MW4K - make way for kids!






Il.nostro.progetto
chi siamo
collettivi
iniziative
comunicati

altre.Sezioni
kidz' sex page
kidz and drugs
dis/education
antifa kidz

 


[ LA BATTAGLIA DI GENOVA ]


 

Genova 19-20-21 luglio 2001

La cronaca...

[ torna alle immagini ]
[ 19 luglio ][ 20 luglio ][ gli scontri ][ 21 luglio ]

Raccontare i giorni che abbiamo passato a Genova è un’impresa difficilissima, una sfida che siamo quasi sicuri di perdere. Sarebbe infatti difficile raccontare quello che abbiamo visto, fatto, vissuto senza cadere in una sequenza infinita di frasi retoriche. Una cosa però la possiamo affermare: Genova ci ha unito ancora di piu’, regalandoci un maremoto di emozioni che come crew abbiamo saputo assorbire insieme. Sempre attivi, unit* ed in comunicazione, costantemente convinti di sabotare frammenti della nostra vita partecipando ad un delirio di massa in cui anche noi ci siamo ritagliati la nostra marginale parte di comparsa.
Parte della crew ha raggiunto Genova il 16 mattina. Via ai campeggi, monta la tenda, chiama gli altri Kids rimasti a casa e descrivigli una città militarizzata.
Qualche e-mail e un paio di telefonate non rendo l’idea di quello che era lo scenario genovese, ma questo non ci interessa…fa sempre bene raccontare e saper ascoltare.

19 luglio

Il 19 pomeriggio prima del corteo dei migranti raggiungiamo chi era salito il 16. Cominciamo a capire quello che fino a quel momento avevamo visto solo sui giornali o ascoltato dalle telefonate dai/lle compagn* arrivati a Genova prima di noi. Il quartiere Quarto (dove abbiamo campeggiato) non era particolarmente militarizzato, ma nei giorni precedenti alcune fastidiose perquisizioni avevano rotto la tranquillita’ apparente che regnava nella periferia a Sud di Genova. Ci prepariamo per trascorrere la notte. Montiamo le tende creando un piccolo accampamento proprio sotto alcuni alberi disposti a cerchio in fondo al parco che ospitava l’immenso campeggio. Si fa tardi, il corteo dei migranti sta per cominciare, ma noi rimaniamo ancora un po’ e ci facciamo descrivere come un manipolo di pazzi furiosi ha praticamente sequestrato un’intera citta’ per far svolgere, ad otto tiranni un’illegittimo vertice mondiale. Si forma un cerchio di persone attorno al nostro piccolo accampamento. Si parlano dialetti diversi, si ride, si gioca mentre ci si prepara per il corteo. Prendiamo il bus navetta. Proprio davanti al nostro campeggio c’è la fermata dei bus speciali che collegheranno per tutta le giornate del vertice il quartiere Quarto al centro della città. Si sale tutti insieme, compatti, sereni e anche un po' curiosi di vedere le barriere alte 4/5 metri che separano la zona rossa dal resto del mondo. Arriviamo a brignole e ci rendiamo conto che il corteo è già cominciato prima ancora di arrivare al concentramento. Migliaia di persone affluiscono da ogni strada per raggiungere la piazza dove si partirà per dar vita all’immenso corteo dei migranti. Musica, suoni, colori. Tutta la gioia di un movimento contro la squallida tristezza delle istituzioni. Il corteo scorre pacifico per le vie di Genova. Sembra quasi una gita turistica dove gli attivisti osservano attentamente le misure di repressione che dovranno affrontare i giorni successivi quando si proverà a sabotare i lavori del vertice. Ci fermiamo a bere qualcosa al Bar. Comodamente seduti tra i tavolini ci rinfreschiamo prima di ripartire e partecipare attivamente al corteo. Il barista ci dice che non può darci bottiglie, le guardie gli hanno vietato di vendere acqua, birra e qualsiasi altra cosa contenuta in recipienti che potrebbero essere usati come armi improprie. Scoppiamo a ridere e ci facciamo dare qualche bicchiere di birra e di thè freddo. Poi ripartiamo e osserviamo attentamente tutti i plotoni di marionette in divisa che presidiano alcune vie del centro. Notiamo che hanno le maschere antigas legate attorno al collo e che il loro equipaggiamento antisommossa è più inquietante del solito. Al corteo incontriamo mille persone. Ci fermiamo decine di volte a salutare amici ed amiche giunti da tutta Italia
…sapevamo di incontrarli, ma i baci e gli abbracci sono quelli delle grandi occasioni. Qualcuno di noi comincia a scattare foto con la digitale. Vengono immortalati alcuni spezzoni del corteo, ma anche l’inquietante cittadella che ospita quasi tutte le forze dell’ordine chiamate a Genova per salvaguardare il G8. E’ un corteo lunghissimo e faticoso . Piu’ volte siamo costretti a sederci per riprendere fiato. Ci perdiamo di vista spesso durante il percorso, ma alla fine, prima di tornare, il nostro gruppo riparte compatto per il campeggio.
La manifestazione è finita.
Eravamo tantissimi, molti di piu’ di quello che si aspettavano le forze dell’ordine. Si parla già di oltre 50.000 persone. Si ritorna al campeggio sotto una fitta pioggia che ci farà compagnia fino a tarda notte. Siamo stanchi, bagnati e consapevoli che il giorno che ci aspetta non sarà così tranquillo.

20 luglio

Venerdi ci svegliamo tutti molto presto. Alle 8:30 siamo gia’ in piedi e vaghiamo tra le tende incontrando quelli/e che ci hanno raggiunto da Roma e dalle altre citta’ durante la notte. Siamo stanchi ma ci accorgiamo di essere veramente tantissim*. Comincia l’assemblea di campeggio. Noi preferiamo farci quattro chiacchiere informali insieme, mentre solo uno di noi va ad ascoltare cosa c’è in programma per la giornata. Sono le 10:30, l’atmosfera cambia e tutto il campeggio e’ in fibrillazione. Ci si prepara ad invadera la zona rossa. L’intenzione infatti e’ quella di concentrarci in una piazza, aspettare le 14:00 (orario in cui i lavoratori in sciopero avrebbero raggiunto il presidio) e poi cercare di forzare i blocchi.
Tutto chiaro…ci si attrezza!
Caschi, maschere antigas, protezioni d’ogni genere. Il campeggio diventa un immenso formicaio dove tutti sanno cosa fare. Arriviamo nella piazza del concentramento dopo aver preso il solito bus speciale. Siamo attrezzati, determinati, decisi a distruggere le barriere che ci dividono dal potere. Sapevamo che il presidio si sarebbe mosso solo alle 14:00 e quindi molto tranquillamente ci troviamo un posto all’ombra per riposarci ed osservare la situazione. Pensavamo di rimanere lì a crogiolarci per due o tre ore ed invece la situazione cambia improvvisamente. Comincia a girare la voce che la polizia ci vuole chiudere nella piazza, in lontananza vediamo blindati con reti messe di traverso. 200 o 300 attivisti cominciano a disselciare i marciapiedi, e le strade di tutta la piazza. Si ricavano arnesi, sassi, bottiglie, bulloni e spranghe. Comprendiamo subito che il presidio si muoverà prima delle 14:00 e che la situazione non è affatto, a questo punto, tranquilla. Ad osservare la scena c'e' infatti un nutrito cordone di sbirri in tenuta antisommossa. Sarebbero stati dei folli a caricare 1000/2000 persone così determinate, ma il pericolo di un improvviso arrivo di rinforzi ci fa spostare dietro alcuni cassonetti ragionevolmente rovesciati in mezzo alla strada per arginare eventuali attacchi polizieschi. Dopo due minuti si arriva allo scontro. Non c’è neanche il tempo di pensare. Comincia tutto in un attimo.

Gli scontri

Decine di compagni e compagne alzano le barricate mentre altri assaltano banche e tutte le sedi delle multinazionali che il corteo improvvisato trova sul suo percorso. In mezzo alla strada ci finisce ogni cosa che riesce ad ostacolare l’avanzata degli sbirri. Attimi di guerriglia urbana si alternano a laboriose fasi di costruzione (barricate) e distruzione (vetrine). Gli sbirri provano ad attaccare il corteo che arretra verso il lungomare. I blindati e i plotoni della celere avanzano, ma ogni volta che guadagnano terreno una valanga di sassi, bulloni e molotov li seppellisce. C’è chi invita gli altri a non sfasciare vetrine e a cercare di ricompattare il corteo. C’è qualche polemica fra anime diverse, ma non si arriva mai allo scazzo. Il fumo nero prodotto dalle auto in fiamme oscura ormai molte vie della zona. Il corteo si è spaccato in tanti gruppetti e in ogni via c’è uno scontro. Lo spezzone più grande arriva a piazzale Kennedy, gli altri sono dispersi in tutta la zona e si scontrano con le guardie. Saltano ancora vetrine mentre sale il timore di un assalto delle forze dell’ordine contro le persone che si sono rifuggiate nel grande spiazzo concesso agli attivisti del GSF. Dopo qualche manciata di minuti un nutrito plotone di celerini si avvicina a piazzale kennedy e i manifestanti si chiudono nell’area riservata ai concerti barricando le entrate. Per qualche secondo non succede nulla, poi gli sbirri si avvicinano e cominciano a lanciare lacrimogeni sui 2000 manifestanti asserragliati dietro i cancelli dell’area concerti. I celerini non sono tanti, ma a 700 metri c’è la cittadella delle forze dell’ordine e il timore di un’irruzione in grande stile spinge tutt* a cercare una via d’uscita. Tutto lo spiazzo sembra una trappola: dietro c’è il mare pericolosamente agitato e infestato di barche e barchette pilotate da uomini in divisa, davanti ci sono le barricate e i celerini che non intendono lasciare nessun varco. I manifestanti si ricompattano, trovano una striscia di costa dove è possibile uscire senza avvicinarsi al plotone dei celerini, fermo davanti ai cancelli principali.
Intanto giungono notizie dagli altri gruppi sparsi per la città. Nel quartiere sopra il lungo mare, quello vicino al Media Center, sappiamo che ci sono circa 300/400 compagn* braccati dalle guardie che cercano un modo di ricompattarsi allo spezzone di p.zzale Kennedy. Ma la polizia, e la guardia di finanza gli tagliano continuamente la strada ingaggiando a ripetizione tafferugli e battaglie. Nello scontro/fuga non vengono comunque dimenticate banche e vetrine di multi. Piovono molotov sul portone di un commissariato, due guardie rispondono sparando dal 5° piano in mezzo alla folla, per un miracolo nessuno viene preso. Solo dopo un'ora e mezza a questi ritmi, i/le compagn* raggiungono il grosso del corteo correndo felicissimi anche se ancora inseguiti.
Da loro si viene a sapere che ancora un altro gruppo si e' staccato e sta attaccando a Marassi puntando al carcere. Ma le notizie sono frammentate e incerte, si sa solo che da quelle parti bruciano, come ovunque, decine di macchine, e per vederlo basta alzare gli occhi al cielo.
L’elicottero intanto sorvola la zona e da indicazioni dall’alto. Tutti gli spezzoni dispersi del corteo si ricompattano quindi insieme e cercano di raggiungere alla spicciolata zone più tranquille. La tensione è altissima e costeggiando il mare si vedono grappoli di imbarcazioni che controllano la situazione. Sono passate due ore e cominciano ad arrivare nuove notizie da tutti gli altri cortei. Cariche ovunque, scontri, feriti e vetrine in frantumi decorano ormai molte vie di Genova. Sul lungomare la situazione sembra piu’ tranquilla. Parte qualche sasso ad una caserma dei carabinieri ma in pratica non succede nulla per 30 minuti. Il corteo spontaneo ha ormai raggiunto la periferia di Genova. Implicitamente l’obbiettivo diventa arrivare al campeggio del network e fare il punto della situazione. Tutto tranquillo quindi, ma cominciano le provocazioni delle guardie. Due camionette tentano di spaccare il corteo lanciando lacrimogeni, pallottole di gomma e pepper spray. La risposta e' ovvia: i due blindati vengono assaltati e danneggiati, poi i carabinieri sparano in aria e si ritirano leccandosi le ferite. Quella provocazione scatena la rabbia del corteo che riprende a praticare l’azione diretta colpendo banche e supermercati. Di nuovo barricate, secchioni in mezzo alla strada e sassi sulle vetrine. In realtà per alcuni minuti non c’è l’ombra di una guardia, ma quando il corteo giunge in una stretta stradina in discesa arriva da lontano la carica di alcuni blindati lanciati a forte velocita’ contro i manifestanti. C’è confusione, qualcuno viene colpito alla schiena da lacrimogeni lanciati ad altezza d’uomo, altri rimangono isolati. Il corteo non ha nemmeno il tempo di difendersi e controcaricare. Si corre, si rovesciano cassonetti, si cerca di capire quanti sono stati isolati dalla carica. Qualcuno dopo aver respirato piu’ volte il fumo dei lacrimogeni (sicuramente potenziati) si sente male e viene sostenuto dai suoi compagni. Poi incredibilmente il corteo, dopo svariate ore di scontri, fughe ed indietreggiamenti, si unisce a tutti gli altri cortei che si erano mossi dai vari campeggi per invadere la zona rossa. Dalla fine della strada, in cima ad una collina, lo spettacolo è assolutamente surreale. Un nuvolone compatto di lacrimogeni avvolge la testa del corteo. Da 3/4 chilometri di distanza si vedono chiaramente le cariche selvagge che stanno colpendo il corteo dei disobbedienti partito dal Carlini. E’ chiaro che da quel momento i vari spezzoni partiti dai campeggi per raggiungere i rispettivi obbiettivi si sono casualmente trovati uniti. C’è qualche problema di convivenza ma il colpo d’occhio visto dall’alto e’ incredibile. Migliaia e migliaia di persone rimangono assolutamente compatte nonostante lacrimogeni, idranti, pallottole di gomma e cariche brutali.
Ormai e’ tardo pomeriggio e i fumi dei lacrimogeni si mischiano con quelli delle auto in fiamme. Il grosso dei manifestanti comincia a raggiungere in grandi gruppi i rispettivi campeggi. Non c’è ancora il tempo e la lucidita’ per capire cosa e’ successo a Genova durante tutta la giornata. La rabbia però deve ancora scoppiare in tutta la sua esasperante drammaticità.
Ai campeggi si diffonde la notizia che le guardie hanno sparato ed ucciso un compagno.
Nessuno vuole crederci c’è incredulita’ e sgomento.
Non si vuole dar peso ai Telegiornali che già danno la notizia. Quando Radio GAP e indymedia confermano cio’ che tutti temevano nessuno ha la forza di sfogarsi. Non si parla, si sussurra. Non si grida si piange, si sta in silenzio covando tutto il rancore e l’odio contro quegli assassini di merda che hanno portato via la vita ad uno di noi. Non si conosce ancora il nome del ragazzo ucciso quando nei campeggi cominciano le assemblee. Quando ti portano via un compagno, per sempre, c’è poco da dire. Tutti sono consapevoli che il giorno dopo ognuno esprimera’ a modo suo la risposta da dare agli infami che hanno ammazzato un ragazzo di 23 anni per difendere 8 porci assassini. Nonostante aver assassinato Carlo Giuliani, nonostante aver calpestato il suo cadavere con un blindato, le forze dell’ordine hanno ancora la capacita’ morale di sfrecciare davanti ai campeggi esultando per aver svolto il loro mestiere d’assassini. Alzano il braccio destro, inneggiano al duce e qualcuno gli regala qualche sassata sui vetri mettendoli in fuga.
Finisce così la giornata piu’ lunga che luglio 2001 ha prodotto per il movimento.

21 luglio

Alle 7.30 del mattino il sole non riesce ancora a riscaldare nessuno. Qualcuno trema, anche se il calendario dice che siamo arrivati al 21 luglio. Sara’ solo un’illusione perche gia’ dalle ore successive si comincera’ a far sentire un caldo torrido che soffochera’ tutt* durante l’intera giornata. Ai campeggi nessuno ha voglia di parlare.
Tutti osservano le foto che i giornali pubblicano in prima pagina raccontando la giornata di guerra che ha sconvolto Genova.
Naturalmente c’è il volto di Carlo sfregiato brutalmente da due pallottole sparate da un carabiniere a bordo di un blindato. Sono immagini crude, assolutamente efficaci nel trasmettere tutto il macabro operato delle forze dell’ordine. Uomini in divisa presidiano spavaldi ed indifferenti il cadavere di Carlo impedendo a chiunque di avvicinarsi. I cani da guardia, per un osso e qualche briciola di pane, obbediscono sempre al loro padrone. Loro sono lì, davanti a quel cadavere, felici di fare il loro dovere.
Il 21 luglio Genova e’ letteralmente invasa da almeno 300.000 manifestanti. La piazza dove dovrà partire il corteo rimarrà solo sulla carta il luogo del concentramento dei manifestanti. Il corteo infatti comincia diversi chilometri prima, quando alla spicciolata tutti i gruppi, i collettivi, le associazioni, i centri sociali, i sindacati di base e le singole individualita’ si muovono istintivamente formando un immenso fiume di folla. Fa caldissimo e lungo tutto il percorso si vedono i segni della giornata precedente: vetrine in frantumi ovunque, cassonetti bruciati, qualche sasso in mezzo alla strada. Qualcuno comincia a scrivere il nome di Carlo sui muri, si esprime graficamente tutto l’odio contro i suoi assassini. Per la strada nessuna divisa, niente plotoni pronti a caricare, nessun blindato. In cielo però 4 elicotteri sorvolano provocatoriamente il corteo, mentre una marea di gente gli urla slogan pieni di rancore e rabbia. Lungo la via che porta al mare i manifestanti giocano con gli abitanti della zona. Dalle finestre grandi sorrisi e frasi d’incitamento precedono una refrigerante secchiata d’acqua. Ogni volta che dai balconi signori e vecchiette rinfrescano generosamente il corteo rumorosi applausi di ringraziamento interrompono per qualche secondo la rabbia che il corteo cercava di esprimere. Per quasi due chilometri ogni palazzo cerca di rompere la cappa di calore che soffoca il lungo serpentone. Poi qualcosa cambia. Cominciano ad arrivare notizie di strani movimenti alla testa del corteo. Si stringono i cordoni, ma la situazione sembra assolutamente tranquilla. C’è chi si ferma per riposare e bere qualcosa, chi continua a camminare e a urlare slogan. Ai lati del corteo qualcuno tira sassi ad una caserma dei carabinieri. Qualche vetro in frantumi, due lacrimogeni tra la folla prontamente rimandati al mittente. La tensione comunque si mantiene bassa.Tutto tranquillo. Dopo qualche minuto, mentre il corteo continua ad avanzare lungo la costa, si intravedono a 4/5 chilometri di distanza i fumi grigi dei lacrimogeni. In testa al corteo ci sono gli scontri e naturalmente comincia a salire la tensione ovunque. Ora cominciano stranamente a ricomparire i plotoni di celere. Uno si muove improvvisamente e viene respinto senza troppi problemi. Arrivano i rinforzi e le guardie sul lato destro diventano veramente tante. Dall’altra parte della strada c’è il mare, davanti invece gli scontri si fanno violentissimi. Il corteo è immobile, fermo, silenzioso. Gli scontri sono molto distanti, ma l’intenzione e’ quella di non staccarsi dallo spezzone di testa. Nessuno deve rimanere isolato e il corteo rimane compatto. A questo punto però i tentativi di frantumare in più parti l’immenso fiume di gente diventa l’obbiettivo principale degli sbirri. Viene respinta la carica al lato del corteo, ma dall’alto, dagli elicotteri e dai tetti, diversi candelotti piovono sulla testa delle persone. C’è troppa gente ed è pericolossissimo scappare senza criterio. Si rischia di rimanere tutti schiacciati. Fortunatamente qualcuno fa cordone e riduce il panico. L’aria è irrespirabile, l’odere dei lacrimogeni acre e nauseabondo. La pelle brucia, gli occhi lacrimano e si gonfiano. Tutti capiscono che è meglio tornare indietro. Il corteo prosegue defluendo in massa verso quarto. Chi vuole continuare l’azione diretta non ha piu’ vetrine da sfasciare, chi cerca un riparo non lo trova, chi vuole andare avanti riceve lacrimogeni e viene caricato. I gruppetti che imboccano le viette laterali vengono inseguiti, caricati e chi rimane isolato viene pestato senza motivo.
Un sostanzioso gruppo di attivisti, piu' o meno 500, vengono spinti dopo una violentissima carica verso l'interno della città (Albaro). Le guardie non mollano e a ripetizione sparano lacrimogeni mai vesti e sentiti, molte persone si accasciano a vomitare. Vengono date in fiamme macchine di grossa cilindrata per rallentare l'inseguimento delle guardie fra le viuzze. Per oltre un'ora il gruppone viene inseguito e caricato, fino al suo definitivo smembramento a piazza Martinez dopo l'ennesima violentissima carica. Tutt* i/le fermati/e dopo ogni carica vengono selvaggiamente massacrat*. Alcuni della nostra crew sono rimasti incastrati dopo una carica in un cortile, asserragliati e circondati dalla polizia per un ora, mentre attorno le guardie sfiguravano a manganellate i compagni dispersi. Solo dopo aver scavalcato inferriate su inferriate sono riusciti a eludere l'assedio degli sbirri.
Intanto il grosso del corteo cammina rapido verso una meta inesistente. Gli elicotteri continuano a sprecare carburante cercando di provocare un corteo che non si lascia infastidire. Vengono ancora lanciati lacrimogeni dall’alto poi, arrivati in periferia, tutti cercano di ritornare ai rispettivi campeggi. Anche il 21 luglio gli sbirri hanno fatto il loro dovere. Ancora feriti, arresti e dispersi. Si scopre che poco prima del corteo, al campeggio del network per i diritti globali, le guardie hanno fatto un’irruzione portando via una ventina di compagni e compagne. Altri compagni sono feriti o sono stati arrestati. Si smontano le tende, si riempiono gli zaini di panni sporchi e bottiglie d’acqua.
Si torna a casa.
Non c’è tempo per le valutazioni politiche. Brignole è piena di gente quando alle 21:30 tutti e tutte si muovono per prendere i rispettivi treni speciali. Torniamo a casa.
Ricominciamo piu’ forti di prima consapevoli che il G8 e’ stato delegittimato e sfigurato. Mentre siamo sulla via del ritorno i padroni del mondo lodano il governo italiano che ha consentito lo svolgimento del vertice. Nonostante i proclami sereni e distesi, i global leaders sanno benissimo che il loro vertice è stato pagato ad un prezzo altissimo. Il prossimo lo faranno in Canada sulle montagne rocciose per evitare contestazioni e ogni dimostrazione di dissenso. Questa è la loro democrazia. Una democrazia condita con il carcere e la repressione, con il sangue e la morte. Ma mentre loro continueranno a assolversi da soli, giustificando tutti i crimini di cui sono responsabili in noi cresce, sempre piu’ forte, la consapevolezza che 5 miliardi di sfruttati non si fermano con due pallottole.
Noi non gli daremo mai tregua!

Mw4k Genova Riot Crew


Se sei interessato puoi leggere il comunicato con il quale abbiamo aderito alle mobilitazioni antiG8 di Genova.


torna su

torna alla pagina delle iniziative


q u e s t o è u n s i t o t o t a l m e n t e @ n t i © o p y r i g h t - c o p i a . i n c o l l a . d i f f o n d i e f o t t i i l b u $ i n e $ $

last update

dal 29 novembre 2002 - - visite