tra bios e biotech


Intervento di Cromosoma X, (gruppo fondatore della rivista Fikafutura) apparso all'interno dello speciale cyberfemminismo su Decoder n. 10, ancora disponibile richiedendolo alla Shake edizioni Milano (02/58317306)

  

"Con la fecondazione artificiale si compie l'evoluzione che permetterà all'umanità di dominare la funzione riproduttrice. Questi cambiamenti hanno per la donna in particolare un'immensa importanza; (...) si libera così dalla natura, conquista il dominio del proprio corpo. Sottratta in grandissima parte alla schiavitù della riproduzione, può assumere il compito economico che le viene offerto e che le garantirà la conquista completa della propria persona."

Simone de Beauvoir Il Secondo sesso.

 

"Certo, il problema sta nel fatto che i cyborg sono figli illegittimi del militarismo e del capitalismo patriarcale, per non parlare del socialismo di stato. Ma i figli illegittimi sono spesso estremamente infedeli alle loro origini: i padri, in fondo, non sono essenziali."

Donna Haraway Manifesto Cyborg

 

Da come è organizzato l'apparato tecnico-medico in materia di riproduzione appare chiaro che la sterilità viene considerata una malattia. Ma il fatto che questa pratica si sia sviluppata come "intervento terapeutico" È una condizione storica: "La pratica si è sviluppata come tentativo di superare i problemi posti dalla sterilità o dall'infertilità (di coppia), cioè da una malattia". (Maurizio Mori)

Alla base di questa concezione c'è per lo meno un "disordine concettuale", infatti per parlare di malattia bisogna che il portatore stia male e, sebbene la sterilità possa causare disagio psicologico, non comporta però nessun tipo di malessere fisico. Per quanto riguarda il disagio psicologico poi, se È vero che in chi desidera figli questo può assumere anche una connotazione seria, È anche vero che le gravidanze indesiderate possono costituire un disagio altrettanto grande. C'È poi un'altra osservazione che ci fa capire quanto il vedere le tecnologie riproduttive come terapie mediche sia per lo meno fazioso: la guarigione di una malattia deve avere come risultato la regressione completa del disagio, mentre nel nostro caso anche se l'intervento È molto sofisticato e porta al risultato sperato, un figlio, la sterilità rimane invariata. _ evidente peraltro che se la sterilità fosse veramente una malattia, questo renderebbe immediatamente legittimo ogni genere di tecnologia per curarla. Una posizione di questo tipo però scontenterebbe sia i fautori sia gli avversari di queste pratiche. I primi perch‚ verrebbero escluse a priori categorie estremamente interessate come le donne sole, anziane o lesbiche; i secondi perch‚ posta in questo modo, si troverebbero costretti a doverle ammettere loro malgrado. Di fatto "_ in atto un vasto processo di speculazione che si fonda sulla manipolazione del desiderio procreativo in particolare materno" ed È certo che "la generazione, sganciata della sessualità ha trovato un luogo privilegiato nell'istituzione medica" (Silvia Vegetti Finzi).

Una grossa fetta di cultura femminista vive queste pratiche con ostilità. La delega alla scienza che È sempre stata l'espressione di un potere maschile, la totale medicalizzazione delle tecnologie riproduttive che avvengono sulla pelle delle donne, l'artificializzazione di un processo che finora era stato appannaggio esclusivo della biologia femminile e che viene vissuta come espropriazione dell'unico potere che caratterizza l'essere donna, giustificano questo atteggiamento.

Ma questa analisi "(...) ha proceduto come se il dualismo organico e gerarchico che ha strutturato il discorso dell'Occidente da Aristotele in poi, dettasse ancora legge". Donna Haraway ci esorta a "sviluppare una teoria e una pratica" nelle quali "È cruciale che siano inclusi i sistemi dei miti e significati che strutturano la nostra immaginazione."(D. Haraway)

Vediamo quindi messa in discussione quella matrice materna, il materno come luogo, che rende il pensiero della differenza intrinsecamente avverso alle tecnologie di riproduzione.

"Il cyborg (...) in un certo qual modo diventa il simbolo dell'antimaterno". (Rosi Braidotti)

All'inizio degli anni Settanta una parte del movimento femminista guardava con favore alle innovazioni in materia di tecnologie riproduttive. Nel suo stupendo saggio intitolato La dialettica dei sessi, Shulamith Firestone fa risalire la storia dell'oppressione della donna al fatto biologico: la procreazione. "(...) le donne per tutta la loro storia precedente l'avvento del controllo delle nascite erano continuamente alla merc‚ della loro biologia (...) il che le rendeva dipendenti dai maschi per la loro sopravvivenza fisica".

Anche allora le resistenze alla riproduzione artificiale erano molto forti. Scrive Firestone: "il guaio era che li consideravano [i nuovi metodi di riproduzione, N.d.R.] solo come rafforzamento e perpetuazione degli attuali valori della vita familiare e della riproduzione; (...). Ogni questione che potesse essere interpretata come un'implicita 'rivoluzione sessuale' veniva immediatamente rifiutata come innaturale. Ma notate che non era il 'bambino in provetta' che veniva considerato innaturale in s‚ (...), ma il nuovo sistema di valori, basato sull'eliminazione della supremazia maschile e della famiglia". Del fatto che anche e specialmente il movimento di liberazione femminile aveva paura di esprimere un qualche interesse per l'argomento, lei È ben conscia e risponde così: "Voglio dirlo francamente. La gravidanza è barbarica".

Più avanti in un capitolo intitolato: La rivoluzione definitiva delinea fra gli "imperativi strutturali" le condizioni sine qua non per un sistema alternativo, la prima delle quali È: "la ribellione delle donne dalla tirannia della loro biologia riproduttiva con tutti i mezzi a disposizione, e l'estensione di procreare e allevare bambini alla società nel suo complesso, sia uomini che donne". Sul problema dell'allevamento della progenie in particolare, le appare subito chiaro che questa non sia una soluzione radicale che potrebbe invece essere rappresentata dalle tecnologie riproduttive tanto che "liberare le donne dalla loro biologia vuol dire minacciare l'unità sociale che È organizzata intorno alla riproduzione biologica e alla soggezione delle donne al loro destino biologico, la famiglia."

Tutto questo nel 1970, poi durante gli anni Ottanta il movimento femminista, anche grazie a teorie che esaltavano il ruolo della maternità, prende tutt'altra piega tanto che dal convegno del FINRRAGE (Feminist International Network of Resistence to Reproductive and Genetic Engineering) del 1985, esce una risoluzione che recita così:

Il corpo femminile, con la sua capacità unica di creare vita umana, sta per essere espropriato e sezionato come mero materiale per la produzione tecnologica di essere umani. Per noi donne, per la natura, e per i popoli sfruttati del mondo questo sviluppo È una dichiarazione di guerra. L'ingegneria riproduttiva genetica È un altro tentativo di porre fine all'autodeterminazione dei nostri corpi. Noi resisteremo allo sviluppo e all'applicazione dell'ingegneria riproduttiva e genetica. Sappiamo che la tecnologia non può risolvere nessuno di quei problemi creati da condizioni di sfruttamento. Non è necessario trasformare la nostra biologia, ma è necessario trasformare le nostre condizioni patriarcali, sociali, politiche ed economiche. Noi vogliamo mantenere l'integrità e la corporeità della procreatività delle donne. L'esternalizzazione del concepimento e della gestazione facilita la manipolazione e il controllo eugenetico. La suddivisione del corpo femminile in parti distinte, la sua frammentazione e separazione al fine di una successiva ricombinazione scientifica sono operazioni che smembrano la continuità e l'identità.

Non si può sottovalutare dove portano posizioni di eccessivo attaccamento alla "capacità unica" del corpo femminile di "creare vita umana" giacchè‚ è all'interno di una logica che vede la maternità come dato biologico e non come "insieme di pratiche sociali storicamente stabilite" (V. Hartouni), che il ruolo delle donne È procreare.

Per la prima volta nella loro storia le donne sono vicine alla possibilità di slegarsi da un ruolo che se da una parte le ha vincolate al genere e alla riproduzione, dall'altra ha strutturato la loro stessa identità, in modo univoco, nella maternità biologica.

Quello che fanno le biotecnologie in generale e le tecnologie di riproduzione nel particolare, È mettere definitivamente in discussione l'organizzazione dettata dalla natura. Prima ancora della famiglia nucleare, è la famiglia biologica (dove i ruoli sono già rigidamente stabiliti) a essere frantumata.

Ma perch‚ un'apertura di questo tipo dovrebbe gettare nel panico le donne e l'intero movimento femminista? La perdita dell'unica identità socialmente riconosciuta da sempre scatena terrori più o meno razionali, È la definitiva messa in discussione del s‚ in senso moderno che gioca un ruolo fondamentale, la vertigine di affrontare un mondo dove le identità sono miriadi, indefinite e indefinibili, non riconducibili a un progetto e tutte possibili, genera una crisi epocale che viene ridotta al semplice rifiuto tout court.

"Sia Shulamit Firestone che Marge Piercy percepiscono la capacità riproduttiva delle donne come un problema, un impedimento alla parità di genere. Nelle loro speculazioni sulle società future, esse sono più inclini a cancellare la specificità del ruolo riproduttivo femminile che a cambiarne la percezione e la validazione" (Jose van Dijk), e ancora "considerando lo stato del nostro technomondo, ci avverte Haraway, il futuro della politica femminista dipenderà in gran parte da come le donne negozieranno la transizione verso la maternità ad alta tecnologia". (Rosi Braidotti)

_ necessario tenere in alta considerazione le possibilità di liberazione implicite nelle tecnologie riproduttive, perch‚ queste sciolgono il binomio finora indissolubile donna/madre. Nel nostro mondo ad alta tecnologia l'attaccarsi alle appartenenze e alle identità fisse È troppo rischioso.

Bisogna essere in grado, al contrario, di svincolarsi da tutte le appartenenze soprattutto quella di sesso/genere, essendo questa la condizione necessaria per poter porre le basi di una società postùgenere. Risulta chiaro allora che la messa in discussione dell'identità femminile deve implicare una crisi del s‚ maschile, un s‚ che si È storicamente strutturato attravero la relazione/dominazione con l'alterità femminile. Del resto una volta portata a termine la mappatura del patrimonio genetico, il progetto genoma, nessun individuo potrà più considerarsi tale nel senso odierno del termine, di un'identità unica e irripetibile. Una tale contingenza resa possibile dalla scienza/tecnica rimette in discussione, insieme al concetto di identità, tutta l'epistemologia moderna e apre la strada a una società dove non solo il genere non ha più senso, ma anche un'identità che non sia frammentaria e in continua evoluzione.

"Il progetto genoma di definire 'il' genoma umano leggendolo e scrivendolo È una specie di tecnologia dell'umanesimo postmoderno. (...) Il progetto genoma umano potrebbe definire come esseri le specie postmoderne (con buona pace dei filosofi), ma cosa ne sarebbe degli individui?" (D. Haraway)

Considerazioni di questo tipo rendono chiaro che non È più rimandabile da parte delle donne un confronto serio e articolato ma soprattutto nuovo con le tecnologie, pena l'esclusione dalla storia.

 

ANALISI DEI MEDIA: perch‚ il figlio di due donne dovrebbe avere più problemi

del figlio di un cadavere?

 

Nel 1986 il "S.Francisco Chronicle" titola: Mamma con elettroencefalogramma piatto dà alla luce il suo bambino.

Il titolo si riferisce al caso di Marie Odette Henderson che, morta di un tumore al cervello, venne tenuta in vita, per ordine della corte, per 53 giorni cioÈ fino al momento in cui il sistema respiratorio del feto di cui era portatrice, fu sufficientemente maturo da permettere l'espianto dal cadavere con un taglio cesareo e una vita indipendente. La questione venne presentata dalla stampa come un ultimo gesto d'amore da parte di una madre nei confronti del figlio.

Qui l'intervento tecnologico viene totalmente occultato per dar luogo alla creazione di una figura simbolica, la madre, che non ha niente a che vedere con la realtà oggettiva di un cadavere tenuto in vita artificialmente per 53 giorni, incapace di un gesto d'amore così come di ogni altra decisione consapevole. La coerenza del titolo "si basa principalmente su un particolare modo di intendere la maternità, un modo di intenderla in cui la maternità È uno stato dell'essere identificato con la gravidanza e in questo modo ridotta a una funzione fisiologica (...) qualcosa che semplicemente accade, qualcosa che comincia col concepimento, una capacità biologicamente radicata che non dipende dalla consapevolezza di una donna per trovare sviluppo, ma che si sviluppa come [al posto della, N.d.R.] consapevolezza di una donna". (Valerie Hartouni)

Prendiamo ora in esame un altro titolo: Italia, la culla delle mamme dai capelli bianchi ù "Il Soleù24 ore", 17/1/1994. In questo caso il senso dell'articolo può essere riassunto in poche righe "Ci saranno mamme dai capelli bianchi, forse dopo dieci anni incapaci di entrare in sintonia con le loro creature, di seguirne gli slanci e i problemi. E poi c'È la sensazione di sfidare le leggi della naturaà"

Assistiamo, nel caso del "Sole", all'esatto contrario di quello che accade nel "S.Francisco Chronicle": qui la tecnologia al servizio della riproduzione È messa in grande evidenza, e rappresentata come un qualcosa che permette aberrazioni contro natura. Le tecnologie per funzioni riproduttive, nei media, sembrano non sfuggire al destino di sparire o di creare mostri. Ma se andiamo a osservare quando scompare scopriremo che si tratta di tutte quelle situazioni in cui la donna in qualche modo abiura se stessa in favore del feto, mentre i casi in cui la tecnologia genera mostri sono quelli in cui le donne cercano di riprodursi al di fuori degli schemi sociali accettati (giovani, eterosessuali e con un partner di sesso opposto).

Marie Odette Henderson, "come Aristotele avrebbe potuto solo sognare, È solo processo biologico, materiale riproduttivo grezzo alimentato da una manipolazione chimica e meccanica estensiva". (Valerie Hartouni)

Il caso di Henderson È diverso nei fatti contingenti ma identico nella sostanza a quello nostrano di Carla Levati (la donna che rifiutò la chemioterapia per non compromettere il feto) che arrivò al parto clinicamente morta.

Se da una parte la tecnologia È buona, permette di salvare un feto molto spesso alle spese della madre, dall'altra diventa orrore quando mette in crisi i capisaldi della famiglia patriarcale, creando figure che la frantumano.

Figli di zie, o di due donne dove non È chiaro chi sia il padre e chi la madre, padri/madri biologici che non coincidono con quelli legali, madri/nonne, prestiti di uteri o figli nati da genitori biologici già morti fanno terrore perch‚ sono legati a una radicale messa in discussione dei capisaldi della morale giudaicoùcristiana, che vede la donna come mero ricettacolo riproduttivo. Non bisogna dimenticare che fino al 1820 la donna veniva considerata non attiva nella procreazione, cioÈ solo terra da fecondare.

Siamo spaventosamente vicini al tempo in cui le identità vanno ridefinite.

Tutte le ansie circa il futuro di persone nate da un sistema procreativo non sessuato, sono ansie verso quella che sarà una società dove verranno messi i crisi i parametri per la costituzione dell'identità degli individui.

 

DA EMBRIONE A PERSONA

Lo scandalo È: embrione meno che uomo? (Luigi L. Vallauri)

oppure donna meno che embrione.

 

Il feto È divenuto più visibile al mondo grazie all'uso sempre più estensivo di metodi che permettono di scrutare all'interno dell'utero e grazie alla moderna capacità tecnico/medica di far vivere embrioni fortemente immaturi.Questa maggiore visibilità del feto ci fa intuire come video tipo L'urlo silenzioso di Bernard Nathanson del 1984 possano essere presi sul serio. Attraverso immagini che vengono utilizzate dai media all'interno del dibattito che si È aperto sul diritto alla vita dei non nati (per rimettere in discussione il diritto di aborto delle donne), assistiamo alla creazione di una nuova figura dell'immaginario collettivo: il feto come persona. Nel video si scorge un'immagine in ombra, in bianco e nero che viene interpretata e commentata dallo stesso Nathanson. Lui sostiene che quell'immagine È un feto che sta per essere abortito. Sempre lui spiega che l'immagine/feto si agita quando "sente il pericolo", si ritrae all'aspiratore, viene smembrato e infine getta la testa indietro in un "urlo silenzioso".

Inutile precisare che L'urlo silenzioso non ha alcun fondamento scientifico. Ma il video rende chiaro che la questione dello statuto dell'embrione È estremamente importante per l'affermazione del pensiero antiabortista più radicale, per esempio quello che in Usa vede schierati gruppi armati a picchetto delle cliniche, dove si praticano legali interruzioni di gravidanza.

John Willke, presidente del Comitato nazionale per il diritto alla vita, sostiene che l'aborto legale aggredisce non solo il feto, ma anche la supremazia maschile nella famiglia: il crimine da punire non È tanto l'assassinio, quanto l'indipendenza sessuale della donna.

La questione sullo statuto dell'embrione sembra nascere solo ora con il problema degli embrioni soprannumerari, ma in realtà È una diatriba aperta da parecchi anni.

Gli embrioni in soprannumero sono quelli che non vengono impiantati in utero al primo tentativo di fecondazione artificiale e vengono congelati in attesa di essere utilizzati in un secondo momento. Questa pratica solleva critiche di carattere eticoùmorale sul destino di questi embrioni anche se il problema potrebbe essere risolto alla radice non creando embrioni che non vengono immediatamente utilizzati, come del resto già succede in alcuni centri specializzati anche in considerazione del fatto che il 50% degli embrioni congelati non sopravvivono una volta scongelati e che comunque assicurano la gravidanza con percentuali ancora minori rispetto a quelli freschi.

Nell'aprile 1981 un sottocomitato giudiziario del senato degli Usa capeggiato dai senatori conservatori Hatch ed East, comincia a sostenere la necessità di determinare lo statuto del feto. Lo scopo era di presentare al Congresso lo Human Life Statute (S.158) cioÈ una carta che situava l'inizio della vita fin dal momento del concepimento.

Tutto questo nonostante la sentenza della corte suprema del 1973 che reintroduceva l'aborto legale.

In Italia il dibattito È abbastanza ampio, nel marzo 1990 veniva presentata la Dichiarazione sull'embrione sottoscritta da scienziati e medici di chiara fama. Nella Dichiarazione viene presa una posizione netta che nega la tesi secondo cui sarebbe "scientificamente provato" che la fecondazione costituisce il momento decisivo per l'inizio della vita personale.

Un altro comitato che si occupa dei problemi legati alla fecondazione artificiale durante il congresso di Helsinky nel 1984 vara un documento l'Helsinky Statement on Human in Vitro Fertilizazion nel quale vengono fissati alcuni punti in materia.

La questione dell'inizio della vita personale viene così trattata: "la vita È un processo continuo, i diritti umani cambiano col passare del tempo" e "non esiste un particolare momento dello sviluppo che si possa indicare come l'inizio della vita umana." Viene però fissato il limite per lo sviluppo in vitro a 25 giorni come massimo, cioÈ quando inizia lo sviluppo del sistema nervoso, inoltre si invitano i vari paesi a normare in materia di maternità/paternità di bambini nati da donazione.

Dato che dal punto di vista scientifico "non esiste un particolare momento" per fissare l'inizio della vita umana, il dibattito deve necessariamente essere affrontato con un approccio filosofico e non biologistico.

Nel suo libro Maurizio Mori fissa le condizioni minime perch‚ un essere possa essere considerato persona in individualità e razionalità.

Dato che fino al quattordicesimo giorno circa dal concepimento il processo vitale È ancora totipotente (se diviso non muore, ma dà origine a più individui completi, oppure può fondersi con altri zigoti), e la natura del processo È stocastica (non si sa se nascerà un solo individuo o più di uno), Mori conclude che "ci sono diversi fatti (...) che portano a dire che nelle prime due settimane il processo vitale non È ancora individuo". Infatti "si È proposto il termine preùembrione (...) per indicare che in questa fase manca l'individualità".

Per quanto riguarda la razionalità egli conclude che, essendovi come condizione minima la presenza di una corteccia cerebrale sufficientemente sviluppata e sapendo che la corteccia si sviluppa solo dopo parecchi giorni dal concepimento, "il preùembrione certamente non È persona perch‚ non soddisfa nessuna delle due condizioni richieste dalla definizione, e l'embrione non lo È perch‚ non soddisfa la seconda".

Nonostante dal punto di vista scientifico non si possa parlare di persona riferendosi all'embrione, la chiesa continua a riferirsi alla scienza come prova inconfutabile del contrario. Nelle parole del cardinale Giuseppe Angelini "l'indole umana, anzi di persona umana, dell'embrione non È una tesi confessionale, ma È scientificamente dimostrabile."

 

LE LEGGI

 

Nel tentativo di offrire linee guida in grado di ordinare una materia tanto controversa che vede opinioni così lontane tra loro, come quelle di scienza, chiesa, gruppi portatori di istanze eticoùsociali, all'inizio dell'anno l'assemblea del Consiglio d'Europa vara la prima Magna Charta che stabilisce le direttive entro le quali i paesi membri si vedranno invitati a legiferare. Possiamo riassumere la Charta in:

ù modesta apertura nei confronti della ricerca scientifica su embrioni soprannumerari fino al quattordicesimo giorno dal concepimento;

ù protezione per l'identità e l'integrità di ogni persona umana (art.1);

ù l'interesse e il bene dell'essere umano devono prevalere sul solo interesse della società e della scienza (art.2);

ù il corpo umano e le sue parti non devono essere, in quanto tali, sorgente di profitto (art.11);

ù in campo sanitario ciascuno ha diritto alla sua vita privata (art.12);

ù impedimento di modificare le linee germinali e possibilità di modifica del genoma umano solo a scopo diagnostico o terapeutico (art.16);

Nella Charta non si accenna affatto all'inizio della vita, mentre per quanto riguarda la possibile legge in Italia, la proposta Fuscagni del Partito popolare italiano, afferma "che ogni essere umano È persona dal concepimento fino alla morte" e che il nascituro ha diritto di nascere e crescere all'interno di una coppia formata da una madre e un padre (auspicabilmente di sesso opposto).

_ ovvio che tutto ciò attacca duramente la legge 194 sul diritto di aborto.

La proposta del PPI non È l'unica: vi sono altri disegni di legge che rispecchiano la diversità dei filoni culturali rappresentati in parlamento. All'interno del fronte progressista, spicca la proposta di Giovanna Melandri (responsabile per la bioetica del gruppo progressista della camera) che restringe l'accesso alle tecniche solo a chi ha bisogno di curare la sterilità: no quindi ai single, gay o a donne in menopausa.

L'unica proposta libertaria È quella depositata al senato da Ersilia Salvato (Rifondazione comunista): spetta solo alla donna, purch‚ maggiorenne, la decisione di accedere alle biotecnologie poich‚ l'autodeterminazione viene prima dei diritti del nascituro.

Nel giugno 1994, il Comitato nazionale di bioetica rende pubblico un documento dove si pongono delle possibili basi per una futura regolamentazione. Il Comitato raggiunge l'accordo all'unanimità sul divieto di fare pregiudizi razziali, di commercializzare gli embrioni e sul garantire l'autodeterminazione della donna. Raggiunge invece l'accordo solo per votazione il no alla fecondazione artificiale di donne anziane, single, omosessuali e alla fecondazione postùmortem.

Per quanto riguarda l'Europa, in generale È possibile la donazione di gameti (spermatozoi e ovociti) ed È vietato l'utero in affitto; in Gran Bretagna È possibile donarlo gratuitamente.

In Spagna e Gran Bretagna È consentita la congelazione e la sperimentazione sugli embrioni.

La questione giuridica si fa ancora più complessa quando si tratta di andare a stabilire i diritti legali sia degli embrioni sia dei bambini nati da donazione.

Si va dal caso più banale dove troviamo un papà che vuole disconoscere il figlio con la scusa che geneticamente non gli appartiene, a casi più sofisticati e carichi di humor involontario come quello di Elsa e Mario Rios, facoltosi coniugi australiani che morirono in un incidente aereo lasciando un figlio del solo Mario Rios e una serie di embrioni surgelati ottenuti dagli ovuli di Elsa e spermatozoi di un donatore. Dalla reazione di Rios junior nacque una vivace controversia legale su quali erano le proprietà degli embrioni, quale il loro stato e la natura della relazione l'uno con l'altro e con i loro sponsor genetici e quali le loro pretese circa le proprietà del coniugi Rios.

Tutto questo rende chiaro perch‚, ancor più dell'aborto, le tecnologie di riproduzione necessitano di una legislazione che le domini, per non risvegliare potentissimi fantasmi legati all'autodistruzione della società. Questo fenomeno È estremamente evidente quando, appellandosi alla deontologia, la corporazione medica tenta di darsi delle regole per affrontarlo.

All'inizio di aprile il consiglio nazionale della federazione dei medici promulga una delibera in cui vengono stabilite regole precise alle quali tutti i medici devono attenersi scrupolosamente, pena la radiazione dall'albo. Inutile precisare che la federazione dei medici non solo si prende l'arbitrio di decidere a chi vada concessa la fecondazione assistita e a chi no, strano a dirsi possono ricorrervi solo coppie eterosessuali, consolidate, e entro certi limiti di età, ma, attraverso la radiazione dall'albo, addirittura si sostituisce all'organo deputato alla legiferazione.

A noi sembra che tale posizione sia oltremodo scorretta perch‚ È a chi vieta che spetta l'onere della prova e non ci pare che vi sia stata da parte della federazione la bench‚ minima intenzione di fornire alcuna prova del perch‚ sia vietato per esempio a due donne avere un figlio.

Non È un caso che Stefano Rodotà intitoli un editoriale su "il manifesto" così: Il diritto non abita più qui.

 

UN FANTASMA SI AGGIRA SUL PIANETA

 

Una possibile risposta viene dal tanto demonizzato kit faiùdaùte che proposto e messo in circolazione dall'Arciùgay/Arciùlesbica ripropone quello che in altri paesi È già una realtà.

Il kit, che consiste in una siringa, un vasetto e un libretto di istruzioni per l'inseminazione artificiale autogestita È stato recentemente utilizzato da una coppia di lesbiche inglesi divenuta famosa per aver dato alla luce una bella bambina che si chiama Elle Esse Dee.

Elle Esse Dee È il risultato di una forma di autodeterminazione che viene vista e vissuta in quanto nemico da sconfiggere, come dimostra l'idiosincrasia mediatica nei confronti del kit faiùdaùte.

(...) per assicurare l'eliminazione delle classi sessuali È necessaria la rivolta della classe oppressa (le donne) e l'approvazione del controllo della riproduzione (...). (Firestone)

La riproduzione artificiale infatti, consegnata nelle mani di chi potenzialmente può trasformarla nell'inizio della demolizione dei capisaldi della morale giudaicoùcristiana (la sacra famiglia: marito, moglie, due figli e cane), diventa immediatamente fonte di terrore.

"La soluzione È produrre bambini in provetta. Quanto al problema se continuare a riprodurre maschi, non È detto che il maschio debba continuare a esistere solo perch‚, come le malattie, È sempre esistito. Quando sarà possibile il controllo genetico ù e lo sarà presto ù va da s‚ che dovremo produrre solo esseri completi, integri e senza difetti fisici o carenze, comprese le carenze emotive come la mascolinità". (Valerie Solanas)

Del resto nella possibilità di appropriarsi interamente del processo riproduttivo, sottraendolo alla natura una volta per sempre, È implicita la possibilità di AUTODETERMINAZIONE SUPREMA: scegliere di generare solo femmine e questo pare essere il vero problema, sogno per alcuni e incubo per altri.

In realtà tutto ciò appare essere più un timore inconscio della cultura maschile che non una possibilità reale, anche se potenziale, infatti siamo convinte che la comunità femminista più che l'eliminazione del maschio (pur essendo una prospettiva allettante) abbia di mira un altro fine che lasciamo alle parole di Shulamith Firestone:

(..) l'obiettivo finale della rivoluzione femminista deve essere (...) non solo l'eliminazione del privilegio maschile, ma della stessa distinzione dei sessi: le differenze genitali tra gli esseri umani non avranno più nessuna importanza culturale".

 

 

 

 

Nei cyborg non c'È la pulsione a produrre una teoria totale, ma c'È un'intima esperienza dei confini, della loro costruzione e decostruzione. C'È un sistema di miti in attesa di diventare un linguaggio politico su cui basare un modo di guardare la scienza e la tecnologia e di sfidare l'informatica del dominio per un'azione potente. E' l'immagine di una femminista invasata che riesce a incutere paura nei circuiti dei supersalvatori della nuova destra.

Donna Haraway

 

REDAZIONE DI FIKAFUTURA

C/O SHAKE EDIZIONI

v.le Bligny 42

20136 MILANO

tel e fax 02/58217306

feùmail fikafutura@iol.it

FIKAFUTURA È anche una mailig list only women

info per l'iscrizione:

maya@cybercore


bios/biotech homepage



- -