Campagna di boicottaggio Coca-Cola

Comunicato stampa della UITA-IUF


Il Sindacato internazionale del settore alimentare IUF DICE BASTA AL COMPORTAMENTO ANTISINDACALE DELLA COCA-COLA IN PAKISTAN 

Sindacato: IUF-UITA-IUL Unione Internazionale dei Sindacati del settore alimentare
Data: 29 Dicembre 2006
Versione originale in inglese su: http://www.iuf.org/cgi-bin/dbman/db.cgi?db=default&uid=default&ID=3999&view_records=1&ww=1&en=1  
Traduzione: FIM-CISL
Invia una lettera di protesta cliccando qui


Violenta aggressione contro il lavoro e i diritti sindacali alla Coca Cola Pakistan
Iscritti al sindacato realizzano una manifestazione a favore dell’occupazione e dei propri diritti nell'impianto di imbottigliamento della Coca Cola a Karachi

Mentre i direttori esecutivi della Coca Cola Company (CCC) ad Atlanta, Georgia, USA, si preparavano a celebrare le feste e a godersi gli ottimi risultati del terzo trimestre dell’anno, la dirigenza della Coca Cola Beverages Pakistan Limited (CCBPL, proprietà della CCC) metteva in atto un feroce attacco contro il diritto all’occupazione e i diritti sindacali nelle sue strutture di Karachi, sfidando l’ordine giudiziario di desistere da simili azioni.

La repressione sindacale è un’azione abituale e innata della direzione di Coca Cola Pakistan. Nel Pakistan Centrale, sono stati annientati i sindacati a Lahore e Gujranwala e i dirigenti delle organizzazioni licenziati. A Rahim Yar Khan, il presidente del sindacato è stato licenziato nel 2001 ed è stato reintegrato solamente dopo una dura battaglia legale che l'azienda continua a combattere.

Quando i licenziamenti di per sé stessi non bastano a distruggere l’organizzazione sindacale, la precarizzazione su larga scala è divenuta il principale strumento con cui la dirigenza porta ai massimi livelli l’insicurezza e limita il potere di negoziazione del sindacato. Nell’impianto di Rahim Yar Khan, sono impiegati fra i 600 e i 700 lavoratori/trici precari/e nel periodo di massima attività – inclusi/e 250 lavoratori/trici "stabili” che sono impiegati per tutto l’anno e una cinquantina che operano nella fabbrica da 5 anni o più. Con l’obiettivo di restringere ancora di più la potenziale base degli iscritti al sindacato, a 200 lavoratori/trici fissi/e è stata resa impossibile l’iscrizione al sindacato, riclassificandoli come “dirigenti” o “supervisori” – nonostante lavorino come operai e non abbiano nessuna autorità direttiva.

Alla CCBPL Karachi, dove le strutture includono un impianto di imbottigliamento e un centro di vendita e distribuzione, ci sono 336 lavoratori/trici regolari e 250 impiegati/e precari/e, che sono messi sotto contratto direttamente o tramite agenzie di collocamento. Gli impiegati/e contattati/e in modo diretto vengono assunti per 6 o 9 mesi – e vengono utilizzati in punti di lavoro che precedentemente erano occupati da iscritti al sindacato.

Il sindacato Coca-Cola Beverages Staff and Workers Union (Sindacato del personale e dei lavoratori della Coca Cola Beverages) si è opposto ad un precedente tentativo della dirigenza di terziarizzare i settori della conservazione e del trasporto (dove sono impiegati 29 lavoratori/trici fissi/e, tutti membri del sindacato) e si sono preparati a lottare contro il rinnovo di contratti precari. Tanto a Karachi come a Rahim Yar Khan, le organizzazioni sindacali hanno stabilito che – coordinando le rispettive esigenze negoziali per il 2007 - uno degli obiettivi principali sarà l’inversione della precarizzazione tramite la regolarizzazione dei contratti di lavoro.

In seguito a questo, il 9 dicembre la dirigenza ha lanciato un attacco preventivo inviando più di 150 lettere di fine rapporto agli/alle impiegati/e della CCBPL Karachi, informandoli che i loro posti di lavoro sarebbero stati esternalizzati. Fra i destinatari di questi avvisi di licenziamento ci sono quattro dirigenti sindacali – il Presidente, il Vicepresidente, il Tesoriere e il Segretario – oltre a membri del consiglio di amministrazione. Le lettere sono state inviate una per una ai posti di lavoro dei/delle lavoratori/trici, ignorando il sindacato, nel periodo in cui erano state rafforzate le misure di sicurezza della fabbrica – anche tramite continue visite della polizia – in previsione delle proteste dei/delle lavoratori/trici.

Nonostante le notevoli misure di sicurezza predisposte, i/le lavoratori/trici hanno manifestato davanti ai cancelli della fabbrica e una riunione degli iscritti ha votato il rifiuto dei licenziamenti e dei pacchetti di indennizzo. Dopo alcuni giorni di protesta e uno sciopero di rallentamento della produzione, la dirigenza ha aumentato i termini di compensazione secondo lo “schema di rinuncia volontaria” e 153 lavoratori hanno scelto di accettare il pacchetto, incrementato dell’indennizzo per riduzione di personale.

Il sindacato ha informato la dirigenza che non avrebbe più accettato riduzioni di personale o schemi “volontari” e il 23 dicembre ha ottenuto un ordine giudiziario provvisorio, che proibiva alla dirigenza di licenziare, estinguere contratti o adottare altre azioni relative ai posti di lavoro, almeno fino all’8 di gennaio. Ma Coca Cola ha ripreso l’offensiva, continuando, il 24 dicembre, a fare pressione sui/sulle singoli/e lavoratori/trici e per questo ha tenuto aperti i propri uffici durante la festività nazionale del 25 dicembre. A dispetto dell’ordine giudiziario, nei giorni fra il 24 e il 26 dicembre, altri/e 38 impiegati/e sono stati sottoposti a pressioni perché accettassero l’indennizzo per riduzione del personale. Il 28 dicembre – in aperta sfida al mandato giudiziario – la dirigenza ha collocato degli avvisi che informavano i/le lavoratori/trici che quel giorno sarebbe stato l’ultimo per la consegna di richieste di rinuncia volontaria, dopo il quale nessuna domanda sarebbe stata accettata. Tre alti funzionari si incontrarono personalmente con i/le lavoratori/trici al fine di sottoporli a pressioni per l'accettazione delle condizioni. Il sindacato si prepara a presentare una denunciata di oltraggio al tribunale come reazione al cinico disconoscimento della azienda dell’ordine giudiziario, che aveva intimato la fine delle pressioni sui/sulle lavoratori/trici, messe in atto affinché accettassero i licenziamenti collettivi.

L’intimidazione su larga scala dei membri e dei dirigenti sindacali da parte della Coca Cola Pakistan è in linea con gli attacchi e le aggressioni contro la sicurezza sul lavoro e contro i diritti sindacali che caratterizzano il suo modus operandi in tutto il paese. 

La UITA sollecita un gran numero di proteste contro la Coca Cola Atlanta, che chiedano insistentemente alla multinazionale di interrompere questi attacchi e di aprire, in modo incondizionato, un tavolo di trattative con l’organizzazione sindacale che rappresenta i/le lavoratori/trici della CCBPL Karachi, il Sindacato del personale e dei lavoratori della Coca Cola Beverages (Coca-Cola Beverages Staff and Workers Union). Le copie saranno trasmesse automaticamente al sindacato e alla segreteria della UITA.

Se vuoi inviare una lettera di protesta alla Coca-Cola vai su http://www.iuf.org/cgi-bin/campaigns/show_campaign.cgi?c=247 
 

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