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Brutt'aria per Fujimori

il manifesto - 23 Dicembre 1997

CESAR LÉVANO - LIMA

I L "GENERALE della vittoria" è il titolo che più di una volta il presidente Alberto Fujimori ha dato al generale Nicolàs de Bari Hermoza Rìos, capo del comando congiunto delle forze armate e comandante supremo dell'esercito. Venerdì scorso il generale - amico e ammiratore del suo collega cileno Pinochet - ha dimostrato che non intende convertirsi nel "generale della sconfitta" di fronte a Fujimori.

La tragedia è cominciata con una commedia. Da principio era una semplice disputa sui diritti d'autore dell'operazione "Chavìn de Huàntar" che portò il 22 aprile scorso alla liberazione degli ostaggi tenuti dall'Mrta nella residenza diplomatica del Giappone e all'annientamento del commando guerrigliero. Il generale Hermoza aveva presentato giorni prima un libro da lui scritto e in cui si vanta di essere l'uomo che ha pianificato e diretto quell'azione. Immediata la replica di Fujimori che, senza alludere minimamente al libro, ha affermato che l'operazione l'aveva diretta lui di persona.

Questo ha fatto sì che che venerdì i capi delle sei regioni militari del Perù arrivassero a Lima, col pretesto di festeggiare, sabato, il compleanno del comandante in capo, e rendessero pubblico il loro appoggio a Hermoza. In un discorso trasmesso da tutti i canali Tv hanno affermato che un insulto al comandante in capo è un insulto a tutta l'istituzione militare.

Era in tutta evidenza una dimostrazione di forza e la manifestazione esplicita di qualcosa che scorre sotto la superficie: nel Perù odierno sono i militari che comandano.


Le smanie del presidente

24 ore dopo il guanto della sfida, Fujimori ha "ordinato" a tutti gli alti gradi militari di ritornare alle loro basi, ciò che ieri sembravano aver fatto ma che non altera il rapporto di forze reale.

Fujimori è il presidente eletto dalla volontà popolare che ne ha fatte di tutti i colori nell'obiettivo di consolidare il suo potere militar-civile e prepararsi il terreno a una nuova rielezione. Eletto nel '90, il 5 aprile del '92 ha dissolto il Congresso e instaurato una dittatura con la complicità diretta del generale Hermoza. Più tardi, per via della pressione internazionale, ha dovuto convocare elezioni. Nel settembre di quell'anno fu preso Abimael Guzmàn, il leader di Sendero luminoso. Un colpo che gli diede grande prestigio e lo aiutò a farsi rieleggere per la seconda volta, nel '95, dopo che il "suo" Congresso gli aveva rifatto una costituzione a puntino. Fujimori si proclamò allora "il presidente della vittoria", attribuendosi tutti i meriti. La verità è che non fu merito né suo né del generale Hermoza ma della Direcciòn contra el terrorismo e del suo capo di allora, il generale di polizia Antonio Ketìn Vidal, oggi in disgrazia e rimosso dal servizio.

Stessa diatriba sul caso più recente dell'ambasciata nipponica. Se uno ricorda minimamente la storia, non può non riconoscere che i diritti d'autore dovrebbero essere riconosciuti ai "consiglieri" americani dato che fin dall'inizio gli Stati uniti si espressero per l'azione violenta e inviarono in loco specialisti in materia.

In ogni caso l'anniversario del sequestro della residenza nipponica da parte dell'Mrta, il 17 dicembre, è servito a Fujimori per presentarsi di nuovo in tv nel ruolo del brillante stratega dell'operazione di riscatto.


I militari s'arrabbiano

Questo sembra aver irritato assai i comandi militari e ha portato alla prima crepa visibile fra Fujimori e la sua principale base politica: l'esercito. Il presidente che ha lasciato sempre cadere le accuse di complicità con il narco-traffico lanciate contro le alte sfere militari, comopreso il generale Hermoza; colui che ha perdonato gli assassini in divisa degli studenti dell'Università nazionale d'educazione; colui che ha chiamato un ufficiale di marina a riorganizzare il Potere giudiziario; colui che ha passato la spugna su un infinità di crimini, torture e abusi commessi dalle forze dell'ordine, si ritrova ora faccia a faccia con il potere parallelo che lui stesso ha fatto di tutto per rafforzare. Come l'apprendista stregone di Goethe, l'acqua sta per arrivargli alla bocca.

Per il momento i capi militari sono tornati alle loro caserme e c'è chi dice di credere che la democrazia peruviana - una democrazia rachitica - ha superato la prova. Si vedrà. Non si dovrebbe scordare infatti che sono stati i militari, e non Fujimori, quelli che hanno gettato le basi di un programma fascista di potere destinato a durare vent'anni. I documenti di questa strategia sono stati pubblicati, in parte, anni fa dalle riviste Oiga e Sì. Prevedevano fra l'altro anche l'assassinio dell'allora presidente Alan Garcìa.

Lo sfondo di questo braccio di ferro, nel Perù odierno, è l'enorme scontento sociale, l'impoverimento brutale delle classi lavoratrici urbane e contadine e anche dei ceti medi. Intanto nella selva Sendero luminoso ha riorganizzato le sue forze e sta punzecchiando continuamente l'esercito provocandogli perdite che non sempre possono essere nascoste. La minaccia costituita dal gruppo maoista trova alimento nella crisi provocata, nella regione del fiume Huàllaga, dalla caduta dei prezzi della foglia di coca: quel che valeva 40-50 dollari nel '94 oggi vale 5 dollari. Visto che non ci sono colture alternative, questo significa fame, fame nera. Il senderismo, diretto ora da un leader che non ha mai accettato "l'accordo di pace" firmato da Guzmàn, sta rimettendo in piedi i suoi santuari nella selva, dove l'esercito non può e non osa entrare.



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