TAVOLO 6:

CONTRO TUTTE LE FORME DI ESCLUSIONE

SOTTOTAVOLO G:

LA QUESTIONE DELLA PRIGIONIA

Questo tavolo, visto il gran numero di partecipanti, è stato diviso per questioni operative in tre gruppi per affrontare temi specifici. Quelle che seguono sono le conclusioni o documenti finali di ognuno di essi.

1.- Antimilitarismo-obiezione totale

Visto il poco tempo disponibile, questo gruppo non ha approfondito gli aspetti politici del militarismo concentrandosi nel tentativo di creare una rete antimilitarista.

Concepiamo l'antimilitarismo come una lotta tesa ad eliminare il militarismo e le sue conseguenze: commercio di armi, oppressione delle minoranze per mezzo degli eserciti, impiego del denaro pubblico per fini militari e, in definitiva, per il mantenimento dell'ordine costituito.

Questa lotta deve essere di carattere internazionalista dato che questi problemi riguardano tutte le persone del mondo.

Consideriamo la necessità di creare una rete antimilitarista imternazionale per rendere possibili scambi di informazioni ed esperienze per tentare di realizzare atti unitari o coordinati e di appoggio ai prigionieri obiettori totali di tutto il mondo.

Abbiamo creato un indirizzario di tutti i collettivi e le persone presenti in questo gruppo per cominciare questo scambio di informazioni. Questi gruppi, a loro volta, si impegnano a diffondere queste informazioni a tutte le persone ed i collettivi possibili attraverso i mezzi a loro disposizione (posta, internet, ...).

Questa rete non deve essere verticale né egemonizzata da nessuno, bensì orizzontale e solidale.

2- Prigionieri/e politici/che e repressione nelle carceri.

Nella sessione plenaria finale del tavolo di Almuñecar è stato presentato un lavoro realizzato dal sottogruppo "prigionieri/e politici/che e repressione nelle carceri". In seguito all' esposizione dello stesso ci sono stati interventi che che hanno espresso posizioni distinte a quelle difese in quel testo, il che ha generato un dibattito da cui sono emerse differenti proposte.

Quindi all'unanimità si è deciso di mantenere la pluralità delle proposte espresse che sono le seguenti:

1- Testo del sottogruppo "Prigionieri/e politici/che e repressione nelle carceri".

2- Proposta di modifica del testo anteriore.

3- Proposta di rifarsi alle conclusioni sulla prigionia del 1° Incontro (Chiapas, 1996).

1. Testo del sottogruppo "Prigionieri/e politici/che e repressione nelle carceri".

Questo sottogruppo appartenente al tavolo 6-G, riunito ad Almuñecar evidenzia un forte scollegamento tecnico-organizzativo-politico di tutto l'impianto che lo ha reso difficoltoso e parziale. Il fatto che nel programma non apparisse il termine "prigionia politica" ha suscitato perplessità e dubbi in gran parte dei/delle compagni/e presenti che avevano sollevato proprio questa questione in numerosi interventi (18 dei 26 presentati).

La stessa ambiguità ha fatto sì che i/le compagni/e presenti al tavolo sull'autodeterminazione dei popoli presenti a Ruesta considerassero non adeguata l'espressione di un dibattito su tale tema (prigionia politica) che avvenisse in un contesto sfalsato come quello dell'emarginazione.

Pensiamo che la prigionia politica tenga una forza ed una specificità proprie e non possa essere considerata come una delle varianti della marginalità. La scelta di utilizzare il termine "prigionia di coscienza" piuttosto che "prigionia politica", ci sembra metta in discussione l'autodeterminazione delle forme di lotta da parte dei popoli e delle classi.

Infine, il contributo dei compagni presenti al tavolo di Ruesta (tra l'altro rappresentativi di realtà in cui si vive in maniera drammatica il problema della prigionia politica come i kurdi, i palestinesi, i peruviani dell'MRTA, ecc) ci sembra prezioso e fondamentale ma ricordiamo che non si può dividere la prigionia di chi lotta per l'autodeterminazione dei popoli da quella di chi lotta per una società più giusta, contro il sistema capitalista. Ci sembra comunque opportuno che il nostro contributo sia integrato a quello dei/lle compagni/e di Ruesta. Nel frattempo stigmatizziamo le scelte di fondo che hanno reso possibili tali ambiguità ma che comunque non hanno impedito che il nostro lavoro andasse avanti e che fosse, alla fine, propositivo.

Ci esprimiamo a favore di una campagna di mobilitazione internazionale per la liberazione di tutti/e i/le compagni/e prigionieri/e politici/che, senza condizioni e nel rispetto della loro identità rivoluzionaria, in particolare ci esprimiamo a favore della campagna di solidarietà immediata verso tutti/e i/le prigionieri/e politici/che baschi/e, che abbia come come obiettivo il loro raggruppamento nelle carceri di Euskal Herría* (*Paesi Baschi in lingua basca).

Ci esprimiamo in favore dell'abolizione assoluta di ogni forma di detenzione (né un minuto, né un'ora, né un anno) di qualsiasi essere umano di ogni età e sesso in ogni parte del pianeta. Ci esprimiamo contro la differenziazione tra prigionieri/e politici/che e sociali: perché i PP sono direttamente vittime dello scontro di classe e i prigionieri sociali sono ugualmente vittime delle politiche del sistema neoliberista.

Partendo dagli interventi tenutisi nel nostro tavolo, siamo tutti/e concordi nel denunciare il ruolo dei mass-media nel criminalizzare i soggetti sociali singoli o collettivi che vengono colpiti dalla repressione e parallelamente l'opera di censura svolta dall'informazione borghese sulle lotte e resistenze dei popoli del mondo in lotta contro il neoliberismo.

Partendo dalla lotta degli zapatisti e dalla loro capacità di uscire dall'isolamento realizando il primo Incontro Intercontinentale,

PROPONIAMO:

1) Una o più mobilitazioni internazionali da tenersi nei rispettivi paesi contemporaneamente, a partire dalla propria realtà concreta, per realizzare una giornata di lotta internazionale contro la repressione nelle sue diverse forme: carceraria, politica o comune, psichiatrica, militare degli immigrati o di tipo coloniale. Queste mobilitazioni avranno come obiettivo quello di rompere la censura dei mezzi di comunicazione di massa. Proponiamo indicativamente alcune date: 2 ottobre, anniversario del massacro degli studenti nella Piazza delle Tre Culture, a città del Messico. 10 dicembre, giorno internazionale dei Diritti Umani. 19 giugno, anniversario del massacro di El Frontón in Perù.

2) La costruzione di una rete internazionale di comunicazione e di lotta, mediante la creazione di un sito internet e di un indirizzario (che raccolga gli indirizzi dei gruppi da qui a tre mesi per creare una struttura di coordinamento) rete che sia un luogo ideale di confronto e di scambio e di comunicazione tra chi nel mondo lotta per l'umanità e contro il neoliberismo. Rete che non può funzionare se non simultaneamente a livello internazionale che nazionale e locale; per questo è necessarioche in ogni paese si creino comitati locali contro il neoliberismo per perseguire obiettivi comuni in tutti i paesi.

3) Partendo dall'esigenza già espressa nel 1° Incontro in Chiapas di mantenere un confronto continuativo internazionale, proponiamo un incontro da tenersi a livello continentale per continuare a discutere e confrontarci sulla tematica della repressione che sappia cogliere gli elementi comuni, per intraprendere forme di lotta concrete, nella direzione di un percorso di liberazione per i popoli della terra.

4) Nel tentativo di essere più concreti proponiamo una serie di mobilitazioni internazionaliste:

a) giorno di lotta internazionale da tenersi a livello locale contemporaneamente

b)incontro-dibattito su repressione e prigionia da tenersi a livello continentale (uno per ogni continente)

c) giorno di lotta internazionale da tenersi a livello continentale. Per l'UE suggeriamo como luogo la città capitale di turno dell'UE.

2. Proposta di emendamento al testo anteriore.

Questo è un emendamento presentato dal portavoce del sottotavolo 6 (prigionia) che si è deciso, di mutuo accordo, di presentare per separato in plenaria visto il rifiuto del gruppo ad assumere le modifiche in esso contenute.

Esprimiamo che in questo incontro ci siamo riuniti contro il neoliberismo e per l'Umanità, quindi per la vita e la tolleranza, per difendere i diritti umani di tutte le persone e in particolare di tutti i prigionieri.

Chiediamo che si includano come allegato alle concludioni di questa plenaria i seguenti emendamenti:

1) Che parlando di prigionieri si sopprima l'aggettivo "politici" e la menzione concreta ai prigionieri baschi, perché siamo per i diritti umani di tutti/e prigionieri/e senza distinzioni.

Che non è il tema di questo tavolo il discutere la lotta armata come metodo valido per lotte che si suppongono popolari però questo tema viene menzionato.

2) Che allo stesso modo in cui riconosciamo e condanniamo il terrorismo di Stato, riconosciamo e condanniamo anche la violenza indiscriminata realizzata da qualsiasi altra organizzazione che utilizza gli stessi o peggiori metodi repressivi.

3) Che la frase in cui si chiede "il raggruppamento dei prigionieri baschi" venga sostituita da "l'avvicinamento di tutti i prigionieri ai propri luoghi di residenza".

4) Che la frase in cui si chiama ad organizzare una "campagna di solidarietà con i prigionieri baschi" venga sostituita da "campagna di solidarietà con i prigionieri e con tutte le persone private a forza della propria libertà".

Infine, se in questo 2° Incontro si dovesse accennare al tema senza condannare esplicitamente tutte le forme di attentato contro la vita e la sicurezza della popolazione civile (qualsiasi provenienza esse abbiano), un collettivo importante che partecipa a detto incontro si sentirà escluso dalla futura rete di reti e dai futuri incontri e, inoltre, consideriamo che si limiterebbe gravemente la possibilità di una maggiore proiezione verso il resto della società, senza la quale la lotta contro il Neoliberismo e per l'Umanità non avrebbe alcuna possibilità di successo.

S.O.S. PRIGIONIERI (PRES.O.S.)

(Documento steso all'interno del tavolo di Ruesta e approvato dall'assemblea plenaria del Secondo Incontro per l'Umanità e contro il Neoliberismo)

Il capitalismo neoliberista ha raggiunto negli ultimi anni un potere totalitario, quasi assoluto; malgrado ciò molti/e compagni/e continuano a lottare contro la miseria, l'ingiustizia, per una vita più dignitosa, per l'UMANITÀ.

Tra tutti/e noi c'è ancora qualcuno che, nel suo impegno in questa lotta, ha toccato un nervo dell'ordine costituito e questi ha reagito con il suo vero volto terrorista.

Così ci ritroviamo con l'esistenza di decine di migliaia di prigioniere/i politiche/ci come conseguenza dei diversi conflitti politici in tutto il mondo. Senza dimenticare tutte le vittime della repressione: morti, desaparecidos, esiliati.

Questi/e prigionieri/e sono parte integrante ed emblematica delle diverse lotte, sono la loro espressione più dolorosa, trasformati dagli stati terroristi in ostaggi da usare nel tentativo di eliminare qualsiasi forma di dissidenza.

Quegli stessi stati che non esitano ad impiegare i metodi più vili per incarcerare: ci riferiamo alla ipocrita negazione di principi democratici per mezzo di leggi e tribunali speciali che occultano l'uso sistematico della tortura sia fisica che psicologica e alla complicità attiva (criminalizzazione) e passiva (silenzio) dei mezzi di comunicazione.

Non possiamo nemmeno dimenticare la realtà dentro le prigioni dove la tortura, l'isolamento, l'uso della violenza sessuale e la dispersione dei reclusi sono esempi delle innumerevoli violazioni dei loro diritti individuali e collettivi il cui fine è l'annientamento fisico e politico dei prigionieri e delle prigioniere.

Nella loro ansia di vendetta e sterminio, i repressori si scagliano anche contro i familiari dei/delle prigionieri/e, negandogli i più elementari diritti di comunicazione e contatto con loro.

Questa situazione intollerabile esige da parte nostra un impegno fermo e coerente. Per questo chiediamo l'appogio della società alle seguenti rivendicazioni:

1) riconoscimento della condizione di prigioniero/a politico/a

2) abrogazione delle leggi eccezionali e scioglimento dei tribunali speciali, sia civili che militari.

4) di conseguenza esigiamo l'immediato miglioramento delle loro condizioni di vita.

Tuttavia è necessaria la creazione di un contesto che renda possibile un'amnistia totale, non come perdono da parte dello stato ma come risultato dei percorsi di lotta, perché possano partecipare con noi alla costruzione di un mondo più giusto, libero e dignitoso.

Da questo Incontro noi ci impegnamo a far giungere questo comunicato a tutti/e i/le prigionieri/e come nostro contributo alla rottura dell'isolamento al quale vogliono condannarli.

MAI SAREMO LIBERI SENZA DI LORO

MAI PIÙ UN MODO SENZA DI NOI

MAI PIÙ UN MONDO SENZA DI LORO

3. La psichiatria come controllo sociale.

Questo gruppo ha presentato all'assemblea plenaria la propria relazione, però non si è arrivati ad un consenso per via delle differenze che si sono avute con l'esposizione del gruppo di "Verso una prospettiva sana del corpo". (vedi)

Gruppo "Prigionieri politici e repressione nelle carceri".

La psichiatria è una forma di controllo sociale molto diffusa ma allo stesso tempo poco riconosciuta come tale. La psichiatria si presenta come scienza medica e come tale trova il consenso anche di chi critica altri strumenti di controllo sociale di cui si è dotato il Capitale. È per questo che per secoli abbiamo potuto permettere che milioni di persone in tutto il mondo potessero venire segregate e distrutte dagli psichiatri come nei lager nazisti.

La psichiatria si basa su un concetto puramente arbitrario: quello di una malattia mentale; però la malattia mentale non esiste scientificamente, non può venire provata obiettivamente, non si configura come libera relazione, ma è possibile dimostrare che è stata determinata da necessità politiche, economiche di potere e di comodità; non può essere quindi materia medica. Di fatto, nonostante le numerose discussioni scientifiche, nessuno ha saputo darne una definizione accettabile. In realtà il malato mentale è qualsiasi persona che venga assistita da istituzioni psichiatriche. Questa definizione, la unica possibile, appartiene al sistema psichiatrico che si considera come unico arbitro. Le diagnosi di schizofrenia, depressione, paranoia, ecc. vengono di fatto formulate sulla base di comportamenti e non da effettive alterazioni o lesioni del cervello. Il modello sociale predominante dà alla psichiatria il ruolo di inventare "la malattia mentale". Chi dissente, chi è differente, viene catalogato come "matto", malato di una patologia del cervello.

Ai modi di essere e di pensare inconformi la psichiatria riserva un trattamento coercitivo e autoritario, un atteggiamento di rimozione. Essa traccia un limite netto tra comportamenti differenti, etichettandoli come sani o malati, assolutizzando il concetto di normalità e trattando tutto ciò che non si adegua con la violenza del "recupero sociale".

L'arbitrarietà e la dipendenza dalle convenzioni del momento e dal luogo per definire i comportamenti sani o malati è evidente se si pensa che alcuni di loro sono stati catalogati come malattie malattie mentali per alcuni periodi storici mentre non lo sono stati in periodi successivi. Alcuni esempi:

*La masturbazione, considerata una vera e proopria malattia mentale fino a circa 30 anni fa, è stata cancellata e anche rivalutata da alcuni psichiatri dell'ultima generazione (Master, Johnson) per le sue qualità terpeutiche.

*Gli psichiatri hanno "curato" con terapie particolarmente violente quelli che essi definivano "malati di omosessualità" fino a che, con un semplice comunicato, la O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha eliminato ufficialmente questa "malattia".

*In America del Nord qualche anno fa gli psichiatri volevano includere nel più prestigioso dei loro manuali, il D.S.M. (Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali) la "sindrome mestruale", ma un forte movimento di opposizione delle femministe li fece recedere.

Che ne è della pretesa scienza se basta un cambiamento culturale nella società "un movimento di protesta" per sconfiggere queste "malattie".

Le cure psichiatriche consistono in in massicce somministrazioni di psicofarmaci, lobotomia, elettroshock, che producono gravissimi danni. Queste nuove camice di forza chimiche immobilizzano il corpo delle vittime senza produrre su gli osservatori l'effetto che produce la vista dei manicomi. In ciò che la scienza vende come terapia non c'è niente di terapeutico, l'intervento e la "cura" psichiatrica non producono alcun beneficio in chi vi è sottoposto. Il falso concetto di cura è speculare al falso concetto di malattia mentale. La psichiatria è l'unico ramo della medicina che per legge prevede l'obbligo del trattamento ignorando l'approvazione e la volontà del "paziente", che viene definito incapace.

Attualmente il capitalismo progressista pratica la riforma della psichiatria con l'unico obiettivo di renderla più efficace e funzionale alla propria riproduzione. Ma non esiste nessuna differenza tra manicomio, lettini di contenzione, sbarre, case-famiglia, elettroshock e nuove forme di terapia, perché ad ogni modo l'essere umano continua ad essere qualcosa da "curare" e trasformare da da "malato" a "sano", da inutile a produttivo, da pericoloso a funzionale. In questo senso non esiste alcuna differenza tra le diverse psichiatrie. La differenza non sta nei fini bensì nei mezzi che usano per raggiungere l'annichilamento delle esperienze umane. La psichiatria manicomiale usa catene reali, violenza, arbitrarietà, per rendere prigioniero il corpo. La psichiatria alternativa propone la creazione di ambienti di vita, relazione e lavoro protetti, con la supervisione di equipes di psichiatri; il soggetto rimane comunque un "malato mentale" incapace, sottoposto ad un programma permanente di rieducazione e normalizzazione.

La psichiatria e le discipline a lei sorelle, oltre alla loro generica funzione alienante e oppressiva in quanto scienze separate, svolgono un ruolo specifico come strumenti per la creazione e la conservazione del consenso, ed anche come regolatori dei meccanismi di accesso e di esclusione sociale.

Non possiamo inoltre dimenticare i manicomi criminali, veri e propri lager nei quali i detenuti subiscono la doppia pena del carcere e della tortura psichiatrica. La segregazione psichiatrica è, come quella carceraria, una sanzione penale a tutti gli effetti ed anche tra le più dure e spietate: concepire che si possano sovrapporre e sommare i due tipi di segregazione, che si possa obbligare una persona a vivere sotto chiave nei pochi metri di una cella di un penitenziario e al contempo doversi chinare alla violenza dei trattamenti terapeutici obbligati, a base di psicofarmaci intossicanti e di mezzi di contenzione fisica, è una delle forme più disumane di persecuzione.

Proprio per questo la psichiatria deve venire superata in una rivoluzione che riguardi l'intera società: allora finalmente sarà possibile la realizzazione della salute, la conquista dell'esistenza come libera relazione creativa tra il singolo e il tutto, l'esperienza come avventura, il conoscimento come peripezia.

L'unico modo possibile e necessario per superare la psichiatria è la critica totale dell'esistente.

PROPOSTE:

1. Abolizione di tutti i trattamenti psichiatrici effettuati contro la volontà della persona per togliere alla psichiatria gli strumenti principali di coercizione e di controllo sociale come:

- la somministrazione di psicofarmaci,

- elettroshock,

- trattamento sanitario obbligato

- diagnosi sanitaria obbligatoria.

2. Chiudere tutti gli spazi di reclusione obbligata della psichiatria, in particolare:

- i manicomi, affidando la riabilitazione e il reinserimento dei reclusi in strutture della società come amministrazioni comunali e/o servizi sociali pubblici;

- i manicomi criminali e le sezioni psichiatriche all'interno delle carceri, con l'abolizione degli studi per le perizie psichiatriche che determinano l'incapacità di intendere e di volere a causa della malattia mentale nei processi giudiziari.

3. Approfondire a livello individuale e collettivo il pensiero non-psichiatrico per cercare, e mettere in pratica, un comportamento che la faccia finita con il pregiudizio psichiatrico e con tutto il suo armamentario di distruzione del vissuto e dell'esperienza umana, tanto della vita quotidiana che del linguaggio. Considerare che la sofferenza deve poter venire ascoltata liberamente per capire da dove nasce e costruire un ambiente dove colui che soffre non debba indossare gli abiti di uno status di disfunzionalità o inutilità, se non direttamente di inferiorità. Pensando alla sofferenza come qualcosa di inseparabile dal piacere e non come qualcosa che bisogna aggredire ed annullare.

In questo senso ricondurre i conflitti umani all'ambito complesso della struttura e delle relazioni sociali esistenti; considerando la psichiatria come un elemento integrato e simbolico di una società che di per sé è violenta ed autoritaria.

Non assumiamo il concetto di normalità come qualcosa di assoluto ma consideriamo come una ricchezza la complessità dei pensieri e dei comportamenti umani.

LETTERA DA CERRO HUECO*

A tutti i partecipanti presenti:

Noi Rosey Perez Jimenez, Carmelino Jimemez Jimenez, Miguel Montejo Penate, Juan Montejo Penate e Guadalupe Hernandez Jimenez, Presidente, Vicepresidente, Segretario, Tesoriere e Portavoce del Movimento Statale di Prigionieri Politici Indigeni "La Voce di Cerro Hueco", con base nei municipi di Tila, Sabanilla, Tumbalà, Salto de Agua, Chilon, San Cristobal de Las Casas e Las Margueritas, auguriamo successo a questo 2° Incontro di Libertà e Pace.

Noi indigeni contadini di "La Voce di Cerro Hueco" che già da molti mesi ci troviamo incarcerati ingiustamente ci siamo visti obbligati ad organizzare per esigre la nostra libertà che come indigeni ci meritiamo e fino a questo momento non abbiamo ricevuto nessuna risposta positiva da parte del governo dello stato del Chiapas.

Per questo ci rivolgiamo a voi per sollecitare il vostro appoggio politico presso i governi federali e statali dei vostri paesi, perché la libertà dei prigionieri politici è una delle condizioni perché si riannodi il dialogo a San Andrés Larrainzar tra l'EZLN e il governo federale. Noi abbiamo già lottato per esigere la nostra libertà per mezzo dello sciopero della fame e con piantonamenti realizzati per 87 giorni dai nostri fratelli dislocati nella zona nord e durante i quali il governo statale non ha mai mostrato nessun interesse per trovare una soluzione alle nostre domande; il potere esecutivo, giuridico e giudiziale si sono uniti solo per condannarci ingiustamente a 15 e 23 anni di prigione senza poter provare questi delitti che non abbiamo mai commesso, giacché per il governo noi siamo i suoi oppositori politici, solo perché apparteniamo ad organizzazioni sociali non-governative.

Speriamo di trovare in voi fratelli l'eco della nostra voce di Cerro Hueco, intervenendo presso il governo federale e statale perché diano una pronta soluzione alla nostra libertà; vi ringraziamo per l'attenzione prestata alla presente e vi inviamo un'affettuoso saluto da parte di tutti gli indigeni contadini di "La Voce di Cerro Hueco".

Saluti fraterni.

*Cerro Hueco é un carcere in Chiapas in cui sono rinchiuse, tra gli altri, centinaia di "basi d'appoggio" zapatiste. Famoso per la durezza delle condizioni in cui vivono i detenuti. Nella primavera del 1997 12 osservatori europei sono stati espulsi dal Messico solo per aver essere stati presenti ad una marcia di solidarietà con questi detenuti, presenza che serviva a proteggere i partecipanti da possibili attacchi di squadroni paramilitari.

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