Laurentinokkupato Info#7 Febbraio 1998

Sull’estrema destra romana

Chi è Marione (Mario Corsi)

Pubblichiamo questa richiesta di proseguimento delle indagini per l’omicidio di Fausto e Iaio (due compagni del C.S. Leoncavallo uccisi a Milano nel 1978), perché fornisce uno spaccato di quello che è stato e di quello che in parte ancora è l’estrema destra a Roma.

Ci riferiamo per esempio a Guido Zappavigna consigliere circoscrizionale per Alleanza Nazionale in XII circoscrizione, nonché ex- (o ancora) uno dei capi dei BOYS un gruppo nazi ultras della Roma, nonché titolare della ultra-pubblicizzata pizzeria Palla al Centro insieme a Bruno Petrella altro fascistone (laziale).
Ma soprattutto MARIO CORSI che dopo essere stato imputato dell’uccisione di Ivo Zini, ucciso mentre leggeva L’Unità in una bacheca di Via Appia nel 1978, e che poi dopo qualche anno di rifugio in Inghilterra, insieme ad altri suoi camerati (come Fiore che organizza un milionario business con la sua agenzia Easy London, dove i metodi nazi vengono perpetuati) è poi tornato a Roma.

A Roma e nella criva della Roma è sato uno dei capie dei BOYS nella loro ascesa durante la presidenza della A.S. Roma dell’altro fascistone Giuseppe Ciarrapico che mentre portava allo sfascio la squadra e la società, elargiva potere e denaro ai suoi camerati, tra questi, in prima fila, Mario Corsi detto MARIONE che oggi conduce una delle più ascoltate trasmissioni sulla Roma (a Radio Incontro) e con fare innocente e simpatico tra un inno nazionale ed un accenno a Che Guevara e a quei ragazzi che ingannati dai politici si sono sparati per strada anni fa... continua impunito la sua opera dedicando ad esempio canzoni al NAR Kapplerino quando è morto l’altr’anno durante una rapina (ultimamente si è separato dal suo partner Bruno Ripepi (neanche a dirlo ex consigliere del MSI in XII) la coppia è caduta in disgrazia ed ha divorziato dopo che la A.S. Roma ha denunciato i due per un giro di estorsioni contro la società che "ricattavano" potendo gestire tramite il loro programma radio gli umori di una parte della tifoseria, con un loro rendiconto economico, naturalmente, il CORSI infatti gestisce anche il PUNTO ROMA di Via Angelo Emo 59 (sempre nella "sua" Prati) da dove elargisce abbonamenti, introvabili biglietti di Curva Sud, trasferte, gadgets etc. Per non dimenticare MAI chi realmente è il simpatico MARIONE...

Guido Salvini sta conducendo altre importanti inchieste sulla strategia della tensione e come molte altre inchieste di questo tipo sulle stragi questo anno dovranno tirare le conclusioni come tutte le altre che sono state iniziate con il vecchio codice. Se sommiamo a questo il fatto che la Commissione parlamentare Stragi è in fase di conclusione dei lavori deduciamo che la coincidenza di questi avvenimenti avrà un grosso impatto politico e mediatico.

Ebbene non vogliamo che a questo il movimento arrivi impreparato, cioè che non ci arrivi esclusivamente con la conoscenza di quello che con la controinformazione siamo riusciti a capire ed interpretare in questi anni. Ormai moltissimo è dato sapere come fatto accertato e non più solo come ipotesi questo sia dalla declassificazione di molti documenti degli archivi CIA, sia da ciò che era rimasto dell’archivio di Gladio e dal resto del milione di pagine nell’archivio della Commissione Stragi sia perché molte indagini e molti processi sono arrivati al termine ed un imponente quantità di materiale, di documenti riservati è divenuta nota. In breve ciò che la controinformazione dei movimenti di lotta degli anni settanta aveva fortemente sostenuto, ossia che la strategia della tensione, la tremenda sequenza di stragi impunite e di operazioni coperte dei servizi segreti e tentativi di golpe siano state messe in piedi portate alle estreme conseguenze per impedire mutamenti politici e sociali a favore della classe lavoratrice.

Ebbene tutto questo ne esce non solo confermato nell’impianto generale, ma adesso possiamo leggere molti documenti ed ascoltare le ammissioni e mezze ammissioni (di Cossiga e Andreotti ad esempio) che beatamente ammettono che il governo e gli intelligence degli USA mai avrebbero permesso che i comunisti giungessero al governo, e che anche in caso di un risultato elettorale loro positivo si sarebbe arrivati comunque ad una presa del potere violenta da parte dei militari o dei gruppi paramilitari (come Gladio) sotto l’egida della DC. E moltissimi altri documenti e dichiarazioni in questi ultimissimi anni sono divenuti noti e forniscono un quadro molto più dettagliato e documentato. Come Laurentinokkupato Info proveremo ad occuparci anche di questo nei prossimi numeri.

Vedi l'intero documento: Oggetto: Procedimento penale concernente l’omicidio di Fausto TINELLI e Lorenzo "Iaio" IANNUCCI


Quando questa pagina venne redatta (FEBBRAIO 1998) non esisteva quasi niente sulla viceda di Mario Corsi che era per quasi tutti solo un conduttore radiofonico che parlava in modo colorito della squadra della Roma, poi, con il tempo ne è uscito di materiale che alleghiamo qui sotto per chi vuole seguire meglio tutta questa vicenda.

Attualmente, 2015, la crociata di Marione è contro il presidente della AS Roma James Pallotta, suceduto alla Presidenza di Rosella Sensi con cui invece Corsi e soci avevano trovato una coesistenza pacifica malgrado le contestazioni di buona parte della tifoseria romanista.

 

 

Mario Corsi altri materiali interessanti su "Marione"

 

2009 - Qui Peppone parla un anche lui di Marione in una delle tante Radio romane che parlano h24 della squadra

 


 

2010 - Un giocatore della Roma che si espone e definisce PAPPONI alcuni conduttori delle radio romane, il riferimento immediato è a Mario Corsi che in quel momento stava consdcucendo una crociata contro i portiere Doni

C'è da dire che a Marione si è spesso appoggiato, nel passato, Francesco Totti per accorgersi tardi in quali mani si era messo.

Ovviamente Daniele De Rossi è diventato l'arcinemico di Marione che non perde occasione per dire o far dire dai suoi ascoltatori che sia un giocatore finito, un ubriacone ecc. ecc.

 


 

2012 Mario Corsi non è mai stanco ed è coinvolto in un nuovo scandalo. Si parla nuovamente di... dossier contro la dirigenza della AS Roma, la vicenda monta perchè diventa una enorme sputtanata per Mario Corsi, Renga, Lo Monaco e soci che finiscono in video (a loro insaputa) nella trasmissione tv Le Iene

Poi la questione ha anche un successivo risvolto giudiziario ma viene archiviata per essere un tentativo troppo grossolano e malfatto, il PM lo definisce "monnezza" per poter andare in porto.

Le accuse sono state anticipate ieri sera da un lancio dell’agenzia di stampa Ansa, e riportate da Carlo Bonini nelle pagine dello sport di Repubblica. E la storia ha dell’incredibile:

Storia delle ultime due settimane. Roba stracciona da «soliti ignoti», risolta da un’indagine della Digos coordinata dal Procuratore capo reggente Giancarlo Capaldo. Alla vigilia dell’ultimo derby, la “Iena” Paolo Calabresi viene avvicinato da un giornalista ormai in pensione, Roberto Renga, già “firma” di Paese Sera e Messaggero, portata in palmo di mano dalla vecchia proprietà. L’uomo dice di avere documenti in grado di devastare l’immagine pubblica e privata di Franco Baldini, direttore generale del club, e di Mauro Baldissoni, avvocato membro del cda. Si tratta di “trascrizioni di sms” – farfuglia, mostrando due fogliacci compilati a mano libera da chi sa chi – che dimostrerebbero (pensate…) che i due sono massoni (come indicherebbe un umoristico anagramma, “tfa”, triplice fraterno abbraccio) e che, naturalmente, il nuovo gruppo dirigente fa “la cresta” sul calciomercato.

Calabresi si porta una telecamera nascosta al successivo incontro con Renga, registra tutto e va alla Digos, dove aprono un’indagine e ascoltano gli interessati, oltre che Walter Sabatini. I due sporgono denuncia e allora la polizia bussa alla porta di Renga, dove recupera le prove del dossieraggio. Scrive ancora Bonini:

Nella stangata “stracciona” – accerta rapidamente l’indagine con pedinamenti e testimonianze – Renga ha dei compagni di merende. Suo figlio Francesco e un paio di voci delle radio libere. Giuseppe Lo Monaco e Mario Corsi, detto “Marione”. Un tipo con un passato neofascista che, da anni, usa il microfono come un randello. Ora sono tutti indagati per diffamazione. Mentre la Digos, pochi giorni fa, ha bussato a casa Renga, dove ha recuperato le prove del falso da “soliti ignoti”.


Vedi: AS Roma. I “pataccari” alla Marione assolti per “manifesta e ridicola monnezza”

 


 

Inchiesta MAFIA CAPITALE 2014 Ovviamente Mario Corsi non poteva mancare anche nelle vicende dell'inchiesta Mafia Capitale; come si scopre una fogna...

Corsi sta nella intercettazione chiave con Carminati (altro membro storico dei NAR e della Banda della Magliana)

Carminati: «Adesso si va a bussacchiare».

Corsi: «Adesso è ora de tira’ le reti».

Carminati: «Gli si dice: “E che cazzo… Ora che abbiamo fatto questa cosa, che progetti c’avete? Teneteci presenti per i progetti che c’avete, Che te serve? Che cosa posso fare? Come posso guadagnare? Che te serve il movimento terra? Che ti attacco i manifesti? Che ti pulisco il culo? Ecco, te lo faccio io. Perchè se poi vengo a sape’ che te lo fa un altro, capito? Allora è una cosa sgradevole…».

 

Tra le intercettazioni meno note ci sarebbe anche un ennesimo presunto ricatto alla Roma (quanto gli vuole bene alla Roma...)

tratto da: http://www.nextquotidiano.it/mario-corsi-carminati-presunto-ricatto-roma

«Facciamo una cosa, facciamola fatta bene perché se no… capito?», dice in una conversazione intercettata nel bar Vigna Stelluti. A dargli l’idea è Mario Corsi, detto Marione, un passato nell’estrema destra degli anni ’70 e un presente di voce radiofonica della Roma calcio. Un lavoro del quale, dice al Cecato, si è stufato. Però ha un patrimonio di informazioni che vorrebbe far fruttare: «Parlamo della Roma – dice in un colloquio agli atti dell’inchiesta – so cose che tu sa… no ma io..». Carminati lo mette in guardia: «Devi sta attento, capito». Marione recepisce il messaggio: «Ma che sta a scherza’… a me se mi dai qualche drittarella sulla Roma, qualche impiccetto così, ce sta. Se tu me dai de che… fa fotografà a quello… ma che seimatto». Il Cecato però intravede ilpotenziale: «Facciamo una cosa specializzata. Fatte dà ’ste informazioni, stiamo noi dietro la cosa. Tu te fai dà tutto il fascicolo e poi andiamo a batte cassa». Interviene Riccardo Brugia, luogotenente di Carminati: «Cioè, il paparazzo ha fatto le foto con la vamp». Sono informazioni preziose da maneggiare con cura, tant’è che il gruppo pensa di coinvolgere un esperto, un certo Massimo, e Carminati spiega a Corsi come agire: «Tu gli fai dà la documentazione…in doppia busta sigillata…con i cosi, con i nastri sopra in maniera che non può essere aperta. Gliela lasci là, poi la guardiamo, vediamo che è e facciamo le fotocopie, così eliminiamo pure le impronte… ce mettemo pure i guanti».

Vedi anche qui http://www.nextquotidiano.it/mario-corsi-piazzapulita-parla-carminati-mafia-capitale/ dove viene citato l'articolo di Marco Lillo sul Fatto Quotidiano

IL 27 GENNAIO 2012, i Ros guidati dal generale Mario Parente attivano la loro cimice nella auto di Carminati, alle 17:15 sale Marione. I carabinieri non lo identificano nell’informativa, ma il luogo in cui sale e scende e la voce non lasciano dubbi: è Marione. Si legge nel brogliaccio: “Unuomo (Corsi, ndr) sale in macchinac on Massimo e Massimo dice che ha visto Claudio e che gli serve una maglietta (della Roma, ndr) per un amico suoc he sta morendo di tumore e gli ha chiesto una maglietta o di fargli incontrare qualche giocatore famoso. I due – annota il Ros –dicono che potrebbero interessare un certo Daniele e Massimo dice che con Daniele hanno un bonus”.Insomma, sembrerebbe che un “Daniele” della Roma calcio debba un favore al presunto boss della Mafia Capitale. Il Ros non lo identifica, ma poco dopo registra: “Poi discutono della possibilità di raggiungere De Rossi”. Il vicecapitano giallorosso potrebbe essere l’uomo verso il quale Carminati pensa di vantare un bonus? Il 24 agosto2013, un anno e mezzo dopo, è stata intercettata una telefonata di richiesta di aiuto dopo una lite in ristorante, che partiva dal calciatore ed era diretta a un amico di Carminati, arrestato con lui: Giovanni De Carlo, detto Giovannone. Ma Carminati vantava un altro amico nella Roma del gennaio 2012: l’allora direttore sportivo Daniele Pradè, che a differenza di De Rossi non è citato nel brogliaccio. I DUE QUEL GIORNO continuano a parlare della Roma. “L’uomo (Marione, ndr) riceve una telefonata da un certo Roberto e parlano di foto fatta a una persona famosa, probabilmente un calciatore, l’uomo fa il nome di Burdisso che avrebbe dato dei consigli giusti per evitare foto scandalo se. L’uomo che è in macchina con Massimo sembra avere familiarità con l’ambiente della Roma”, annota il Ros, che poi registra anche riferimenti a “quattro mignotte moldave che hanno cominciato a dirlo ai paparazzi”. La sensazione è che Mario Corsi si stia riferendo a una situazione imbarazzante per un calciatore che non è Burdisso, ora al Genoa. Il Ros continua a registrare altri discorsi “da bar” o “da radio” che potrebbe fare chiunque sui temi del momento: si parla di Giovanni Malagò, di James Pallotta. Corsi “dice che Malagò è‘avvelenato’ e che Pallotta abbia detto che a lui Baldini non gli interessa e invece vuole Giovanni(Malagò?) in società”. A un certo punto Carminati, probabilmente riferendosi alla telefonata sul campione fotografato in situazione imbarazzante, dice:“Ci manca solo quello, andiamo a fare le stronzate, non se rende conto di che reato andiamo a parlare”. E ridendo aggiunge: “Hanno preso 12 anni, noi con i calciatori férmate ”. A quel punto Mario Corsi risponde “che loro della banda della Magliana ne stanno a parla’ ancora dopo 50 anni, con una botta così ci fanno ancora cinque anni, ma cinque anni di prima pagina”.

Vedi anche:

Mafia Capitale, contatti col mondo del pallone: “Interessi in comune” con Pradè

 


 

estate 2014 - Altri materiali interessanti usciti dopo l'uccisione del tifoso del Napoli Ciro Esposito a Tor di Quinto

 

 

tratto da: http://ugomariatassinari.it/gli-scontri-di-roma1-al-pettine-nodi-dellintreccio-tra-ultra-politica-e-violenza.html

Gli scontri di Roma/1: al pettine i nodi dell’intreccio tra ultrà, politica e violenza

Pubblicato il 4 maggio 2014 da Ugo Maria Tassinari 

La catastrofe della finale di Coppa Italia, dove sono esplose tante delle contraddizioni che da tempo innervano il complesso intreccio tra calcio, ultrà, politica e ordine pubblico, è una buona occasione per provare a fare ordine mentale su una gamma ampia di questioni oggetto di banalità, di strumentalizzazioni, di luoghi comuni, di vuoti a perdere narcisistici. Anch’io, in questo primo post dello speciale che mi vedrà impegnato nelle prossime ore e che metterà anche capo alla prima edizione ‘ufficiale’ del mio primo tg personale, dopo il “successo” del numero zero di ieri, partirò dal personale. Anche a me è toccato avere a che fare con Daniele De Santis, il presunto autore della sparatoria di ieri sera che ha ridotto in fin di vita un tifoso napoletano. 

C’è dell’ironia, mi pare evidente, nella circostanza che in quell’occasione, io sarei stato il delinquente e lui la vittima. Perché del soggetto mi ero occupato nel capitolo di Fascisteria 1 dedicato alla violenza ultrà (ovvero l’edizione del 2001), ricordando, a proposito degli scontri di Brescia di vent’anni fa, che

l’’intero comando della spedizione punitiva, programmata da mesi, è costituito da militanti neofascisti: con Maurizio Boccacci figurano Alfredo Quondamstefano, Corrado Ovidi, Paolo Consorti, Massimiliano D’Alessandro e Giuseppe Meloni. Quest’ultimo, con Luca Alberti, Armando Sagrestani (un altro candidato di AN alle elezioni circoscrizionali, accusato di aver portato le armi a Brescia) e Daniele De Santis sono considerati responsabili dell’accoltellamento del vicequestore Selmin.

Tra l’altro l’intero capitolo è disponibile online, pubblicato nel 2007 da uno dei portali dell’antagonismo sociale, Ecn.org. Evidentemente, in questo caso,  il riconoscimento della valenza informativa della mia ricerca faceva aggio sull’interdetto pronunciatomi contro per la mia scelta di ‘dialogare’ con i fascisti. I fatti sono del 1994, il libro è del 2001.  Nelle more si è celebrato il processo di primo grado che il 5 gennaio 1988 ha avuto questo esito:

Undici condanne per complessivi 43 anni di carcere e cinque assoluzioni. Cosi’ si e’ concluso ieri sera il processo, iniziatosi nel giugno dello scorso anno, davanti alla Prima sezione penale del tribunale di Brescia, a carico di 16 ultra’ della Roma ritenuti responsabili dei gravi incidenti avvenuti il 20 novembre del ’94, in occasione dell’incontro di calcio Brescia Roma. (…) La condanna piu’ pesante e’ stata inflitta a Giuseppe Meloni, meglio conosciuto negli ambienti della tifoseria giallorossa come Pinuccio la rana, capo di una frangia di estrema destra, che e’ stato condannato a 4 anni e 2 mesi. Quattro anni invece si sono beccati Maurizio Boccacci, ex leader del Movimento politico occidentale (gruppo neonazista della Capitale sciolto per incitamento all’odio razziale dal decreto Mancino del ’93), Massimiliano D’Alessandro, detto Er polpetta, altro capo storico della tifoseria romanista, Luca Alberti, Paolo Consorti, Cristiano Conti, Fabrizio Giampieri, Francesco Massa, Alfredo Quondamstefano e Paolo Vitelli. A 2 anni e 10 mesi di reclusione e’ stato infine condannato Daniele Betti, ex compagno di squadra di Francesco Totti nelle giovanili della Roma. Gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli di lesioni volontarie gravi, violenza a pubblico ufficiale aggravata dal numero di persone e dall’uso delle armi, porto e detenzione di materiale esplodente. Sono stati assolti per non avere commesso il fatto altri cinque imputati (Daniele De Santis, Luigi Leto, Corrado Ovidi, Roberto Ratto e Valentino Valentini).

De Santis quindi, all’uscita del libro decide di querelarmi ma la cosa non è arrivata neanche all’udienza preliminare perché evidentemente pm e gip hanno concordato che le informazioni contenute nel libro, seppure incomplete, rispondevano ai due requisiti fondamentali del diritto di cronaca: la veridicità e la continenza verbale.

A sua volta, tra l’arresto del 1994 e l’assoluzione del 1998 De Santis aveva avuto modo di distinguersi in un paio di circostanze, ma di questo parleremo nel prossimo capitolo di questo speciale

(1-continua)

Qui gli altri pezzi dello speciale:

2. http://ugomariatassinari.it/gli-scontri-di-roma2-la-lunga-carriera-di-daniele-de-santis-e-lomicidio-raciti.html

3. http://ugomariatassinari.it/scontri-di-roma-3-lo-speciale-del-tg-ugo-il-pezzo-di-zambardino-il-lancio-di-information-guerrilla.html

4. http://ugomariatassinari.it/gli-scontri-di-roma-4-tisci-e-capotosti-difendono-genny-boccacci-e-castellino-de-santis.html

5. http://ugomariatassinari.it/scontri-di-roma-5-la-testimonianza-di-marione-le-ipotesi-degli-investigatori-dubbi-sullarresto.html

 


tratto da: http://ugomariatassinari.it/gli-scontri-di-roma2-la-lunga-carriera-di-daniele-de-santis-e-lomicidio-raciti.html

Gli scontri di Roma/2: la lunga carriera di Daniele De Santis e l’omicidio Raciti

Pubblicato il 4 maggio 2014 da Ugo Maria Tassinari

Nella nuova edizione di Fascisteria, il capitolo sugli ultrà è uno dei più generosamente riscritti rispetto alla stesura del 2001. Con gli aggiornamenti del caso, ma anche con una maggiore attenzione alle dinamiche economiche e sociali e una minore ossessione per le pratiche violente e criminali. Ne riprendo ampi stralci, con la ricostruzione dettagliata degli episodi che riguardano la ‘carriera’ giudiziaria di Daniele De Santis, il leader ultrà giallorosso arrestato oggi per la sparatoria di ieri prima della finale di Coppa Italia, nonché alcuni materiali di analisi e riflessione. Per finire con la morte a Catania dell’ispettore Raciti, evocata dalla t-shirt di Genny ‘a carogna, che invoca appunto libertà per il suo giovane (presunto) assassino

Il raid di Brescia

Il movimento ultrà è l’altro luogo di riaggregazione dei skin, anche se è più esatto parlare di un gruppo umano polimorfo, le cui vicende si intrecciano tra violenza politica, devianza sociale e criminalità. Pochi giorni prima dei fermi per l’attacchinaggio pro Priebke, il pm di Brescia Paola De Martiis conclude l’inchiesta per il raid squadristico al margine della partita Brescia–Roma del 20 novembre 1994, segnata da 19 arresti. Chiede 27 rinvi a giudizio per reati che comportano pene fino a un massimo di 15 anni: apologia di fascismo, lesioni gravissime, resistenza aggravata, detenzione e porto d’arma, attentato alla pubblica sicurezza. La maggior parte delle prove a carico è costituita da foto e riprese tv. L’accusa usa un criterio estensivo: ogni imputato è ritenuto ugualmente responsabile senza valutare il grado di effettiva partecipazione. Il saluto romano, gli inni cantati, lo schieramento a falange appena scesi dal pullman costituiscono per il pm manifestazioni usuali del disciolto partito fascista. Un’applicazione metodica di questa ipotesi giuridica porterebbe a denunciare ogni domenica alcune decine di migliaia di persone. La spedizione punitiva, programmata da mesi, è organizzata da militanti neofascisti: con Boccacci figurano “Polpetta” D’Alessandro, Alfredo Quondamstefano, Corrado Ovidi, Paolo Consorti, Giuseppe Meloni e Armando Sagrestani (candidato di An per le circoscrizioni, accusato di aver portato le armi a Brescia). Tra gli altri spicca il nome di Daniele De Santis, un leader della curva giallorossa: sarà prosciolto dall’accusa dell’accoltellamento del vicequestore Selmin ma resterà un protagonista. Meloni è l’altro leader dei Boys, con “Marione” Corsi mentre D’Alessandro è uno dei membri più attivi di Opposta fazione, un centinaio di “duri e puri”, slogan preferito “meno calcio e più calci”. Il gruppo è nato da una scissione del Cucs-Gam, il gruppo che si era separato dal Commando unitario curva sud quando una “bandiera” della Lazio, Lionello Manfredonia, era diventato giallorosso. Gli ultrà non gli perdonano antichi insulti e pretendono scuse. Lo sciopero del tifo raggiunge lo scopo ma spacca la curva, fino a una rissa selvaggia tra le due fazioni dei Cucs. E proprio per irridere la stampa, che spesso parla di scontri violenti tra “opposte fazioni”, dai Cucs-Gam (cioè Gruppo anti-Manfredonia) nasce la sigla più “dura” della curva giallorossa. In una prima fase convivono estremisti di destra e di sinistra, l’aggregazione è temperamentale e non ideologica, ma in una seconda fase prevale la connotazione neofascista e la repressione dopo gli scontri di Brescia porterà allo sfascio del gruppo.

Meloni, detto “pinuccio la rana” ha 31 anni e un passato militante. Ex consigliere missino nel centro storico, supervotato ma costretto a dimettersi per i precedenti di violenza politica. La spedizione punitiva, condotta da lui e Boccacci, parte dalla sua pizzeria al Tiburtino, “Mezzanotte e dintorni”. Accusato di aver accoltellato Selmin, nega e rivendica l’amicizia con il sottosegretario agli Interni Gasparri (che due anni prima aveva organizzato il convegno Una patria chiamata curva). A Radio Incontro Bruno Ripepi detto “il comandante” il giorno dopo gli scontri informa gli ultrà che “Pinuccio la rana” è stato ferito alla testa con 30 punti di sutura. Quando la magistratura allarga l’indagine ai rapporti tra società e capi ultrà il centravanti Andrea Carnevale racconta che la sua presenza a Trigoria era abituale. D’Alessandro ha 25 anni. Tra i suoi precedenti una rissa allo stadio nel 1990 ma anche l’arresto per diverse rapine col taglierino. Lo accusano di aver bastonato per primo Selmin. Nega di essere fascista e di avere partecipato agli scontri. Si difende: sono cardiopatico. Le prime condanne per il raid di Brescia arrivano nel marzo 1996: Armando Sagrestani (20 mesi) Alfonso Argentino (18 mesi) Luigi Falchi (un anno) patteggiano e godono di un sostanzioso sconto, viste le imputazioni (apologia di fascismo, lesioni, resistenza, detenzione di armi ed esplosivo). La Procura tenta di avvalorare una pista “politica”: quel giorno si eleggeva il sindaco di Brescia e i neofascisti romani organizzano la spedizione punitiva per colpire l’immagine del ministro degli Interni leghista, Roberto Maroni. Ma alla fine il Tribunale assolve tutti gli imputati dall’accusa di “aver inscenato una manifestazione usuale del disciolto partito fascista”. Niente piani occulti: 11 condanne sono comminate solo per atti di violenza calcistica. La repressione non piega gli irriducibili giallorossi che – indifferenti alle ragioni del tifo – festeggiano la promozione del Bologna partecipando a un raid nel capoluogo emiliano che si conclude con la “caccia al negro” e quattro distinti pestaggi. Sono arrestati 11 bolognesi per tentato omicidio e lesioni aggravate da motivi razzisti. Allo stadio spicca uno striscione giallorosso: Una grande amicizia, un grande ritorno: onore. La vittima più grave ha la bandiera rossoblù addosso: si ritrova un rene bucato da una coltellata e la faccia gonfia di botte. L’allenatore del Bologna Ulivieri, fama di “rosso”, un milione donato ai carabinieri per risarcire un auto sfasciata dagli ultrà sbotta: “Meglio chiudere la curva”. A fine luglio scattano le manette per quattro romanisti: Giulio Moretti, 23 anni, figlio di un ingegnere ricco, il già noto Corradetti, Fabio “Sudo” Giglio, disoccupato di 25 anni, Roberto “Robertino” Fuligni, barista di 28 anni. Nel corso delle perquisizioni sono sequestrati fumogeni, bombe carte e proiettili. I quattro erano già stati coinvolti nelle indagini bresciane e identificati in occasione di Bologna–Brescia, a conferma di una organica alleanza con i Mods e di un conto aperto con i bresciani. Uno degli arrestati, Matteo Plicchi, torna alla ribalta per un incredibile contrappasso. Quattro anni dopo patteggia 12 mesi di carcere e un risarcimento economico perché si è rifatto una vita, sposando una keniota e ha avuto un figlio che dovrà fare i conti con l’odio dei difensori della razza. (…)

 Ultrà e politica

La verità dolorosa è che nella catastrofe dell’umano degli anni ’90 certe curve di stadio come molte piazze sono diventati i catalizzatori di una violenza sociale profonda che solo occasionalmente, e talvolta per caso, assume i caratteri propri della violenza fascista. Certo, mentre l’hooliganismo britannico è legato a quello che è stato chiamato lo “stile maschio violento”ie forte è il legame tra club calcistici e working class, in Italia il fenomeno ha più evidenti connotati imitativi della realtà dei movimenti politici: “Il gruppo ultrà, che pure nasce risentendo del modello hooligan inglese, è, nella sua composizione sociale, tendenzialmente più interclassista (rilevante, tra l’altro, è la presenza femminile al suo interno) e coniuga al tipico ribellismo giovanile una vocazione politica antisistema, maturata dai gruppi politici estremisti che in quegli anni in Italia occupavano le piazze e fornivano un ottimo esempio di spirito di gruppo, durezza e compattezza. Questa caratteristica peculiare contribuisce a far sì che il movimento ultras mutui dalla sfera politica modi agire e forme di organizzazione e si doti di strutture stabili e complesseii. Lo slittamento a destra delle curve si determina già nella seconda metà degli anni ’80 per la spinta convergente del ricambio generazionale (alcuni dei capi storici sono uccisi dall’eroina) e del riflusso dei movimenti politici. Si diffondono comportamenti propri della criminalità sociale (il saccheggio dell’autogrill). Con la “parallela disgregazione di molti spazi aggregativi e di socializzazione esterni agli stadi (…) si sviluppa così la tendenza a conferire maggior importanza al senso di appartenenza locale e a utilizzare sistematicamente le contrapposizioni campanilisticheiii. In un contesto di disgregazione degli spazi giovanili lo stadio diventa un luogo di socialità primaria. Del resto era nata così. Ad attirare la prima generazione di ultrà era la “partecipazione corale alle modalità espressive”iv e la logica della difesa del territorio “simbolico” (ma anche materiale) della curva era subentrata solo in seguito: gli scontri si estendono al di fuori dello stadio e il fenomeno degenera repentinamente. “La seconda generazione ultras ha un maggior grado di strutturazione, pianificazione e coordinamento con un’organizzazione meno spontanea e più stabile e gerarchizzata”v.

La retata del 1996  

La violenza degli ultrà e la leadership esercitata in numerose tifoserie da militanti neofascisti non sono riconducibili a un disegno strategico o alla ricerca a tavolino di una massa di manovra. Sono autentici tifosi romanisti e leader riconosciuti della curva due ex del Fuan come Guido Zappavignavi e Mario Corsi (“Marione”, il capo storico dei Boys) che si sono fatti anni di carcere per i Nar (il primo prosciolto in istruttoria, il secondo condannato per reati minori e assolto dall’accusa di omicidio del militante del Pci Ivo Zini) mentre è laziale Bruno Petrella consigliere provinciale di An e poi deputato, impegnato nel comitato di difesa per Valerio e Francesca sulla strage di Bologna (sarà lui a consegnare la loro lettera al Papa). Nell’autunno 1996 la magistratura romana presenta il conto a Corsi e alla sua banda. Una prima raffica di 7 arresti scatta a fine settembre: per le pressioni e le violenze esercitate per assicurarsi ingressi di favore allo stadio e trasferte pagate, sotto la minaccia di scatenare disordini in curva e danneggiare così la società. Un mese dopo per 4 leader scatta un nuovo arresto (domiciliare), per le botte e le minacce ai cronisti, costretti talvolta a firmare articoli sotto falso nome per paura: Corsi, Fabrizio “er Mortadella” Carroccia, 26 anni, Giuseppe “Peppone” De Vivo, 36 anni, leader di Frangia ostile, Fabio “er Mafia”, Mazzei, 33 anni. Guglielmo “Willy” Criserà, già in libertà vigilata, imputato minore nel processo Nar2, si vede interdetto per un anno l’accesso allo stadio. Gli episodi contestati sono numerosi: il blitz a Tele Roma Europa nel gennaio 1993, dove la presenza in video di De Vivo e Criserà è imposta minacciando di sfasciare tutto, telefonate minatorie a varie redazioni radiofoniche,un’irruzione nel gennaio 1996 a Radio Radio per diffondere un comunicato registrato con pesanti accuse a un redattore del Messaggero, il lancio in aria per tre volte di un radiocronista tra insulti, sputi, pugni e slogan fascisti durante il derby di febbraio 1996, l’ordine agli addetti di aprire i cancelli della tribuna Monte Mario durante Roma–Torino per fare entrare gratis una ventina di ultras, un capannello minaccioso in tribuna stampa il 12 maggio 1996, dove nonostante la vittoria sull’Inter “er Mortadella” insulta il presidente Sensi, l’offensiva contro un giornalista dell’Unità (per un’inchiesta sui giri di hashish e di prostituzione minorile in curvavii, nella zona controllata dai Boys, gli dedicano uno striscione: “Tua sorella è qui con noi”). Il giornalista aveva raccontato l’approccio con una ragazzina (“giovani, giovanissime, potrebbero avere 15, 16 anni … vestite alla moda, il look è quello delle ragazze che frequentano lo stadio, due sono truccatissime, la terza per niente”): esitiamo, a metà delle scale. Troppo. Perché quasi subito appare un gigante con la faccia da bambino (avrà al massimo 18 anni, proprio a esagerare) ma i modi da duro, alla vita è cinto da una bandiera della Roma arrotolata: con lui c’è un piccoletto avvolto in una sciarpa giallorossa e i capelli a spazzola. “Che caz…fai? Se voi anna’ colle ragazzine, devi pagà, scegli chi ti piace, caccia i soldi e te le porti ar cesso. Sennò vaff… e gira al largo”. L’invito eloquente è del minaccioso piccoletto. L’altro resta lì in silenzio”viiiAd ogni modo, il cronista aveva avuto il tempo di contare una decina di “marchette” in mezz’oraix. Le radio dei tifosi smentiscono la Digos: per l’editore di Radio Radio gli ultras ottennero pacificamente di partecipare al dibattito, il conduttore di Tele Roma Europa fu premiato come “Cuore di curva”. [Daniele De Santis è uno degli altri indagati, nda] (…)

Gli scontri per il derby e  qualche statistica

A Roma le comuni simpatie neofasciste non attenuano i toni in occasione del derby. Il 20 febbraio 1996 i romanisti attaccano con lo striscione: “Avete i colori degli ebrei”; la risposta è: “voi la puzza”. Due anni dopo i toni non cambiano. Alla scritta laziale “Auschwitz la vostra patria, i forni la vostra casa” la replica è “noi picciotti, voi ebrei. Toaff boia”. Il 25 aprile ’99, i romanisti per il derby se la prendono con partigiani (“25-4-45: quando i vigliacchi si proclamano eroi”) e laziali (“Nel cielo biancoazzurro brilla una stella” ed è disegnata una a 6 punte, simbolo di Israele). Due anni dopo la provocazione tocca ai laziali, il 29 aprile: “Una squadra dei negri, una curva d’ebrei”. Fino alla sfida diretta contro Cragnotti. Quando il presidente, nel settembre 2001, organizza la Coppa della pace col Maccabi Haifa e una squadra ivoriana, come impegno antirazzista, gli Irriducibili indicono il boicottaggio. Tra i 7-8mila presenti si imbucano alcuni ultrà filopalestinesi che srotolano uno striscione non autorizzato: “Contro il razzismo sionista per una pace vera. Intifada fino alla vittoria”. In mezzo c’è il tentativo (fallito) delle forze dell’ordine di attribuire i due attentati dimostrativi del Movimento antisionista del novembre 1999 (al museo di via Tasso e al cinema che proietta un film su Eichmann) a un gruppo di ultrà giallorossi di Boccea, tra cui spicca un militante di Forza nuova. Orientano i sospetti gli ordigni usati e le numerose scritte antigiudaiche che imbrattano il quartiere. Secondo gli inquirenti dopo il primo attentato, più “professionale”, un pischello, reduce da una partita di Coppa, lancia un “cipollone” contro il cinema. Le retate per raccogliere elementi tra gli ultrà fruttano alcuni arresti per droga. (…)

 Da un meeting spagnolo sulla violenza negli stadi emerge un dato paradossalmente rassicurante: sono 1500 le persone morte in tutt’Europa. In Italia, quindi, con 16 morti tra il 1979 e il 2003, non siamo messi poi tanto male. Lo studio del Sisde del 2004x offre i dati aggregati più facilmente analizzabili e propone le seguenti conclusioni: a) le violenze emotive contro atti arbitrali considerati ingiusti non registrano variazioni nel tempo; b) le violenze ultrà calano dopo la morte di ‘Spagna’ per i provvedimenti governativi (dopo un picco del 1990-91); c) gli scontri tra ultrà (45%) sono il doppio di quelli con le forze dell’ordine (21%), mentre meno dell’1% riguarda contestazioni antiarbitrali; d) il numero di feriti aumenta costantemente dal 1995 al 2001 per poi stabilizzarsi, le statistiche registrano un clamoroso picco nel 2002-2003: a feriti civili costanti (da 240 a 238) corrisponde un boom delle violenze contro le forze dell’ordine (da 345 a 612); e) alle violenze antipoliziesche corrisponde un proporzionale aumento degli arresti (+51%), grazie alle nuove norme sulla flagranza prolungata a 36 ore. I due trend apparentemente contraddittori sono invece il segnale di una forte radicalizzazione dello scontro: mentre il numero di incidenti cala con una media annuale del 40% i feriti triplicano nel giro di 4 anni (da 400 a 1200, per lo più tra poliziotti e carabinieri). Per gli analisti del servizio segreto civile ci sono precise dinamiche socio-culturali dietro l’evoluzione del fenomeno ultrà: la fine della società del lavoro, della sua funzione di regolatore sociale, genera una realtà di esclusi o nuovi emarginati, privi di strutture di rappresentanza che si costruiscono una nuova identità individuale e di gruppo attraverso ideologie che esaltano le figure della leadership; esperienze fideistiche (settarie o ultrà); subculture connesse ai miti della forza e del corpo (xenofobia). In questo modello interpretativo rientrano perfettamente le pratiche di violenza ultrà che “impongono un’identità sociale, confermano il ruolo della leadership ed esaltano le doti di potenza fisica nei confronti dell’avversario/nemicoxi (…)

 Il derby del bambino mai morto

Un’imprevista alleanza tra le due curve della Capitale, dopo tanta violenza e cattiveria, porta a ipotizzare un complotto inesistente, nel derby del 21 marzo 2004. Dopo i violenti scontri pre-partita si sparge la voce che la polizia abbia ucciso un bambino e succede un fatto degno dei manuali sui folk’s devil: i 70mila spettatori non credono alle smentite degli altoparlanti e alcuni ultrà invadono il campo nell’intervallo e impongono l’interruzione della partita. All’uscita riprende la battaglia tra ultrà (uniti) e forze dell’ordine: 9 arresti, decine di tifosi feriti. A distanza di 3 anni, a ridosso della scadenza dei Daspo, i 7 accusati per l’interruzione apprendono che saranno processati solo per violazione della legge sulla sicurezza negli stadi e procurato allarme. Anche se i protagonisti sono facilmente identificati perché ripresi mentre convincono Totti della necessità di non giocare, i leader della curva sono presenti in campo, un po’ defilati: Daniele De Santis (una sfilza di precedenti, per violenze in trasferta, da Brescia a Vicenza, spesso finiti bene in sede giudiziaria, e il processo per gli attacchi alla società nel ’96) e Antonio Schiavo, fondatore di Tradizione Distinzione (Tdr). I tre arrestati per l’invasione di campo offrono una spaccato sociale più ricco di quello che vuole le curve ridotte a un covo di delinquenti e di sbandati: Roberto Morelli (Asr Ultras) è agente di assicurazioni, Stefano Sordini (Boys) è consulente finanziario di Mediolanum. Abita a Monteverde nuovo e ha lavorato fin da ragazzo perché divenuto presto orfano di padre. Stefano Carriero (simpatizzante Tdr) è stato fino a un mese prima cameraman di Maria De Filippi ad ‘Amici’ ed è tornato a vivere da poco con la madre rimasta vedova. Al derby s’è portato in curva la ragazza. Schiavo smentisce il complotto: “È falso – spiega al Messaggero – dire che s’è creato un accordo con i laziali perché parte della curva sud è di destraxii. Un accordo è impossibile. Può avvenire che qualche persona, da una parte e dall’altra, si conosca, ma solo per la comune militanza. A noi interessano valori e tradizione. Ci interessa la maglia della Roma, non i miliardari che di volta in volta la indossano”. Un elemento trasversale di identità per i gruppi più radicali degli ultrà è la polemica contro il “calcio che fa Sky-fo”, cioè lo stravolgimento e la subordinazione di ogni tradizione calcistica – lo spalmamento delle partite in quattro giorni, le notturne spezzagambe in inverno, l’obbligo di giocare in condizioni anti-regolamentari per i calendari ingolfati, ma finanche l’adozione di magliette atroci (ed estranee all’immagine storica del club) per problemi di visibilità televisiva – sono l’effetto di un processo materiale ormai inarrestabile: il sempre più crescente peso degli incassi dei diritti tv nei bilanci delle società calcistiche. Nel 1986 (inizio dell’era Berlusconi) il Milan incassava il 90% dalla biglietteria, nel 2003 il 60% dalla tv, 25% da sponsor e merchandising, il 15% dagli ingressi allo stadio. (…)

La morte di Raciti

Il 2 febbraio 2007 ritorna dopo 45 anni in serie A il derby Catania-Palermo, un confronto ad altissimo rischio. Per la coincidenza con la festa di Sant’Agata – che produce tre giorni di delirio collettivo ai piedi dell’Etna – è stato anticipato alle 18 di venerdì. Per ridurre ulteriormente i rischi due pullmann con tifosi rosanero sono portati a spasso e l’ingresso allo stadio è consentito solo a secondo tempo iniziato. Al loro arrivo allo stadio dalla gradinata nord, ma anche dalle truppe che stazionavano all’esterno della gradinata, parte di tutto su tifosi e poliziotti che gli scortano. Tra i più accaniti lanciatori un vecchietto di almeno 70 anni che poi riesce a passare tra gli agenti che non lo immaginano certo capace di tale impresa. La risposta delle forze dell’ordine è un intensissimo lancio di lacrimogeni che rende irrespirabile l’aria. L’arbitro è costretto a interrompere la partita per circa mezz’ora: numerose testimonianze di spettatori attribuiranno a questo intervento poliziesco il precipitare della situazione. Alla fine del match la violenza dilaga nonostante l’imponente schieramento delle forze dell’ordine (1500 uomini ‘contro’ 21mila spettatori). Il vicino cantiere aperto per il rifacimento di via dello Stadio rifornisce di materiali freschi per la guerriglia urbana centinaia di giovanissimi invasati. A un quarto d’ora dal termine, intorno alle 20,30, un ispettore della polizia si accascia al suolo immediatamente dopo lo scoppio di una bomba carta e muore in pochi minuti. I giornali si affannano a spiegare la particolare efficacia degli ordigni artigianali che utilizzano la pietra vulcanica dell’Etna per produrre micidiali schegge incendiarie ma l’autopsia dimostrerà che l’esplosione non c’entra niente: ha ucciso Filippo Raciti l’emorragia prodotta da un colpo violentissimo (inferto con un tubo di ferro a sezione stellare) che gli ha spappolato il fegato. A trarre in inganno sulla dinamica la determinazione del poliziotto, uno tosto: ha continuato a battersi fino allo stremo. Incrociando le rivelazioni di un ‘pentito’, intercettazioni ambientali negli stanzoni della questura dove sono parcheggiati i fermati e lo studio certosino delle riprese video (assai sfocate per il buio e il fumo di lacrimogeni e torce) l’episodio è ricostruito così: per liberare un tifoso arrestato un gruppo di ultrà della Curva nord attacca una volante, a colpire il poliziotto è un ragazzone di 17 anni, uno studente di elettronica campione di arti marziali e giocatore di rugby. Pesa 92 chili e carica impugnando il supporto metallico di un lavabo, divelto dai gabinetti dello stadio, a mo’ di ariete. Abita in un quartiere popolare degradato, San Cristofaro, ma ha alle spalle una famiglia “sana”: padre operaio, ed ex sindacalista, nella maggiore fabbrica di componentistica dell’Etna valley, madre fioraia al cimitero. Un solo precedente: accusato (prosciolto) di rissa per aver difeso la sua ragazza da un corteggiatore molesto. Ammetterà la partecipazione agli scontri ma continuerà a negare sempre la responsabilità diretta nella morte dell’ispettore. Alla fine della battaglia si contano tra i 70 e i 100 feriti e molti ragazzi che lamentano pestaggi delle forze dell’ordine non passano per gli ospedali. Nel lungo elenco dei 40 arrestati, un terzo circa minorenni, viene dato grande risalto alla presenza di un dirigente di Forza nuova, Alan Di Stefano. Tra i 29 fermati nel corso degli scontri solo due risultano organici ai gruppi ultrà. La notevole presenza di ragazzini tra i protagonisti della battaglia di strada non suscita meraviglia: Catania è la seconda città d’Italia per numero di minori arrestati. L’ex sindaco Enzo Bianco, divenuto presidente del Comitato parlamentare di controllo dei servizi di sicurezza, consapevole della collocazione ‘politica’ del gruppo egemone in curva Nord, la Falange d’Assalto, accusa dei disordini estrema destra e clan. Una testimonianza preziosa, che aiuta a capire e a interpretare la nuova realtà della violenza da stadio molto più di tante chiacchiere di rito, è offerta dal Manifestoxiii che ospita lo sfogo di un ultrà catanese. Si tratta di un operaio precario di 23 anni che non milita ma ha una dichiarata appartenenza di destra (bomber nero, tatuaggi, tricolore, spillette), un diploma di scuola superiore e una normale famiglia proletaria alle spalle: “La polizia ha avuto quello che si meritava e forse adesso la smetteranno di fare i prepotenti ”. I tifosi organizzati? “Bravi ragazzi che hanno un grosso seguito in città (…) Quando partono gli scontri con gli sbirri, coinvolgi praticamente tutti perché, la maggior parte, non aspetta ltro che togliersi qualche soddisfazione”. Gli ultrà hanno dato “fuoco alle micce” ma “la rivolta covava da tempo”: “Tutti ci conoscono e sanno che non siamo tipi da tirarci indietro, su niente. Con tutti gli altri, tifo o non tifo, condividiamo le stesse cose. Lavori del cazzo, soldi che non ci sono, immigrati e neri che fanno i padroni nei nostri quartieri, sbirri che ci rompono i coglioni dalla mattina alla sera, giornalisti e politici, tutti servi dei comunisti che ci disprezzano. Abbiamo gli stessi problemi e, nelle cose che contano, la ragioniamo allo stesso modo”. La violenza, piuttosto che un deterrente, funziona da attrattore: “Se ci sono buone possibilità che si vada a uno scontro con gli sbirri, che si possono assaltare negozi, supermercati e far cagare un po’ sotto tutti gli stronzi in giro a fare shopping allora non mi bastano i pullman”. L’impianto ideologico è reazionario: “Vivere la dimensione comunitaria vuol dire avere un’identità, una Patria e una nazione della quale vai continuamente orgoglioso e fiero. Difendi e affermi il tuo essere bianco e italiano, che sono le cose che contano di più. Noi andiamo molto fieri di questo e, soprattutto, al contrario di quei fighetti stronzi dei no global, dei nostri soldati che difendono nel mondo la nostra identità nazionale”. Questo apprezzamento non è esteso a quei disgraziati che si limitano a difendere l’ordine pubblico, perché, è chiaro che “il soldato è una cosa, lo sbirro un’altra”. L’odio razziale non impedisce agli ultrà catanesi di rifornirsi da immigrati africani: nel corso delle retate dopo gli scontri è scoperto un deposito di bombe carte gestito da quattro senegalesi. (…)

Sulla tragedia siciliana si innesta una clamorosa campagna mediatica e politica paragonabile soltanto al caso “Spagna” attraverso la quale, cavalcando l’allarme sociale, si impone una decisa stretta nella gestione del business calcio. Il governo decide due settimane di serrata del campionato, l’anticipo delle misure di sicurezza per l’accesso allo stadio, porte chiuse per gli impianti non a norma (tornelli, biglietto nominale), il divieto di trasferta organizzata, l’adozione di misure preventive di polizia contro i tifosi non applicate ad alcuna categoria di soggetti socialmente pericolosi. Tra l’indignazione generale, a Livorno e Piacenza, compaiono scritte contro i “poliziotti bastardi” siglate Acab, cioè l’acronimo di “All the cops are bastards”. Un solo dato segnala l’intensità del problema: mettendo a confronto i dati degli ultimi due campionati (2005-2006 e 2006-2007) sono in calo gli incidenti con feriti (da 59 a 55) e il numero dei feriti civili (da 94 a 65), in leggero aumento gli arresti (da 96 a 108) mentre è sproporzionato il picco dei feriti tra le forze dell’ordine (da 142 a 202). Il presidente della Lega, Antonio Matarrese, prova a banalizzare: i morti fanno parte del sistema, il calcio non si può fermare. E’ schiacciato dall’indignazione a tenaglia di ministro e Coni.

In uno dei numerosi blitz scatenati sull’onda emotiva della morte del poliziotto, contro altre tifoserie responsabili di comportamenti violenti, è emerso a Napoli un interessante spaccato della nuova realtà ultrà: nei Niss (Niente incontri solo scontri) ci sono figli della buona borghesia e non solo gli emarginati dei quartieri della morte quotidiana. È un’aggregazione di dissidenti dei vari gruppi storici. L’inchiesta è lo sviluppo della precedente retata che nel giugno 2005 mandò in galera 9 ultrà della Sanità (alcuni già condannati con i riti alternativi). Nelle perquisizioni ai 13 ultrà del Niss, con il solito armamentario di mazze e botti, sono stati sequestrati come cimeli le foto che immortalano gli scontri con le forze dell’ordine, dal lancio di petardi contro i poliziotti all’incendio di una gazzella dei carabinieri. La nuova frontiera ultrà è il poliziotto primo nemico. Almeno a Napoli questa scelta non si colora di “nero” né è riconducibile a una volontà politica della “camorra” di estendere il fronte di scontro con le forze dell’ordine. Quando i giovani dei centri sociali che animano il movimento di lotta per il lavoro tentano di promuovere un coordinamento unitario contro le nuove misure repressive che colpiscono la presenza organizzata negli stadi quanto nellle manifestazioni di piazza, si sono sentiti rispondere “ognuno si fa le sue” da un esponente dei Mastiff, un gruppo radicato nella periferia settentrionale ad altissima densità criminale (…) [che è appunto il gruppo a cui appartiene Genny ‘a carogna, nda]

(2 – continua)

P.S. Qualche mese fa i difensori di Speziale hanno chiesto la revisione del processo

Qui gli altri pezzi dello speciale:

1. http://ugomariatassinari.it/gli-scontri-di-roma1-al-pettine-nodi-dellintreccio-tra-ultra-politica-e-violenza.html

3. http://ugomariatassinari.it/scontri-di-roma-3-lo-speciale-del-tg-ugo-il-pezzo-di-zambardino-il-lancio-di-information-guerrilla.html

4. http://ugomariatassinari.it/gli-scontri-di-roma-4-tisci-e-capotosti-difendono-genny-boccacci-e-castellino-de-santis.html

5. http://ugomariatassinari.it/scontri-di-roma-5-la-testimonianza-di-marione-le-ipotesi-degli-investigatori-dubbi-sullarresto.html

 

NOTE

i Le regole dello Smv sono poche e chiare: niente donne; aggregazioni previste solo per i cori e le spedizioni punitive; niente organizzazione gerarchica; uso di simboli politici radicali solo per impaurire gli avversari; nemici identificati: i tifosi avversari, le forze dell’ordine, bande giovanili rivali come i punk; cfr. Ultrà tra tifo e violenza, Gnosis, n.1, ottobre-dicembre 2004.

ii Antonio Roversi-Carlo Balestri Gli Ultras oggi. Declino o cambiamento? Polis n.3/1999.

iii ibidem

iv Paolo Piani Movimento ultras in Italia. Storia dei gruppi ultras in Italia, rapporti con le istituzioni,relazione al convegno Violenza negli stadi, tolleranza zero. Esperienza italiana e inglese a confronto, Roma, 26-27 settembre 2005

v ibidem

vi Quando in un incidente motociclistico muore suo cugino Paolo, leader amatissimo della curva giallorossa, il lutto è condiviso anche dagli ultras laziali.

vii Paolo Foschi Sesso, droga e footballL’Unità, 2 febbraio 1996.

viiiibidem

ixibidem

x Ultrà cit.

xi ibidem

xii La prevalenza dell’identità calcistica sull’appartenza politica si manifesta anche nelle tifoserie di estrema sinistra: ne è buon esempio il rapporto esistente tra pisani e livornesi.

xiii Emilio Quadrelli, La curva? Un pretesto per la nostra rabbiaIl Manifesto, febbraio 2007.

 


 

Per un periodo gli strali di Mario Corsi colpirono anche la Lega Nord che gli riservò un dossier citando anche notizie prese da questa stessa pagina


tratto da http://freeforumzone.leonardo.it/d/3675699/La-padania-Ecco-chi-%C3%A8-er-Marione-/discussione.aspx

Il fascista della Roma che ci minaccia
Ecco chi è "er Marione"

Speriamo bene. Speriamo che ora le radio romane che da giorni aizzano e sobillano ininterrottamente i tifosi contro di noi, non diano la colpa alla Lega Nord, al ministro Maroni e alla "Padania" per l'eliminazione della Roma dalla Coppa Uefa e la sconfitta della Lazio a Bologna. Speriamo che non accusino noi, anziché il loro adorato presidente Sensi e il loro ex-idolo Cragnotti, di non aver pagato l'Irpef, l'Iva e i contributi Inail e Enpals. Speriamo che non facciano credere che ci siamo noi dietro l'Uefa e i suoi neanche troppo rigorosi parametri per l'ammissione dei club alle prossime competizioni europee, dato che Roma e Lazio sono prive dei requisiti-base: la prima perché priva della certificazione di bilancio, la seconda perché debitrice nei confronti del Valencia per il saldo di Mendieta e Lopez (a proposito, ma ci voleva così tanto per trovare qualcuno disposto a certificare il bilancio della Roma, visto quello che hanno fatto i certificatori dei bilanci Parmalat o Cirio?).

Ma soprattutto speriamo che "er Marione", dai microfoni della radio "Rete Sport" che diffonde quotidianamente urbi et orbi la sua rubrica "Te la dò io Tokyo", non continui a minacciarci e a tenere alto il fuoco sotto la pentola, come abbiamo appreso da "La Stampa" (giovedì a pag. 9, articolo di Francesco Grignetti). Vi invitiamo a leggere qui sotto la lettera che "er Marione" ci ha mandato, ai sensi dell'articolo tal dei tali della legge numero non mi ricordo quale. Leggete la sua lettera e prendete nota dello scoop, anzi dello sgub che Marione ci affida: "Non è vero che io, Mario Corsi, sono capo-tifoso". Prendiamo atto. Non pensavamo che Marione ritenesse così offensivo essere definito "capo-tifoso". Che c'è di male?

MARIONE SUPERSTAR - Anche perché lo hanno fatto, proprio in questi giorni, "La Stampa", "la Repubblica" (basta leggerlo sulle pagine web con data 22 marzo), l'agenzia Ansa, "C'è Diaco" (su Sky TG 24), e molti altri organi d'informazione. Per non parlare, qualche tempo fa, del libro "Romanisti - Che mondo sarebbe senza la Roma?", scritto da Angelo Bocconetti, edizioni Sonda. Ma, probabilmente, er Marione si è sentito sminuito dalla nostra definizione: forse gradisce e ritiene molto più acconcia al suo rango quella che lo include tra "i nuovi padroni degli stadi", come afferma "Dagospia"? Non sappiamo. Sicuramente Marione ha ragione di dolersi se nel derby di domenica scorsa lo abbiamo erroneamente collocato nella curva Sud. Lui ora va in tribuna Vip. È giusto indignarsi: come si possono tollerare simili retrocessioni del proprio status sociale così difficilmente raggiunto? Prendete nota: Marione non si mescola con quella feccia delle curve, lui sta in mezzo a D'Alema e alla signora Fini, a Gasparri e Gianni Letta, e che diamine? Lui convince Claudio Amendola a sborsare 6 milioni e mezzo per una pagina intera di pubblicità sull'edizione romana del "Corriere della Sera" (28 febbraio 2002) con questo testo: "Tutti con Sensi per non avere le mani LEGAte". Amendola, ma non poteva darli in beneficenza quei 6,5 milioni?

LA BUFALA SU PUTIN - E poi, sempre a proposito di Marione, ma questa volta del suo modo di fare informazione, come ci permettiamo noi giornalisti di parlare indegnamente, o anche semplicemente di osare di nominare un uomo (stava per scapparmi "collega", ma non voglio che Marione si arrabbi di nuovo per questo mio atto di superbia) che ha costretto a scomodarsi perfino il premier Berlusconi? Eh sì, perché - e questo esempio ci serve per far capire certi meccanismi dell'informazione ormai saltati del tutto (ha ragione Giuliano Ferrara: non esiste più lo "Statuto" delle notizie) - Marione è colui che nel suo programma dalle 10 alle 14 tutti i giorni, con telefono aperto dopo aver incendiato la folla, ha tirato fuori la "bufala" di Putin. E cioè che, pur di far fuggire i compratori russi della Roma, è intervenuto in persona Berlusconi, il quale ha nientepopodimenoché telefonato a Vladimir Putin chiedendogli di intervenire sui padroni della "Nafta Moskva" e di dissuaderli dall'acquistare la società giallorossa. Il motivo? Chiaro: se arrivano i russi, la Roma si rafforza, non vende Totti (che secondo noi farebbe i salti di gioia per andare al Milan), e la squadra rossonera non domina più in Europa mostrando il più bel calcio del mondo (ma anche quello della Roma tocca spesso vette deliziose e sublimi).

ALTRO CHE BIMBO UCCISO... - La "bufala su Putin" - questa sì, identica come modalità e non certo come gravità, a quella del bambino investito e ucciso dall'auto della polizia -, la bufala della telefonata di Berlusconi al suo amico Volodja ha dilagato poche settimane fa per tutta Roma. Ma questa era solo la "fase 1". La "fase 2" prende corpo con Melli che porta la "notizia" al "Processo di Biscardi" (ma l'ha copiata Melli da Marione o viceversa?) e la fa quindi uscire dai confini ristretti dell'Urbe, ammantandola di qualcosa di ufficiale ma incontrollabile ("è questa la tesi della famiglia Sensi, che mi ha autorizzato a diffonderla", ha annunciato con aria dolente e solenne anche se un po' bisunta per via della consueta indigestione di porchetta). La "fase 3" è naturalmente appannaggio della sinistra che, a corto di argomenti, usa strumentalmente "la bufala di Putin" per attaccare Berlusconi, aizzargli contro la città di Roma, spaventarlo alla vigilia delle elezioni con una invenzione di questo tipo.

MELLI & MARIONE - Mentre Marione, cioè colui che ha attivato (o è stato Melli?) il meccanismo contro Berlusconi - rappresentante dell'"odiato" Nord e colpevole di avere la sua squadra in vetta alla classifica - se la rideva, ecco arrivare la "fase 4". Che è anche la più preoccupante: Palazzo Chigi, infatti, decide di diffondere un comunicato ufficiale con cui viene decisamente smentita ogni voce riguardante passi o interventi del premier sul presidente Putin. E, a questo punto, mettetevi nei panni di Marione: chi lo ferma più, chi lo riporta coi piedi per terra uno che, attraverso questo tam-tam dell'informazione (?) che vi abbiamo descritto, "costringe" il premier a diffondere una nota ufficiale di smentita? Adesso lo capite perché uno come Marione si offende se lo definisci "capo-tifoso"? Egli appartiene, o crede di appartenere, a un'altra categoria e quindi, al massimo, accetta - ma forse con un moto di ribrezzo - di essere messo al livello di Biagi, Bocca, Montanelli, Scalfari, Pansa, Ferrara. Ma con più potere e con una verifica costante, e sul campo, di questo potere.

UN NEMICO: LA LEGA - Abbiamo di proposito fatto l'esempio di Marione e del tipo di problematiche che i suoi interventi alla radio suscitano (ma quanti altri Marione ci sono nelle radio private dell'urbe, quelle che per 24 ore al giorno, per dodici mesi all'anno, ferragosto compreso, diffondono ininterrottamente fili-diretti su Roma e Lazio?), per arrivare a un altro discorso. Pensate quando Marione e i suoi simili (qui mi sa che arriva un'altra sua richiesta di rettifica: ma noi ci riferiamo ai titolari di rubriche radiofoniche a Roma), invece che parlare di Putin e Berlusconi parlano della Lega Nord, di Maroni, della "Padania". Leggiamo la cronaca de "la Stampa": «Al tifoso medio che accede al microfono di "Te la dò io Tokyo" preme rispondere per le rime ai leghisti. Quelle continue punzecchiature, le manifestazioni, gli slogan, i manifesti, le campagne, sempre all'insegna di "Roma ladrona" hanno lasciato il segno nel profondo della città. E così Marione, ecumenico ma non troppo, liscia il pelo ai suoi ascoltatori: "Deve risultare chiaro che noi non odiamo il Nord. Ci mancherebbe altro. Significherebbe diventare come loro. Noi dobbiamo fargli abbassare la soglia dell'insulto. Ma loro hanno come capopolo uno come Bossi, su cui non voglio dire nulla. Uno come Gigetto Moncalvo, il direttore della Padania, su cui pure non voglio dire nulla. Uno come Maroni... Ma ve lo ricordate quando andava in giro per il ministero come in un film western?"». Osserva il giornalista de "La Stampa": «Inutile nascondere che c'è un gran condensato di romanità - l'aplomb della ministerialità contro la stravaganza del ministro settentrionale - nel discorso del capotifoso che meriterebbe un trattato sulla retorica capitolina». Hai capito, Mariò: pure "La Stampa" t'ha abbassato al rango di capo-tifoso? Ahò, ma da quando preferisci i doppiopetti ai rappresentanti del popolo che si vestono come il popolo? Ma quanto sei invecchiato... A quelli della "Stampa" la mandi la richiesta di rettifica o no?

CONTRO BOSSI - Andiamo avanti nella lettura dell'articolo di Francesco Grignetti: «La Lega, da queste parti, è l'avversaria di sempre. Tanto per dire, hanno adottato come sigla un ritornello di Pino Daniele, il cantautore napoletano che con i leghisti s'è querelato e controquerelato. (in verità lo abbiamo querelato noi, ndr). Marione, guarda caso, è andato a scegliersi proprio il passaggio: "Questa Lega è una vergogna/ noi crediamo alla cicogna/ e corriamo da mammà". E, a giudicare da quanto si sentiva martedì dalla viva-voce dei tifosi-ascoltatori, la Lega di Umberto Bossi è l'immancabile bestia nera dell'ultras». Ecco, avete letto qualche bell'esempio di conduzione di rubrica radiofonica. Immaginate gli effetti e le conseguenze che può provocare. L'altra sera a Roma un tassista si è rifiutato di farmi salire a Fiumicino. E da due giorni ho dovuto far mettere i miei telefoni sotto controllo per le minacce che arrivano. Ora, anche ripensando al meccanismo della bufala Berlusconi-Putin, avete capito come nascono, si diffondono, vengono fatte esplodere notizie fasulle come quella del bambino travolto dall'auto della Polizia? E dunque: prefetto Serra e questore Cavaliere per favore andate avanti. Non vi fermate. E, se vi fermano, fatecelo sapere. Voi sapete come.

CHE BIOGRAFIA! - Ma adesso è giunto il momento di andare a vedere chi è questo Marione e non c'è bisogno di attingere al suo sito internet dove oggetto di odio sono, con tanto di cartoline, Galliani, Moggi, qualche arbitro. Sentite la dedica scritta sul sito web: "Guglielmo Marconi ha inventato la radio, Marione le ha dato un senso", Firmato Enzo Salvi (crediamo sia il comico dei film di Vanzina). A noi interessa sottoporvi altre letture per farvi capire chi è Marione, questo predicatore, questo profeta della curva Sud (pardon, della Tribuna Vip) che semina odio e veleno contro di noi. Basta andare a leggere www.faustoeiaio.org ,www.tmcrew.org e www.ecn.org (naturalmente tenendo conto delle date in cui quelle pagine sono state pubblicate e delle eventuali variazioni o sviluppi che i fatti riprodotti hanno avuto) e soprattutto le parole con cui il giudice istruttore di Milano Guido Salvini, il 14 luglio 1997, chiese la prosecuzione delle indagini relative al procedimento penale 271/80 sul duplice omicidio di Fausto e Jaio, due giovani di sinistra uccisi a Milano nel 1978. Ci vuole poco per ricordare che Mario Corsi è un signore che è stato esponente dei NAR, una sigla terroristica di destra tragicamente molto nota non solo a Roma.

DUPLICE OMICIDIO - Marione era uno degli indiziati per l'omicidio di Fausto e Jaio, fino a quando il Gip Clementina Forleo ha archiviato la sua posizione per insufficienza di prove. Marione nel '77, faceva parte del gruppo "Prati" aderente ai Nuclei Armati Rivoluzionari. Nel '79 riceve il primo avviso di garanzia per l'omicidio di Fausto e Jaio. Viene arrestato nel 1981 nell'ambito dell'inchiesta sulla strage alla stazione di Bologna, poi rilasciato insieme ad altri neofascisti romani. L'indagine parte dalle scoperte del giudice Mario Amato, assassinato dai Nar nel 1980. Amato aveva ereditato un dossier realizzato da Valerio Verbano, uno studente del Liceo Archimede di Roma, esponente dell'autonomia operaia anche lui ucciso nella sua abitazione, davanti ai genitori, il 22 febbraio 1980. Il 20 aprile 1982 il Tribunale di Roma lo condanna insieme a Massimo Morsello, Emanuele Appio e Maurizio Catena per l'assalto alla scuola romana "Fratelli Bandiera" avvenuto nel '79. Il 28 maggio 1982 è rinviato a giudizio insieme ad altri 55 neofascisti dei Nar. Al gruppo il giudice istruttore contesta 220 capi di imputazione che vanno dalla strage alla rapina, omicidio, violazione della legge sulle armi, danneggiamento doloso.

CINEMA INCENDIATI - Il 17 maggio 1984 arriva per Corsi un'altra condanna. Il Tribunale lo ritiene responsabile degli incendi nei cinema "Induno" e "Gardena", avvenuti a Roma tra il '79 e l'80. È condannato a cinque anni. Nel dicembre dell'84 viene accusato dell'omicidio del giovane simpatizzante del Pci, Ivo Zini, ucciso perché colpevole di leggere una bacheca de "l'Unità". Il 2 maggio 1985 c'è la sentenza denominata "Nar 1". Corsi riceve una condanna a 9 anni ma per il delitto Zini viene prosciolto per non aver commesso il fatto. Il 19 aprile c'è il secondo grado. In appello Corsi viene condannato per l'omicidio di Ivo Zini. 23 anni di carcere. Per lui la Corte d'Assise di Appello di Roma emette un mandato di cattura. Il 9 aprile dell'87, la Cassazione dispone un nuovo processo per Corsi relativo sempre a Zini.

ASSOLTO - Intanto le inchieste su Fausto e Jaio a Milano proseguono con nuovi accertamenti. Il processo Zini torna nuovamente in appello e Corsi viene assolto. Nell'89, la Cassazione ratifica e Corsi viene prosciolto in via definitiva. Nel 1991, il giudice Guido Salvini gli invia un nuovo avviso di garanzia per Fausto e Jaio. Siamo nel '96. Corsi si mette a capo della tifoseria romanista. Il 27 settembre viene arrestato. Con lui finiscono in manette Fabio Mazzei, Giuseppe De Vivo, Daniele De Santis, Guglielmo Criserà, Giuliano Castellino, Fabrizio Carroccia. I sette sono accusati di aver organizzato estorsioni a funzionari della società giallorossa, pretendendo trattamenti di favore e facilitazioni per entrare allo stadio in occasione delle partite della Roma. In caso contrario, minacciavano i funzionari avvertendoli che sugli spalti ci sarebbero stati problemi di ordine pubblico. Quattro di loro fanno parte del gruppo dei ''Boys''; gli altri tre di ''Frangia ostile, cuore di Curva''. Arrivano altre accuse. Irruzioni in radio private per imporre la loro partecipazione alla trasmissione e far leggere i loro comunicati; minacce a giornalisti sportivi, tra cui due cronisti di altrettanti quotidiani romani; striscioni esposti allo stadio con intimidazioni mirate. Il Gip del Tribunale di Roma emette per questi tifosi altri provvedimenti per violenza privata, dopo ulteriori indagini svolte dalla Digos diretta da Domenico Vulpiani. In particolare, per Mario Corsi, e Fabrizio Carroccia, 32 anni, ''er mortadella'' il Gip dispone gli arresti domiciliari. Il 24 settembre 1999, il Pm di Milano Stefano Dambruoso chiede l'archiviazione, per l'omicidio di Fausto e Jaio, per Mario Corsi, Massimo Carminati, Claudio Bracci, accusati di quel omicidio. Chiedendo l'archiviazione, il Pm D'Ambruoso sostiene che non sono state trovate sufficienti prove a carico degli indagati. Per Salvini invece gli indizi c'erano. Quando Mario Corsi è arrestato nel '78 a Roma per l'aggressione ad alcuni militanti della nuova sinistra, nella sua casa vennero trovate le fotografie di Fausto e Iaio e dei loro funerali, che Corsi dice di aver preso dall'archivio di uno zio giornalista a Cremona. La presenza di quelle foto, per il Pm, è del tutto ingiustificata. Altre ipotesi del coinvolgimento di Corsi e del suo gruppo vengono da alcuni pentiti dell'estrema destra (tra cui Angelo Izzo), uno dei quali parlò anche di una sorta di confessione ricevuta da Corsi al telefono.

LE ACCUSE DI GAY - Il 18 marzo 2000, il consigliere comunale di Milano di Rifondazione Comunista, Umberto Gay, denuncia pubblicamente Corsi: «Io lo accuso di essere nella migliore delle ipotesi la "spalla" e nella peggiore il killer di Fausto e Iaio. Mi assumo le mie responsabilità - spiega Gay, che per rendere pubblica la sua denuncia incontra i giornalisti nel palazzo di giustizia di Milano -. Per la prima volta siete di fronte ad un soggetto privato che sceglie di accusare una persona con nome e cognome per quel delitto. Tu, Mario Corsi, sei l'assassino di Fausto e Iaio. Il mio obiettivo è che ci sia una risposta da parte dell'interessato e soprattutto che il giudice Clementina Forleo, che deve decidere se archiviare l'inchiesta, valuti invece l'opportunità di disporre nuove indagini. Anche perché la Procura di Milano, tranne le prime indagini compiute dal pm Armando Spataro, se n'è sempre fregata di questo omicidio». Poche ore dopo la denuncia di Gay arriva la risposta di Corsi: «È assurdo che si facciano affermazioni del genere quando ci sono stati tantissimi giudici che non mi hanno ritenuto responsabile del duplice omicidio. A quest'ora non sarei libero. Oltretutto non sono protetto da nessuno, né da gruppi politici, Fini e gli altri non mi stanno per niente simpatici, né da clan mafiosi, né da lobby. Non vedo perché un giudice onesto come Salvini avrebbe dovuto aver timori ad arrestare una persona come me. Non sono certo Sofri, che tra l'altro ritengo innocente, che viene difeso dall'intera sinistra». Corsi annuncia una querela nei confronti di Gay.

PROVE INSUFFICIENTI - Poi arriva la definitiva archiviazione per insufficienza di prove del giudice Clementina Forleo, il 14 dicembre 2000. Ma il giudice istruttore Salvini, nella richiesta di prosecuzione delle indagini, aveva scritto che il possesso delle foto di Fausto e Iaio, trovate a casa di Corsi nel 1978, era del tutto "ingiustificato trattandosi non di fotografie di camerati, ma di avversari politici caduti perdipiù in un'altra città". Un altro elemento a suo carico era la sua "presenza, unitamente ad altri camerati romani, secondo la testimonianza di Mario Spotti sostanzialmente non smentita dallo stesso Corsi, a Cremona nei giorni circostanti l'omicidio. In tale città, in quel periodo prestava servizio militare un altro esponente del FUAN, Guido Zappavigna, mentre Mario Spotti si era poco tempo prima recato a Roma per acquistare una pistola da Franco Anselmi. Mario Spotti ha inoltre ammesso di avere distrutto la propria agenda del 1978 che poteva fornire ulteriori dettagli dei legami logistici fra Roma e la Lombardia. Lo stesso, coinvolto in altre vicende di armi a Bolzano, si è suicidato nel 1995". Altri elementi a carico di Corsi, secondo il Giudice Salvini: "Indicazioni, sia pur generiche, in ordine alla responsabilità del gruppo Corsi nel duplice omicidio, provenienti dai pentiti dell'area di estrema destra Cristiano Fioravanti, Walter Sordi, Stefano Soderini, Paolo Bianchi, Patrizio Trochei e Angelo Izzo. In particolare Paolo Bianchi avrebbe ricevuto dal Corsi una sorta di confessione diretta e caratterizzata da qualche particolare (cfr. episodio della cabina telefonica) in occasione di una successiva azione di autofinanziamento commessa in comune con il gruppo di Corsi.

IZZO RACCONTA - Leggiamo altre notizie: «Soprattutto Angelo Izzo ha parlato di un episodio avvenuto a Milano nel 1978 riconducibile, quale modus operandi, al duplice omicidio di Fausto e Iaio in quanto rivolto contro un altro esponente del Leoncavallo (seppure a livello più alto) e commesso da elementi dell'estrema destra romana in trasferta. Izzo ha infatti dichiarato - in tre diversi interrogatori - di avere appreso da Valerio Fioravanti e Mario Corsi che costoro si erano recati a Milano, nel 1979 , insieme a Guido Zappavigna con l'intenzione di uccidere Andrea Bellini, esponente prima del Gruppo Casoretto e poi del Circolo Leoncavallo, che allora era sospettato di avere partecipato all'uccisione dello studente missino Sergio Ramelli. In tale occasione Guido Zappavigna aveva preso alloggio presso un albergo, portando con sé le armi necessarie per l'azione, e Valerio Fioravanti gli aveva addirittura chiesto di provare uno dei silenziatori sparando un colpo all'interno della camera.

GIUSVA FIORAVANTI - Il gruppo appoggiato da una struttura logistica milanese conosciuta da Fioravanti, aveva avuto a disposizione un furgone con targhe false, ma, dopo alcuni appostamenti, non avendo potuto vedere Bellini, aveva rinunciato all'operazione. In tale occasione Mario Corsi si era lamentato con Fioravanti in quanto per l'azione dell'anno precedente egli non aveva potuto usufruire degli appoggi logistici di cui Fioravanti disponeva a Milano. Secondo il dottor Salvini l'episodio raccontato da Izzo ha trovato significativi elementi di riscontro. Infatti:
1) Guido Zappavigna ha preso alloggio presso l'Hotel Cristallo di Milano dal 12 al 18 aprile 1979 (come da nota Digos Milano del 15 marzo 1989), circostanza neutra e generica che Izzo non avrebbe potuto conoscere se non gli fosse stata raccontata in relazione a qualche episodio significativo per il gruppo;
2) Valerio Fioravanti ha confessato tale episodio (interrogatori del 27 dicembre 1990 e 23 luglio 1991) in termini abbastanza analoghi a quelli riferiti da Izzo e pur rifiutandosi di indicare il nome dei complici;
3) Andrea Bellini ha fornito una descrizione dei suoi movimenti, in tale periodo compatibile con gli altri elementi acquisiti (deposizione del 7 gennaio 1991)».

I FASCI DI ROMA - Abbiamo pubblicato il testo della richiesta di proseguimento delle indagini per l'omicidio di Fausto e Iaio (due giovani di sinistra del Centro Sociale Leoncavallo uccisi a Milano nel 1978), perché fornisce uno spaccato di quello che è stato e di quello che in parte ancora è l'estrema destra a Roma. Ci riferiamo per esempio a Guido Zappavigna consigliere circoscrizionale per Alleanza Nazionale in XII circoscrizione, nonché capo dei "Boys", un gruppo nazi ultras della Roma, nonché titolare della ultra-pubblicizzata pizzeria Palla al Centro insieme a Bruno Petrella altro fascistone (laziale). Ma soprattutto Mario Corsi, che dopo essere stato imputato dell'uccisione di Ivo Zini, ucciso mentre leggeva "l'Unità" in una bacheca di via Appia nel 1978, e che poi dopo qualche anno di rifugio in Inghilterra, insieme ad altri suoi camerati (come Fiore che organizza un milionario business con la sua agenzia "Easy London").

CAPO DEI "BOYS" ROMANISTI - Mario Corsi è poi tornato a Roma, ha guidato i "Boys" nella loro ascesa durante la presidenza della AS Roma dell'altro fascistone Giuseppe Ciarrapico che mentre portava allo sfascio la squadra e la società, elargiva potere e denaro ai suoi camerati, tra questi, in prima fila, proprio Mario Corsi detto Marione che, ai tempi di Radio Incontro, con fare innocente e simpatico tra un inno nazionale ed un accenno a Che Guevara e a quei ragazzi che ingannati dai politici si sono sparati per strada anni fa... continua impunito la sua opera dedicando ad esempio canzoni ad un "NAR Kapplerino" morto anni fa durante una rapina. Ultimamente - dicono ancora queste fonti che parlano di fatti di qualche tempo fa che potete trovare su internet su tnr.org - si è separato dal suo partner Bruno Ripepi (neanche a dirlo ex consigliere del MSI in XII): la coppia è caduta in disgrazia ed ha divorziato dopo che la AS Roma ha denunciato i due per un giro di estorsioni contro la società che "ricattavano" potendo gestire tramite il loro programma radio gli umori di una parte della tifoseria, con un loro rendiconto economico, naturalmente. Il Corsi infatti gestisce anche il "Punto Roma di via Angelo Emo 59 (sempre nella "sua" Prati) da dove elargisce abbonamenti, introvabili biglietti di Curva Sud, trasferte, gadgets etc.".

ORA SAPETE CHI E' - Bene, ora sapete chi è il fior di galantuomo che quotidianamente su una radio romana attacca la Lega Nord, Bossi, Maroni e il direttore di questo giornale. Ricordate quel nome in cui ci siamo imbattuti prima, Zappavigna? Non sappiamo se si tratta di omonimia o di un parente, dato che un certo Paolo Zappavigna è uno dei capi degli ultras della Roma. Ma che cosa aspetta Maurizio Costanzo a invitare tutti costoro a "Buona Domenica" insieme col cameramen di sua moglie Maria, arrestato e rilasciato perché era uno dei tre entrati in campo domenica sera all'Olimpico? Che cosa aspettano i mass-media a farli diventare ancora più eroi, a lisciargli il pelo, a dare loro spazio, a renderli ancora più potenti. Perché dobbiamo essere solo noi a spiegarvi chi sono, a dirvi qual è il loro passato, a non avere paura delle minacce che riceviamo e che sono state accese dai contenuti di certe trasmissioni radiofoniche di Roma?
Per oggi è tutto. Arrivederci a domani, parleremo anche di quelli della Lazio.

 


 

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