CRONACA DI ORDINARIA INDIFFERENZA

Il 26 agosto 1997, da Bruxelles, era prevista la partenza di un treno per la pace che avrebbe dovuto raggiungere Diyarbakir (Kurdistan) e garantire la partecipazione di mille europei alla Festa di popolo in occasione della giornata mondiale della pace in solidarietà con i kurdi.

Al “treno della pace” intitolato allo scrittore kurdo Musa Anter, assassinato nel 1993, gli sono però “stati tolti i binari”. Infatti il premier turco Ymaz, dopo aver rifiutato di incontrare la delegazione del treno, ha ufficializzato il divieto del passaggio del treno in Turchia. Infine anche il governo tedesco ha ceduto alle pressioni turche negando “per motivi di sicurezza l’accesso agli stranieri (tutti europei e molti tedeschi)” sul treno proveniente dal Belgio. Ma questo non ferma la voglia di raggiungere le centinaia di migliaia di persone che in Kurdistan stanno festeggiando la giornata mondiale per la pace.

Il 27 agosto il treno, trasformatosi in aereo, parte alla volta di Istambul. Contemporaneamente il ministro degli esteri italiano Dini prepara a Roma il matrimonio d’interesse con il governo turco; come da costume (possiamo non ricordare la repentinità con cui lo stesso si impegnò, pochi giorni dopo il massacro del commando del MRTA E. Sanchez a Lima, a ricevere il presidente peruviano Fujimori?) il governo italiano si schiera palesamente con l’imperialismo mondiale, accarezzando tutte le prospettive che questa larga intesa si prepara ad offrire a chi la appoggia.

Assediata Istambul, assediata Diyarbakir, assediata tutta la Turchia e il Kurdistan, le forze di polizia cercano in tutti i modi di impedire che il convoglio europeo dimostri la propria solidarietà al popolo kurdo. 7 italiani arrivati a Diyarbakir prima degli altri, dopo numerosi controlli e minacce, vengono presi e fatti salire su un aereo che li riporterà ad Istambul in attesa di essere espulsi.

Il capo della polizia turco emana degli avvisi minacciando che chiunque aiuti il convoglio verrà trattato come un terrorista del PKK, compresi i tassisti che li trasportino da una parte all’altra della città. Sempre a Diyarbakir vengono operati degli arresti di avvocati, insegnanti e medici che avevano aderito al treno e un leader del sindacato kurdo viene arrestato ed è attualmente ancora sotto tortura. Nonostante il presidente del Sud Africa Nelson Mandela si offra come mediatore per risolvere il conflitto in atto contro i kurdi, le forze dell’ordine setacciano tutta la Turchia aprendo la caccia al kurdo e reprimendo chiunque esprima solidarietà mobilitandosi per la liberazione di tutti i popoli.

Dopo aver partecipato alla manifestazione indetta dai kurdi per accogliere il convoglio ad Istambul, i 7 pullman europei partono alla volta di Ankara. Il 1 settembre 1997 vengono fermati dall’esercito turco e trattenuti nella caserma di Urfa, noto luogo di tortura, per ritardare il loro arrivo a Diyarbakir. Per protestare contro questi atti di violenza 250 kurdi improvvisano una manifestazione contro la quale la polizia spara ferendo tre persone. Alle porte della cittadina kurda ad aspettare il convoglio ci sono due carri armati accesi con le mitragliatrici puntate, davanti ai quali viene improvvisato un sit-in, il quale però, represso, viene costretto a forza a tornare indietro verso Urfa. 1000 kurdi vengono arrestati, all’autista del pullman dei tedeschi gli viene rotta la clavicola con un colpo del calcio del fucile, 14 dirigenti dell’Hadep (partito dem. kurdo) vengono tratti in arresto con l’accusa di manifestazione non autorizzata: quello che oggi salta agli occhi come una fatto straordinario è per il popolo kurdo la quotidianità.

Nonostante abbiano intercesso il console italiano, spagnolo e finlandese, alla carovana viene negato l’accesso ad Ankara e sotto la minaccia di sparargli contro, vengono forzatamente rispediti verso Istanbul e reclusi dentro un albergo.

Alle richieste inoltrate all’Unità di crisi alla Farnesina di fornire spiegazioni e chiarimenti della repressione sulla delegazione pacifista europea in Turchia, ci viene risposto che “i delegati europei maggiorenni e vaccinati sapevano di andare contro la volontà del governo turco, partecipando alla manifestazione per la liberazione del popolo Kurdo”. Questo mentre le agenzie italiane di stampa, continuando a tacere sull’iniziativa del treno per Dyarbakir e sui relativi gravissimi sviluppi, calcavano la notizia dell’accordo militare tra Usa, Turchia e Israele per rafforzare il dominio dell’imperialismo globalizzato nell’area mediorientale: a farne le più care spese, al solito, i popoli che ancora non riescono a far valere i propri diritti di identità e terra: Palestinesi e Kurdi!

Il 3 settembre viene improvvisata una manifestazione nella piazza principale di Istanbul per chiedere la scarcerazione dei 14 arrestati e la possibilità di fare una conferenza stampa. Il convoglio rimane in stato d’assedio ad Istanbul fino alle ore 15.00, quando ci giunge la notizia dell’irruzione nello stesso albergo, delle forze di sicurezza che caricano ed arrestano 21 dei partecipanti, tra cui un italiano, Dino Frisullo portavoce dell’ass. Senzaconfine, già memore di un precedente arresto in Turchia, 10 tedeschi, 2 svizzeri, il vice console inglese, 3 spagnoli, 4 giornalisti turchi, 1 danese, 1 diplomatico del sud Africa, costringendo gli altri a barricarsi all’interno della Hall.

I mezzi di informazione antagonisti, già mobilitatisi nei giorni successivi sono in attesa degli sviluppi; la stampa istituzionale, ancora tace.

ROMA, COMPAGNE E COMPAGNI RIUNITISI IN ASSEMBLEA IL 2/9/1997 AL CSOA PIRATERIA


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