L'incubo delle vie dei sogni : l'immigrazione tra sfruttamento economico e repressione.

Perché l'immigrazione? Quali le funzioni ed il ruoli assunti oggi dalle centinaia di migliaia di persone che vivono attualmente in Italia? Ritengo che sia indispensabile partire da queste semplice domande per cercare di mettere in evidenza (in modo sintetico e non certo esaustivo) le contraddizioni e le caratteristiche che, in questa fase di espansione del capitale europeo, assume il singolo e la singola persona che, venendo in Italia (o negli altri paesi dell'UE), assume la posizione di immigrata o immigrato e si ritrova nella condizione che lo fa vivere sempre nella precarieta' assoluta.
La questione immigrazione, in ogni caso, continua ad essere aggravata da molteplici aspetti e problemi irrisolti (si pensi a questo proposito alla protesta dei "Saint - Papiers" francesi, oppure a '"l'assalto di S. Petronio", da parte delle immigrate e degli immigrati nella citta' di Bologna nel 1999), come l'ottenimento del permesso di soggiorno, il reperimento di una casa, l'eccessivo costo degli affitti, o la difficolta' dei ricongiungimenti familiari. Per non dimenticare, almeno per quanto che attiene all'Italia, quello che e' l'aspetto piu' appariscente (anche grazie ai media) cioe' la repressione che colpisce il soggetto immigrato fin dal primo momento in cui giunge in Italia (spesso come clandestino, avendo gia' pagato anticipatamente forti somme per un "sogno" che non si realizzera') : dalla prima schedatura di polizia, all'ingresso nei "centri di prima accoglienza" (veri e propri lager di detenzione dell'immigrato), centri che, seppur osteggiati da piu' parti, restano comunque l'aspetto piu' infamante dello "status" di immigrato in Italia.
Anche la legislazione ed i vari decreti presidenziali italiani emanati finora (dalla famigerata Legge Martelli alla piu' recente legge n. 40/98 di regolamentazione dei flussi migratori ("Nuova legge sull'immigrazione"), assume un aspetto discriminatorio e costituisce anche, come afferma Rosario Piccolo in un suo recente articolo "la base per una autentica 'etnicizzazione' del mercato del lavoro'", che poi si intreccia strettamente con la questione della precarizzazione e della mancanza totale di garanzie. E questa legislazione tende, sempre secondo Rosario Piccolo, a limitare fortemente l'ascesa sociale degli immigrati, perché se questa si verificasse, sarebbe messa in pericolo la "gerarchizzazione che regola il mondo del lavoro". Infatti, una volta che l'immigrato viene immesso nel ciclo produttivo, diventa una variabile dipendente nel processo di valorizzazione del capitale. Tuttavia, non e' un segmento passivo o una "tabula rasa" (come spesso si tende a credere), che soggiace alle dinamiche dello sfruttamento in modo inconsapevole, ma e' invece un uomo o una donna che spesso ha gia' subito (e sofferto sulla propria pelle), le conseguenze di questo sfruttamento : sa bene cos'e' una fabbrica e quali ritmi di lavoro richiede al suo interno; ed e' anche, una donna o un uomo che, ancora piu' spesso, ha fatto parte ed ha combattuto negli eserciti di liberazione nazionale del proprio paese. Quindi se da una parte risulta vero che i bassi costi della manodopera in Africa, Asia ed America Latina tendono oggi ad assumere un valore strategico, e dall'altra parte vero che, queste stesse regioni del mondo, registrano un flusso migratorio diretto proprio verso quegli stessi paesi che, in nome della trasnazionalizzazione dei capitali, investono proprio dove la manodopera e' a basso costo e non ha nessuna garanzia.
Ma per quanto riguarda l'immigrazione l'Europa oggi non attinge piu' dai suoi bacini tradizionali (ad esempio il Nord Africa), ma tende a reclutare e a richiedere (spesso concordandolo con i vari paesi del Sud del mondo) immigrati ed immigrate che, una volta in Europa, vanno ad ingrossare quel '"l'esercito di lavoratrici e lavoratori di riserva" che e' funzionale ad altri scopi del capitale. Quindi e' per questo motivo, (tra gli altri) che l'immigrazione di milioni di donne e uomini non puo' essere fermata, né regolamentata, cosi' come si richiede da piu' parti anche in Italia, da destra (Polo, Lega Nord ed A.N.) e da sinistra (D.S.) "programmando", ad esempio per il triennio 1998 - 2000, un numero di stranieri da far entrare nel nostro Paese (circa 63.000 persone, suddivisi per nazionalita'), provvedimento che porta la firma dell'allora presidente del Consiglio D'Alema.
In questa stessa direzione vanno anche i recenti tentativi di accordi con i Paesi dell'area del Magreb, condotti dal commissario europeo, Prodi nell'ambito del libero scambio con l'Algeria, il Marocco e la Tunisia. Questo programma e' denominato "Programma Euromed" ed intende creare una "zona di libero scambio tra le due sponde del Mediterraneo, entro il 2010. Il viaggio di Prodi ha come scopo specifico, quello di colmare l'assenza dell'intervento economico dell'UE, con la creazione di una collaborazione regionale con i paesi del Magreb. (Vedi per maggiore informazione Il Manifesto, 16/01/2001).

"Trasnazionalizzazione dei capitali e dei mercati".

E' quindi chiaro da quanto cercato di delineare finora che l'immigrazione assume un duplice aspetto : da una parte c'e' il capitale che richiede, o meglio "programma" l'importazione di un numero sempre maggiore di donne e uomini da immettere nel proprio flusso produttivo e, dall'altra c'e' la donna e l'uomo immigrati che non riescono a confliggere con le richieste padronali.
In tutto questo contesto risulta a favore del grande capitale trasnazionale anche l'abbassamento dei costi della manodopera, proprio in questi paesi del Sud Est asiatico, oggi protagonisti del "miracolo asiatico delle Quattro Tigri", miracolo che ha gia' prodotto delle vistose crepe al suo interno, mettendo in luce le contraddizioni interne dello sfruttamento e del capitale. In particolare quello che viene chiamato "il miracolo tailandese", e' fondamentalmente basato sull'accumulazione del capitale a partire dallo sfruttamento delle donne e dai proventi economici del '"l'industria del turismo sessuale", fiorente ramo di queste economie nazionali, proventi che vengono dai capitalisti di questi stessi paesi, reinvestiti per costruire le infrastrutture necessarie all'ampliamento dei propri investimenti.

"Femminilizzazione del lavoro e della riproduzione sociale"

In quest'ultimo scorcio di fine secolo, caratterizzato dalla globalizzazione, si e' fatta strada da molto tempo l'idea che sia favorevole al capitale, il trasferimento in altri paesi delle sue industrie, e che in questi stessi paesi le condizioni di sfruttamento della manodopera sia piu' vantaggioso. Ora , ci troviamo d fronte ad uno strano fenomeno, che viene da piu' parti denominato "femminilizzazione del lavoro e della riproduzione sociale", per riprendere la terminologia utilizzata in un suo studio da Carla Filosa, redattrice della rivista "La contraddizione". In questo stesso senso vanno i contributi offerti da Caterina Spano e Anna Cotone, curatrici di un testo che tra l'altro, contiene una breve analisi scritta dalle donne aderenti al CAW (Comitato per le Donne Asiatiche), le quali denunciano e descrivono la loro condizione di sfruttamento, fornendo anche dei dati statistici, sui quali e' bene riflettere.
Da essi sappiamo che la manodopera femminile realizza i 2/3 delle ore lavorative mondiali, ricevendo in cambio il 18% dell'ammontare del reddito pro capite. Cosi', il 25% della popolazione mondiale possiede l'11% delle proprieta' del pianeta. Questa poverta', che come si vede tocca primariamente le donne cosi' che, da piu' parti si parla sempre piu' frequentemente di "femminilizzazione" della poverta', proprio perché sono le donne che, in sempre maggiore numero, costituiscono la principale manodopera sottopagata nell'industria manifatturiera in America Latina ed in Asia, le quali nonostante la mancanza di un contratto, riescono a tessere una tela di solidarieta' internazionale tra le varie lavoratrici delle molte multinazionali (tra le quali ricordiamo Adidas e Nike), che mettono in atto una vera e propria politica di mobilita' delle operaie, licenziando le piu' vecchie ed assumendo, a meta' salario quelle piu' giovani, che in media guadagnano un dollaro al giorno, (duemila lire circa). Alcune associazioni di donne asiatiche hanno anche messo in evidenza il fatto che esiste una divisione del lavoro in Asia, continente in cui il capitale si sposta da regioni industrializzate ad altre in via di sviluppo. Cosi' che una semplice analisi Nord/Sud - Centro/Periferia, non e' piu' sufficiente per comprendere la realta' di molte Regioni del Sud del mondo.
I paesi del Sud Est asiatico, le cosiddette "4 Tigri" : Corea, Singapore, Hong - Kong e Taiwan, insieme al Giappone, vengono utilizzati come base di espansione dei capitali dei paesi aderenti al G8 e che, anche in questo, controllano la tecnologia ed i mercati di questi paesi. Cio' che questi ultimi danno in cambio e' la manodopera a basso costo di milioni di lavoratrici e lavoratori, anche bambini, indebolendo cosi' anche le loro locali economie, che molto spesso sono ancora rurali ed agricole.

"Programmazione dei flussi migratori e Trattato di Schengen".

Queste stesse crepe si vedono chiaramente anche nel nostro "bel paese", dove alle immigrate e agli immigrati si riservano i lavori piu' sporchi e piu' nocivi, privandoli di qualunque garanzia sociale e salariale. L'Italia che chiede e "programma", il numero di persone da far entrate legalmente, e li suddivide per nazionalita' e li inserisce nel mondo del lavoro prestabilendo quanti ne servano ai diversi settori della nostra economia. Leggendo i pochi articoli di cui si compone il Decreto firmato da Massimo D'Alema, si viene a sapere che la regolamentazione del flusso migratorio deve "tenere conto delle richieste di manodopera stimate dal Ministero del Lavoro e dell'andamento dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale". Quindi avendo sentito il parere degli altri ministeri (della Previdenza sociale, dell'Industria e dell'Artigianato, della Giustizia, Tesoro e della Solidarieta' sociale), si considerano 63.000 persone come numero sufficiente di immigrate ed immigrati, di questi, 6.000 devono essere cittadini albanesi, 3.000 tunisini e 3.000 marocchini; mentre altri 6.000 devono provenire dai paesi che sottoscrivono specifiche intese di cooperazione in materia migratoria. (Si fa presente che la maggioranza di loro e' di sesso maschile, mentre la percentuale di donne e' minima).
Mentre da un documento dei D.S., sappiamo che al 1/01/98, il totale degli stranieri in Italia era di 2.812.443. e, solo nella regione Lazio essi erano 36.585, di cui 34.477, solo a Roma, citta' che presenta il maggior numero di stranieri rispetto a tutte le altre province laziali.
Come e' facile intuire, tutti i cittadini delle nazioni dell'Est europeo, restano fuori (anche perché alcuni leader politici dell'UE, cercano di rimandare l'allargamento dei 15 verso Est) ma sono proprio quelle le aree da dove provengono i clandestini che, da qualche estate, vengono "scaricati" in mare o presso le coste della Puglia, creando dietro sé, oltre alla volonta' di solidarieta', una ondata di polemiche e di razzismo strisciante, strumentalizzato da Lega Nord ed A.N. come puntello per le proprie intolleranti farneticazioni. Le condizione che queste donne, bambini e uomini trovano in Italia, sono come tutti sappiamo carenti; infatti il nostro "bel paese" non si e' certo distinto per l'accoglienza di queste donne, bambini ed uomini (in maggioranza Kurdi, Albanesi, e profughi della ex Jugoslavia).
Italia che e' sempre in prima linea con e nella stesura dei vari Trattati che l'UE redige e promulga, primo fra tutti, quel Trattato di Amsterdam, sottoscritto anche dalla Danimarca, dalla Germania, dalla Grecia, dall'Italia , dalla Francia, dal Lussemburgo, dai Paesi Bassi, dall'Austria, dal Portogallo, Finlandia e Svezia. Al quale, pero', non hanno aderito la Gran Bretagna, l'Irlanda e l'Irlanda del Nord, le quali pero', possono chiedere di partecipare all'aquis allegato al Trattato di Schengen. L'Accordo di Schengen e' stato promulgato il 14 giugno 1985, ed e' relativo alla soppressione graduale dei controlli alle frontiere comuni, intende giungere alla soppressione dei controlli sulla circolazione delle persone alle frontiere comuni e di agevolare il trasporto delle merci alle frontiere. Questo Accordo e' applicato dalla Convenzione di Schengen il 14 giugno, cosi' come e' previsto dall'art.1 del Trattato di Amsterdam.
All'interno di questa Convenzione e' contenuto il Titolo III - cap. I -, nel quale si parla e si traccia il profilo delle forze di polizia europee. In Italia, con la Legge del 30 settembre 1993, n.388, si e' tracciata la strada per l'entrata in vigore dell'Accordo di Schengen, che a partire dal 26 marzo 1995 e' diventato operativo in sette paesi dell'UE : Francia, Belgio, Germania, Lussemburgo, Olanda, Spagna e Portogallo, mentre in Italia la Convenzione e' entrata in vigore il 26 ottobre del 1997. Questo accordo prevede misure a breve e a lungo termine. Le prime hanno un carattere amministrativo - organizzativo e non comportano modifiche alle leggi nazionali; mentre le seconde sono tutte dirette ad introdurre innovazioni di maggior rilievo a livello nazionale. Si tende attraverso queste misure di lunga durata a creare un area omogenea di sicurezza, come fondamentale presupposto per l'abolizione delle frontiere. Per questo e' stata approvata il 19 giugno1990 la Convenzione del Trattato di Schengen, che contiene 142 articoli che riguardano sostanzialmente diversi argomenti.
A noi interessa l'art.2, dove viene prevista la cooperazione tra polizie e gli organi giudiziari in materia penale e di estradizione ed il successivo art.3, dove viene invece annunciata la creazione del SIS (Sistema Informativo Schengen), cioe' un sistema di scambio di informazioni e di protezione dei dati personali.

"Convenzione Europol e coordinamento delle forze di polizia".

La Convenzione Europol si basa sull'art.K3 del Trattato dell'UE che istituisce l'Ufficio Europeo di Polizia (artt. 1 - 6). Esso ha sede nella citta' dell'Aia (Olanda). Il suo obiettivo e' quello di migliorare la cooperazione tra le forze di polizia nel settore del terrorismo, del traffico degli stupefacenti e di altre forme di criminalita' internazionale, mediante uno scambio di informazioni costante tra l'Europol e le singole unita' degli stati membri. All'art.2 si traccia il profilo in cui "l'azione primaria e' quella di prevenire le azioni delle organizzazioni clandestine di immigrazione e la tratta degli esseri umani". Rispetto al SIS, nell'art.7 si afferma che e' l'Europol a gestire il sistema informativo informatizzato, che dev'essere accessibile alla consultazione degli stati nazionali che facciano richiesta e di tutti gli altri uffici di collegamento.
Quanto appena descritto sembra essere una garanzia per tutte e tutti i cittadini europei di un mantenimento dell'ordine e della sicurezza sociale. Questo "bel castello incantato" si frantuma contro una realta' fatta di donne e uomini che provenienti dai paesi in perenne guerra (Africa, ex Jugoslavia, Albania, Afganistan, Kurdistan ecc.), creano invece problemi di coscienza a questi signori che siedono a Bruxelles. Ma no solo! Dalle pagine dei nostri giornali leggiamo frasi come "regole comuni contro l'immigrazione clandestina", pronunciate non da un qualunque singolo cittadino, ma da J. Chirac, in occasione dell'inaugurazione, nel luglio del 2000 del semestre di guida francese dell'UE, il quale ha "spronato i 15 paesi aderenti a procedere senza indugi sulla strada delle riforme, per le quali l'Italia sui batte da tempo, richiedendo regole comuni contro l'immigrazione dei clandestini". (La Stampa, 5/07/2000) Parole simili, se non ancora piu' decise, sono quelle pronunciate a Napoli dai premier spagnolo ed italiano, in occasione di un vertice bilaterale tenuto in quello stesso periodo. Sempre Chirac auspica che si possa "raggiungere un armonia tra i diversi regolamenti su tre questioni, concessione dei permessi di soggiorno, di asilo e di lotta ai clandestini e ai trafficanti di uomini (e donne)". Lo stesso continua affermando che "si devono prendere delle energiche decisioni comuni e rapide contro i traffici degli esseri umani, nell'ambito degli sforzi tesi a creare un ambito giuridico comune per combattere la criminalita'". A queste parole fa eco il Commissario europeo della giustizia portoghese, Antonio Vitorino, il quale sta preparando le regole comuni standard per l'UE. Egli sostiene che "ci vuole una legge unica per tutta l'Europa che uniformi l'immigrazione tenendo conto dei bisogni di una economia in espansione. Questo disegno di legge, tende a trasformare l'Europa in mera terra di immigrazione, come sono gli Usa.".
Vitorino aggiunge anche che, "e' necessaria una politica aperta e trasparente riguardo all'immigrazione che permetta l'ingresso e l'insediamento legali in Europa, questo ci libererebbe della pressione alle frontiere della marea umana di esuli o presunti esuli da ogni parte del mondo, che in massima parte sono in realta' aspiranti rifugiati economici." Per questo, ritiene che gli "extracomunitari" vengano divisi in : rifugiati politici, gente in fuga dalle guerre e, gente in cerca di lavoro; questi ultimi dovrebbero essere muniti di un tesserino di riconoscimento, essere residenti stabili e regolari ed avere il certificato di buona condotta. (La Repubblica, 9/07/2000). Come commentare quanto si commenta da solo? In questa stessa scia si puo' collocare l'emblematico esperimento tentato dal neo presidente degli industriali di Genova, Stefano Zara, che ha annunciato l'avvio di un progetto operativo che coinvolgera' i due settori lavorativi cardine della citta', l'edilizia e la cantieristica navale, dove la presenza di manodopera immigrata e' molto forte. Lo stesso Stefano Zara, confessa candidamente che, "se a Genova non disponessimo di queste persone, entreremmo in una crisi violenta….In caso contrario, se non li utilizzeremo in modo razionale, li subiremo e sara' un problema di sicurezza sociale". Ecco come il serpente si morde la coda! L'immigrazione clandestina e' funzionale proprio a questo, andando ad essere una riserva inesauribile di manodopera per il lavoro nero, cioe' ad un rapporto di lavoro dov'e' assente qualunque tipo di garanzia e nello stesso tempo fortemente ricattabile, anche dal punto di vista del controllo di polizia e delle espulsioni.
Concludiamo questo articolo affermando che quando si parla di "libera circolazione di uomini e merci", si ha l'impressione che le merci di cui si discute siano donne e uomini e non beni di consumo. E' quindi necessario lottare contro questa selvaggia e generalizzata tendenza allo sfruttamento senza regole, auspicata da molti, e cercare invece di "autoorganizzare le/gli immigrati"", opponendoci con forza ai tentativi di regolamentare e gestire nel modo che abbiamo abbondantemente descritto, il flusso migratorio in Italia e in Europa. Cosi' come non vanno dimenticate le lotte portate avanti da varie realta' immigrate, (in particolare le comunita' bengalesi, ma non solo), che per quanto riguarda Roma, hanno visto scendere in piazza migliaia di immigrate ed immigrati che hanno chiesto, con molta forza, la sanatoria per tutte e tutti e la libera circolazione (apertura delle frontiere), tenendo presidi e manifestazioni in tutte le maggiori citta' italiane, fra cui Firenze dove si sono opposti alla creazione di un centro di prima accoglienza e alla cacciata dei venditori dal centro storico di questa citta'.
E' questa la strada giusta per iniziare a parlare non genericamente di immigrazione, ma di soggettivita' immigrata che, anche grazie ai molti che li sostengono, fa si' che le rivendicazioni delle donne e degli uomini siano finalmente visibili a tutti, nella loro reale consistenza ed importanza ed in grado di confliggere, finalmente con le richieste del mercato globale del lavoro.