Contributo al dibattito su:
COOPERAZIONE
E LAVORI SOCIALMENTE UTILI


Nella sinistra antagonista esistono molte opinioni differenti su come affrontare il problema del lavoro:
Salario garantito, Riduzione dell'orario di lavoro, Autogestione, Cooperazione e quant'altro.
Aldilà del dibattito teorico - spesso sterile - esiste il problema reale della disoccupazione e del suo uso da parte del padronato, attraverso la diffusione di forme di lavoro in appalto e sub-appalto, precariato, part-time, a tempo determinato, quando non direttamente al nero.
Nel campo dei servizi sociali dove noi operiamo ormai da un quindicennio, gli Enti Pubblici, titolari del servizio (Regione Lazio, Comune e USL), ricorrono all'appalto di Cooperative, sia per risparmiare sul costo del lavoro, sia per garantirsi una flessibilità che degenera nel mero sfrutttamento della manodopera, perdipiù in un settore sottoposto a pesanti tagli di bilancio.
La logica del convenzionamento, dell'appalto, ha portato le grosse Cooperative (generalmente affiliate alla "rossa" Lega o alla Confederazione) ad avvicinarsi progressivamente al modello dell'impresa capitalistica, perdendo le caratteristiche di autogestione e democrazia interna e introducendo dinamiche di sfruttamento, precariato e lavoro nero. Questa situazione ha determinato la nascita e la crescita delle prime esperienze sindacali autorganizzate, che negli ultimi due anni si sono concretizzate nella costituzione del COBAS di settore.
In questo panorama le poche (ma esistono!) cooperative realmente autogestite, conducono una vita incerta, rischiando continuamente di non reggere la concorrenza in un mondo che si sta sempre più arrendendo al libero mercato.
Gli ultimi bandi sull'Assistenza Domiciliare ad anziani, handicappati e minori, sono stati concepiti proprio con questo spirito mercantile; si spinge la Cooperativa a di ventare impresa capitalistica, affossando il servizio pubblico e spalancando le porte al libero mercato.
Questo è solo un esempio di come è la situazione, raccontato da chi ormai da anni si cimenta con un lavoro socialmente utile.
La stessa esperienza sindacale che in questi anni abbiamo costruito, presenta forti limiti; occorrono soluzioni correttive che vadano aldilà dell'esistente, che vedano i compagni che già lavorano con le Cooperative, uscire dall'isolamento e che siano di aiuto a chi per la prima volta si affaccia su tali problematiche per non ricadere nelle contraddizioni e nei ricatti che il lavoro precario comporta.
I lavori socialmente utili, così come sono concepiti dalle istituzioni, sono il paliativo temporaneo, a basso costo e ad alto sfruttamento, individuato per affrontare la domanda di lavoro e di servizi.
I 50.000 posti di lavoro promessi da Rutelli, si sono presto rivelati 50.000 posti di precariato, in appalti temporanei o a costi di gestione accessibili solo alle grandi imprese (vedi la recente delibera sul verde attrezzato).
I lavori socialmente utili come li intendiamo noi nascono dai bisogni del sociale, dai giovani disoccupati, dai proletari dei quartieri ghetto, dall'associazionismo di base e dai Centri Sociali Autogestiti, da bisogni insomma, che sono la negazione della concorrenza e del mercato, che sono in breve, la contrapposizione della cooperazione autogestita all'impresa.
Sono per esempio il ridisegnare a misura umana la città, i suoi spazi verdi, i suoi servizi sociali, culturali e sportivi, anzichè misurarli sulle esigenze del mercato e dei tagli di bilancio. Sono posti di lavoro non precario, non sottopagato.
Occorre quindi uscire dal rivendicazionismo astratto e proporre progetti concreti per i nostri quartieri, riqualificando le nostre competenze e imponendo agli enti locali questi progetti, partendo da questa concretezza, per sabotare e inceppare quella macchina fabbrica soldi e sfruttamento costituita dagli appalti consociativi e clientelari.
Occorre creare territorialmente coordinamenti, consorzi di associazioni, cooperative, centri sociali attorno ad una progettualità comune che costruisca un coordinamento cittadino stabile, che dia visibilità all'altra città.
I nostri avversari, quindi, si chiamano: Lega delle Cooperative, Confcooperative, quel falso volontariato cattolico legato ai carrozzoni speculativi,e.... scusate se è poco.
Un esempio su tutti: il Giubileo è una grossa occasione per la giunta progressista-ambientalista-cattolica per ripagare i suoi grandi elettori. Una valanga di miliardi si abbatterà sulla città a misura dei bisogni delle lobbies, non a misura dei bisogni reali dei quartieri periferici, degli emarginati, della stragrande maggioranza dei cittadini; o riusciamo a sabotare subito questa macchina, presentando ora i nostri progetti per l'altra città e lottando per una gestione non consociativa e clientelare, aperta alle istanze delle associazioni di base, o la nostra protesta, a giochi fatti, sarà, come al solito, sterile e inutile.
PROPONIAMO A TUTTI GLI INTERESSATI UN CONFRONTO SU QUEST'ULTIMO ASPETTO - quello relativo al Giubileo - COME BASE PER UN DISCORSO PIU' GENERALE SUL LAVORO.

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