Ebrei Talebani: certi estremisti sono più uguali di altri

Tim Wise


Mentre la tensione divampa in Medio Oriente - come conseguenza sia della continua occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele sia della quantità di bombe suicide/omicide da parte di coloro che si oppongono all'occupazione - si è parlato molto di "estremisti" e di azioni fanatiche. In quasi tutti i casi i suddetti termini sono stati applicati solo ai terroristi suicidi o ai membri di Hamas, Hizbollah, o ad altri gruppi palestinesi ed arabi considerati terroristi dal Dipartimento di Stato americano e dal governo di Israele.

Raramente questi appellativi sono stati attribuiti agli ebrei israeliani: nemmeno a quelli del gruppo dei coloni che in ogni loro azione sono animati dal disprezzo per gli Arabi e che parlano apertamente di pulizia etnica come soluzione del "problema palestinese" di Israele.
E nemmeno vengono attribuiti ai vari leaders dei partiti di ultras religiosi che propongono l'espulsione di massa se non lo sterminio dei palestinesi. E nemmeno vengono considerati fanatici il quaranta percento degli ebrei israeliani che in un recente sondaggio hanno dichiarato che avallerebbero il trasferimento forzato da Israele di tutti i palestinesi: almeno non sono tali per la stampa dominante o per la leadership politica degli Stati Uniti.

Inutile a dirsi, fanatico non è mai il termine che viene usato per descrivere Ariel Sharon, malgrado il fatto che sia ritenuto ampiamente responsabile del massacro di circa 2000 Arabi (circa 900 palestinesi) nel campo profughi di Sabra e Shatila durante l'invasione israeliana del Libano nel 1982. Nello stesso modo, la sua recente dichiarazione - in disprezzo totale delle norme giuridiche internazionali - che "nessuna nazione" ha il diritto di "portare Israele davanti a un tribunale", non importa come siano trattati i palestinesi, non è riuscita a far cadere l'accusa di follia sulla testa di Sharon al quale il Presidente Bush si riferisce come a un "uomo di pace."
E l'etichetta di fanatico non è stata nemmeno sbattuta in faccia al precedente Primo Ministro Ehud Barak - una specie di "colomba" per gli standard di Sharon - nonostante il suo riferimento razzista e disumano ai palestinesi come "coccodrilli" nel 1998.

"Fanatico" o "estremista" sono etichette che si applicano immediatamente a chiunque sia considerato contrario all'esistenza di Israele come stato esplicitamente ebraico. Ma quelli che si oppongono apertamente all'esistenza di uno stato palestinese non sono accusati nello stesso modo.

A meno che non si partecipi ad un'orgia di spari (e che non si indossi in quel momento un'uniforme militare israeliana) come ha fatto Baruch Goldstein nel 1994 uccidendo trenta musulmani in preghiera, si può quasi essere certi di poter evitare l'accusa di fanatismo o di essere etichettati come terroristi.

E mentre la partecipazione ad una manifestazione pro Palestinesi da parte di dichiarati sostenitori di Hamas o di fautori dell'orrenda tattica dei terroristi suicidi/omicidi catturerebbe immediatamente - e comprensibilmente - l'attenzione da parte dei media, sollevando l'ira dei simpatizzanti di Israele, la stessa partecipazione dei sostenitori del terrorismo ebraico in una dimostrazione pro-Israele non susciterebbe preoccupazioni di alcun tipo.

Per coloro cui non fosse chiaro a cosa si riferisca la frase precedente, vorrei far notare la prima pagina del New York Times del 6 maggio,e in modo particolare la fotografia del "Saluto ad Israele" della Solidarity Parade di New York. Sullo sfondo di questa foto si poteva vedere un cartello appeso sulle barricate di contenimento dei dimostranti pro-Israele, su cui si leggeva: "Kahane aveva ragione," con riferimento al nazionalista ebreo ucciso Meir Kahane membro del precedente parlamento israeliano. Kahane è stato il fondatore della Jewish Defense League (Lega Ebraica di Difesa) : ufficialmente riconosciuta dalle autorità americane come un'organizzazione terroristica interna per la sua comprovata violenza contro gli avversari politici.

E per di più i sostenitori di Kahane, la JDL, e il suo movimento di base ad Israele, il Kach, camminavano al fianco dei "liberal" Ebrei Americani nel corteo di New York senza il minimo cenno di condanna o di distacco da parte di questi membri dalle "menti più aperte" del movimento sionista.

Questo a dispetto del fatto che Kahane con le sue parole incitava ad "andare fino in fondo" nel cacciare gli arabi da Israele, anche sui carri bestiame se necessario - cosa che richiama alla mente il trattamento inflitto dai tedeschi agli ebrei nell'Olocausto. A dispetto del fatto che il movimento di Kahane invochi la completa restaurazione della Israele Biblica, che comprende parte dell'Egitto, della Siria e dell'attuale Iraq, che significa impegnare Israele in una guerra su vasta scala contro i suoi vicini. Ed anche a dispetto del fatto che il movimento di Kahane invochi "uno stato governato dalla Torah", stato nel quale "la democrazia deve essere esclusa" la legge suprema dovrebbe essere amministrata dalle autorità religiose, "il rispetto del Sabbath reso obbligatorio" e la libertà di parola abolita.

Ci si può immaginare che tipo e che ampiezza di cronaca sarebbe data se in una manifestazione pro-palestinesi un gruppo portasse cartelli di elogio di Osama bin Laden. Anche l'aperto sostegno a favore di Yasir Arafat rischia l'accusa di appoggio al terrorismo, data l'insistenza con cui Sharon e i suoi amici ripetono che Arafat è la mente dei terroristi suicidi e deve essere estromesso da ogni futuro negoziato relativo alla Palestina.

Eppure Arafat non ha mai detto qualcosa di così malevolo degli ebrei come Kahane degli arabi.

Proviamo a immaginare, per esempio, che Arafat abbia dichiarato queste cose:
"Gli ebrei di Israele rappresentano una dissacrazione del nome di
Dio.... cacciarli da questa terra è quindi qualcosa di più di una
questione politica. E' una questione religiosa, un obbligo religioso
per revocare la dissacrazione del nome di Dio:"

Oppure:
" Nessuno può capire l'anima di quelle bestie di ebrei, quegli scarafaggi.
Dovremo tagliar loro la gola o sbarazzarci di loro .... chi non
se ne andrà sarà ammazzato."

Eppure Kahane ha detto proprio queste cose degli arabi, e sono atteggiamenti che i suoi sostenitori accettano ancora. E nonostante questo la presenza di suoi accoliti in una manifestazione di solidarietà ad Israele non solleva obiezioni da parte degli ebrei moderati o dei politici che dichiarano di voler la pace.

Mentre l'Occidente ed Israele insistono perché Arafat condanni il terrorismo palestinese, nessuna richiesta analoga viene fatta agli ebrei, quando si trovano di fronte al movimento Kahane Chai (Kahane vive !) i cui membri portarono il loro leader attraverso le strade di Gerusalemme nella notte della sua elezione al Knesset nel 1984 al grido di "Morte agli Arabi."

Dopo essersi ben sistemato come legislatore Kahane ha introdotto leggi che condannavano chiunque rifiutasse la sua interpretazione della Torah a tre anni di prigione, leggi per bandire i non-ebrei "vomitandoli fuori e purificando la Terra Santa da tutte le traccia di impurità." Ha persino invocato la "liquidazione" degli ebrei considerati poco impegnati nella sua versione di teocrazia.

Anche se qualcuno potrebbe sostenere che Kahane non ha mai avuto molto appoggio dalla comunità ebraica, resta il fatto che anche a metà degli anni '80 il 14% degli ebrei americani e il 30% degli ortodossi manifestavano una forte simpatia per Kahane e per il suo movimento.
Con l'adesione crescente all'idea del "trasferimento" dei palestinesi, i propositi fanatici dei militanti del Kahane Chai dovrebbero comportare una maggiore preoccupazione. E invece, il coinvolgimento di questi terroristi - che li si chiami o meno in questo modo - nel movimento a favore di Israele negli Stati Uniti non è affatto considerato così disgustoso quanto lo sarebbe un eguale appoggio al terrorismo arabo da parte dei sostenitori dei palestinesi.

E nonostante si pretenda che il movimento di Kahane sia debole e respinto dalla maggioranza dei Sionisti, uno dei più famosi scritti di Kahane "Dear World" è stato inviato recentemente attraverso internet come un virus da computer: perlopiù dai cosiddetti ebrei moderati.
Nonostante il suo autore paragoni ai nazisti tutti quelli che disapprovano i soprusi inflitti ai palestinesi e ostenti una forma di supremazia ebraica apparentemente rifiutata dalle menti più equilibrate.

Quel che è ancora più assurdo nell'accettazione passiva dei sostenitori di Kahane all'interno della comunità ebraica è che lo stesso Kahane non si sarebbe minimamente preoccupato della loro sorte. Infatti Kahane invocava una maggiore violenza contro gli Arabi proprio per allontanare Israele dal resto del mondo, per costringere gli ebrei a "ritornare a Dio" per la loro salvezza - quando il Messia verrà.
Per di più, Kahane ammetteva di essere disposto a pagare altre nazioni per opprimere brutalmente gli ebrei nei loro paesi perché proprio questa oppressione avrebbe spinto gli ebrei superstiti a scappare in Israele.

Anche se Kahane in un'occasione ha paragonato se stesso all'Ayatollah Khomeini, osservando che Khomeini era "molto più vicino al Giudaismo di quanto lo fossero Jean-Jacques Rousseau o John Locke o Thomas Jefferson" proprio per la sua convinzione nella necessità di "obbedire alla legge di Dio", il coinvolgimento dei suoi sostenitori non riesce ad ispirare ai leaders della comunità ebraica americana lo sforzo di separarsi dalle sue opinioni. In questi giorni di solidarietà israeliana ed ebraica, sembra che anche personaggi come questi siano i benvenuti.

Ma se gli ebrei di buona volontà non condanneranno le opinioni e le strategie di Kahane e i suoi sostenitori attivi, sarà sempre più difficile criticare i palestinesi perché comprendono tra le loro file anche terroristi suicidi e fanatici. E la presenza di questi razzisti dichiarati fra coloro che sono pro-Israele trasmette ai palestinesi anche il messaggio che il trasferimento (o peggio) sia proprio il destino che li aspetta e che solo le forze di Kahane Chai sono abbastanza oneste da ammetterlo dubblicamente. Stando così le cose, sarà sempre più improbabile che il terrorismo da parte palestinese sia controllato, essendo evidente che il coinvolgimento delle forze di Kahane nel movimento sionista mandi il chiaro segnale che in fin dei conti l'obiettivo degli israeliani o degli ebrei americani non sia la pace.

Naturalmente non è sufficiente eliminare i sostenitori di Kahane dalle manifestazioni a favore di Israele e lasciar perdere le loro opinioni. Alla fine le opinioni e le azioni a cui lo stesso stato di Israele è giunto assomigliano sempre di più a quelle abbracciate dal rabbino ucciso. In realtà Sharon ha mormorato a lungo a proposito del trasferimento degli arabi fuori da Israele, e i fondatori del Sionismo hanno invocato questo allontanamento coatto in modo abbastanza aperto negli anni precedenti all'instaurazione dello stato ebraico.

Infine, coloro che hanno a cuore il benessere degli ebrei - in Palestina/Israele o dovunque nel mondo - dovranno riconsiderare l'impatto che la politica di Israele e dello stesso Sionismo può avere non solo sul popolo palestinese ma anche sugli ebrei.

Lo stato di Israele ha realmente contribuito alla sicurezza degli ebrei nel mondo o li ha esposti a nuovi ed inutili pericoli?

E' preferibile la politica della fuga in Israele a quella del restare a combattere l'antisemitismo dovunque alzi la sua ignobile testa, in ogni e in tutte le nazioni?

Espropriare un popolo dalla sua terra può portare a qualcosa di diverso da un conflitto perpetuo e da una guerra?

Anche solo sollevare questi quesiti è sufficiente per provocare l'ira di molti che hanno marciato in quella manifestazione di solidarietà verso Israele, tanto profondamente la filosofia sionista è consolidata nella loro psiche. In realtà, queste domande probabilmente potrebbero provocare più malessere nella maggioranza degli ebrei di quanto ne comporti la presenza del partito Kach e dei sostenitori della JDL nelle manifestazioni a favore di Israele o nelle loro sinagoghe.

Ed è una vergogna. Perché evidenzia fino a che punto noi ebrei siamo diventati dipendenti dalla narrativa del vittimismo - quella che dice che tutti i gentili sono pronti ad aggredirci - tanto da dare il nostro consenso a qualunque cosa o a chiunque, in nome della terra.
Il che dimostra che quando si arriva a terroristi ed estremisti, nonostante siano tutti uguali, qualcuno è più uguale degli altri.


Tim Wise è un scrittore anti-razzista, professore ed educatore. Può essere contattato al seguente indirizzo di email: tjwise@mindspring.com



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