Chiapas, i profughi lasciano i loro villaggi per timore di nuovi massacri degli "squadroni della morte"


L'esodo dopo la strage, 5000 indios in fuga L'esodo dopo la strage. Sono ormai oltre 5 mila gli indios di almeno 14 comunità filozapatiste del Chiapas, che nelle ultimi giorni hanno lasciato i loro villaggi e le loro case.
Scappano, uomini donne e bambini, carichi di tutto ciò che sono riusciti a portar via. Cercano rifugio sulle montagne del nord della regione. Fuggono, nel terrore di nuove incursioni dei gruppi paramilitari, come quello che prima di Natale ha massacrato 45 indios riuniti in preghiera.
Per lo più i profughi si sono concentrati nella località di Polho, ritenuta un forte bastione dell'Esercito Zapatista di liberazione nazionale (Ezln). Secondo alcuni osservatori, l'esodo potrebbe essere pilotato dagli stessi vertici zapatisti per evitare la dispersione delle loro basi di appoggio e rendere così più difficili nuovi interventi delle "guardie bianche" paramilitari.
Il deputato Carlos Morales, del Partito della rivoluzione democratica (Prd), all'opposizione, ha però avvertito che alla luce delle difficili condizioni in cui sono costretti a vivere c'è il rischio dello scoppio di epidemie tra i fuggiaschi.

Intanto, anche oggi, il governo ha respinto le accuse dell'Ezln secondo le quali la strage di Acteal è stata ordita "con scopi politici per eliminare gli indigeni ribelli". "E' falso. Il governo non auspica né avalla atti illeciti", ha detto un portavoce. C'è però chi afferma che la strage, in cui vittime e killer sono della stessa etnia tzotzil, mostra che è in atto uno schema "guatemalteco": gli indios vengono cioè addestrati per combattere altri indios minando così le mire "autonomiste" dei ribelli.
Nel frattempo sedici delle quaranta persone fermate dalla polizia messicana perché sospettate di aver preso parte al massacro di Acteal, sono stati messi agli arresti provvisori per ordine del Procuratore generale della repubblica messicana.
Sono tutti accusati di omicidio volontario, lesioni aggravate, detenzione di armi da guerra e associazione per delinquere. Secondo altre fonti giudiziarie, altre persone potrebbero essere arrestate tra breve sempre nel quadro della stessa inchiesta. Gli inquirenti, inoltre, starebbero valutando l'ipotesi di complicità ad alto livello delle quali avrebbero goduto i responsabili del massacro. In particolare, il procuratore generale Jorge Madrazo sta indagando sulle ragioni per le quali il vicario della diocesi di San Sebastian de las Casas, capitale dello stato del Chiapas, abbia avvertito le autorità soltanto alla fine del massacro che, secondo alcune testimonianze, è durato oltre cinque ore. Il Partito Rivoluzionario Democratico (PRD), la maggiore forza di opposizione in Messico, ha lanciato ieri una campagna di mobilitazione per le dimissioni del governatore del Chiapas e di appoggio agli oltre 5000 profughi indios che hanno lasciato i villaggi della zona del massacro, che hanno urgente bisogno di aiuti umanitari.
Almeno 200 esponenti del partito, molti deputati sia federali che dello stato, membri della Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) hanno marciato per la strada principale di Tuztla Gutierrez - capitale del Chiapas - chiedendo le dimissioni di Julio Cesar Ruiz Ferro che, a detta dei manifestanti, consente la continuazione di un regime di "impunità". Hanno anche chieso l'immediato scioglimenti dei gruppi paramilitari che operano nella sona settentrionale della selva chiapaneca.

(30 dicembre 1997)

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