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Peru: Analisi sulla Società Peruviana
La presente analisi è tratta dai documenti del II COMITATO CENTRALE del MRTA, pubblicati nel 1988..


CARATTERE DELLA NOSTRA SOCIETA’

	- Una Società essenzialmente capitalista
	- Un capitalismo ritardato e deforme
	- Il problema agrario
	- La dominazione imperialista: Il neocolonialismo
	- Lo Stato: Carattere
	- Il Problema Nazionale
	- Le Classi Sociali
	- L’impoverimento delle masse


  Secondo il MRTA, il capitalismo nel Peru non è nato nella lotta contro la
fuedalità, ma come una proiezione dello sviluppo del capitalsimono nel mondo
e della espansione dell’imperialismo.
Lo sforzo rigoroso di caratterizzare la nostra società ha come obiettivo
segnare una strategia la più possibile esatta, per garantire la vittoria
della rivoluzione e la costruzione di una società legata alle necessità
della nostra patria.
Per molti anni  caratterizzare la società fu il tema centrale del dibattito
della sinistra peruviana. Però, questa discussione ha mancato della
necessaria rigorosità: molte delle categorie utilizzate avevano la propria
origine nella necessità di differenziarsi gli uni dagli altri o nella
concorrenza verbale, propria dell’epoca.
Un errore comune è pretendere di qualificare la com’plessità della società
peruviana a partire dall’analisi e dalla generalizzazione di un modo
produttivo unico. Nelle società divise in classi non esiste, in generale, un
solo modo di produzione: le classi oppressore impongono la propria egemonia
e a partire da questa, subordinano le forme e i modi di produzione
"ritardati", i quali unicamente vengono eliminati solo se si contrappongono
ai loro interessi in forma diretta. Si tratta di un principio universale, e
il Peru non sfugge a questa regola: ad un certo punto la corona spagnola
impose il feudalesimo coloniale, però senza liquidare il collettivismo
agrario delle comunità indigene; poi, il sistema capitalista non naque nella
lotta contro la feudalità, ma come una proiezione dello sviluppo del
capitalismo nel mondo e dalla espansione degli interessi imperialisti. Fu
così come una parte della vecchia oligarchia  si trasformò in borghesia,
mentre il popolo andino, per preservarsi dalla aggresione del sistema
imperante, se afferrò fino a dove gli fu possibile alla comunità.
Quello che andiamo ad analizzare è, quindi, il modo di produzione dominante
in Peru e, a partire da questo, come questo integra, in funzione dei propri
interessi, altri modi di produzione, per il auqle modo è feondamentale
incidere nella produzione, nelle relazioni sociali di produzione, nelle
classi sociali e nello Stato. Oltretutto, in paesi come il nostro, sommessi
alla dominazione imperialista non basta analizzare la struttura economica
interna: occorre anche  studiare le tendenze dell’economia mondiale, perchè
questa è ogni volta più integrante e gioca un ruolo determinante nella
nostra struttura economica.

UNA SOCIETA’ ESSENZIALMENTE CAPITALISTA

  Abbiamo segnalato già le tappe che la nostra società ha attraversato nella
sua storia, fino ad arrivare a quella dove il modo di produzione dominante è
quello capitalista. C’è tuttavia qualcuno che pone in dubbio questa realtà,
però i fatti, i testardi fatti come Lenin era solito dire, riaffermano la
nostra constatazione, come a continuazione dimostraremo. 
Attualmente il peso centrale della nostra economia riposa nei settori dove
la presenza del capitalismo è indiscutibile. Ciò si riflette nella
diminuzione dell’apporto della agricoltura - il settore dove più si trovano
le forme non capitaliste di produzione - con la conferma del Prodotto
Interno Lordo (PIL). Questa diminuzione si deve, per un lato, alla crescita
dei settori più dinamici del capitalismo e, per altro, alla crisi
strutturale dell’agicoltura, che ha già carie decadi. Il seguente quadro
così lo dimostra:

Quadro Nº1
Apporti dell’Agricoltura al PIL
(In percentuale)
1950		23.7%
1956-1960	17.4%
1961-1965	15.3%
1966-1970	14.0%
1971-1975	12.6%
1976-1980	11.0%
1981-1985	10.9%
Fonte: Istituto Nazionale di Statistica - INE

  La caduta che si osserva si osserva tra il 1950 e il 1970 è conseguenza -
come già si è annotato - della profonda crisi nella quale entra
l’agricoltura peruviana, però anche della messa in pratica di grandi
progetti minerari come quello di Marcona a della nascita di una industria
per "sostituzione di importazioni" promossa dall’imperialismo. 
La struttura del PIL del 1985 può chiarirci di più questa idea:

Quadro Nº2
Il PIL del 1985
(In percentuali)

Agricoltura	............        11.5%
 Pesca                   .......              0.8%
Estrazione mineraria  ....         12.6%
Manifattura               ......        22.1%
Elettricità, gas e acqua              1.1%
Edilizia                     .............   4.6%
Edilizia privata       ...........       2.7%
Governo                ..........          7.8%
Altri                     ..........         34.9%
Diritti di import                   ...   1.9%
Fonte: INE

  Solamente la manifattura supera la porzione il settore agrario apporta al
PIL. Però se alla prima sommiamo ciò che rappresenta l’attività di pesca,
l’attività estrattiva, l’edilizia e i servizi, scopriamo che la differenza
in favore dei settori con chiaro sviluppo capitalista è schiacciante.
  Coloro che negano il carattere capitalista della nostra società
utilizzano, senza dubbio, l’argomento che la popolazione contadina è
maggioritaria nel paese e che ciò sarebbe la prova del fatto che continuiamo
ad essere semifeudali. Come premessa questo fatto non è feondamentale: se
così lo fosse, bisognerebbe concludere che il Peru Coloniale fu
"comunitario" perchè la maggioranza della popolazione di allora, si torvava
concentrata nelle comunità indigene. Però, questo punto di riferimento
neanche aiuta coloro che sostengono questo argomento, ciò si constata dalle
cifre che seguono:

Quadro Nº3
Popolazione Economicamente Attiva (PEA)
(In percentuali)

               Popolazione (%)  	     PEA (%)
Anni   ...  Urbana   ...  Rurale  ...  Urbana  ... Rurale
1940   ...    37.8   ...    64.2  ...     47.8  ...    52.2
1960          46.6          53.4          48.8          51.2
1970          52.5          47.5         54.9           46.1
1980          58.8          41.2         64.0           36.0
1985          62.2          37.5         65.5           34.5
   Fonte: INE

  Dal quadro anteriore, si deduce chiaramente che, negli ultimi
quarant’anni, si è sperimentato un costante spiazzamento della popolazione
verso le città. Questa percentuale è maggiore se la misuriamo per la
ubicazione nel lavoro. Contro questi fatti, c’è chi si ripara nella
questione dei villaggi e nelle loro dimensioni. Però risulta, che nel 1940
le località con meno di 2000 abitanti assorbivano il 74.6% della
popolazione, mentre oggi appena raggiungono il 41.3%.

UN CAPITALISMO RITARDATO E DEFORMATO 

  Essendo nato come proiezione degli interessi dell’imperialismo, il
capitalismo nel Peru non ha mai risposto alle necessità di sviluppo
nazionale e, per ciò stesso, ha avuto un marcato carattere monopolista fin
dalle sue origini, dove una manciata di imprese, appartenenti ai settori più
dinamici degli sfruttatori, che vivono sfruttando il lavoro della
maggioranza dei peruviani. Questo lo notiamo nella attuale struttura
dell’industria peruviana:
  La maggioranza degli stabilimenti impiegano tra i 5 e i 19 lavoratori,
vale a dire, sono imprese piccole e i loro proprietari sono borghesi
piccoli, che non gravitano decisivamente nella economia nazionale già che, a
prescindere dal fatto che costituiscano quasi il 70 % della totalità, danno
solamente occupazione alla quinta parte dei lavoratori, producono la decima
parte del valore aggregato e unicamente possiedono la ventesima parte dei
macchinari e degli strumenti. 
  Tutto ciò riflette la scarsa capitalizzazione delle suddette imprese.
Molto differente è ilcaso del 6% delle imprese che impiegano più di 100
lavoratori e i cui proprietari costituiscono la media borghesia e la grande
borghesia: hanno quasi la metà dei lavoratori dell’industria, producono
quasi due terzi del valore aggregato e possiedono quasi i tre quarti della
capacità installata in macchinari e strumentazioni. Per l’aperto appoggio
dello Stato ai gruppi industriali monopolistici, questa tendenza si stà
accentuando ancora di più negli ultimi anni.
  In altri settori come l’attività estrattiva, l’edilizia e la pesca, queste
differenze sono più evidenti che nell’industria. E la esistenza di piccole
fabbriche laboratorii o giacimenti con poco capitale si basa,
fondamentalmente nel supersfruttamento della forza di lavoro.
La struttura capitalistica non ha proiezioni di sviluppo in Peru a
prescindere dal fatto che siamo un paese immensamente ricco di fonti di
materie prime, che bene potrebbero servire di base per una poderosa
industria di macchinari, di strumentazioni e di mezzi di produzione. In
questo senso, le deformazioni che si orsservano nella attività industriale
sono specchio del modello di "sostituzione delle importazioni" imposto
dall’imperialismo: il 62.8% della industria è di consumo immediato; il 20%
dei beni intermedi, che sono quelli di linea bianca, mobili, ecc...; e il
17.2% di "capitali", che in realtà è la industria che si dedica a produrre
veicoli o materiali per parti e riparazioni (l’industria aautomobilistica,
metalmeccanica, siderurgica, ecc...). Non esiste, poi, nessuna industria di
macchinari propriamente detti. Oltretutto, il 75% di tutti gli stabilimenti
industriali si trovano nella capitale del paese. Finalmente, la obsolescena
di molte industrie, installatepiù di 20 o 30 anni nella sua gran
maggioranza, si basano sulle tecnologie e metodi di produzione obsoleti e
inefficienti, in circostanze in cui il mondo opera una rivoluzione
tecnico-scientifica.

Quadro Nº4

Struttura Industriale
(In percentuali)


Indici		       Da 5 a 19   lavorat.    Da 20 a 49 lavorat.           Da 50 a
99 lavorat.         De más de 100 lavorat.

Nº di Imprese		 69.7%		  18.2%		                            6.2%
5.9%
		             (4,559 imprese)	      (1186 imprese)	       (405 imprese)
(388 imprese)

Persone occupate             21.3%	                         18.3%
14.3%		             46.1%
Valor e Aggregato	9.5%		            14.9%			13.1%		             62.5%
Macchinari e Strumenti	4.5%		            10.3%		   	  9.3%
75.9%
   
Fonte MITCI - Ministero dell’Industria, Turismo, Commercio e Integrazione

Potremmo domandarci come allora sussista questa indutria malaticcia. Per un lato, per la crescente "disvalorizzazione" della forza di lavoro e il prolungamento della gornata di lavoro, e per altro lato, per l’appoggio che riceeve dallo Stato. Questo si incaricava di prendere dai macro portafolgi del popolo diverse forme di sovvenzione diretta per la borghesia (CERTEX), dollaro importatore conveniente, crediti con tassi di interesse più bassi di quelli reali, esoneri tributari, promozione dei loro prodotti all’estero, ecc... Per ultimo, cerca di garantire una sussistenza che si converta crescentemente in parassitaria.

A questa deforme struttura del capitalismo privato, si aggrega quella del capitalismo di Stato. Dalle origini stesse della Repubblica, le classi dominanti hanno preso lo Stato come bottino, ragione per la quale questo non arrivò mai a disimpegnare un ruolo istituzionale realmente importante nella direzione dell’economia. E’ durante il processo riformista del generale Juan Velasco Alvarado quando lo Stato assume un ruolo importante, arrivando anche a avere nelle sue mani una terza parte della struttura economica e una percentuale anche maggiore nei rami di carattere strategico. Il processo successivo di una controriforma smontò, inizialmente, una parte di qeusta struttura e il resto lo condizionò al servizio della grande borghesia. Attualmente (1988), il settore statale rappresenta una quinta parte della economia; e nella misura che lo Stato si trova al servizio di interessi antinazionali, queste imprese non rispondono alle necessità del paese. Di questa forma, la ricchezza che queste generano, con il lavoro completo di peruviani, se ne va nel pagamento del debito estero, a mantenere l’ordine stabilito e i buoni di usofrutto che, dopo una vittoria elettorale, i partiti borghesi offrono alle frazioni di classe che li appoggiarono. Oltretutto, queste imprese sono viste come una fonte di arricchimento per i dirigenti dei partiti al potere. Fin tanto che non cambi il carattere dello stato , le imprese pubbliche non smetteranno di essere una pedina in più del capitalismo.

E’ certo che queste imprese, e il loro utilizzo a beneficio personale o di gruppo, determinano la esistenza di una borghesia intimamente legata alla burocrazia. E’ anche vero che quasi tutti i gruppi di potere nel paese si sono sviluppati usando a loro proprio vantaggio le molle del potere politico. Si tratta di un sigillo che vienedal secolo XIX, con la manomissione degli schiavi negri, la consolidazione del debito interno e l’usofrutto del guano. A partire da questa costatazione non si può parlare, senza dubbio di un "capitalismo burocratico" come la caratteristica fondamentale della società peruviana. E’ una visione deformata della realtà che, alla fine, conduce a colpire i nemici completamente sbagliati. In sintesi, l’area del capitalismo di Stato è piccola e si trova al servizion della grande borghesia e dell’imperialismo. Il vero controllo della economia si trova nelle mani dei monopolii imperialisti, direttamente nel caso degli investimenti o indirettamente nel caso dei crediti. E la tendenza che si va imponendo all’interno della borghesia, è quella di ridurre la presenza dello Stato alla sua minima espressione, E’ per questo che oggi buona parte delle imprese dello Stato si trovano in un procinto di essere vendute o di liquidate.



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