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ORDINE DEL GIORNO PER SALVARE IL POPOLO PERUVIANO

Alle Persone di Buona Volontà,
Alle Persone di Coscienza,
Alle Compagne e ai Compagni,

Sarebbe opportuno che il seguente appello (o altri che potranno essere
stabiliti in futuro) fosse approvato come Ordine del Giorno da quanti più
possibili consigli comunali, regionali ed inoltre sottoscritto da
Organizzazioni sindacali, religiose ...
questo determinerebbe una certa pressione che obbligherebbe la Dittatura
civico-militare peruviana a fare concessioni.

E' necessario creare un movimento d'opinione forte per scalzare
l'immobilismo del governo italiano, per altro prevedibile considerando che
l'Italia è tra i maggiori fornitori di armi-armamenti al Peru'.

Adelante,
AR
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                       Documentazione informativa 
                    sull’Ordine del giorno di condanna 
                della situazione dei Diritti Umani in Peru’

Premessa
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La recente occupazione della Residenza di Lima dell’Ambasciatore giapponese,
Morihisha Aoki, da parte di un commando del movimento guerrigliero MRTA e la
ancora più recente conclusione violenta di tale occupazione, decisa dal
governo Fujimori, hanno portato il mondo intero a compiere analisi della
realtà peruviana.

Lungi dal voler fornire una verità monolitica, vorremmo però mettere a
disposizione una serie di dati, statistiche incontrovertibili che
permetteranno di trarre alcune conclusioni che riteniamo importanti.
Premettiamo di assumere l’idea che i diritti umani siano integrali e
indivisibili e inglobino attribuzioni significative tanto per l’esistenza
politica come quella economica, sociale e culturale dei cittadini. Ciò non è
da intendersi come estensione ad infinito dei Diritti Umani, ma come
l’affermazione del loro essere "fondamentali" all’interno di qualsiasi
ordine politico, giuridico moderno.

Denunciamo la responsabilità del governo Fujimori per il crescente
impoverimento della popolazione peruviana che ad oggi evidenzia 13 milioni
di cittadini in situazione di povertà (su un totale di 24 milioni di abitanti).
L’articolo 11 della nuova costituzione, approvata nel 1993 (dopo il golpe
bianco del 5 aprile 1992,  perpetrato dallo stesso Fujimori, con il quale
egli ha assegnato la maggioranza assoluta nel Parlamento al Presidente della
Repubblica, cioè a se stesso, negando quindi l’autonomia legislativa del
parlamento) ha soppresso la menzione esplicita dei diritti enunciati in
questo articolo dal Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici,
peraltro patto già sottoscritto dal Peru’.
Sono stati cancellati il diritto alla qualità della vita tanto personale
come famigliare, il diritto ad una alimentazione adeguata, la distribuzione
equa degli alimenti, ecc ....

Le inchieste nazionali sul livello di vita (ENNIV) realizzate dall’istituto
di ricerca Cuánto S.A., con l’assistenza tecnica e finanziaria della Banca
Mondiale e della Banca di Sviluppo Interamericano, mostrano una situazione
grave, affermando a conclusione delle stesse " l’esistenza di una
concentrazione strutturale della povertà e di estrema povertà nelle zone
montuose e nella selva rurale. Il 16.6 % della popolazione si trova in una
situazione di estrema povertà. 

Per ciò che attiene l’alimentazione, la situazione inadeguata grava
seriamente sui bambini: il 29.4 % dei bambini minori di 5 anni presenta
insufficienze nutrizionali, il 27.2 % soffre di malnutrizione cronica.
Le famiglie povere consumano fino al 74 % delle loro entrate in alimenti,
disattendendo le altre necessità elementari, quali ad esempio l’istruzione
dei propri figli (l’11.3 % della popolazione è totalmente analfabeta, con
una percentuale notevolmente superiore per le donne); si tratta di una quota
estremamente elevata, tipica di un paese molto arretrato (molto simile a
quella dell’Italia del 1861, cioè prima del processo di industrializzazione).

La costituzione peruviana (art.6) stabilisce che la politica nazionale sulla
popolazione ha come obiettivo "diffondere e promuovere maternità e paternità
responsabili, riconoscendo il diritto delle famiglie e delle persone di
decidere". Queste politiche si sono trasformate nell’imposizione di metodi
di sterilizzazione, come denunciato dal Coordinamento Nazionale dei Diritti
Umani (CNDDHH), organizzazione riconosciuta dal governo peruviano che
raccoglie numerose ONG e associazioni che si occupano di diritti umani.
I programmi del governo non vincolano la salute riproduttiva a concezioni
globali di vita e di salute ed escludono dai suoi postulati i diritti
riproduttivi delle donne. 
La mortalità materna è elevata, 280 ogni 100.000 parti ed ogni 10 donne
morte, una ha un’età compresa tra i 15 e i 19 anni.
Fuori dalle città solo il 15.2 % dei parti è assistito da personale medico.
Si stima che il 15 % delle gravidanze possano terminare in aborto spontaneo
(circa 90.000) ai quali si sommerebbero 270.000 aborti indotti.

Nel 1982 il Peru’ ha sottoscritto la Convenzione per l’eliminazione delle
forme di discriminazione contro le donne. La costituzione del 1993 ha
eliminato il secondo paragrafo dell’articolo 22 della costituzione del 1979:
"L’uomo e la donna hanno uguali opportunità e responsabilità, la Legge
riconosce alla donna diritti non minori dell’uomo". L’insieme delle attuali
condizioni esistenti sfavorisce la situazione della donna in ambito lavorativo.

La riforma introdotta nel mercato del lavoro, sotto la promessa che la
deregolazione e la flessibilizzazione lavorativa a oltranza avrebbero
risolto tutti i problemi di investimenti e competitività imprenditoriale, è
stata imposta in forma assolutamente antidemocratica, autoritaria e
escludente (come denunciato dallo stesso CNDDHH). Non solo senza la
partecipazione dei lavoratori, ma anche con l’assenza di dibattito
parlamentare. Il suo principale veicolo sono stati i decreti legislativi del
potere esecutivo.

I livelli di impiego sono significativamente diminuiti (-25 % nel settore
manifatturiero, -25.8 % in quello commerciale e -11.8 % in quello dei
servizi). Quello che è cresciuto è il lavoro "informale", in particolare
sotto la forma del "sub-impiego". Ciò è stato legalizzato con il DL 728 che
prevede l’utilizzo anche di contratti non sindacalizzati. Fino ad un 40 %
degli impiegati nelle imprese possono essere assunti sotto questi contratti.
Ciò è stato denunciato dal Comitato delle Libertà Sindacali della
Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIT).
Il salario minimo legale in Peru’ equivale a 100 dollari mensili, sebbene il
paniere basico di consumo famigliare sia di 600 dollari mensili (secondo
fonti della Confederazione Generale del Lavoro). Nel 1996 solo 4 giovani su
10 avevano un impiego adeguato.
La nuova legislazione in materia di relazioni individuali di lavoro ha
istituito un regime di licenziamento libero, sopprimendo il diritto di
reintegrazione che vigeva prima se il lavoratore riusciva a dimostrare in
giudizio che era stato licenziato in modo ingiustificato.
I Decreti Legislativi n 677 (1991) e n 892 (nov. 96 ) hanno soppresso il
diritto che i lavoratori avevano di partecipare alla proprietà delle loro
imprese, convertendolo in un quasi simbolico diritto di partecipare alla
gestione e agli utili.
E’ stato soppresso dalla Costituzione del ’93 il principio di uguaglianza in
materia di remunerazioni (stabilito dall’Accordo n 100 della Organizzazione
Internazionale del Lavoro). Le donne guadagnano in media il 46,3 % in meno
degli uomini. 
Si è apertamente ristretto l’esercizio del diritto di sciopero, stabilendosi
esagerati requisiti per l’adozione degli accordi corrispondenti, per i
lavoratori. Questo viola apertamente gli accordi n 87 e n 98 della Org.
Internazionale del Lavoro, entrambi ratificati dal Peru’.
Tanto il Comitato delle Libertà Sindacali come la Commissione di esperti in
Applicazione di accordi e raccomandazioni della OIT hanno richiesto
ripetutamente al governo peruviano perchè si proceda a una rettifica di
questa legislazione. 
Si sono inoltre osservati requisiti esagerati per la affiliazione sindacale,
l’elevato numero di affiliati per costituire sindacati, ostacoli per
divenire dirigenti sindacali, l’obbligo di informare le autorità militari e
governamentali sulle attività sindacali svolte, la dissoluzione
amministrativa dei sindacati, l’imposizione di arbitraggio in caso di
conflitto in un servizio pubblico essenziale  ecc....

Per ciò che concerne la sicurezza sociale il governo peruviano ha modificato
il sistema nazionale della pensioni attraverso il Decreto Legge n 25967. Si
è aumentato il minimo di anni necessari per ottenere una pensione minima e
si è modificata svantaggiosamente la forma di calcolo della remunerazione
pensionistica. Queste regole sono state applicate retroattivamente.
Con il Decreto Legislativo n 817 il governo ha disposto un procedimento di
"riqualificazione dei diritti" attraverso la cui applicazione retroattiva
dei nuovi criteri si viola il principio costituzionale della gerarchia delle
norme, il decreto, infatti, concede poteri straordinari all’ufficio di
normalizzazione della previdenza sociale per "riqualificare" ciò che era
stato stabilito.

Il Peru’ è una realtà culturale e linguistica sommamente eterogenea,
manifestata nella coesistenza di settantadue etnie, popolazioni con culture
e lingue proprie. 
La costituzione peruviana dell’93 riconosce il diritto all’identità etnica
(art. 2, inc.19, art. 48), alla proprietà della loro terra (art.89) e
all’esercizio del diritto consuetudinario (art. 149).
La constituzione del 93 ha però cancellato il riferimento alla
insequestrabilità e inalienabilità delle terre delle comunità indigene. A
questo si sommano la legge n 26505 (Legge delle terre) e il Decreto
Legislativo n 838 (15 agosto 1996), leggi che concedono titoli gratuiti di
proprietà delle terre della zona della selva, senza tutelare le comunità
indigene nella assegnazione delle terre. 
Il governo peruviano ha inoltre promulgato un decreto (DS n 017-96-AG)  che
concede un tempo minimo alle comunità per arrivare ad accordi con le imprese
che volessero sfruttare il sottosuolo delle terre nella selva.
Se non si giunge ad un accordo in questo tempo, previa perizia, si impone
una servitù, con risoluzione dei titolari dei Ministeri dell’agricoltura,
dell’energia e dello sfruttamento minerario.
Tutto ciò minaccia fondamentalmente l’esistenza stessa delle comunità indigene.

Caso emblematico è quello della Shell-Oil (denunciato dalla associazione
internazional per la difesa dell’ambiente "Rainforest") che entro luglio
1997 dovrebbe iniziare delle trivellazioni per l’estrazione di gas nelle
riserve peruviane delle comunità ammazzoniche vergini Nahua e Kugapakori.
E’ da notarsi che nella seconda metà degli anni 80, i tests condotti da
esperti della Shell-Oil portarono allo sterminio di buona parte della
comunità Nahua a causa della pertosse e di influenze epidemiche (gli
indigeni non hanno infatti anticorpi verso le malattie tipiche dell’occidente).

E’inoltre necessario condannare il governo peruviano, responsabile delle
condizioni infraumane vissute dalla popolazione carceraria. 
La cosidetta "lotta al terrorismo" ha avuto un costo umano altissimo, 30.000
morti, 5.000 "desaparecidos", 6.000 prigionieri politici e 800 persone
riconosciute dal governo peruviano come innocenti ma tutt’ora detenute. 

Le condizioni di carcerazione sono contrarie al Diritto Internazionale.
Le celle sono di 2.5 x 3 metri, includono due letti in cemento e una fossa
nel mezzo che funzionea da "bagno" e all’interno sopravvivono dalle due alle
tre persone.
Ai carcerati è concessa diariamente mezz’ora d’aria nel cortile del
penitenziario.
L’alimentazione è insufficiente (un infuso la mattina, due o tre pani e un
infuso la sera).
Le visite sono una volta al mese, limitate a due famigliari diretti e tenute
in locutori che non permettono il contatto fisico e malamente permettono un
"contatto visivo".
Le visite per i minori sono ogni tre mesi, quattro volte l’anno.
Il carcerato ha diritto di scrivere una volta al mese e per questo riceve un
foglio di carta e una penna o matita.
L’assistenza sanitaria è inesistente.
L’uso della tortura è una pratica fortemente utilizzata e comprovata dalle
numerose testimonianze delle organizzazioni dei Diritti Umani in Peru’.

Quanto detto sopra viola finanche il codice di Esecuzione Penale peruviano
che nel titolo preliminare articolo III così sancisce: "L’esecuzione penale
e le misure privative delle libertà dei processati dovranno essere esenti da
torture o trattamenti inumani o umilianti, e di qualsiasi altro atto o
procedimento che attenti alla dignità del prigioniero".

Così come afferma il Coordinamento dei Diritti Umani nel Peru’ (CNDDHH) da
due anni si è concessa amnistia totale ai responsabili di gravissime
violazioni dei diritti umani, ai membri delle forze dell’ordine, autori di
centinaia di morti, sparizioni, torture, esecuzioni sommarie, detenzioni
arbitrarie, ecc... commesse   "con occasione o come conseguenza della lotta
contro il terrorismo".
Le leggi n 26479 del 14 giugno del 1995 e n 26492 del 28 giugno 1995,
contrarie allo spirito degli strumenti internazionali dei diritti umani,
sono bastate al governo del presidente Fujimori per favorire l’impunità,
negare la giustizia a migliaia di vittime e una vera pace e riconciliazione
al popolo peruviano.

Il Comitato dei Diritti Umani dell’Organizzazione delle Nazioni Unite nelle
sue osservazioni preliminari (CCPR/C/79/Add.67,25-07-96) segnala la
violazione che queste leggi fanno del Patto Internazional dei Diritti Civili
e Politici, esortando il governo peruviano affinchè riveda e revochi queste
norme nella misura in cui costituiscano tali violazioni. 
In particolare che il governo peruviano rimedi alle conseguenze
inaccettabili di queste leggi (par.20)

Da parte sua, la Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) nella
sua informativa del 96/97 raccomanda allo stato peruviano che lasci senza
effetto la legge di amnistia "26479" e della interpretazione giudiziale
"26492" perchè incompatibili con la convenzione americana.

Inoltre è evidente la responsabilità del governo che, usurpando le funzioni
del potere legislativo e dell’amministrazione della giustizia ha emanato dei
decreti legge il cui contenuto è assolutamente contrario ai postulati di
garanzia giuridica-processuale.
La legge n 26291 "Legge Cantuta" toglie la competenza del giudizio al
tribunale civile per darla a quello militare, per quanto riguarda i processi
degli assassini genocidi del Commando Lino Najar -gruppo Colina. Ciò viola
il principio della non interferenza nell’amministrazione della giustizia,
dell’uguaglianza di fronte alla legge e l’osservanza della costituzione,
nonchè l’articolo 3 del Patto Internazionale dei Diritti Politici e Civili.
Le Leggi n 25475 e DL 25659 "Legge sull’antiterrorismo" danno pieni poteri
alla polizia nazionale con limitazioni del rappresentante del Pubblico
Ministero che elimina diritti umani fondamentali come ad esempio quello di
avere un avvocato difensore. Vengono celebrati processi "sommari" con
giudici militari a volto coperto (quando la maggioranza degli accusati sono
civili) in tempi talmente brevi che non permettono di analizzare prove e
perizie con le quali dovrebbe provarsi la responsabilità giuridica
dell’imputato.
Il DL 25499 "Legge sui pentiti" è un mezzo per ottenere la diserzione di
partecipanti a movimenti insorgenti, promettendo libertà in cambio
informazioni. Essendo stato modificato il principio giuridico che in caso di
dubbio v’è assenza di colpa, la sola dichiarazione di un individuo è
sufficiente per incarcerare persone che non avranno possibilità di
dimostrare la propria innocenza.
Il potere giudiziario quando esiste un dubbio condanna alla privazione della
libertà senza ulteriori indagini.
Il DL 24150 e il DL 749 "Legge d’Emergenza" permettono alle forze armate di
realizzare azioni di controllo sulla popolazione, assumendo tutti i compiti
delle autorità civili e molti altri, intervenendo sulla vita sociale e
economica della popolazione.Tali misure sono contrarie agli articoli 7, 8,
9, 10, 11 e 139 della costituzione.

A ragion veduta delle sopra elencate situazioni, è sicuramente sensato
condannare il governo Fujimori per tutte le violazioni e ingiustizie perpetrate.

Facciamo esplicita richiesta al Presidente del Consiglio Prodi ed al
Ministro Dini perchè facciano quanto in loro potere:

- Perchè una commissione di osservatori internazionali visiti le carceri per
verificare le condizioni di detenzione; in particolare auspichiamo un
intervento della Commissione per i Diritti Umani del Parlamento Europeo,
promosso dall’Italia perchè si attuino condizioni carcerarie umane,
rispettose dei trattati internazionali e della vita.

- Per promuovere una iniziativa, preferibilmente a livello della Comunità
Europea, con le autorità peruviane affinchè accordi di cooperazione
economica con quel paese (l’Italia risulta essere il terzo  paese al mondo
per importazioni dal Peru’, dopo USA e Giappone dal libro dei Fatti della
CIA del 1996 ). siano vincolati a precise clausole democratiche e all’avvio
di un vero processo di pace in Peru’.

Inoltre esigiamo dal governo Peruviano:

- Che siano ripristinate le libertà e i diritti civili e di
autorganizzazione della popolazione peruviana.

- Cessino le sistematiche violazioni dei diritti umani (negazione del
diritto di visita, di adeguate cure mediche, di un'alimentazione
sufficiente, della possibilità di una qualsiasi attività, il diritto
all’informazione .... ) e le torture nei confronti dei prigionieri politici
a volte imputabili solo di opposizione politica al presente governo e spesso
condannati in seguito a processi ingiusti dei quali chiediamo una revisione.

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                        Ordine del giorno di condanna 
                   della situazione dei Diritti Umani in Peru’

All’attenzione dell’opinione pubblica, della Presidenza della Repubblica,
della Presidenza del Consiglio, del Ministro degli Esteri, del Parlamento
Europeo,

Premesso

  Un regime di carcerazione subumano vigente oggi in Peru’, così come
l'applicazione sistematica della tortura, delle condanne arbitrarie in
seguito a processi non conformi alle norme internazionali del diritto che
vedono gli imputati giudicati da giudici dal volto coperto e senza la
possibilità di un'adeguata e legittima difesa come sancito dalle più
elementari Convenzioni internazionali, peraltro già sottoscritte dal Peru’
(la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Dichiarazione Americana
dei Diritti dell’Uomo, il Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici
e la Convenzione contro la Tortura, oltre alla stessa Costituzione peruviana).

  lo stato di crescente miseria e povertà in cui versano 13 milioni di
abitanti sui 23 della popolazione peruviana, che vede negati i propri
elementari diritti alla salute, all'istruzione, al lavoro, (contravvenendo a
una serie di Trattati Internazionali tra cui il Patto Internazionale dei
Diritti Civili e Politici, numerosi accordi della Organizzazione
Internazionale del Lavoro, la Dichiarazione Mondiale dell’Educazione per
tutti ) in definitiva a una vita dignitosa che uno stato democratico
dovrebbe riconoscere e assicurare ai propri cittadini.

Considerate

  Le ripetute denunce degli organi d'informazione internazionali, delle
organizzazioni di difesa dei diritti umani e gli studi statistici di
organismi economici internazionali  [ il Parlamento Centro Americano, la
Organizzazione degli Stati Americani, il Coordinamento Nazionale dei Diritti
Umani (CNDDHH), il Comitato delle Libertà Sindacali della Organizzazione
Internazionale del Lavoro (OIT), la Commissione di esperti in Applicazione
di accordi e raccomandazioni della OIT, il Comitato dei Diritti Umani
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, la Commissione Interamericana dei
Diritti Umani (CIDH), la organizzazione peruviana APRODEH, ecc.... ]

Si delibera affinchè

Il Presidente del Consiglio Prodi e il Ministro Dini si mobilitino:

- Perchè una commissione di osservatori internazionali visiti le carceri per
verificare le condizioni di detenzione; in particolare auspichiamo un
intervento della Commissione per i Diritti Umani del Parlamento Europeo,
promosso dall’Italia perchè si attuino condizioni carcerarie umane,
rispettose dei trattati internazionali e della vita.

- Per promuovere una iniziativa, preferibilmente a livello della Comunità
Europea, con le autorità peruviane affinchè accordi di cooperazione
economica con quel paese (l’Italia risulta essere il terzo paese al mondo
per importazioni dal Peru’, dopo USA e Giappone dal libro dei Fatti della
CIA del 1996 ) siano vincolati a precise clausole democratiche e all’avvio
di un vero processo di pace in Peru’.

Inoltre esigiamo dal governo Peruviano:

- Che siano ripristinate le libertà e i diritti civili e di
autorganizzazione della popolazione peruviana.

- Cessino le sistematiche violazioni dei diritti umani (negazione del
diritto di visita, di adeguate cure mediche, di un'alimentazione
sufficiente, della possibilità di una qualsiasi attività, il diritto
all’informazione .... ) e le torture nei confronti dei prigionieri politici
a volte imputabili solo di opposizione politica al presente governo e spesso
condannati in seguito a processi ingiusti dei quali chiediamo una revisione.



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