Nella parte media inferiore di queste porte, c’è una piccola finestra di forma rettangolare, che serve per passare gli alimenti; è stata fatta in modo da evitare qualsiasi contatto fisico tra i nostri compagni e i loro custodi.
Dentro ogni cella, vicino alla porta metallica, c’è un piccolo lavabo e una tazza, ma l’acqua è dispensata dall’esterno con periodicità determinata e tempo limitato.
Non c’è luce artificiale, nella totale oscurità è solo possibile distinguere le ombre.
Sopra la porta di ogni cella, approssimativamente a due metri di altezza, c’è una fessura di 15 centimetri che permette, alcuni minuti al giorno, l’entrata della luce naturale diretta.
Le celle, addossate l’una all’altra, sono disposte una di fronte all’altra, quattro in ogni lato, con in mezzo un piccolo cortile. Tutto ciò è stato costruito, come dicevamo prima, in un buco scavato nella terra a 8 metri di profondità.
Quando i nostri compagni sono stati trasferiti in questo carcere-tomba, sono stati addormentati con sedativi, per fargli perdere la nozione del tempo e non farli rendere conto dell’ubicazione esatta. Ognuno di loro ha subito l’isolamento totale, la proibizione delle visite e dell’aria per tutto il primo anno.
Corrispondenza e accesso all’informazione: tutta la corrispondenza, tanto quella diretta ai nostri compagni, quanto quella scritta da loro, è minuziosamente studiata da esperti in sicurezza, che determinano quali lettere possono entrare e uscire e quando devono essere consegnate. Non c’è nessun diritto all’intimità nemmeno nelle comunicazioni personali. Non hanno neanche il diritto di accedere a libri, giornali o riviste e non possono ascoltare la radio e la televisione.
In queste visite, i famigliari possono portare ai prigionieri solo cose di uso personale e alimenti inscatolati. Queste poche cose passeranno al controllo del personale del carcere, che determinerà cosa e quando si dovrà consegnare ai detenuti.
I famigliari sono portati al parlatorio in veicoli ermeticamente chiusi che impediscono loro di vedere o sentire fino a quando arrivano.
Questo carcere è stato costruito al centro di una valle delle alte ande, in modo da costituire una specie di isola nel mezzo della solitudine dell’altipiano. Occupa approssimativamente un’area di 10000 metri quadrati. All’esterno è custodito da un centinaio di ‘baschi neri’ dell’esercito e da un dispiego di truppe in trincee, veicoli blindati, camion, camionette, due elicotteri e un campo di mine. La sicurezza interna è affidata a 300 militari dei corpi speciali della Polizia Nazionale.
Il carcere è costruito in cemento armato, consta di vari bracci, ognuno con il suo cortile indipendente. I compagni del MRTA occupano due sezioni, una maschile e una femminile. Tra loro ci sono Jaime Castillo Peruzzi, Lautaro Mellado e Maria Concepcion Pincheira di nazionalità cilena, e la giornalista nordamericana Lorie Berenson, condannati all’ergastolo per ‘tradimento alla patria’, commettendo l’aberrazione giuridica di condannare per tradimento alla patria dei cittadini stranieri. Nelle stesse condizioni stanno i compagni peruviani Nancy Gilvonio, Jaime Ramirez, e Americo Gilvonio Conde e Miguel Rincon della Direzione Nazionale.
Le celle di tre metri per tre alloggiano due persone ciascuna. C’è il bagno, però non è permesso l’uso di elettrodomestici (come radio o tv) e nemmeno di cucinare. Le finestre non hanno vetri e la porta è una pesante rete metallica, il che espone permanentemente i prigionieri al forte vento e al freddo. Come conseguenza sono frequentissime le affezioni broncopolmonari.
Per disposizione del governo, tutti i compagni che entrano in carcere devono stare un anno in competo isolamento. Dopo questo periodo di tempo, la permanenza obbligata all’interno delle celle è di 23 ore e mezzo al giorno, e si può uscire solo per mezz’ora al giorno per fare esercizio fisico e prendere un po' di sole nel piccolo cortile, dove non possono accedere più di 14 prigionieri alla volta. Non è permesso l’ingresso nella prigione di giornali e riviste ma solo di libri previamente censurati che, se vengono portati dai famigliari, non rimangono a disposizione dei compagni ma devono stare nella biblioteca del carcere.
In queste celle si possono realizzare solo attività manuali che non richiedano l’uso di utensili di ferro, che sono proibiti.
Le punizioni, decise a discrezione dei secondini, vanno dalla reclusione in celle oscure di un metro per due per un tempo che può arrivare fino a 48 giorni, alla proibizione delle visite o della mezz’ora d’aria.
In quanto all’alimentazione, il penitenziario stanzia 60 centesimi di dollaro per persona al giorno, e la qualità del cibo è molto scadente. Siamo a conoscenza di casi di compagni che hanno subito una drastica riduzione di peso e presentano complicazioni gastrointestinali e tubercolosi. Non ci sono restrizioni ai familiari per la consegna di alimenti ai propri parenti durante la loro visita mensile di 30 minuti, però le difficoltà di trasporto verso il centro penitenziario rendono impossibile questa attenzione e molte famiglie, a causa dell’alto costo del trasporto per una visita, possono farla solo due volte l’anno.
Durante le visite, autorizzate solo per i famigliari diretti previamente identificati e muniti di permesso, non è consentito alcun contatto fisico. I compagni si trovano dietro due reti metalliche distanziate da un corridoio e durante tutto il tempo della conversazione le guardie passeggiano permanentemente nel parlatorio.
Con il governo Fujimorista si è incrementata la vigilanza con la presenza di truppe militari che si incaricano di custodirlo all’esterno. All’interno è incaricata del controllo la polizia nazionale, e molti di loro usano cappucci per non essere identificati. In questo penale si presentano i maggiori problemi di sovrappopolazione, giacché in uno spazio di sei metri quadrati che misura una cella devono convivere durante 23 ore e mezza dalle tre alle cinque persone, situazione accentuata dall’ubicazione in questo stesso spazio del servizio sanitario di uso collettivo.
Per queste condizioni la quantità di casi denunciati di affezioni broncopolmonari e gastrointestinali così come la presenza di tubercolosi sono maggiori. I compagni non possono contare sulla dovuta e immediata attenzione medica e le restrizioni ai famigliari ad assisterli con la loro alimentazione sono totali. Gli alimenti che portano i famigliari ai loro congiunti devono essere previamente cucinati e da consumarsi immediatamente.
All’interno di questo carcere, come in tutti gli altri, c’è un recinto dove vengono celebrati i giudizi sommari dei tribunali senza volto; i prigionieri vengono trasportati in questo recinto incappucciati e tra maltrattamenti e torture.
E’ costituita da tre padiglioni con tre piani ciascuno. Ad ogni piano ad uno dei suoi lati si trovano, una contigua all’altra, una fila di celle che danno su stretto corridoio dal quale attraverso piccole finestre si può vedere il cortile interno del penale.
Le celle di due per tre metri ciascuna hanno al loro interno ad uno dei lati due pagliericci; proprio di fronte un piccolo lavabo e una latrina. “E’ proibito avere un pettine, uno specchio, una foto, una lettera, ascoltare della musica, vedere la televisione, ascoltare la radio; è proibito parlare di politica ed di attualità; è proibito leggere, scrivere, fumare....’’denuncia una compagna alla delegazione della Croce Rossa Internazionale in visita al centro.
Questi casi sono solo la dimostrazione di quello che succede in altre carceri del Perù come Cajamarca, Ica, Arequipa, Huancayo, Huancavelica...
Per queste condizioni, per queste trasgressioni dei diritti di base della persona umana, sollecitiamo le organizzazioni di solidarietà, Organizzazioni non Governative, le Organizzazioni politiche...a pronunciarsi contro il mantenimento di questo stato di cose che ledono la dignità umana.