CARATTERE DELLA NOSTRA SOCIETA’ - Una Società essenzialmente capitalista - Un capitalismo ritardato e deforme - Il problema agrario - La dominazione imperialista: Il neocolonialismo - Lo Stato: Carattere - Il Problema Nazionale - Le Classi Sociali - L’impoverimento delle masse Secondo il MRTA, il capitalismo nel Peru non è nato nella lotta contro la fuedalità, ma come una proiezione dello sviluppo del capitalsimono nel mondo e della espansione dell’imperialismo. Lo sforzo rigoroso di caratterizzare la nostra società ha come obiettivo segnare una strategia la più possibile esatta, per garantire la vittoria della rivoluzione e la costruzione di una società legata alle necessità della nostra patria. Per molti anni caratterizzare la società fu il tema centrale del dibattito della sinistra peruviana. Però, questa discussione ha mancato della necessaria rigorosità: molte delle categorie utilizzate avevano la propria origine nella necessità di differenziarsi gli uni dagli altri o nella concorrenza verbale, propria dell’epoca. Un errore comune è pretendere di qualificare la com’plessità della società peruviana a partire dall’analisi e dalla generalizzazione di un modo produttivo unico. Nelle società divise in classi non esiste, in generale, un solo modo di produzione: le classi oppressore impongono la propria egemonia e a partire da questa, subordinano le forme e i modi di produzione "ritardati", i quali unicamente vengono eliminati solo se si contrappongono ai loro interessi in forma diretta. Si tratta di un principio universale, e il Peru non sfugge a questa regola: ad un certo punto la corona spagnola impose il feudalesimo coloniale, però senza liquidare il collettivismo agrario delle comunità indigene; poi, il sistema capitalista non naque nella lotta contro la feudalità, ma come una proiezione dello sviluppo del capitalismo nel mondo e dalla espansione degli interessi imperialisti. Fu così come una parte della vecchia oligarchia si trasformò in borghesia, mentre il popolo andino, per preservarsi dalla aggresione del sistema imperante, se afferrò fino a dove gli fu possibile alla comunità. Quello che andiamo ad analizzare è, quindi, il modo di produzione dominante in Peru e, a partire da questo, come questo integra, in funzione dei propri interessi, altri modi di produzione, per il auqle modo è feondamentale incidere nella produzione, nelle relazioni sociali di produzione, nelle classi sociali e nello Stato. Oltretutto, in paesi come il nostro, sommessi alla dominazione imperialista non basta analizzare la struttura economica interna: occorre anche studiare le tendenze dell’economia mondiale, perchè questa è ogni volta più integrante e gioca un ruolo determinante nella nostra struttura economica. UNA SOCIETA’ ESSENZIALMENTE CAPITALISTA Abbiamo segnalato già le tappe che la nostra società ha attraversato nella sua storia, fino ad arrivare a quella dove il modo di produzione dominante è quello capitalista. C’è tuttavia qualcuno che pone in dubbio questa realtà, però i fatti, i testardi fatti come Lenin era solito dire, riaffermano la nostra constatazione, come a continuazione dimostraremo. Attualmente il peso centrale della nostra economia riposa nei settori dove la presenza del capitalismo è indiscutibile. Ciò si riflette nella diminuzione dell’apporto della agricoltura - il settore dove più si trovano le forme non capitaliste di produzione - con la conferma del Prodotto Interno Lordo (PIL). Questa diminuzione si deve, per un lato, alla crescita dei settori più dinamici del capitalismo e, per altro, alla crisi strutturale dell’agicoltura, che ha già carie decadi. Il seguente quadro così lo dimostra: Quadro Nº1 Apporti dell’Agricoltura al PIL (In percentuale) 1950 23.7% 1956-1960 17.4% 1961-1965 15.3% 1966-1970 14.0% 1971-1975 12.6% 1976-1980 11.0% 1981-1985 10.9% Fonte: Istituto Nazionale di Statistica - INE La caduta che si osserva si osserva tra il 1950 e il 1970 è conseguenza - come già si è annotato - della profonda crisi nella quale entra l’agricoltura peruviana, però anche della messa in pratica di grandi progetti minerari come quello di Marcona a della nascita di una industria per "sostituzione di importazioni" promossa dall’imperialismo. La struttura del PIL del 1985 può chiarirci di più questa idea: Quadro Nº2 Il PIL del 1985 (In percentuali) Agricoltura ............ 11.5% Pesca ....... 0.8% Estrazione mineraria .... 12.6% Manifattura ...... 22.1% Elettricità, gas e acqua 1.1% Edilizia ............. 4.6% Edilizia privata ........... 2.7% Governo .......... 7.8% Altri .......... 34.9% Diritti di import ... 1.9% Fonte: INE Solamente la manifattura supera la porzione il settore agrario apporta al PIL. Però se alla prima sommiamo ciò che rappresenta l’attività di pesca, l’attività estrattiva, l’edilizia e i servizi, scopriamo che la differenza in favore dei settori con chiaro sviluppo capitalista è schiacciante. Coloro che negano il carattere capitalista della nostra società utilizzano, senza dubbio, l’argomento che la popolazione contadina è maggioritaria nel paese e che ciò sarebbe la prova del fatto che continuiamo ad essere semifeudali. Come premessa questo fatto non è feondamentale: se così lo fosse, bisognerebbe concludere che il Peru Coloniale fu "comunitario" perchè la maggioranza della popolazione di allora, si torvava concentrata nelle comunità indigene. Però, questo punto di riferimento neanche aiuta coloro che sostengono questo argomento, ciò si constata dalle cifre che seguono: Quadro Nº3 Popolazione Economicamente Attiva (PEA) (In percentuali) Popolazione (%) PEA (%) Anni ... Urbana ... Rurale ... Urbana ... Rurale 1940 ... 37.8 ... 64.2 ... 47.8 ... 52.2 1960 46.6 53.4 48.8 51.2 1970 52.5 47.5 54.9 46.1 1980 58.8 41.2 64.0 36.0 1985 62.2 37.5 65.5 34.5 Fonte: INE Dal quadro anteriore, si deduce chiaramente che, negli ultimi quarant’anni, si è sperimentato un costante spiazzamento della popolazione verso le città. Questa percentuale è maggiore se la misuriamo per la ubicazione nel lavoro. Contro questi fatti, c’è chi si ripara nella questione dei villaggi e nelle loro dimensioni. Però risulta, che nel 1940 le località con meno di 2000 abitanti assorbivano il 74.6% della popolazione, mentre oggi appena raggiungono il 41.3%. UN CAPITALISMO RITARDATO E DEFORMATO Essendo nato come proiezione degli interessi dell’imperialismo, il capitalismo nel Peru non ha mai risposto alle necessità di sviluppo nazionale e, per ciò stesso, ha avuto un marcato carattere monopolista fin dalle sue origini, dove una manciata di imprese, appartenenti ai settori più dinamici degli sfruttatori, che vivono sfruttando il lavoro della maggioranza dei peruviani. Questo lo notiamo nella attuale struttura dell’industria peruviana: La maggioranza degli stabilimenti impiegano tra i 5 e i 19 lavoratori, vale a dire, sono imprese piccole e i loro proprietari sono borghesi piccoli, che non gravitano decisivamente nella economia nazionale già che, a prescindere dal fatto che costituiscano quasi il 70 % della totalità, danno solamente occupazione alla quinta parte dei lavoratori, producono la decima parte del valore aggregato e unicamente possiedono la ventesima parte dei macchinari e degli strumenti. Tutto ciò riflette la scarsa capitalizzazione delle suddette imprese. Molto differente è ilcaso del 6% delle imprese che impiegano più di 100 lavoratori e i cui proprietari costituiscono la media borghesia e la grande borghesia: hanno quasi la metà dei lavoratori dell’industria, producono quasi due terzi del valore aggregato e possiedono quasi i tre quarti della capacità installata in macchinari e strumentazioni. Per l’aperto appoggio dello Stato ai gruppi industriali monopolistici, questa tendenza si stà accentuando ancora di più negli ultimi anni. In altri settori come l’attività estrattiva, l’edilizia e la pesca, queste differenze sono più evidenti che nell’industria. E la esistenza di piccole fabbriche laboratorii o giacimenti con poco capitale si basa, fondamentalmente nel supersfruttamento della forza di lavoro. La struttura capitalistica non ha proiezioni di sviluppo in Peru a prescindere dal fatto che siamo un paese immensamente ricco di fonti di materie prime, che bene potrebbero servire di base per una poderosa industria di macchinari, di strumentazioni e di mezzi di produzione. In questo senso, le deformazioni che si orsservano nella attività industriale sono specchio del modello di "sostituzione delle importazioni" imposto dall’imperialismo: il 62.8% della industria è di consumo immediato; il 20% dei beni intermedi, che sono quelli di linea bianca, mobili, ecc...; e il 17.2% di "capitali", che in realtà è la industria che si dedica a produrre veicoli o materiali per parti e riparazioni (l’industria aautomobilistica, metalmeccanica, siderurgica, ecc...). Non esiste, poi, nessuna industria di macchinari propriamente detti. Oltretutto, il 75% di tutti gli stabilimenti industriali si trovano nella capitale del paese. Finalmente, la obsolescena di molte industrie, installatepiù di 20 o 30 anni nella sua gran maggioranza, si basano sulle tecnologie e metodi di produzione obsoleti e inefficienti, in circostanze in cui il mondo opera una rivoluzione tecnico-scientifica. Quadro Nº4 Struttura Industriale (In percentuali) Indici Da 5 a 19 lavorat. Da 20 a 49 lavorat. Da 50 a 99 lavorat. De más de 100 lavorat. Nº di Imprese 69.7% 18.2% 6.2% 5.9% (4,559 imprese) (1186 imprese) (405 imprese) (388 imprese) Persone occupate 21.3% 18.3% 14.3% 46.1% Valor e Aggregato 9.5% 14.9% 13.1% 62.5% Macchinari e Strumenti 4.5% 10.3% 9.3% 75.9%Fonte MITCI - Ministero dell’Industria, Turismo, Commercio e Integrazione
A questa deforme struttura del capitalismo privato, si aggrega quella del capitalismo di Stato. Dalle origini stesse della Repubblica, le classi dominanti hanno preso lo Stato come bottino, ragione per la quale questo non arrivò mai a disimpegnare un ruolo istituzionale realmente importante nella direzione dell’economia. E’ durante il processo riformista del generale Juan Velasco Alvarado quando lo Stato assume un ruolo importante, arrivando anche a avere nelle sue mani una terza parte della struttura economica e una percentuale anche maggiore nei rami di carattere strategico. Il processo successivo di una controriforma smontò, inizialmente, una parte di qeusta struttura e il resto lo condizionò al servizio della grande borghesia. Attualmente (1988), il settore statale rappresenta una quinta parte della economia; e nella misura che lo Stato si trova al servizio di interessi antinazionali, queste imprese non rispondono alle necessità del paese. Di questa forma, la ricchezza che queste generano, con il lavoro completo di peruviani, se ne va nel pagamento del debito estero, a mantenere l’ordine stabilito e i buoni di usofrutto che, dopo una vittoria elettorale, i partiti borghesi offrono alle frazioni di classe che li appoggiarono. Oltretutto, queste imprese sono viste come una fonte di arricchimento per i dirigenti dei partiti al potere. Fin tanto che non cambi il carattere dello stato , le imprese pubbliche non smetteranno di essere una pedina in più del capitalismo.
E’ certo che queste imprese, e il loro utilizzo a beneficio personale o di gruppo, determinano la esistenza di una borghesia intimamente legata alla burocrazia. E’ anche vero che quasi tutti i gruppi di potere nel paese si sono sviluppati usando a loro proprio vantaggio le molle del potere politico. Si tratta di un sigillo che vienedal secolo XIX, con la manomissione degli schiavi negri, la consolidazione del debito interno e l’usofrutto del guano. A partire da questa costatazione non si può parlare, senza dubbio di un "capitalismo burocratico" come la caratteristica fondamentale della società peruviana. E’ una visione deformata della realtà che, alla fine, conduce a colpire i nemici completamente sbagliati. In sintesi, l’area del capitalismo di Stato è piccola e si trova al servizion della grande borghesia e dell’imperialismo. Il vero controllo della economia si trova nelle mani dei monopolii imperialisti, direttamente nel caso degli investimenti o indirettamente nel caso dei crediti. E la tendenza che si va imponendo all’interno della borghesia, è quella di ridurre la presenza dello Stato alla sua minima espressione, E’ per questo che oggi buona parte delle imprese dello Stato si trovano in un procinto di essere vendute o di liquidate.