Campagna di boicottaggio Coca-Cola

da La Jornada, quotidiano messicano


COCA-COLA AFFRONTA UNA CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO
I sindacati promuovono un processo e boicottano per l'assassinio di leader sindacali in Colombia

Autori: Jim Cason, David Brooks e Roberto Gonzalez
Testata: La Jornada (MEX) 
Data: 15 Gennaio 2005
Versione originale in spagnolo: http://www.jornada.unam.mx/2005/ene05/050115/040n1con.php
Traduzione in inglese: ILRF - http://www.laborrights.org/press/coke-lajornada-0105.htm 
Traduzione in italiano: REBOC

Le organizzazioni sindacali Colombiane e Statunitensi accusano la Coca Cola e l’impresa messicana FEMSA, appaltatrice dell’imbottigliamento per i paesi sudamericani, di servirsi dei paramilitari per assassinare sindacalisti.

Le organizzazioni promuovono una campagna internazionale che include una denuncia negli Stati Uniti contro queste due imprese - per garantire la protezione dei lavoratori e la giusta compensazione delle famiglie dei sindacalisti uccisi.


Il sindacato nazionale siderurgico degli Stati Uniti ha presentato una denuncia presso il Tribunale Federale Statunitense contro la Coca Cola, la Femsa e la ditta imbottigliatrice colombiana, che potenzialmente potrebbe rappresentare un danno di 100 milioni di dollari per queste imprese. La Femsa è stata inclusa nella denuncia poiché è uno degli appaltatori principali della ditta imbottigliatrice colombiana.

Intanto, i sindacalisti e gli studenti negli Stati Uniti e in altri paesi promuovono una campagna intitolata ‘killer cola’ per informare sulle pratiche lavorative, dei diritti umani e ambientali della ditta, e già hanno ottenuto che diverse università cancellassero i loro contratti di fornitura per le strutture accademiche.

La ditta, da parte sua, ha già intrapreso una controffensiva di alto livello contro la denuncia e contro la campagna tramite l'invio di suoi rappresentanti alle università, con il proposito di affrontare la minaccia del boicottaggio. Inoltre ha lanciato un suo sito internet, www.cokefacts.org, come risposta al sito www.killercoke.org.

Nonostante il caso legale abbia dovuto affrontare alcuni scogli e abbia sofferto degli arretramenti, il suo promotore, Ray Rogers, afferma che la campagna diventa ogni giorno più forte. Sei università negli Stati Uniti e tre in Irlanda hanno già eliminato la vendita di Coca-Cola nei loro centri accademici.

I sindacati nazionali dei lavoratori postali (APWU) e degli impiegati dei servizi (SEIU), così come la Federazione degli Insegnanti della California, hanno aderito formalmente alla campagna, mentre altri sindacati e federazioni dei lavoratori si pronunciano a favore della causa.

Rogers, che come direttore dell’organizzazione Corporate Campaign ha condotto ambiziose iniziative nazionali in appoggio a lotte sindacali per più di due decadi, calcola che questa campagna è già costata a Coca-Cola milioni di dollari. “Adesso sì che abbiamo catturato la sua attenzione”, ha dichiarato in una intervista a La Jornada.

“La rivista Fortune ha affermato che questa è il peggior incubo di pubbliche relazioni che Coca-Cola potesse immaginarsi”.


Rogers in questo momento sta studiando una strategia per entrare in contatto con studenti e sindacati messicani, e con gli azionisti di Femsa.


“Sanno gli azionisti di Femsa che questa campagna negli Stati Uniti potrebbe costare centinaia di milioni di dollari alla loro impresa”?, domanda. “Già stiamo cercando contatti con i dirigenti delle organizzazioni studentesche e accademiche per verificare se Coca-Cola abbia una presenza consistente nei centri universitari come la UNAM, e per sapere se siano interessati a sostenere la campagna mondiale Killer Cola”.


SOS PRIMA DEGLI ABUSI

La campagna contro la Coca-Cola ha avuto inizio dopo che i lavoratori sindacaliizati delle imbottigliatrici colombiane, recentemente acquisite da Femsa, hanno sollecitato l’appoggio internazionale.

“Abbiamo bisogno del vostro appoggio per fermare un’atroce sequenza di assassini, sequestri e tortura contro leader e attivisti del Sinaltrainal (sindacato nazionale del settore alimentare), che quotidianamente sono in lotta tra la vita e la morte negli impianti di imbottigliamento di Coca-Cola in Colombia”, ha scritto Javier Correa, presidente del sindacato, in una lettera aperta ai sindacati di tutto il mondo.


Il sindacato in Colombia accusa Coca-Cola di eliminare in maniera selettiva i lavoratori dei suoi impianti per eliminare il sindacato. E questo, denuncia, è il culmine di una campagna di intimidazione decennale contro i sindacalisti, che include l’assassini di sette dirigenti sindacali e, lo scorso Aprile, di tre familiari del leader Efrain Guerrero, proprio durante le trattative con l’impresa.

L’accusa secondo cui l’imbottigliatrice di Coca-Cola in Colombia è collegata con i grupi paramilitari ha ricevuto nuovo credito negli Stati Uniti nel 2004, quando un giudice di Miami ha accertato che l’imbottigliatrice poteva essere processato in quel paese per violazione dei diritti umani dei suoi lavoratori.

Nel riassumere il caso presentato davanti al tribunale a nome del sindacato colombiano, il giudice descrisse ciò che avvenne nel 1995, dopo che Isidro Gil fu eletto presidente della sezione del Sinaltrainal di Carepa, dove si trova uno degli impianti dell’imbottigliatrice Bebidas y Alimentos: “Un mese dopo, Bebidas assunse membri dei paramilitari per lavorare negli uffici addetti alle vendite e alla produzione dell’impresa”.


Un nuovo dirigente di azienda fu assunto, “permise ai membri paramilitari l’accesso all’impianto e fece un accordo con i loro capi per eliminare il sindacato dall’impianto della Bebidas, anche con minacce di violenza se necessario”.


Un anno dopo, i paramilitari spararono a Gil e lo uccisero, nel momento in cui aprì la porta della fabbrica.

Il giudice statunitense continua: “ testimoni identificarono gli assassini con paramilitari che precedentemente avevano fatto la loro comparsa nell’impianto della Bebidas” con il dirigente.

Nel suo verdetto preliminare, il giudice ha stralciato la multinazionale Coca-Cola dalla lista degli accusati nella denuncia iniziale, perché non può essere ritenuta responsabile per le azioni della sua imbottigliatrice in Colombia.

Tuttavia dopo questa prima valutazione giudiziale del caso, Femsa, due anni fa, ha acquisito i principali imbottigliatori colombiani. Coca-Cola USA detiene il 46% della Femsa. Il sindacato colombiano, il sindacato siderurgico statunitense e Terry Collingsworth, avvocato americano del Fondo dei Diritti Sindacali Internazionali, che presentarono la denuncia, hanno presentato formalmente appello al giudice perché considerari il reinserimento di Coca-Cola USA e di Femsa come accusati nel processo. Si attende che il giudice emetta una sentenza su questa richiesta nel corso di quest’anno.

“Coca-Cola deve essere preoccupata per questo”, ha dichiarato Collingsworth a La Jornada. “Se il 100% dei tuoi imbottigliatori in Colombia compaiono di fronte ai tribunali per tortura, questa è una novità”. Ora che Femsa è proprietaria delle imbottigliatrici colombiane e che Coca-Cola USA è azionista di maggioranza di Femsa, dichiara di essere sicuro che il giudice approverà che ambedue siano incluse nel processo.

In sua difesa, Coca-Cola negli USA segnala che le accuse secondo cui le sue imbottigliatrici locali erano legate ai paramilitari sono già state oggetto di indagini da parte dei tribunali colombiani, che determinarono che ciò non era provato.

Inoltre citano un altro sindacato colombiano, il Sinaltraimbec, che a sua volta rappresenta parte dei lavoratori della imbottigliatrice, e afferma che “non c’è un solo indizio” che Coca-Cola sia legata a gruppi armati illegali. Infine, Coca-Cola icorda nel so sito internet che il giudice statunitense l’ha esclusa dagli accusati del processo.

Da parte sua, anche Femsa in Messico respinge le accuse. Rappresentanti di Femsa intervistati in quel paese hanno dichiarato a La Jornada che “le reiterate accuse del sindacato colombiano contro la compagnia Coca-Cola e i suoi soci imbottigliatori sono totalmente false. Non sono più che una spudorata campagna per ottenere pubblicità utilizzando il nome della nostra azienda e i suoi marchi registrati”.


Aggiungono che “come Coca-Cola Company e come suoi soci imbottigliatori deploriamo e condanniamo ogni atto di violenza commesso in Colombia da qualsiasi gruppo paramilitare o guerrigliero contto dirigenti sindacali o qualsiasi altra associazione. Allo stesso modo, abbiamo lavorato con i sindacati colombiani per mettere a disposizione maggiori misure di sicurezza per gli impiegati e i dirigenti sindacali”.


Infine i portavoce della Femsa hanno dichiarato che “il rispetto per i diritti sindacali e umani è uno dei principi fondamentali che caratterizzano le attività commerciali di Femsa in tutto il mondo. Trattiamo i nostri impiegati di tutti i paesi con giustizia, dignità e rispetto. Così noi come Coca-Cola operiamo nel rispetto delle leggi locali e mettiamo a disposizione delle comunità ciò di cui hanno bisogno”.


Ad ogni modo ci sono segnali che l’impresa statunitense stia subendo danni per questa campagna nel suo paese. Il leader della campagna contro Coca-Cola, Ray Rogers, e gli altri attivisti hanno aumentato il livello dell’attenzione pubblica sugli assassini e le violazioni nei confronti dei sindacalisti colombiani all’interno della riunione annuale degli azionisti ad Atlanta, nel 2004.


Dall’altro lato, il Washington Post ha riportato che il vicepresidente esecutivo e capo degli avvocati dell’impresa, Deval L. Patrick, l’anno scorso ha rinunciato all’incarico anche perché l’azienda ha rifiutato di mantenere la sua promessa di realizzare un’inchiesta indipendente del supposto legame tra le imbottigliatrici della Coca-Cola e i paramilitari in Colombia.

La Corporate Campaign ha sviluppato una strategia in quattro punti per sfidare l’immagine di Coca-Cola, impedirle l’accesso a mercati particolari come le Università e cercare di far vergognare azionisti e investitori dell’impresa. Lo slogan della campagna, “Assassinio…è la realtà”, è un gioco di parole con lo slogan pubblicitario dell’azienda: “Coca…è la realtà”.

Il sito internet della campagna killercoke.org irrita così tanto l’impresa che questa ha lanciato un suo proprio sito in risposta e ha acquistato i domini internet simili come killercoke.com e <ltre varianti che ora portano ad un sito in difesa del comportamento dell’azienda in Colombia.

Rogers spiega che la campagna non ha intenzione di promuovere un boicottaggio generale di Coca-Cola, ma cerca piuttosto di attaccare mercati specifici dell’azienda come università e sindacati. La campagna inoltre cerca di provocare tensioni con banche, imprese e istituzioni che fanno affari con l’impresa. “Coca-Cola di Atlanta (sede mondiale dell’impresa) adora parlare del “mondo di Coca-Cola”, ha spiegato Rogers. “La realtà è un mondo pieno di menzogne, inganni, immoralità, corruzione e serie violazioni dei diritti umani e dell’ambiente”.


 

prendi coscienza