LA NOSTRA STORIA 
        
      PREMESSA 
        Prima di cominciare a “raccontare” la storia del CAT occorre fare una 
        precisazione, una premessa. Ciò che segue infatti è solo il punto di vista 
        dei compagni che stanno curando il progetto online e quindi darà una visione 
        soggettiva di quelli che sono stati gli eventi che hanno caratterizzato 
        la nascita, la crescita e la fine del percorso politico del collettivo 
        autonomo territoriale. Naturalmente non verrà stravolta la realtà dei 
        fatti, ma fare questa precisazione è un atto di rispetto dovuto 
        a quei compagni e quelle compagne che con noi hanno condiviso tensioni, 
        gioie, momenti di “scazzo”, sconfitte e vittorie nel conflitto quotidiano 
        che ci siamo trovati a vivere insieme.  
      Il Collettivo Autonomo Territoriale 
        nasce nel 1999 dall’esigenza di creare una struttura, staccata da partiti 
        ed istituzioni, che sapesse coordinare al suo interno l’esperienza di 
        tutti quei/lle compagni/e che nella scuola, nel quartiere o nel mondo 
        del precariato giovanile si muovevano strategicamente in un unica direzione. 
        In realtà già prima della fine del 1998 alcuni compagni sentivano l’esigenza 
        di costruire un percorso politico realmente autonomo e fuori da ogni ambiguità. 
        Nel 1997 a Civitavecchia esisteva già un collettivo (coll. tupac amaru) 
        e proprio in quell’ambito di discussione si creò una spaccatura tra chi 
        avrebbe voluto continuare una forma di dialogo/cooperazione con alcuni 
        partiti della sinistra istituzionale e chi invece identificava in tutti 
        i partiti e i politicanti un nemico, un ostacolo di fronte al quale bisognava 
        contrapporre idee nuove e sperimentare nuovi percorsi di lotta. 
        Come è facile immaginare dopo quei contrasti il collettivo si spaccò. 
        Una parte si affannò a tenere in piedi quel progetto, continuando (per 
        pochissimo tempo) a sguazzare tra fantomatici coordinamenti giovanili 
        (molto eterogenei) ed iniziative controculturali, il secondo gruppo di 
        compagni invece cominciò un’analisi collettiva che poi, dopo un paio di 
        anni, si evolverà spontaneamente e darà vita al collettivo autonomo territoriale. 
        Il 1998 è l’anno in cui molti studenti e studentesse cominciano a mobilitarsi 
        contro la riforma Berlinguer. Anche in quel caso, tra gli studenti, l’ala 
        autonoma cominciò a criticare l’intera riforma e scartò a priori ogni 
        ipotesi di dialogo con provveditori, presidi e sciacalli vari. Su quelle 
        posizioni però non si muoveva solo una cerchia ristretta di persone, ma 
        molti tra gli/le studenti/esse che cominciarono a costruire mobilitazioni 
        di lotta, culminate poi nel tentativo (represso energicamente dalle forze 
        dell’ordine) di occupare il liceo classico Guglielmotti. Fu la capacità 
        di confronto dal basso e quella di eliminare verticismi e leaderismi che 
        garantì grazie alla pratica della democrazia diretta la costruzione di 
        quelle mobilitazioni. Anche i compagni che si erano volutamente allontanati 
        da quel tipo di pratica ricominciarono a confrontarsi con noi determinando 
        così la riuscita di alcune iniziative di controinformazione. In quel periodo 
        furono stampati centinaia di copie di un opuscolo sulla questione Ocalan, 
        furono effettuati volantinaggi quasi ogni giorno, ma ormai in molti/e 
        sentivano, (pur volendo continuando il confronto con soggettività diverse) 
        l’esigenza di costruire nuovi percorsi di lotta capaci di partire dai 
        propri bisogni materiali e di organizzare la rabbia repressa dalle mille 
        contraddizioni che tengono in piedi questo sistema. E’ con l’accendersi 
        del conflitto nei balcani e con le manifestazioni, gli scontri di piazza, 
        le mobilitazioni quotidiane che ne conseguono, che l’idea di un collettivo 
        autonomo comincia a prendere forma. Il CAT nacque dunque in quel periodo 
        e con la volontà di coordinare collettivi studenteschi, giovani precari 
        e singole soggettività. Nel maggio del 1999 in più di cento riuscimmo 
        a riprenderci le strade della città smascherando, con uno spezzone antagonista, 
        l’opportunismo dei partiti del centro sinistra scesi anche loro in piazza 
        (in meno di 50) per strumentalizzare le mobilitazioni contro la guerra 
        in Jugoslavia. 
        La nostra però non fu mai una struttura determinata a diffondere le sue 
        “cellule politiche” per ingrandire le fila dei militanti. Il collettivo 
        non ha mai cercato di prendere meriti rispetto a nessuna mobilitazione 
        spontanea, e questo è naturale proprio perché non si muoveva come un partito 
        istituzionale. 
        Essere interni alle scuole significava organizzare dal basso l’alternativa 
        politica di tipo assembleare ai verticismi istituzionali che garantivano 
        solo a 4 persone (i rappresentanti) di parlare a nome di tutti/e. In alcune 
        scuole cittadine si effettuarono campagne astensioniste con buoni risultati 
        e nacquero collettivi studenteschi autorganizzati. Il CAT dunque era utilizzato 
        dai/lle compagni/e come momento di confronto reale tra le molteplici specificità 
        in cui vivevamo quotidianamente. L’intervento nella scuola, nei quartieri 
        e sul territorio era prima di tutto una necessità. In quei luoghi (molto 
        simili a galere) dove autoritarismo e repressione condizionavano la nostra 
        esistenza sentivamo forte l’esigenza di non rispettare le regole e di 
        invitare tutti/e a disobbedire con ogni mezzo necessario. 
        L’esperienza del Collettivo autonomo territoriale è stata quindi caratterizzata 
        da una forte capacità di confronto tra tutti/e i compagni/e sia dal punto 
        di vista politico sia da quello esistenziale. Il collettivo era dunque 
        retto da un’affinità e da un legame a livello “personale” che teneva uniti/e 
        quasi tutti i compagni/e. Fu proprio col nascere di contrasti e scazzi 
        personali (interni alla sfera esistenziale di ognun@) che si sentì da 
        più parti l’esigenza di esaurire quel percorso politico. Non era più possibile 
        continuare senza empatia un rapporto politico e personale che sarebbe 
        degenerato presto nella più becera ipocrisia. Naturalmente questo non 
        è ne il luogo, ne il momento per colpevolizzare qualcuno. Quello che avevamo 
        da dire ai/lle nostri/e compagni/e l’abbiamo già detto. Ognuno a modo 
        suo ci ha dato una risposta. Da qualche tempo alcuni di noi hanno cominciato 
        nuovi percorsi, sperimentando con altri/e analisi e pratiche innovative 
        che vogliamo contrapporre all’infamia di questo sistema. Ci troviamo dunque 
        ancora una volta dietro una barricata, schierati come sempre contro chi 
        ci vuole buoni, silenziosi e disciplinati. 
       Il nostro passato è parte 
        di noi , ha generato il presente che stiamo vivendo, sarà la radice del 
        futuro che vogliamo costruire. 
        
          
       
        
     |