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            Coca-Cola sbarca a Baghdad
 
 Testata: Il Manifesto
 Rubrica: Terra Terra
 Autore: Karisma Isd
 Data: 27 Luglio 2005
 
 
 In India è viva una tradizione storica di
            resistenza economica ai poteri forti e multinazionali che risale
            alla lotta contro la colonizzazione inglese. Ed è là che la
            multinazionale di Atlanta ha i maggiori dispiaceri, da un po' di
            tempo. Boicottaggi anti Coca Cola (per il suo comportamento
            antisindacale, per l'induzione a consumi dannosi, per i danni
            ambientali e per essere fra i finanziatori dei presidenti Usa)
            fioriscono un po' ovunque, ma il top è in India. Là è stato
            ammesso un calo delle vendite del 14% nel trimestre aprile-giugno
            rispetto ai mesi precedenti, malgrado le favorevoli condizioni
            climatiche (caldo estremo). L'opposizione sta coinvolgendo consigli
            di villaggio (in Kerala e Gujarat), attivisti di città, tribunali e
            perfino governi e amministrazioni. Le ferrovie hanno bandito dai
            vagoni le bollicine multinazionali in favore di bevande locali.
            Adesso ci si mette anche il governo dello stato meridionale del
            Kerala: il quale, riferisce il ricco sito indiano www.indiaresource.org
            (dell'omonima campagna che ha dato risonanza internazionale alla
            lotta e che solo in giugno ha ricevuto 80.000 visite) ricorrerà
            contro la multinazionale davanti alla Corte suprema dell'India.
            L'accusa: sottrarre preziosa acqua di falda per nutrire a colpi di
            milioni di litri al giorno la grande fabbrica di una sua affiliata
            indiana a Plachimada, area soggetta a crisi idrica. Il governo,
            insomma, mette in discussione il diritto di un privato
            multinazionale di sprecare acqua buona per un prodotto così
            voluttuario. Kutty Ahmed Kutty, ministro dell'Autogoverno locale,
            accusa inoltre Coca Cola di non aver rispettato le direttive statali
            in materia di controllo dell'inquinamento. Nella fabbrica entrava
            acqua pura di falda lasciando a secco i villaggi e insieme alle
            zuccherose bottiglie dalla fabbrica uscivano effluenti carichi di
            cadmio. Nella saga della Coca a Plachimada, ormai un caso di studio,
            sono anni che il minuscolo consiglio del villaggio (panchayat)
            Perumatty tiene in scacco il colosso mondiale, rifiutando di
            rilasciare l'obbligatoria licenza di prelievo d'acqua. Negli ultimi
            16 mesi la fabbrica è rimasta chiusa, dopo essere stata presidiata
            dagli abitanti dei villaggi ininterrottamente per mesi. Ma il 7
            aprile scorso, l'Alta corte del Kerala aveva permesso alla compagnia
            di estrarre mezzo milione di litri di acqua al giorno per la
            fabbrica di Plachimada, e aveva ordinato al panchayat ribelle
            di rinnovare la licenza. In tutta risposta, quest'ultimo aveva fatto
            ricorso alla Corte suprema e chiesto al governo del Kerala di dire
            qualcosa di sociale, rispettando il proprio dovere di proteggere le
            risorse naturali.
 
 Analoghe proteste si sono verificate nello stato del Gujarat, luogo
            natale di Gandhi. Con tutti i boicottaggi che la colpiscono altrove
            per ragioni ambientali e sociali, con tutti i dispiaceri in India, a
            Cola Cola tocca sperare perfino nell'Iraq. Dove rimette bottiglia
            dopo un'assenza di 37 anni, realizzando una joint-venture con
            l'azienda di imbottigliamento turca Efes Invest e il suo partner
            iracheno Hmbs, per competere con la Pepsi, fra un raid americano e
            un'autobomba. La famosa bibita artificiale statunitense
            dovette lasciare l'Iraq nel 1968, quando la Lega araba le scagliò
            contro un boicottaggio ante litteram a causa dei suoi legami con
            Israele. Il boicottaggio anti-Coca finì nel 1991 ma a quel punto fu
            l'embargo mondiale guidato dagli Usa a tenerla fuori dal paese; dove
            l'ex licenziatario della Pepsi, la Baghdad Soft Drinks, si mise a
            riciclare le vecchie bottiglie di Pepsi riempiendole con estratto «falso»
            proveniente dall'Est europeo, senza più pagare le royalties, unico
            «vantaggio» portato al paese dalle sanzioni. Nacque poi la Kufa
            Cola, sostituto locale prodotto nell'area di Kufa. Ma niente paura,
            a Baghdad, Bassora, Mosul torna Coca Cola e torna Pepsi. Gli
            iracheni non padroneggiano l'idea del boicottaggio economico: la
            loro ostilità verso gli Usa, spiega il quotidiano britannico, si
            esprime più direttamente in attacchi alle relative truppe.
 
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