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[ ANTI.WEF ACTION - DAVOS 2001 ]


 

Davos 26-27 gennaio 2001

Tratto da una e-mail della nostra mailing list

[ alcune foto sono ingrandibili ]

[ leggi il nostro comunicato di adesione ]

>>Questa vuole essere una cronaca, soggettiva e parziale, dei due giorni passati in Svizzera cercando di fermare quel maledetto WEF, giocando a nascondino con le guardie, passando frontiere e scontrandosi con gli sbirri.

A Lugano, venerdi' 26 quando siamo arrivati, la situazione era gia' abbastanza calda, sia per le telecamere che le guardie avevano piazzato il giorno prima davanti l'ingresso del csoa Molino, sia per le sempre piu' inquiete notizie che arrivavano dalla frontiera.
corteo antiWef a DavosAl Molino, al momento dell'assemblea pomeridiana, eravamo gia' un centinaio di persone entrate per lo piu' in Svizzera alla spicciola (treni di notte, in macchina dal giorno prima, autolinee private). L'ufficio di segreteria del csoa sforna notizie una dietro l'altra, soprattutto riguardo gli arrestati del giorno prima (16 compagni) e le frontiere chiuse. Si decide di andare a Lugano a sfilare per le vie del centro per controinformare i cittadini sia riguardo il WEF sia riguardo le decisioni del governo svizzero di militarizzare lo stato e impedire la circolazione attraverso le sue dogane.
Ma in realta' ancora non si capisce tanto la difficolta' di oltrepassare le linee di confine, soprattutto per quelli come noi che le hanno passate abbastanza facilmente i giorni prima.
Ma le notizie che giungono diventano via via piu' preoccupanti (bloccate numerose auto private, i pulmann da Roma e da Milano, bloccata e rispedita in Italia la gente sui treni).clicca per ingrandire
I pretesti per rispedire i compagni (ma non solo!) indietro sono di volta in volta piu' ridicoli e malcelano buffamente la militarizzazione e la chiusura totale dei confini da parte delle autorita' elvetiche. Per difendere un fottuto convegno illegittimo di ricchi, la Svizzera si e' chiusa a riccio preferendo pagare un alto prezzo in termini di democrazia e libera circolazione, piuttosto che consentire una manifestazione, oltre che garantire il diritto di muoversi da uno stato all'altro.
La sera la rabbia cresce, pensando a quanta gente non e' riuscita a raggiungerci (dopo veniamo a conoscenza che non solo c'e' chi e' stato respinto, ma che addirittura 9 compagni e compagne sono stati/e ARRESTATI/E!!!).

Il mattino arriva presto e alle 6:00 siamo gia' in piedi pronti a salire su quattro pulman che ci dovrebbero portare a Davos.
Si aspetta, lungo l'autostrada, e si incrociano le dita nella speranza di evitare posti di blocco. Ci si affida alla scaramanzia e al caso ben consapevoli di attraversare uno stato blindato. Infatti il primo blocco ci si para davanti a meno di meta' percorso. La tensione e' alla stelle e le guardie, con anche un unita' cinofila, passano alla rassegna del bagagliaio dei pulman alla ricerca di oggetti contudenti e cazzate varie. Nonostante tutto, riusciamo a passare, non trovando nessun motivo per bloccarci. Ma non bastando questo, ci accodano una volante che ci "scortera'" fino alla fine del viaggio.
Il resto del percorso e' un saliscendi sia per i monti sia tra la tensione e l'attesa monotona. I pulmann cercano di evitare i blocchi autostradali passando per strade cantonali. Ai nostri pulman se ne aggiungono altri tre che arrivano da altri cantoni.
Quando stiamo per arrivare (ovvero quando giungiamo a Landquart) ce ne accorgiamo. Un elicottero volteggia sulle nostre teste, il traffico e' paralizzato dallo spiegamento delle forze dell'ordine, i cellulari non ricevono piu'.

Scendiamo dai pulman e ci avviciniamo alla strada chiusa dalle guardie. Ci sono una trentina di celerini (la strada e' stretta ed e' su un ponticello), subito dietro un blindato con idrante e dietro ancora un semovibile dell'esercito. Saremo quasi un migliaio tra noi, i francesi e i tedeschi. Respiriamo un po' di quell'aria fredda e ci guardiamo tutti attorno consapevoli che non si passera'. Il governo cantonale sta mostrandosi veramente duro. Gia' una schiera di celerini la dice lunga sulla volonta' di farci passare, figuriamoci un mezzo semicorazzato!
Girano voci e le parole si fanno frenetiche fra ordini e contrordini tra chi urla "calmi!" e chi scandisce slogan in inglese.
Ci stiamo ancora compattando e stiamo ancora decidendo che cazzo fare quando partono le prime rafficche di pallottole di gomma e lacrimogeni.lacrimogeni a Landquart
Non hanno neanche aspettano una minima provoc-azione nostra, attaccano a freddo.
Rimaniamo un po' stupiti, noi italiani, dal tipo di lacrimogeni che sparano che da uno si dividono fino a 12 (qualcosa di simile!). Questo significa che ne basta uno per coprire una area vastissima, e loro ne sparano decine. Presto la spiana affianco all'autostrada si trasmorma in un campo di battaglia con noi che cerchiamo non dico di sfondare ma almeno di difenderci dai numerosi candellotti che arrivano. Pietre alla mano si tenta piu' volte di aprirsi un varco ma le guardie sono inamovibili e piu' che corrazzate. Poi loro passano lungo il fiume (dalla parte opposta a noi) e continuano a spararci da sempre piu' vicino.
Un gruppo di compagni si avvicina fino a una decina di metri dal cordone delle guardie ma un lancio di bombolette "pepper-spray" respinge pure quest'ultima sortita.
Non resta che allontanarsi ed andare ad occupare l'autostrada nord-sud.

Giunti sull'autostrada, occupiamo entrambe le carreggiate tra lo sguardo allibito di chi stava in macchina. Srotolati gli striscioni rimaniamo li', clicca per ingrandirefacendo passare le macchine col contagocce. Qualche autista bastardo prova a forzare e prosegue il viaggio senza parebrezza e con qualche ammaccattura in piu', ma per lo piu' la gente resta sbalordita ma composta a leggere i numerosi striscioni in tutte le lingue.

Il blocco dura varie ore finche' dalla stazione, in lontananza, vediamo alzarsi il fumo dei lacrimogeni e ci ritorna addosso il loro odore acre. Sono i compagni di Zurigo (sei carozze piene zeppe) che cercano anche loro di sfondare. Nulla di fatto e li ricostringono a ripartire, ma loro tirano il freno e scendeno verso di noi. Nonostante tutto e' un tripudio, si urla, si grida, slogan in tutte le lingue, pare un po' di conoscersi tutti da tanto tempo.

clicca per ingrandireVerso le 17:00 ritornano i nostri pulman e si decide di andare tutti a Zurigo (anche se alcuni tornano direttamente a Lugano). In realta' la decisione non viene presa cosi' facilmente, si fanno assemblee su ogni pulman. Si discute perche' si sa bene che la situazione a Zurigo potebbe essere troppo tesa e facilmente si potrebbe cadere in provocazioni degli sbirri. Inoltre c'e' la sensazione diffusa dell'assenza di una continuita' tra Davos e Zurigo: in poche parole, il nostro scopo e' impedire ai ricchi di fare come cazzo gli pare, e allora cosa c'entra andare in un altra citta'?
Ma del resto qualcuno deve pur pagare un prezzo politico per le frontiere chiuse, per Davos irraggiungibile, per i compagni arrestati.
Quindi si va.

Mentre andiamo una telefonata ci avverte che a Zurigo gia' sono iniziati gli scontri e la polizia sta gia' caricando.
La tensione sale alle stelle, siamo tutti nervosissimi e inkazzati. Appena arrivati scendiamo dai pulman e, coperti i volti, ci mettiamo dietro a un camion che spara techno contro il WEF. Siamo tantissimi, tutti avvellenati fino all'osso decisi a non mandare giu' nessuna provocazione. C'e' in tutti la consapevolezza di essere li', alla faccia dei divieti, degli arresti, delle non autorizzazioni, delle barriere abbassate alle dogane. C'e' la rabbia per tutti e tutte quelli/e che non sono con noi, che l'idiozia di un capitalismo, che fa passare merci ma non persone, ha tenuto lontano, respinto, arrrestato.

Arriviamo alla stazione (cioe' neanche 200 metri dalla partenza) e troviamo 4 sbirri stile Robocop con i fucili carichi di pallottole di gomma puntati verso noi che cominciano a sparare. Qualcuno risponde, vola qualche pietra. Ma tutto finisce presto perche' alla spalle delle guardie spuntano una marea di compagni... sono quelli scesi dal treno, appena ritornati da Landquart.
Si riprende ad andare verso il centro, con il carro e la techno davanti. Ma proprio di fronte a noi, nel bel mezzo della piazza, spuntano svariati celerini con un blindato (enorme) con gli idranti.idranti a zurigo La polizia, ancor una volta, senza attendere nulla e senza aspettare che sfiliamo per le strade, spara getti d'acqua potentissimi fino a 100 metri e fa partire decine di lacrimogeni (sempre di quel tipo a frammentazione). Nessuno ripiega, decine di compagni si buttano avanti sotto i getti d'acqua e assaltano le guardie, che continuano ad usare tutte le tecnologie possibili a disposizione. La battaglia infuria e arriva altra celere da un ponte alle spalle del carro. Si formano altri gruppi che tengono lontane, con una fitta sassaiola le guardie.
Ma i lacrimogeni cominciano ad essere eccessivi e l'aria comincia a farsi irrespirabile.
Si torna indietro alla stazione dove una trentina di sbirri dietro 4 auto sparano a ripetizione (senza una minima sosta!!!) centinaia di proiettili di gomma. Sembra di stare sul fronte in trincea costretti a passare lungo un fosso al fianco della strada per evitare di essere colpiti. Aggiriamo le guardie e finiamo presso il primo binario dove ci sono centinaia di sassi idonei a rispondere ai loro colpi. Qualcuno raccoglie le pietre, qualcuno le ammucchia, qualcuno le tira: ininterrottamente. Circa venti minuti di assalto costringono le guardie a farsi sempre piu' piccole dietro le loro auto ormai demolite. Qualcun'altro devasta un TAV, riducendo in polvere i finestrini.
Alla fine giungono i rinforzi della polizia e un'ondata inarrestabile di lacrimogeni ci sparpaglia. I conati di vomito salgono fino in gola, molti compagni sono feriti ed esausti.
Si arretra sempre di piu' sotto la pressione degli idranti finche' non si ha il tempo di ribaltare alcune luccicanti Mercedes per farne delle barricate e bruciarle.
mercedes in fiamme Le fiamme salgono fino in cielo e ci coprono dalle guardie. Questo ci consente di creare barricate una dietro l'altra per rallentare gli sbirri. Si usa tutto: macchine, immondizia, legna, frigoriferi(!), cassonetti. Quando la polizia si avvicina si lanciano pietre e si brucia tutto prima di arretrare. Questo consente di avere tempi piu' lunghi per prendersela con banche e McDonald's e tornare a ballare la techno AntiWef.

Poi piu' o meno la situazione si scioglie, ognuno torna alle proprie case, ai propri posti di partenza, stanchi, distrutti, ma soddisfatti. Poteva andare meglio, anzi avremmo voluto molto di piu', soprattutto lo avremmo voluto a Davos, a fermare i ricchi a fargliela pagare per il loro mondo brutto fatto di miserie e devastazioni. E soprattutto avremmo voluto il nostro diritto ad esistere, a muoverci, a manifestare, a costruire un mondo migliore.
Chi ce lo impedisce, paga sempre le conseguenze.

Un ringraziamento particolare al csoa Molino per le fatiche, la pazienza e la disponibilita' dimostrate in questi giorni.
Un abbraccio a tutti/e i/le compagni/e arrestati/e: liberta'!

(A)lcuni che c'erano

 


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