Presentazione.
Junius Brutus e il tentativo di creare un nuovo ordine mondiale.

Com'e' difficile seguire questa guerra, che sta ridisegnando di giorno in giorno l'assetto del pianeta! Com'e' difficile districarsi nel convulso susseguirsi degli eventi, orizzontarsi nel groviglio di questioni irrisolte che essa evoca e su cui essa interviene di continuo. In Junius Brutus numero 3 abbiamo scelto di gettare uno sguardo su diversi aspetti della tragedia in corso, senza pretese di esaustivita', nella piena consapevolezza dei nostri limiti. Abbiamo scelto, soprattutto, di esporre pubblicamente i risultati di un work in progress, con articoli dalla evidente diversa datazione. In pratica, non abbiamo aggiornato i pezzi scritti prima della caduta dei Talebani, ritenendo -non a torto, alla luce degli ultimissimi eventi- che la loro sostanza ultima, quella piu' sganciata dal contingente, potesse essere confermata dai fatti successivi. Inoltre, abbiamo inserito degli articoli su temi -per cosi' dire- collaterali rispetto alla guerra in atto. Cosi', ci si sofferma a piu' riprese sulla questione femminile, usata strumentalmente dai media per convincere della necessita' del conflitto una opinione pubblica gia' tenuta all'oscuro delle atrocita' dei Talebani e di altri regimi. Cosi', si fa riferimento ad un femminismo arabo o persiano ed anche -in parte- islamico, per dimostrare che le societa' che ci vogliono far credere arretrate hanno al loro interno le risorse per edificare ordinamenti sociali piu' avanzati.. Non solo, ma nel considerare la guerra come fenomeno complessivo, rivelatore di tutte le tensioni e di tutti i problemi che attraversano una data societa', concentriamo la nostra attenzione anche su quei migranti che costituiscono un settore centrale di quello che -con "Vis-a'-vis, quaderni per l'autonomia di classe"- definiamo proletariato universale. E lo facciamo collocandoci in una tendenza che -anticipata negli anni scorsi dalla "Commissione storia sociale" dell'Universita' La Sapienza- ha trovato nuovo sviluppo nei settori del movimento: quella legata al recupero della memoria orale dei soggetti portatori di istanze conflittuali. Ma non mancano riferimenti al conflitto israelo-palestinese, gia' affrontato con dovizia di informazioni su Tactical Media Crew e da noi collocato nella linea interpretativa tipica di Junius Brutus. Il tutto nella consapevolezza del fatto che molto ci puo' sfuggire e che lo stesso quadro che con fatica cerchiamo di delineare, si modifica di continuo. Si pensi alla sequenza impressionante di successi della Russia. Essa si e' garantita un ruolo importante nell'avvenire dell'Afghanistan, attraverso il suo appoggio alla componente tajika dell'alleanza del nord. E ha potuto vedere sancita la costituzione del consiglio dei 20 (composto, cioe', dai paesi della NATO piu' la Russia). Certo, non e' ancora l'entrata della Russia in una NATO modificata, ma e' un patto di consultazione e di decisionalita' politico-militare che avra' conseguenze nel futuro. Un segno, in ogni caso, dei vantaggi che Mosca ha tratto dai tentativi americani di definire un nuovo ordine mondiale. Gia', il nuovo ordine mondiale di Bush jr. il presidente -petroliere texano ha sorpreso tutti per la prudenza nelle fasi immediatamente successive all'11 settembre, per la sua capacita' di creare una complessa trama di alleanze attorno all'obiettivo della "lotta al terrorismo". Molti sono rimasti spiazzati dal suo atteggiamento. Forse anche perché poco lucidi nel valutare la politica estera americana. Una politica che non puo' essere compresa se si rimane ancorati al pregiudizio per cui l'iperpotenza yankee viene considerata l'amministratrice unica delle sorti del pianeta. Muovendo da questa opinione, non si puo' cogliere il senso profondo degli attentati alle Twin Towers, una raffigurazione simbolica della fragilita' del colosso americano, della sua tendenziale perdita di egemonia. E, soprattutto, non si capisce il modo in cui la Casa Bianca si e' mossa negli ultimi 3 mesi, dando l'idea di non essere del tutto impreparata rispetto alla eccezionale situazione che si e' configurata dall'11 settembre in poi. Il punto e' che gli analisti piu' seri prevedevano gia' da un po' di tempo una svolta nella politica americana. E l'11 settembre le ha spianato la strada, disvelando l'autentica natura di quello che abbiamo definito "arcano Bush". Non una politica di isolazionismo puro, né una politica di potenza intesa in senso esclusivamente militare. No, la filosofia e la prassi di Bush possono essere considerate isolazioniste se si intende con questo termine il perseguimento dei propri interessi identificati con quelli del mondo intero, ma cio' non esclude il confronto con le grandi partite in gioco nel proscenio internazionale. Cosi' come e' ovvio che Bush jr privilegi il piano militare, ma senza dimenticare del tutto l'aspetto diplomatico. L'11 settembre ha coinciso infatti con un maggiore interesse della Casa Bianca per la questione palestinese, con tanto di dichiarazioni che non sono piaciute a Sharon. Certo, l'imbellettamento delle spinte americane non puo' durare all'infinito. E cosi' si e' giunti alle intimazioni verso Saddam, che hanno gia' suscitato il diniego di un'Europa che -pur segnata da divisioni- ha un po' ripreso quota dopo gli impacci iniziali (Il fatto che si sia deciso del destino degli afgani in quel di Bonn, costituisce un effettivo successo per l'UE). Cosi'., ancora, siamo arrivati all'attacco frontale nei confronti dello stesso Arafat, pur imbarcato nella santa alleanza contro il terrore, attacco che coincide -sulla scia di alcune azioni di Hamas- con la ripresa dell'idillio tra Washington e Tel Aviv. Segni, questi, della impossibilita' da parte americana di portare avanti il proprio progetto. La guerra verso l'Iraq e la recrudescenza verso i palestinesi possono far venire meno un'alleanza tanto vasta quanto fragile. Un'alleanza di cui Bush jr ha bisogno, ma che -nello stesso tempo- rallenta l'azione americana contemperandola con interessi diversi, anche in contrasto con quelli degli States. In sostanza, se l'intelligenza americana stupisce -pur con le oscillazioni di una politica stretta tra i falchi come Condoleeza Rice e le colombe come Colin Powell- cio' non vuol dire che i progetti dello Zio Sam siano destinati ad andare in porto. Forse, per gli USA la situazione puo' dirsi irrecuperabile e la potenza yankee dovra' arrendersi all'idea di un mondo multipolare (cosa che gia' hanno fatto riconoscendo Cina e Russia come interlocutori alla pari), ma anche e soprattutto all'idea di un mondo dove l'Europa giochi un ruolo forte. Un ruolo che sara' quello di una potenza rivale anche se meno forte sul piano militare. Ragion per cui anche Junius Brutus invita ad abbandonare il puro e semplice antiamericanismo. No, non per invitare alla moderazione. A noi piacerebbe che nelle piazza non bruciasse solo la bandiera a stelle e strisce ma anche il tricolore. E' una questione di sguardo. Il nostro, sin dalla partenza di questa avventura su Internet, e' legato alla disamina dell'imperialismo che ci interessa piu' direttamente. Quello italiano e quello europeo, per intenderci. I nostri due principali nemici.