fra loro, e per ognuno di essi la rete assumera' un significato e un aspetto diversi, perche' in realta' essa non esistera' se non come strumento di transito di tutte queste interrelazioni.

Un ulteriore elemento di riflessione sulla questione dell'accentramento dell'informazione viene dato dal fatto che l'accumulazione dei dati nei numerosi nodi della rete di comunicazioni mondiale e' tale da porre un ulteriore problema, nuovo rispetto a quelli ormai classici della trasmissione e della ricerca dei dati: cosa fare dell'informazione. Siamo pervasi da una quantita' mai immaginata prima di dati immediatamente e facilmente disponibili, tanto da rischiare di affogare in questo oceano di informazione o di estremizzare il nostro atteggiamento rispetto ad essa, diventando collezionisti di statistiche o comunicati stampa o programmi per computer o, al contrario, perdendo qualunque interesse per essi. "Dati, dati ovunque e nemmeno un pensiero da pensare" (W.Gibson).

Se pensiamo alla rete come a un veicolo di idee, possiamo piu' facilmente immaginarne un uso piu' mirato e selettivo, rapportabile continuamente con il nostro vissuto quotidiano e probabilmente anche piu' compatibile con le nostre personali attitudini.

ECN Padova

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