Fattore B o questione imperialista?

Nelle vicinanze del G8, il problema sembra essere questo. Le imponenti manifestazioni che si annunciano a Genova, in occasione del nuovo incontro tra i "padroni del mondo" tenderanno a contestare in primo luogo due uomini politici : l'americano Bush ed il nostrano cavaliere. L'immaginario collettivo in qualche modo li associa e non solo per la comune disposizione all'arroganza, all'esibizione muscolare. Alcuni quotidiani riportano con preoccupazione, le simpatie che il "Berlusca" riscuote oltreoceano. Nel centrodestra, d'altro canto, non si e' mai sopita la spinta atlantica e forti sono pure le istanze legate all'euroscetticismo. Gli Usa vedrebbero quindi nel governo guidato da Berlusconi un alleato potenziale, capace di rallentare il cammino dell'unione europea. Ed i segnali non sono mancati in questa direzione . Si pensi all'iniziale mutamento di rotta sugli accordi di Kyoto relativi all'ambiente, che ha fatto parlare di una forte convergenza tra Italia e States. Assisteremo forse ad un mutamento radicale nella politica estera italiana? Ne dubitiamo.
Certo, il centrodestra e' espressione organica di quei settori della piccola e media imprenditoria cui non va a genio il velocizzarsi del processo di unificazione europea (che porta con se', e' ovvio, nuove fusioni tra le grandi imprese, rendendo la vita difficile a quelle piccole realtà non in linea con l'innovazione tecnologica). Ma la casa delle liberta' ha stretto un'alleanza tattica anche con le grandi famiglie del capitale italiano, che sono solite farsi ripagare salatamente i favori concessi ai governi.
Come inquadrare altrimenti l'invito che l'economista Mario Deaglio (sul quotidiano "La stampa") ha rivolto al nuovo governo, invitandolo a non mancare all'appuntamento dell'allargamento ad Est? Il grande capitale italiano non appoggia in modo incondizionato il polo. Ma vede con favore un esecutivo che prema sull'acceleratore rispetto alla flessibilita' della manodopera ed allo smantellamento delle residue garanzie sociali, ma - nella sua componente maggioritaria- non tollera il possibile sganciamento da un Europa che, con sempre maggior vigore, si sta definendo in quanto soggetto politico ed economico forte.
Per questo sara' legittimo ed anche necessario contestare il Berlusca, espressione dell'aggressivita' padronale senza freni, ma non si dovra' esagerare nel parlare di una sua "santa alleanza" con Bush junior. Sotto questo profilo i discorsi non sono affatto chiusi. Anzi, sembra assai probabile che l'Italia si comporti - nei prossimi anni - in modo ondivago, abbracciando - a seconda delle situazioni concrete - la causa europea o quella degli States. E' sempre stata complessa, d'altronde, la politica estera italiana, stretta - come ha gia' avuto modo di ricordare Panebianco - tra le opposte esigenze della fedelta' al colosso USA (fortemente presente sul suo territorio) e della definizione di una propria politica nel Mediterraneo e nel vicino Oriente (cosa che, ad esempio spinge all'incontro con Putin e ad un progetto di oleodotto sostenuto dall'Eni, molto inviso agli Yankees).
Ricordiamo queste circostanze per amor del vero, per coerenza, con un rigore analitico che mai dovrebbe venir meno, ma anche perche' sarebbe cosa buona e giusta che a Genova, come in altre piazze, non trionfasse la logica dell'antiberlusconismo e dell'antiamericanismo di maniera. Non ci si puo' certo dimenticare del ruolo negativo che hanno altri stati, altri poli politico - economici.
Se la giornalista canadese Naomi Klein sostiene cher a Genova "il messaggio principale verra' da una grande manifestazione di massa e ci saranno forti istanze contro Berlusconi e contro George Bush per Kyoto" (il marchio della globalizzazione mette in crisi la democrazia", la Repubblica, 2 giugno 2001), c'e' anche chi vuole andare oltre. E non ci riferiamo tanto ai comportamenti di piazza, ma alla capacita' di lettura della stessa politica della casa bianca.
Invece di una demonizzazione funzionale a quel polo europeo che - nel riverniciarsi di rivendicazioni democratiche o ecologiste - ad altro non aspira se non ad ottenere "un posto al sole", proveremo, gia' in questo numero di Junius Brutus, a definire le coordinate della nuova modalità yankee di intervento nelle controversie internazionali.