L'hanno assassinato. Col silenziatore. Con quell'arma vile che ha fatto zittire per sempre decine e decine di uomini che cercavano la luce della libertà sfidando il buio calato sul mondo arabo.
Era l'arma (e lo è tuttora) di chi ha il potere, ma non il coraggio di ascoltare la voce della ragione.
L'arma contro la quale Naji ha lottato con tutte le sue forze, con la sua matita e le sue vignette.
"Il fulcro di tutta la democrazia", amava ripetere il grande vignettista nelle sue poche interviste che rilasciava o nelle sue rare apparizioni in pubblico.
Quando mi è stato chiesto di scrivere queste parole di presentazione ho avuto un attimo di Naji Al-Ali esitazione perche Naji non era un vignettista qualsiasi e non era solo un bravo artista. Agli altri vignettisti non mancava il senso dello humour, o la battuta piacevole. Ma Naji era semplicemente un genio.
E' difficile quindi inquadrare in poche righe, ma il mio amore-bisogno quotidiano della sua vignetta mi spinge a provare.
Erano gli anni più feroci della guerra civile in Libano. Una guerra che ha segnato forse, irrimediabilmente il destino dei palestinesi, dei libanesi e di tutto l'assetto regionale.
I risultati di oggi sono in gran parte il frutto di quella amara e forse storica sconfitta subita da uno schieramento libano-palestinese che si voleva progressista e per il riscatto nazionale.
Oggi il Libano sta cercando di sollevarsi non si sa come, mentre i palestinesi si avviano divisi e lacerati verso un qualche regime di autonomia, risultato di un discutibilissimo accordo che nasce da lontano, proprio da quel disegno che con la guerra ha voluto distruggere il sogno di decine di migliaia di libanesi e palestinesi.
Sono stati anni pienamente vissuti, con le bombe, i cannoni e... tante vittime innocenti. Ma anche con la speranza di svegliarsi la mattina con una buona notizia che proveniva dal "fronte", ascoltando la radio e divorando i giornali.
L'articolo, il commento, la foto, e, in sostanza, la parola erano il nostro pane quotidiano.
Ecco, per me, e per decine di migliaia come me, la vignetta di Naji era il caffè del mattino.
Naji era il vignettista di Assafir, quel quotidiano libanese, nato come foglio della sinistra libanese ed araba, ma che deve la sua fama grazie anche alla rubrica di Naji.
I lettori di Assafir leggevano il giornale al rovescio: ancora prima di gettare lo sguardo al titolo di apertura e all'editoriale del direttore, guardavano subito l'ultima pagina per godere la vignetta e capire da dove "tirava il vento".
La sua vignetta rappresentava la bussola per una nave che doveva affrontare il mare in tempesta. La nave palestinese sulla quale a Naji piaceva immaginare che fossero imbarcati tutti i poveri e i diseredati di questa terra.
Il suo era uno stile semplice, chiaro e pungente. La sua visione era ampia e globale ed il suo impegno era fermo e lineare.
Era un vignettista politico per eccellenza; partiva da un fatto particolare per affrontare il contesto del momento.
Emblematici i suoi personaggi; dal piccolo e pensieroso Handala che rispecchiava spesso gli umori di Naji alla zia Hanifa, la saggia donna che rappresentava la coscienza del popolo palestinese.
La sua era una vignetta-commento, una vignetta-messaggio. Ecco perchè parecchi di noi, in determinate giornate difficili, si accontentavano di leggere la vignetta o di farla raccontare dall'amico. Naji non disegnava solo per mestiere, ma perchè ci credeva. Credeva nella giustezza della causa. La terra era quasi sempre presente nei suoi disegni, perchè aveva un grandissimo richiamo su di lui; richiamava le sue radici, la sua storia.
Anche lui, come tanti altri palestinesi, è stato costretto ad abbandonare il paese natale, all'età di dieci anni. Disegnare per lui non era solo una passione, ma soprattutto un mezzo per esprimere i suoi pensieri, per gridare alto la sua rabbia contro chi ha usurpato la sua terra, contro l'occupazione israeliana. Era un personaggio errante per eccellenza; penna e carta sotto braccio, approdava dove annusava un po' di libertà per continuare a disegnare: Beirut, Kuwait, Beirut e poi Londra, il suo ultimo esilio dove e stato zittito per sempre. La sua sfida ai regimi era implacabile. "Quando non trovo piu un giornale che mi ospita, posso continuare a disegnare sulla spiaggia, sugli alberi o sul vento. Di lui, il grande poeta Mahmud Darwish ha scritto:
"Solo lui riesce a scegliere per poi distruggere e far esplodere.
Nessuno assomiglia a lui... però lui assomiglia a milioni di cuori perchè è semplice; è un evento straordinario..... di eccessiva umanita".
La democrazia era un suo tormento; le sue critiche non hanno risparmiato nemmeno la dirigenza palestinese. Negli anni successivi all'invasione irsraeliana del Libano (1982) e la cacciata dei palestinesi, Naji era diventato fortemente critico nei confronti della linea assunta dalla leadership dell Olp. La sua presenza in Kuwait, da dove aveva continuato a "lanciare" le sue vignette non era più tollerabile. Fu costretto quindi a prendere la via di Londra. Forse a Naji piacerebbe essere ricordato come il primo ad aver previsto lo scoppio dell'Intifada, esplosa pochi mesi dopo la sua scomparsa.
Tratto dal volume "No al silenziatore" di Saad Kiwan e Vauro Senesi
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