Dossier
"Terrorismo Sionista"
Questo documento-intervista
sul terrorismo sionista è stata condotta da un giornalista inglese che ne
ha intervistato una delle vittime,
il dott. Anis Sayegh. L'intervista è stata fatta in occasione dell'inizio
dell'aggressione Israeliana in Libano, l'11 aprile 1996 e presenta un'approfondita
ricerca affinché l'opinione pubblica inglese potesse all'epoca prendere coscienza
della questione.
La seguente ricerca riguarda il terrorismo israeliano dal 1936 sino al "Furore"
Consigliamo al lettore di studiare la cospirazione sionista in Palestina, avvenuta specialmente contro i cittadini britannici (o contro i civili in genere) a partire da fonti e dossier del CID (Criminal Investigation Department - il Dipartimento Investigativo Criminale Inglese n.d.t.), i quali sono attualmente tenuti e archiviati nella biblioteca pubblica di Kew a Londra, la maggioranza di questi documenti sono accessibili al pubblico già da qualche anno, a seguito della fine del periodo di riservatezza.
Non voglio limitarmi ad attirare l'attenzione della sola opinione pubblica britannica suI tema del terrorismo sionista, in quanto si tratta di materia che interessa l'intera umanità, specialmente dopo che trenta rappresentanti ufficiali di governo si sono precipitati all'incontro di Sharm Al-Shiekh (e dopo quanto ha seguito e seguirà negli incontri di livello superiore) per discutere della protezione di "Israele" contro il "terrorismo" palestinese.
Vi sono alcune motivazioni minori ed una principale che mi spingono a farlo. Per quanto riguarda le motivazioni minori, una è quella per la quale i Governi Britannici in passato hanno avuto molto a che fare con le decisioni che hanno sancito il destino dei palestinesi arabi confluito nella grande calamità di essere una popolazione di dispersi e senza tetto, un'altra è quella per cui la Gran Bretagna è una culla per la democrazia odierna e una madre di libertà per il mondo intero in genere e per noi arabi in particolare.
Dal momento che gli inglesi oggi lamentano l'estremo del terrorismo irlandese, dovrebbero essere invitati più di chiunque altro a guardare al problema del terrorismo in modo aperto, oggettivo e molto approfondito. Altra motivazione minore è data dal grande aiuto che nel passato i media inglesi (stampa, radio e televisione) hanno dato nella divulgazione della violenza perpetrata.
Ma la ragione più importante e più diretta è quella per la quale oggi in Gran Bretagna si sta svolgendo un dibattito di livello ufficiale sulla necessità di considerare (urgentemente) la "Jihad" alla stregua del terrorismo e di conseguenza considerare la chiamata alla Jihad, sia per bocca che per iscritto come un coinvolgimento in esso; tutto ciò è stato iniziato dalle autorità sioniste in Palestina ed imposto con la forza alla capitolante leadership del popolo palestinese (perdonatemi se impiego espressioni che non sono più di uso comune, o persino accettabile, in questo momento che noi chiamiamo "tempo del male". Ma si tratta di una cosa che è percepita come appartenente al passato e che il mondo civilizzato di oggi vuole dimenticare perché la si pensa in contraddizione con il festival di pace al quale siamo costretti a partecipare - senza dimenticare che tali espressioni sono ancora vive e riflettono la realtà rappresentando segnali chiari, che parlano da sé.).
Da tutto ciò ho sentito l'importanza di scrivere questo pacifico racconto, che spero scorra sotto gli occhi del lettore, prima che si convinca della questione del "terrorismo arabo". E potremo vedere che il terrorismo non è causato dagli arabi, ma che è di origine Israeliana e sionista sin dall'inizio.
Che il lettore possa concedermi il tentativo di essere breve, come può esserlo uno storico, nel riassumere un immenso dossier carico delle azioni condotte da gruppi politici organizzati negli ultimi sessanta anni, tale è il dossier sul terrorismo sionista: violente pratiche, commesse da gruppi ufficiali e semi ufficiali contro civili indifesi, i quali non erano né combattenti né personale militare, pratiche da ritenersi illegali da parte di un governo che difende la pace. Si tratta di una violenza che contraddice quei trattati, comuni tra i paesi sviluppati, sulla base dei quali almeno in teoria, si tiene fede ad accordi e trattati tra due o più parti o governi ed a pubblicazioni e testi che convergono nella prevalenza dei diritti umani ed in special modo, civili. Lascio al lettore ed alla sua coscienza di aderire a valori profondamente radicati, la facoltà di giudicare da solo chi sia realmente il terrorista e chi sia ad avere bisogno di protezione dal terrorismo, a condizione che utilizzi un unico e medesimo metro di giudizio - perché per la giustizia esiste un unico metro di giudizio - e che non usi un criterio differente per definire le stesse pratiche come corrette a beneficio di una parte e sbagliate per un'altra.
Ho scelto di iniziare dal 16 aprile 1936, esattamente 60 anni orsono, data nella quale è iniziato questo nero archivio sanguinante. Quel giorno, i terroristi sionisti scelsero a caso, sparando ed uccidendo due civili arabi che passavano in prossimità dell'insediamento di Betah Takfe, senza che questi presentassero caratteristiche militari o conducessero alcuna attività di tale sorta. Le attività terroristiche sono continuate da quel momento in poi, senza quasi mai fermarsi, sino ai giorni nostri. Con ciò non intendo specificare che prima di quel particolare giorno i sionisti non avessero commesso alcun atto di terrorismo contro gli arabi palestinesi. Vi furono decine di incidenti avvenuti nel primo trentennio di questo secolo ma si tratta di eventi separati e troppo distanti per unirli in una catena di eventi.
Le piazze di mercato, le vie principali e le aree residenziali povere di città quali Gerusalemme, Yafa e Haifa erano facili bersagli per i terroristi, specialmente nel 1938. Durante quell'anno morirono oltre cento civili, uccisi a seguito di scontri a suon di bombe. I terroristi ripeterono altre azioni all'inizio degli anni quaranta, i loro obiettivi preferiti erano cafés, ristoranti, alberghi, negozi, abitazioni, uffici e scuole arabe della maggior parte delle città e dei villaggi. Forse l'incidente meglio noto è quello dell'esplosione del King David Hotel di Gerusalemme, nel quale si trovava gran parte degli uffici del Governo palestinese (estate 1946). Risultarono duecento civili uccisi, la maggioranza dei quali arabi ed inglesi. La media mensile di civili arabi uccisi nei sei mesi precedenti la dichiarazione di nascita dello stato di Israele raggiunse i 150 morti.
Oltre le aree menzionate, i terroristi sionisti si concentrarono anche sulle banche e su centri e impianti di pubblica utilità, principalmente nell'impianto petrolifero di Haifa: magazzini, raffinerie, oleodotti e fabbriche. Tra il 1947 ed il 1948 gli impianti subirono numerosi attacchi. Ogni attacco risultò nella morte di decine di civili arabi tra lavoratori, tecnici e amministratori. Per ciò che concerne le banche, la maggioranza di esse era inglese, gli attacchi incrementarono dal 1946 sino alla metà del 1948. Non solo rapine, ma anche l'uccisione degli impiegati arabi.
I principali obiettivi dei terroristi sionisti dal 1937 e per più di dieci anni a seguire furono i mezzi di trasporto: piccole automobili, autobus, camion, treni, strade e ponti, ferrovie e stazioni. Le autorità registrarono oltre 500 omicidi di civili nei soli anni del 1937 e 1938. Per il 1947 e 1948 il pericolo aumentò (sia nel numero di attacchi che nel numero di vittime) al punto tale che spostarsi da un luogo ad un'altro divenne pericolosissimo per i civili arabi dei villaggi e delle città o dei loro dintorni; così se in primavera scorsa (1995 n.d.t.), gli ebrei di Gerusalemme avevano paura di prendere l'autobus, per timore delle ultime bombe, all'epoca, gli arabi palestinesi rimasero in casa venti mesi per paura del terrore sionista.
Inutile dire che la violenza avveniva senza alcun preavviso, senza calcolare il numero e l'età delle vittime né se ricoprissero alcun ruolo o attività militare. Tutte quelle violenze non accaddero per coincidenza, ma sulla base di un piano ben organizzato, finalizzato a terrorizzare il popolo arabo al fine di scacciarlo.
Realisticamente, non possiamo guardare a queste operazioni, in special modo quelle del biennio '47/48, nel solo contesto di una operazione sionista pianificata al fine di svuotare la Palestina dei suoi abitanti arabi originari per occuparne la terra ed i possedimenti da riempire nuovamente con immigranti ebrei. Questo piano ha la stessa età del movimento sionista stesso, il quale celebrerà il centenario della sua istituzione ufficiale l'anno prossimo (il 1997 n.d.t.). Il fondatore del movimento, Theodore Hertzl, aveva apertamente dichiarato nelle sue memorie che i coloni sionisti dovevano liberare la Palestina dai suoi abitanti..............
Ma in realtà non ha mai detto che l'escomio fosse il solo metodo di spostamento, in effetti ha suggerito di trasferire i palestinesi in Iraq (come si mormora anche oggi, l'intenzione internazionale di spostare centinaia di migliaia di palestinesi in Iraq è un'idea che ebbe Hertzl cento anni fa...) ma ha anche suggerito un altro modo di sbarazzarsi dei palestinesi: bruciarli con i raggi del sole delle zone depresse o ucciderli con i morsi dei serpenti dei laghi Hula, usandoli come schiavi per i coloni ebrei, inadatti a rischiare la vita per lavori pesanti e pericolosi.
In questo capitolo del dossier sul terrorismo sionista, vedremo come il piano fosse focalizzato sul terrorizzare gli abitanti in modo da riuscire nel loro spostamento di massa, nella migrazione, nella dispersione. Di conseguenza, non è strano assistere al terrore, specialmente nei sei mesi che precedettero la decisione di dividere la Palestina e l'ascesa dello stato di Israele..........Noteremo, seguendo le operazioni terroriste condotte alla fine del 1947 e nella prima metà del 1948 che esse ebbero come obiettivo principale quelle aree che i sionisti avevano pianificato di includere nel loro stato ad ogni costo - sia che quanto deciso nella risoluzione delle Nazioni Unite stabilita nel 29/11/1947 avesse soddisfatto le loro intenzioni, sia che una volta stabilito il loro Stato avrebbero comunque preso i territori di loro interesse, anche se la risoluzione li destinava allo stato arabo.
Queste operazioni sono iniziate nella seconda metà del dicembre 1947, con attacchi infami programmati contro i civili dei villaggi della provincia di Haifa. Seguirono i villaggi della provincia di Safad. Poi i villaggi nella provincia di Tabaraya. Il numero di civili morti in quelle zone raggiunse 170 uomini, donne e bambini. Seguirono altri attacchi contro i residenti di Al-Tireh, Saasa, Kfar Husseiniya, Sarafand, Kalounya, Beyt Sourik, Aylaboun, Al-Shajara e Nasser Al-Dine, 250 civili furono uccisi in questi villaggi. La carneficina più grande avvenne nella notte del 19 aprile nel villaggio di Deyr Yassin: ci furono 350 vittime su un totale di 400 residenti.
Dall'epoca, quella carneficina è diventata un simbolo della barbarie sionista, (e riporta alla mente un'altra operazione terroristica che avvenne lo stesso giorno di 25 anni dopo, nelle strade di Vardun a Beirut, dove i terroristi attaccarono tre ufficiali palestinesi, uno dei quali famoso poeta arabo, uccisi assieme alla moglie di uno di loro). Tali operazioni hanno aperto la via, nella seconda metà di aprile, ad attacchi contro gli arabi di tutte le città e villaggi, con il fine di epurarli: Tabaraya, Safad, Aka, Haifa e Yafa, e dopo meno di tre mesi Al-lid e Al-Ramla. Ogni attacco comportò oltre cento vittime e la fuga di decine di migliaia di palestinesi verso i Paesi arabi vicini. In meno della metà di un anno quasi 750,000 arabi palestinesi cercarono rifugio al fine di sfuggire alla morte, recandosi in Libano, Siria e Giordania Est, dove oggi vivono assieme a figli e nipoti, scacciati dalle loro case e con un numero crescente di discendenti. Una simile situazione si ripeté appena meno di venti anni dopo, verso la fine della guerra del 1967, quando le forze israeliane hanno preso possesso di quanto rimaneva della Palestina, o di quanto dal 1948 è noto come Gaza e La Sponda Ovest. Al numero dei profughi si aggiunsero altre 300,000 persone. Tutti civili. L'unica differenza trai due episodi di epurazione degli anni quaranta e sessanta è che gli eroi degli anni quaranta erano membri di organizzazioni sioniste non ufficiali (almeno in apparenza) quali Shtern, Argon, Hagana il cui braccio armato, il Balmach avrebbe ricevuto ordini diretti da associazioni ebraiche. Così come gli eroi del 1967, furono chiamati anche loro Forze di Difesa Israeliana.
Il terrorismo sionista non cessò dopo che l'armata israeliana occupò l'intera Palestina (e con essa il Golan e il Sinai), esattamente come il terrorismo del 1948-49 non si fermò al fine di stabilire uno Stato. Il terrorismo proseguì durante tutti gli anni cinquanta e la prima metà degli anni sessanta, come preparazione della guerra del 1967. Non passava una settimana senza che i sionisti commettessero qualche azione terrorista, ad esempio l'attacco al campo di Bureig (Gaza), poi fu la volta del villaggio di Kubeiya nell'estate del 1953. Nel corso di queste due aggressioni morirono in 60 e 90 furono i feriti tra la popolazione civile araba. A ciò fecero seguito altre due aggressioni, una nel villaggio di Nahalin e l'altra sulla costa orientale del lago Tabaraya, i morti ammontarono a 20. come nella guerra del 1956, centinaia di civili caddero a Gaza, la maggioranza dei quali sotto le macerie delle loro case bombardate dalle forze aeree, terrestri e marittime israeliane. E furono 450 i civili perlopiù lavoratori e contadini, vittime del massacro di Kfar Kassem e Khan Younus (autunno 1956). I massacri continuarono ancora: 30 morti in un raid a Al-Nakib (primavera 1967), 20 morti nell'attacco di Al-Sumu (autunno 1966).
Il terrorismo israeliano non era confinato alla sola Palestina. Si diramò occasionalmente oltre le frontiere, verso Libano, Siria, Giordania ed Egitto: furono assassinati circa duecento civili egiziani di Al-Suise, il porto di Tawfik e Al-Ismailiya (settembre 1967). Sono oltre cento coloro che furono uccisi durante i raid in Giordania alla fine del 1967. l'anno seguente i raid si spinsero sino ai distretti di Arbad e Al-Salat, con la scusa che vi soggiornavano combattenti palestinesi. Le vittime furono 60 civili palestinesi e giordani. Nell'estate del 1968 queste azioni terroristiche portarono alla morte di oltre 70 civili ad Al-Suise e Al-Ismailiya.
Nel 1969 furono oltre 60 i civili uccisi nei raid che bersagliarono Al-Hama e Meysaloon (Siria) e Bour Said (Egitto). In uno scontro morirono oltre 70 civili, in maggioranza operai di Abi Zubel in Egitto (febbraio 1970). Passati meno di due mesi i terroristi compirono un orrendo massacro di 50 bambini durante un raid che colpì la scuola di Baher Al-Bakar in Egitto.
Poi fu il turno del Libano. Un turno ancora non passato. Non parleremo dell'occupazione israeliana di ampie zone di questo pacifico paese arabo. Invece faremo menzione delle azioni terroristiche praticate ai danni dei civili. Azioni di cui è difficile tenere un registro per i passati 18 anni. Basti citare i massacri di Bint Jubail, Al-Arkoub, Majdal Silim e Hasbaya (1972) dove oltre 100 pacifici civili persero la vita. Così come i continui raid sui campi profughi palestinesi dove dopo ogni passaggio i morti si contavano a decine. Tutto ciò accadde prima degli attacchi decisivi portati al sud del Libano e nella Bekaa occidentale nel 1978 e poi nel 1982 che risultarono nella occupazione permanente di una vasta porzione di territorio libanese. E sei i civili egiziani, siriani e della Giordania hanno sofferto l'ampiezza del terrorismo sionista la sofferenza della popolazione libanese è stata tanta da non poterla descrivere, è impossibile elencare dettagliatamente le aggressioni quotidiane: missili ed artiglieria pesante, incursioni aeree, bombardamenti navali, bombe e mine sulle strade, autobombe, omicidi, distruzione di case, scuole ed ospedali sulla testa degli abitanti, automobili esplose con i passeggeri ancora a bordo, granate sulle piazze di mercato, di raduno e nei luoghi pubblici, così come una nuova pirateria ufficiale: sequestro ed incarcerazione di civili, lunghi assedi delle coste e l'impedimento dello sbarco di beni e assistenza medicale, taglio delle forniture di acqua ed elettricità, bombardamento dell'aeroporto internazionale e incendio degli aerei con a bordo civili.
Le vittime di queste azioni terroriste superano le migliaia. Sì. Decine di migliaia di civili morti, feriti, scomparsi, rapiti, incarcerati e mutilati, uomini, donne, bambini, anziani, figure religiose e giornalisti. Da notare con interesse che le armi impiegate sono tra quelle vietate dai trattai internazionali. Nel lessico quotidiano dei residenti sono entrate nuove parole quali bombe a grappolo, bombe aspiranti, shrapnel, bombe al fosforo e napalm, persino bambole trappola. Per tali motivi, sarà sufficiente ricordare un numero limitato di massacri commessi dagli israeliani negli anni passati, con un ecatombe di vittime che supera le migliaia di persone tra le comunità palestinese e libanese. I media britannici hanno avuto grande credito nello smascherare la gravità dei fatti: la carneficina di Saida, Al-Zahrani, Zreyriye, Bir Al-Abed e Amarat Al-Sanayeh ecc. ...i massacri dei campi di Sabra e Shatila perpetrati da soldati israeliani con l'assistenza di agenti libanesi addestrati ed armati da israeliani. A seconda di varie fonti, quella volta le vittime si contarono tra 1000 e 3000 civili palestinesi e libanesi; consultando gli archivi delle Nazioni Unite ed i resoconti dei loro rappresentanti uniti ai resoconti dell'UNIFIL si può avere percezione delle effettive dimensioni di tali atrocità. Un coraggioso fotografo ha colto l'immagine di un tank israeliano mente schiacciava un'automobile civile con i suoi cinque passeggeri ancora a bordo. Forse, un solo sguardo a questa orrenda immagine sarebbe più efficace della lettura di decine di articoli. Non dovremmo dimenticare la cospirazione israeliana contro il Libano durante la guerra civile del 1975-1990 che causò oltre centomila vittime tra i civili. Israele ebbe il ruolo più importante nel seminare la discordia in questa guerra, addestrando ed armando molti degli uomini implicati nella guerra civile.
A fianco di quanto abbiamo descritto vi furono altre operazioni terroristiche che è doveroso menzionare, anche se in breve: l'abbattimento dell'aereo civile sul Sinai, tutti morti i 106 passeggeri (1973). L'incursione alla centrale nucleare di Tamuz in Iraq che ne causò la completa distruzione, avvenuta sulle teste di lavoratori, tecnici ed esperti che vi si trovavano in quel momento (1981). Pochi anni prima i terroristi sionisti hanno spedito lettere-bomba ad un numero di scienziati egiziani e stranieri; alcuni morirono, gli altri rimasero storpiati o mutilati. Poi fu la volta di Tunisi, dove morirono decine di civili delle famiglie tunisine e palestinesi di Fidaen (1985). Per ultimo, la mattanza della moschea di Ibrahimi ad Al-Khalil (1994) dove perirono 50 arabi musulmani radunati in preghiera. Negli ultimi 50 anni in Palestina, Libano e nella regione del Sinai i luoghi di culto sono sempre stati un bersaglio allettante per il terrorismo sionista.
Prima di voltare la pagina del sanguinoso dossier sionista, dovremo menzionare la violenza ufficiale, praticata in anni recenti dall'esercito israeliano nei territori occupati contro l'Intifada palestinese e contro la Resistenza libanese. Anche se è noto che sin da quando emerse nel 1987, l'Intifada palestinese è praticata usando sassi, la risposta è sempre stata quella dei proiettili, delle bombe e di ogni sorta di violenze: l'uccisione di bambini, la tortura, l'espulsione dei cittadini attivi, l'arresto di decine di migliaia di cittadini sospettati, distruzione delle case delle famiglie dei Fidain e la confisca dei loro beni, chiusura di scuole ed università, ritardo dei programmi educativi, annuncio di interminabili coprifuoco, blocco delle strade di collegamento tra città e villaggi, assedio dei luoghi al fine di ridurne gli abitanti alla fame. È tutto ciò è stato legalmente consentito dalle risoluzioni ufficiali degli alti gradi degli uffici di governo. Sono state recentemente approvate leggi per regolare il modo con il quale trattare l'Intifada, che consentono cose mai viste al mondo o durante la nostra epoca, quali il diritto per i poliziotti e coloro che conducono gli interrogatori di spezzare le ossa dei detenuti, di sparare pallottole su dimostranti disarmati e pacifici. Molte di queste pratiche sono state estese al sud del Libano da quando si è sollevata la Resistenza Islamica, la quale pratica il suo diritto di opporsi all'occupazione israeliana che continua dalla metà degli anni '80. I centri di detenzione israeliani erano pieni a tal punto da non poter più contenere le migliaia di prigionieri e si rese necessaria la costruzione di nuove strutture, al loro interno si praticano tuttora le più orribili torture, vietate a livello internazionale. Gli israeliani continuano con la pratica dell'epurazione armata dei residenti. Se il numero di palestinesi scacciati ammonta a migliaia, il numero di libanesi costretti ad abbandonare le loro case del sud del Libano e della regione occidentale di Bekaa si conta in centinaia di migliaia, senza dimenticare le sofferenze ed i problemi personali, politici, economici, educativi e sociali che tale movimento di massa comporta, assieme alla confusione per il governo, le minacce di disordini pubblici, e l'arenarsi della via verso la ripresa.
La Gran Bretagna è stata amica del sionismo, oggi, è vittima del sionismo, lo è stata particolarmente nel periodo tra il 1942 ed il 1948. Ciò in quanto i movimenti sionisti accusarono le autorità britanniche di non fare abbastanza per la conversione della Palestina all'ebraismo, per non aver concesso il permesso a centinaia di ebrei emigranti dall'Europa di accedere alla Palestina. Per queste accuse pagarono numerosi soldati inglesi, ufficiali, poliziotti, giudici, impiegati ed amministratori, dentro e fuori dalla Palestina, la Gran Bretagna intera ha pagato un alto prezzo di indegnità ed abusi mentre per molte ragioni combattevano i nazisti tedeschi, una della quali era il terribile trattamento riservato agli ebrei dal regime nazista; mentre l'8° Regimento Britannico combatté a morte per impedire alle forze di Rummel, il quale aveva raggiunto le vicinanze di Alessandria, di raggiungere la Palestina e sterminare gli ebrei emigrati in quella terra. I sionisti utilizzarono le loro ben note tattiche (omicidio, autobombe, mine, bombe, presa di ostaggi, incursioni), misero in atto tattiche per screditare il nome della Gran Bretagna, quali impiccagioni ad alberi e pali elettrici, crocifissioni, frustare gli ostaggi e farne esplodere i corpi, alcuni con candelotti di dinamite barbaramente inseriti nel corpo.
In breve, questo è stato il comportamento dei sionisti negli anni quaranta per ripagare oltre cento anni di aiuto politico, diplomatico, militare e finanziario, che fece della Gran Bretagna il primo e più forte sostenitore dell'avidità sionista in Palestina sin dalla metà del 19° secolo. Questo è quanto in lingua araba chiamiamo "la ricompensa di Sanmar" (un re che affidò il compito di costruire il proprio castello ad un architetto, uccidendolo al termine del lavoro compiuto egregiamente). L'alleato è trattato come il nemico numero uno e ricompensato con un'amara delusione.
Il tentativo di assassinare Sir Harold McMichel a Gerusalemme, dopo l'omicidio, avvenuto al Cairo, del Ministro per il Medio Oriente, Lord Mowin furono due delle maggiori operazioni terroristiche sioniste contro i britannici, dal punto di vista dell'importanza delle vittime; le attività terroristiche si estesero poi agli alti funzionari, tra i quali i direttori di grandi aziende, ufficiali e giudici. Vi furono persino tentativi di colpire ministri a Londra e ambasciatori tramite l'invio di plichi-bomba, alcuni dei quali esplosero. Il terrorismo sionista continuò a seguire gli inglesi sino a quando anche l'ultimo soldato inglese lasciò la Palestina nel maggio del 1948. Consigliamo al lettore di studiare la cospirazione sionista in Palestina, avvenuta specialmente contro i cittadini britannici (o contro i civili in genere) a partire da fonti e dossier del CID (Criminal Investigation Department - il Dipartimento Investigativo Criminale Inglese n.d.t.), i quali sono attualmente tenuti e archiviati nella biblioteca pubblica di Kew a Londra, la maggioranza di questi documenti sono accessibili al pubblico già da qualche anno, a seguito della fine del periodo di riservatezza.
La disponibilità dei documenti e delle fonti potrebbe essere un invito agli studenti a scegliere questa materia per i loro master o dottorati Ciò non significa che furono solo gli inglesi e gli arabi i bersagli dei terroristi sionisti, possiamo citare l'assassinio del conte Folk Bronadot e del suo assistente, il colonnello francese Sirout, a metà del settembre 1948, quattro mesi dopo l'annuncio del sollevamento dello stato creato a forza, perché Bronadot osò suggerire modifiche alla risoluzione che voleva la divisione della Palestina, le quali ovviamente non piacquero ai sionisti. Più avanti due dei primi ministri di quello stato ebraico furono indicati come coinvolti nell'azione: Menahim Begin e Yitzak Shamir.
Non è necessario andare oltre. Apriamo una nuova pagina nel dossier del terrorismo sionista contro civili inermi. Le vittime questa volta sono gli ebrei stessi. Con questo non intendiamo le vittime di una guerra civile interna, sia essa politica, razzista o settaria, cosa che si verifica a volte all'interno delle comunità. Intendiamo vittime di atti terroristici specifici: di bande controllate che al fine di raggiungere i propri obiettivi praticarono l'omicidio di massa contro la propria gente, per poi tentare di lavarne via l'umiliazione con lacrime di coccodrillo versate a seguito delle vittime.
Nel novembre 1940 alcune bande sioniste fecero esplodere la nave "Patria" sulle coste della Palestina, a bordo vi erano 1,900 emigranti illegali ebrei, al fine di causare imbarazzo al governo britannico che ne aveva impedito lo sbarco. 240 ebrei annegarono. A febbraio 1942, vicino alle coste della Turchia, le bande sioniste fecero esplodere la nave "Stroma" che trasportava 770 emigranti ebrei illegali i quali annegarono tutti.
Baghdad: all'inizio del 1948 i terroristi ebraici fecero esplodere alcuni edifici residenziali in cui vivevano proprio ebrei, case, scuole, templi e stabilimenti commerciali, con l'intenzione di sconvolgere la pacifica sicurezza nella quale viveva la comunità ebraica, in modo da spingerli ad emigrare verso il nascente Stato che si stava insediando in terra di Palestina. Le azioni portarono i loro frutti e la quasi totalità della comunità ebraica emigrò dall'Iraq verso la Palestina, nell'operazione nota come Alì Babà. Con una simile operazione dal nome altrettanto folcloristico di "Tappeto Magico" lo Yemen fu praticamente svuotato degli ebrei che vi abitavano, spinti con la forza ed il terrore verso la Palestina occupata.
Non credo sia necessario procedere oltre nelI'elenco dei fatti o scendere nei dettagli per dimostrare che "il perfetto esempio di terrorismo" (se mi si consente una tale definizione) nel quadro storico attuale sia da attribuirsi ai sionisti e non ai Palestinesi né agli arabi. Nonostante, tutto questo, negli ultimi 60 non si ha notizia di alcun incontro organizzato al fine di discutere, condannare e mettere un termine a questa forma di terrorismo, al fine di proteggere la razza umana dal terrore. Anche se i rappresentanti ufficiali di ben trenta Paesi hanno pianto il destino del mondo quando alcuni giovani, guidati dal loro desiderio di liberare il proprio paese e proteggere le proprie famiglie dal terrorismo sionista ufficiale e non, hanno dato la vita durante quattro operazioni, facendosi esplodere in tre città palestinesi occupate. Il loro, non era desiderio di vendetta ma il tentativo di porre un limite al terrorismo che la loro gente fronteggia quotidianamente. Non uno dei gentiluomini convenuti al meeting di Sharm El-Sheikh, e poi a Washington, ha mai chiesto la ragione per la quale questi giovani si sono fatti esplodere con lo spirito di chi va a sposarsi.
Nessun rappresentante ufficiale ha chiesto i motivi che spingono la Nazione Araba, dall'Oceano al Golfo, (intendo l'intero mondo arabo, una nazione pacifica e che crede nei diritti umani) a celebrare queste azioni, anche pur essendo apertamente o in segreto consapevole del fatto che non nasce alcuna gioia dallo spargimento di sangue innocente cosa che invece si confà ai loro nemici: i sionisti. Sarebbe stato meglio se i gentiluomini di cui sopra avessero approfondito l'essenza del problema: quella della rivoluzione del popolo che lo conduca verso la libertà e la giustizia, contro l'oppressione.
Ancor più pericolosa della reazione Britannica a ciò che nell'incontro di Sharm El-Sheikh è stato definito fondamentalismo terrorista è quanto si ascolta nell'ambiente del Governo Inglese a proposito dell'approvazione di una legge che vieti la Jihad e l'invocazione alla Jihad, considerando tali azioni come atti criminali.
Jihad è un'espressione Islamica ed araba che indica il procedere verso la strada della rettitudine e della giustizia con qualsiasi mezzo disponibile, sia esso politico, intellettuale, pubblico, culturale e finanziario, non si limita ai meri mezzi militari. Jihad, nella sua vera accezione, significa anelare al il meglio, verso valori che sono simili, se non identici, in quasi tutti i testi sacri della civiltà umana. Di conseguenza, le scelte con quali un Mujahid può percorrere la via verso i suoi valori sono molto ampie: lingua, penna, denaro, conoscenza e infine potenza militare, se le altre scelte non sono utili.
Proibire la chiamata per la Jihad in Gran Bretagna è una pugnalata alla pubblica libertà, vietare ad una persona la possibilità di esercitare il proprio diritto (scrivendo o parlando) di esprimere vedute e opinioni, contraddice la concezione inglese di libertà e democrazia.
Forse, il modo migliore per spiegare il significato di Jihad secondo la concezione Islamica è quello di tradurre due discorsi del nostro Profeta per i nostri lettori.
Il primo: "colui che è testimone di misfatti dovrebbe agire di propria mano per cambiarli, se ciò non fosse possibile, usi la sua lingua, se ciò non fosse possibile lo faccia con il proprio cuore, e ciò è solo la più debole delle fedi". Ciò chiarisce al credente il numero di scelte che ha di fronte a sé al fine di mutare i misfatti e compiere il messaggio. Il secondo discorso: "la migliore Jihad è una parola di giustizia detta di fronte ad un crudele tiranno". Quindi è chiaro in questa indicazione, che l'obiettivo è di dichiarare la rettitudine e rifiutare la tirannia.
Gli israeliani hanno reso chiaro, con l'approvazione dei decisori del nuovo ordine mondiale (americano), un nuovo strano equilibrio: hanno emesso criteri e standard artificiali, infondati sulla cui base hanno proseguito nell'emissione di risoluzioni e leggi che sono infondate, false ed oppressive.
Hanno considerato l'accordo isreaelo-palestinese come un buon esempio. Lo hanno persino considerato come il più perfetto degli accordi di pace, ignorandone la natura di piano politico che potrebbe essere, così come potrebbe non essere, un piano utile, dato che vi sono sia oppositori che sostenitori - una situazione che comunemente si verifica per qualsiasi piano, risoluzione o accordo che implichi condizioni restrittive nei tempi e luoghi in cui l'accordo si compie. E poiché essi considerano la loro "Pace" come l'unica pace (e quindi nessuno dovrebbe opporsi alla vera pace), opporsi all'accordo è considerato di conseguenza come un'opposizione alla pace in tutte le sue forme, in altre parole opporsi a tutti i valori umani fondati sulla nostra civiltà e bagaglio religioso. La conclusione è che chiunque rifiuti tale accordo è nemico della razza umana e della storia!
Dal momento che l'Occidente ha inteso la parola Jihad come significante di atti di omicidio, chiunque invochi la Jihad contro specifici piani (ad esempio gli accordi di Oslo) è identificato come assassino o individuo che inciti all'omicidio e quindi complice. Così avviene che una persona normale e pacifica si trasformi in sanguinario terrorista e nemico della razza umana, in virtù del rifiuto degli accordi di Oslo e della chiamata ad opporvisi.
A causa di questa sequenza nell'errore di intendimento del terrorismo, non vi è più un posto nelle nostre organizzazioni democratiche (fondate sulla libertà di parola e opinione) per uno scrivente il cui unico crimine sia il rifiuto, in accordo con il suo popolo, di un piano nel quale egli intraveda l'ingiustizia e la perdita di diritti legali. Permettetemi di essere più specifico. Il leader palestinese (Sig. Yasser Arafat) ha firmato un accordo con il governo israeliano.
Eppure il Sig. Arafat non è stato in grado di ottenere la maggioranza dell'attuale parlamento (il Consiglio Nazionale della Palestina) a sostegno dell'approvazione di tale accordo. Sulla base delle intese democratiche, ciò significa un rifiuto dell'accordo. É quindi corretto condannare di chi si oppone o invoca opposizione scrivendo un libro, tenendo un discorso o rendendo chiara al popolo la questione? Se consentiamo che ciò accada avremo rovesciato il modo di intendere le cose, considerando chiunque desideri concretizzare gli obiettivi della maggioranza come un nemico della democrazia, un terrorista da sopprimere, mentre siamo testimoni del fatto che un oppositore della democrazia il quale falsifica le opinioni della maggioranza come qualcuno che compie un atto eroico, premiato con il Nobel per la pace e meritevole di un incontro internazionale per dedicato alla sua protezione dal "terrore" dell'opposizione.
Che il lettore mi consenta di rivolgermi a lui con amarezza. Sono stato uno dei primi a scrivere personalmente un'analisi degli accordi di Oslo, ed ho tentato di aderire ai limiti dettati da oggettività e imparzialità, ed ho invocato la caduta degli accordi di Oslo attraverso i mezzi della democrazia. E' corretto considerare quanto scrissi e (quanto ancora scrivo) come un atto di terrorismo o di incitamento al terrorismo?
Possa ancora il lettore consentirmi di parlare ancora di me. Sono una persona con capacità nella scrittura e nella ricerca. Non ho mai tenuto una pistola nelle mie mani (nemmeno una pistola giocattolo) o una bomba (nemmeno i petardi natalizi) né una spada, un pugnale o una baionetta. Credeteci o meno. Ma io rifuggo la vista del sangue sparso, anche quello di un animale, la vista del fuoco, persino di quello di un accendino! Sono una persona pacifica che è stata iscritta dagli israeliani (e probabilmente lo sono ancora) nella lista del terrorismo, e inseguita dai loro terroristi, che hanno tentato di colpirmi due volte, con esplosivi e razzi, alla terza ci sono riusciti, con un pacco bomba. Mi hanno preso l'udito e la vista, lasciandomi sfigurato. Il mio unico crimine è stato quello di scrivere, insegnare, pubblicare, educare le nuove generazioni allo scrivere e criticare il sionismo come pensiero e come pratica, esponendolo, opponendolo e resistendo, nei limiti della ricerca scientifica. Il mio crimine è stato quello di essere vissuto in Gran Bretagna per cinque anni. In quel periodo ho studiato relazioni arabe, e dagli arabi ho appreso l'essenza della libertà, della giustizia, della rettitudine per poi tornare neI mio paese e mettere in pratica quanto imparato. E al momento di mettere in pratica quanto avevo imparato a Cambridge mi sono ritrovato vittima.
Torniamo al terrorismo sionista e non parliamo più di me. Forse un confronto tra la concezione israeliana degli sforzi filosofici e culturali e quella araba può aiutare il lettore abituato a percepirli al contrario.
In meno di venti anni, il terrorismo israeliano ha ucciso (o tentato di uccidere), oltre dieci personalità palestinesi ed arabe, a Beirut, Nablus, Ramalah, Nicosia, Roma, Londra, Parigi, Bruxelles e New York. La maggioranza di vittime era composta da insegnanti, poeti, storici, giornalisti, artisti e scrittori.
Mi limiterò a citare pochi nomi, magari sconosciuti al lettore, ma ben noti al popolo arabo: Majed Abu Sharar, Bassam Abu Sharif, Saadat Hassan, Said Hamami, Naim Khodor, Karim Khalaf, Wael Zaieter, Bassam Al-Shikaa, Naji Al-Ali, Ez El-Dine Kalak, Basil Kabisi, Ghasan Kanafani, Hana Mokbil, Kamal Nasser, Mahmoud Al-Hamshari e Hani Al-Hindi. Tutti morti mentre impugnavano la penna, non una mitragliatrice.
Per ben tre volte il Centro di Ricerca, la più grande organizzazione culturale del popolo palestinese, è stato attaccato con esplosivi dai terroristi israeliani (1970-74), la quarta volta lo hanno depredato, la quinta lo hanno distrutto uccidendo e sfigurando numerosi ricercatori ed esperti (1982).
All'interno del Centro non vi era nulla se non libri e documenti. I numerosi civili palestinesi cacciati dalle loro case nel 1967 e 1992 erano principalmente persone che avevano un'educazione. Tra di loro, quasi 200 avevano il dottorato o un livello di istruzione superiore, ingegneri, dottori, farmacisti, artisti e scrittori.
Questo, a dimostrazione dell'intento sionista, di privare la comunità Palestinese della propria elite in grado di guidare la propria società sul piano politico e culturale. I sionisti hanno agito contro l'intelletto arabo allo stesso modo con il quale hanno agito contro l'arma araba. E hanno combattuto gli intellettuali allo stesso modo con il quale hanno risposto ai combattenti della resistenza palestinese ed araba, difensori dei diritti del proprio popolo. Hanno visto pistole dove erano libri, depositi di munizioni dove erano scuole, condanna dove erano documenti e una bomba ad orologeria là dov'è la verità. Le organizzazioni (quali il Mossad e lo Shin Bet) hanno quasi perso l'equilibrio e la ragione nel gestire la determinazione battagliera di arabi e palestinesi.
Sono molti gli arabi innocenti che hanno pagato con valoroso sangue per la causa palestinese. Un cameriere marocchino in servizio in un bar di Stoccolma è stato ucciso solo perché somigliava ad un ufficiale palestinese. Un altro è stato sfigurato, un manager di banca libanese, solo perché omonimo di un altro ufficiale che era medico. I terroristi sono comunque riusciti ad uccidere i loro reali bersagli, ad uno hanno sparato, l'altro fu avvelenato.
Chiudo questo documento così come l'ho aperto, parlando di sangue, scrivo queste righe il sesto giorno di aprile 1996, esattamente 60 anni dopo l'inizio del terrore organizzato. Scrivo mentre per il sesto giorno consecutivo i missili e le bombe israeliane raggiungono decine di luoghi affollati di civili in Libano, nella sua capitale, al sud, nella regione di Bekaa, a seguito dell'uccisione di un soldato israeliano, un soldato occupante.
Scrivo mentre risuonano le espIosioni a uno, due chilometri di distanza dalla mia casa, nel centro della capitale che sino alla settimana scorsa era un luogo pacifico. Come se prima che io lo termini, i sionisti volessero alimentare questo dossier con altre immagini di barbarie che mostrino i modi che riservano agli esseri umani arabi ed ai civili disarmati. Si tratta di una aggressione organizzata nel pieno senso del termine. Bombardamenti continui di zone residenziali, strade, piazze, parchi, mercati ed uffici, persino zone industriali e centrali elettriche, scuole, moschee, ospedali, rifugi, ambulanze e pompieri. Circa 200 incursioni aeree in un solo giorno. Continui bombardamenti da navi da guerra e postazioni di artiglieria nei territori occupati, sin dal 1978. assediare il fronte costiero che si allunga da Al-Nakura sino a Beirut, vietando l'ingresso di rifornimenti medicali e alimentari. Sporadiche chiusure dell'aeroporto. Taglio dei rifornimenti di acqua ed elettricità, telefoni, strade e trasporti. Guerra contro gli esseri umani e contro le infrastrutture del paese. Quaranta morti e duecento feriti sino ad oggi (sesto giorno), tutti civili, in maggioranza donne e bambini. Due uccisi mentre venivano trasportati in ambulanza.
E il colmo di tutto ciò è stato lo spostamento intenzionale dei residenti di 55 villaggi del sud, in tutto 350.000 sfollati. Non sono stati spostati solo per sfuggire morte e distruzione, ma anche perché il nemico li ha costretti. Se in passato gli israeliani si sono impegnati molto per negare le loro responsabilità nello spostamento coatto del popolo palestinese nel 1948, dichiarando che se ne andarono in base alle risoluzioni della leadership palestinese e al consiglio dei governi arabi, questa volta hanno apertamente e rudemente ordinato lo sgombero delle case di centinaia di migliaia di civili libanesi. La distruzione di un paese, perdite umane e materiali, l'impedimento di una crescita, è il prezzo che "Israele" considera equivalente alla morte di un soldato occupante.
E gli arabi si chiedono: il prezzo di un occupante israeliano aumenta, mentre il prezzo del popolo arabo diminuisce sino a tal punto? Il mondo intero e specialmente quelli presenti a Sharm Al-Sheikh, pensa che gli arabi acconsentiranno a tale "prezzo"?
E può Israele garantire assieme al suo grande protettore (USA) ed i loro alleati (inclusi quelli del nostro mondo arabo) che dalle macerie non emergeranno giovani uomini pronti a correre verso la morte per abbracciarla al fine di restituire dignità alle proprie famiglie?
Dopo tutto ciò che è stato detto, può il lettore rispondere a questa semplice domanda: chi è il terrorista: gli arabi o i sionisti?
E può osare trasmettere la risposta al suo governo?
Vergogna sul nostro mondo venga dalla maledizione della Storia che eguagli l'oppresso e l'oppressore, il bene e il male, il giusto e l'offensore. E se il nostro mondo non riesce a rispettare i propri valori, sarà la Storia a non rispettarli, ed i decisori di oggi si aggiungeranno alla lista dei nemici dell'umanità come Hulagu, Hitler e Himmler.
Dr. Anis Sayeg, Beirut 16/4/1996