Le donne in Iran fra tradizione e modernita'.

L'articolo che segue viene scritto pensando a quanto e' successo dopo l'attentato alle torri gemelle dell'11 settembre u.s., ma soprattutto prende il via dalla generale e generalizzata campagna stampa che descrive l'islam in modo distorto e del tutto funzionale ai "venti di guerra" di Bush junior (che non e' diverso da quel Bush senior che negli anni della sua presidenza ha fatto affari proprio con l'attuale bersaglio e nemico n.1 dell'Impero americano).
Nella polemica tutta italiana, derivata dalle roboanti parole di Berlusconi circa una presunta "superiorita'" dell'Occidente sull'Islam, l'unica risposta valida da dare non e' la "caccia al musulmano" (erede di quella "caccia alle streghe", che in politica torna sempre piu' utile) o l'intolleranza razzista propria delle guerre di religione, ma la conoscenza dello universo islamico, che non e' l'Islam, inteso come religione ed insieme visione politica del mondo, da distinguere, poi ulteriormente, dai fondamentalismi che vi sono al suo interno. Come vediamo l'area del mondo che geograficamente connotiamo come Oriente e' molto piu' che "inferiore". Basti pensare per tutti, alla filosofia di Averroe', arabo, artefice di una geniale reinvenzione del pensiero aristotelico, oggetto anche delle fondamentali speculazioni filosofiche di uno dei maggiori intellettuali occidentali del Duecento nella canzone "Donna me prega perche' voglio dire" : Guido Cavalcanti; oppure all'arte, alla bellezza delle miniature e della scrittura dei paesi musulmani…. Mi fermo qui, altrimenti potrebbe essere evidente il contrario di quello che afferma con sciocca boria "l'inquisitore" forzaitaliota, e cioe' che tra oriente ed occidente esiste un'interazione forte che ha permeato per millenni tutta l'area del Mediterraneo e che l'Italia stessa e' stata meta di immigrazioni e conquiste arabe (la Sicilia, come pure la Spagna, ne sono ancora oggi un esempio) e che non e' realmente possibile stabilire chi e' superiore oppure inferiore perché in questo caso sono evidenti solo i segni della degenerazione della politica - spettacolo.
Certo il terrorismo islamico e' una realta', ma ora soltanto ce ne rendiamo conto? E perché improvvisamente ci si ricorda dei Talebani, dell'Afghanistan ma non ad esempio dell'Algeria, dove il FIS uccide ogni giorno? Non credo che al "signore della guerra" Bush importi tutto questo : la sua superiorita' e' troppo boriosa e cieca per vedere e capire, ma noi sappiamo cosa muove il mondo e come donne sappiamo - anche se ci hanno nascoste dietro il burqa- che gli interessi economici - il petrolio e l'oleodotto che si vorrebbe far passare sotto il territorio afghano - forse sono i motivi scatenanti di questa guerra "santa" contro l'Islam, Osama Bin Laden e contro un popolo stremato che non sa neppure perché sta fuggendo verso le frontiere pakistane serrate per loro, ma aperte al dollaro e al "sogno americano". Per cominciare a comprendere un po' di piu' la civilta' ed i paesi del medio Oriente, abbiamo preso in esame la Repubblica islamica d'Iran, quale termometro delle novita' e dei legami con la tradizione, che sono evidenti nei provvedimenti legislativi, economici e culturali riservati alle donne iraniane.
Nell'area medio-orientale l'emancipazione femminile e' stata spesso utilizzata dalle classi dirigenti come grimaldello per scardinare l'autorita' dei clan gentilizi delle comunita' tribali, oltre che per conferire slancio allo sviluppo economico, grazie all'immissione delle donne nel mondo del lavoro. Quindi la grande partecipazione delle donne a questa rivoluzione e' sorprendente, distruggendo cosi' la sua tradizionale immagine che le vuole relegate nell'harem o chiuse entro ristretti muri domestici, oppure ignoranti e scarsamente partecipi agli eventi importanti. Nonostante il velo ed il chador queste donne hanno preso parte alle manifestazioni cercando di costruire un percorso di liberazione per se stesse e per l'Iran, La storia dell'antica Persia, l'attuale Repubblica islamica d'Iran, e' permeata da un duplice atteggiamento - ora piu' aperto ed ora piu' restrittivo - nei confronti delle donne. I primi segnali di questo duplice modo di considerarle, a cui esse stesse hanno contribuito, e' gia' evidente nella contrapposizione tra la dinastia Pahlevi e lo sciismo, la corrente religiosa che aveva negli imam la sua massima autorita'. Le donne passano quindi da una forte educazione occidentalizzata (cosi' come vuole la casa reale) e ad un abbandono delle fogge estetiche orientali (la cosiddetta "iranicita'"), alla scelta volontaria di indossare il chador durante la rivoluzione islamica di Khomeini avvenuta nel 1979. Fu proprio lo scia' Reza Shah - la cui dinastia s'impose tra il 1922 ed il 1925 - a sostenere l'apertura della prima scuola pubblica per ragazze, avvenuta in una fase precedente alla sua presa del potere, nel 1918. L'obiettivo della Scia' era proprio l'occidentalizzazione dell'economia e della cultura iranica. L'Islam veniva a mala pena tollerato e l'idea base su cui si fondava la politica di Reza Shah, era il concetto di Stato - nazione ariana, garante del clientelismo derivato dallo sfruttamento economico del tabacco da parte degli inglesi e dei derivanti privilegi dinastici. In questo contesto di apertura verso l'occidente voluto dallo scia', si osserva in quegli anni l'ingresso delle donne in diverse professioni del mondo del lavoro (maestre, infermiere, ma anche operaie). Si emana anche una legge nel 1937 che vieta alle donne di portare il chador e qualunque tipo di copricapo femminile, ad eccezione dei cappelli occidentali.
Anzi, molte di loro che non aderirono all'abbandono del chador, furono pubblicamente beffeggiate e furono costrette a chiudersi entro le mura domestiche. Ma a questa riforma del costume, in Iran non corrispose un cambiamento dei diritti politici delle donne, e restava in piedi sia la patria podesta' che il divorzio, che rimaneva prerogativa maschile, né venne eliminata la poligamia. Cosi' all'indomani dell'abdicazione di Reza Shah (1941), il clero riacquistava influenza nelle campagne e ridava forza al recupero della tradizione e degli usi consuetudinari, con il ripristino della liberta' di indossare il chador pubblicamente per le donne. Il velo, quasi un sari indiano che avvolge il corpo della donna e che non necessariamente copre il suo viso, il chador quindi, viene ora ad essere l'argomento di scontro tra le donne stesse ed il regime autoritario di Reza Paklevi, ma nello stesso tempo vene utilizzato come arma dagli ulema sciiti per combattere - attraverso le donne - il regime reale ed instaurare la rivoluzione islamica. Infatti nell'ottica della corte il chador rappresentava il simbolo dell'oppressione femminile, mentre per gli sciiti esso diveniva il fulcro dell'opposizione alla casa reale e della "liberazione" delle donne. Lo scontro tra i regnanti e gli sciiti si fece piu' duro proprio in occasione della "rivoluzione bianca" (1960), anno in cui a causa della pseudo riforma agraria, ci fu l'abbandono dei villaggi e la conseguente urbanizzazione e dilatazione dei consumi. Nel programma elettorale dello scia' era previsto il voto alle donne, ma l'urbanizzazione forzata portava con sé la proliferazione della criminalita' e di altre forme di illegalita', a cui il regime rispose in maniera dispotica. Le giovani donne, anche grazie all'acculturazione di massa, entrano nel mondo del lavoro, ma questa situazione non cambiava, nella sostanza, la loro condizione : in famiglia restano ancora emarginate e confinate nel perimetro del loro quartiere e delle mura domestiche ed il loro futuro e' sempre il matrimonio tradizionale.
Cosi', questo diffuso malcontento si evidenzio' negli anni sessanta, con frequenti manifestazioni di protesta dei contadini e dei disoccupati, i quali vennero repressi duramente dalla polizia, che torturo' ed uccise anche molti ulema sciiti. Il 1960 e' anche l'anno in cui molte giovani ragazze possono, finalmente, accedere all'universita' e conquistare il diritto al voto.lo scontro sociale tra le due parti si fa sempre piu' inevitabile e, gli stessi sciiti, pur con qualche discussione al loro interno, si adeguano alla possibilita' del voto alle donne. Nel 1967, intanto la Legge di protezione della famiglia imponeva l'assenso della prima sposa in caso di ricorso del marito alla poligamia, e l'eta' minima per il matrimonio veniva fissata al raggiungimento del diciottesimo anno. Nel 1977 veniva legalizzato l'aborto. Il 18 gennaio 1979 il regime di Reza Pahlevi veniva rovesciato dalla rivoluzione popolare islamica ed un momento di identita' comune, fu proprio l'adozione da parte delle donne del chador. Questa scelta di coprirsi il capo aveva per le donne il significato di protezione interiorizzata e di difesa sociale che consentiva loro di partecipare alla vita della comunita' e della famiglia. Di conseguenza non indossarlo avrebbe significato, in quel preciso momento storico, astenersi dalla lotta contro l'ingiustizia e la corruzione. Inoltre, per le donne che avevano passato la loro vita recluse nelle case, indossare il chador non veniva sentito come un peso. Ed esse pagarono questa loro entusiastica partecipazione con sevizie ed arresti (il 20% delle partecipanti vennero torturate nelle carceri dalla Savak, polizia politica del regime reale).
La vittoria della rivoluzione islamica segno' anche il recupero dell'iranita', vista come componente fondamentale della comunita'- popolo, secondo quanto prescrive il codice islamico. Ma anche questa rivoluzione tradisce le aspettative di liberta' delle donne e, nonostante si verifichi, tra il 1978 ed il 1987, un cospicuo accesso di molte di loro nel mondo del lavoro, a cui segue, quasi immediatamente tra il 1976 ed il 1986 un calo del 40% delle occupate, laddove rimane intatta la divisione dei due sessi nei luoghi di lavoro pubblici (scuola ed informazione). Questa situazione viene evidenziata dal radicalismo coranico femminista, che denunciava le imposizioni del governo islamico che, dal 1983 obbligava le donne a portare il chador nei luoghi pubblici e sul lavoro e molte di loro, che cercano di sfuggire a questa imposizione, vengono pubblicamente percosse e multate; le altre pene previste sono, tra l'altro, l'arresto fino ad un anno di reclusione. Mentre, i Guardiani della Rivoluzione, non esitano ad impiegare le maniere forti per impressionare le ribelli, utilizzando getti d'acido, aggressioni, insulti. A questo stesso scopo si rifanno alcune associazioni di donne, ad esempio, le Sorelle di Zeynab o la Gaschté Zahra', il cui compito e' controllare le donne recalcitranti. Nel 1992 in Iran, si contano piu' di 113.000 mila donne arrestate per non aver indossato il velo islamico ed in casi estremi si arriva a sfigurarle con un rasoio e con la lapidazione pubblica. Anche la legge sulla famiglia, varata proprio nell'anno della vittoria islamica, il 1979, per organizzare la societa' sulla base del ripristino della giustizia coranica e della tradizione, definisce il modello ideale della donna secondo la consuetudine, abolendo la precedente, varata nel 1967. Questa legge accorda la tutela al padre della minorenne ed il diritto di sceglierle il marito, cosi' come viene richiesto l'assenso paterno per la figlia maggiorenne. La donna, dunque non ha alcuna risorsa economica che la renda indipendente e questo favorisce l'espandersi della prostituzione, alimentata anche dalle "spose temporanee" ripudiate, il cui marito non e' tenuto al risarcimento. Sono anche previste altre restrizioni per la moglie : l'assenso del marito per viaggiare e per lavorare fuori casa; inoltre, la moglie perde la custodia dei figli in caso di ripudio, questo nonostante l'articolo 20 della Costituzione che riconosce l'uguaglianza giuridica per le donne, restano evidenti le discriminazioni fra i due sessi. Persiste la poligamia e l'uomo puo' avere fino a quattro mogli legittime. Questa disparita' si esprime soprattutto nel codice penale, dove in caso di processo, la parola di un uomo vale il doppio di quella della donna (per la testimonianza contro un uomo devono quindi deporre due donne); mentre l'adulterio viene punito con la lapidazione pubblica della donna e, nel caso di procedimento penale che preveda un risarcimento, quello accordato all'uomo e' il sempre il doppio di quello previsto per la donna.

Da questo quadro si comprende come i canoni enunciati alle donne della Repubblica islamica d'Iran, siano principi che le relegano di nuovo, come gia' osservato nel passato regime della casa reale dei Pahlevi, dentro le mure domestiche e che le promesse fatte loro alla vigilia della rivoluzione khomenista islamica erano solo strumentali al raggiungimento del vero scopo politico sciita: il rovesciamento della casa reale. Ma, nonostante questo le donne in Iran hanno raggiunto, insieme a quelle irachene ed algerine, il piu' alto tasso di scolarizzazione fra tutti gli altri paesi del Medio - Oriente e del mondo islamico. Il panorama culturale dell'Iran e' fortemente connotato dalle donne : scrittrici, pittrici, giornaliste (molte le riviste femminili politiche, ma anche giuridiche), fotografe e cultrici di arti decorative. Per ultime, ma non certo ultime, ricordiamo Samira Makhmalbaf, regista cinemato-grafica, autrice de "La Mela" (considerato il piu' importante film d'esordio degli ultimi anni) e Papi Saberi, regista teatrale. Tuttavia nelle Universita', alcuni provvedimenti impediscono l'accesso ad alcune lauree e carriere scientifiche, ma nonostante questi divieti sono molte le donne che hanno una cultura giuridica, ma che non possono esercitare le funzioni proprie del giudice. La legge coranica controlla minuziosamente anche la vita quotidiana delle donne : e' per loro quasi impossibile truccarsi, azione che diviene una tenue forma di protesta, non possono far uscire i capelli dal velo e se cio' accadesse queste donne incorrerebbero nel reato di essere "mal velate". Ma anche in materia di sanita' interviene l'occhio vigile del controllo che richiede che il medico e la paziente siano dello stesso sesso, e' quindi vista favorevolmente, in questo settore, la femminilizzazione della ginecologia. Ricordiamo anche che, il gia' citato articolo 20 della Costituzione sull'uguaglianza fra sessi, si conclude con la frase "…seguendo la legge islamica". Attualmente il diritto al voto e' loro negato e data la scarsa pianificazione di un movimento organizzato, il regime afferma che le donne stanno bene e condividono i principi islamici, ma i molti suicidi di giovani ragazze sembrerebbe smentirlo!
Un breve inciso merita il movimento femminista islamico iraniano, che afferma che l'Islam non e' una "chiesa contro le donne", posizione questa condivisa anche da molte femministe non iraniane, Fatima Mernissi (Marocco), Assja Djebar (Algeria), Leila Ahmed (studiosa statunitense di origine araba), Khalida Messaoudi (scrittrice algerina), ma e' l'unica via possibile per la rivalutazione e lo sviluppo della donna, che mantiene le tradizioni e soprattutto il rispetto per le donne in quanto tali; mentre Nawal al Sa'dawi (medico psichiatra egiziana), esprime un giudizio diverso, avendo rinnegato pubblicamente l'Islam, dichiarazione che ha portato alla sua condanna a morte da parte degli Integralisti egiziani. Il movimento femminista in Iran risale ai primi anni del XX° secolo, quando esponenti delle classi medio - alte e della stessa casa reale fondarono le prime associazioni femministe che pubblicavano anche delle riviste e giornali. Ma i movimenti di liberazione della donna islamica sono contraddittori al loro interno, in quanto riprendono modelli occidentali e li applicano in modo acritico, mentre come afferma la stessa Ahmed "…sarebbe importante non limitarsi all'importazione dei modelli del femminismo occidentale, ma passare attraverso l'accettazione ed una nuova interpretazione critica della propria tradizione culturale e religiosa". Altrimenti, il rischio e' che siano proprio le donne ad alimentare l'ondata razzista e xenofoba dell'occidente contro la civilta' islamica, la quale non e' piu' repressiva nei confronti delle donne di quanto non lo siano quelle occidentali in generale ed americana, in particolare. Il rischio e' anche di fomentare, con questa accettazione acritica di modelli importati dall'occidente, le tendenze fondamentaliste, come dimostra la mai sopita polemica sul velo e sull'opportunita' di un suo ritorno.
Ma le donne che oggi hanno la possibilita' di interpretare senza tutele maschili sia il Corano che la realta' politica e culturale dei paesi islamici, devono saper cogliere questa sfida e misurarsi su questo terreno che fu una volta dominio esclusivo degli imam e degli uomini, e decodificare le erronee interpretazioni degli Hadith cessando finalmente di essere "donne all'ombra del Profeta", come afferma nel suo testo "Donne del Profeta", la sociologa marocchina Fatima Mernissi e partecipare in modo piu' cosciente alla vita sociale e politica dei loro paesi, rivendicando, per esempio dove previsto, l'applicazione dei principi costituzionali e l'esercizio effettivo (e non puramente formale) del diritto di voto e di essere elette all'interno del parlamento del paese di appartenenza in numero sempre maggiore.