Campagna di boicottaggio Coca-Cola

Dopo la condanna della Chiquita torna al centro l'intreccio tra multinazionali e paramilitari


MULTINAZIONALI, PARAMILITARISMO E STATO 

Fonte: Rebelion
Autore: Hugo Paternina Espinosa
Data: 23 marzo 2007

Da molto tempo varie organizzazioni sociali in Colombia, leggasi tra le altre, sindacati, comunità indigene e afrodiscendenti stanno denunciando con grande insistenza il ruolo attivo che le multinazionali hanno giocato nella violazione dei diritti umani nel paese, non appena si fa riferimento all’aggravarsi del conflitto armato. 

E mentre la Colombia umile ed impoverita si dissangua o deambula da un semaforo all’altro, così come lo dimostrano fedelmente ed irrefutabilmente i più di due milioni e mezzo di persone sfollate che oggi vivono male tra le baracche delle principali città, o negli improvvisati ricoveri, semimorti per la mancanza di assistenza ufficiale, come c’è da aspettarsi, condannati da una società indolente e divorata dalla mancanza di speranze, le multinazionali del petrolio, del carbone, delle risorse idriche, del settore finanziario e delle telecomunicazioni, con la complicità, naturalmente, della mal nata oligarchia colombiana alimentano i propri conti e per questo fanno appello a tutte le forme di protezione del capitale: giuridiche, politiche e militari. 

2. Coca-Cola ed le sue pratiche criminali. 

La partecipazione di importanti multinazionali in clamorosi crimini contro sindacalisti in Colombia non è un tema nuovo e compromette eccellenti e molto conosciute aziende. La multinazionale Coca-Cola, per esempio, dall’inizio degli anni '90 è segnalata dal Sindacato Nazionale dall'Industria della Alimentazione (SINALTRAINAL) [1] come responsabile di aver tolto la vita ad almeno 14 membri della sua organizzazione, tra i quali 7 sono del sindacato della Coca-Cola e, allo stesso tempo, di favorire l’esodo forzato di varie decine di suoi membri, la qual cosa include, logicamente, l’esilio di un paio di lavoratori sindacalizzati. Molti dei sindacalisti assassinati furono uccisi mentre stavano negoziando accordi sindacali e varie voci non hanno smesso di indicare come responsabile di questi crimini il paramilitarismo, con la complicità degli organi dello Stato. 

Tra i sindacalisti assassinati dal 1992 ad oggi ci sono: Jose Gabriel Castro (1992), Jose Manco David (1994), Luis Enrique Gòmez (1995), Isidro Segundo Gil (1996), Jose Libardo Osorio (1996), Alcira Herrera Perez, moglie di Isidro Gil (2000) e Oscar Darío Soto, a Montería, Cordova (2001). E questo per non menzionare la perquisizione di sedi sindacali ed anche le ripetute minacce contro i parenti ed i membri del sindacato. Tutto questo, effettivamente, con la complicità dei vari governi che hanno agito, con atti o omissioni, come perfetti complici di fronte a tutta questa violenza. Finora non si conosce alcun responsabile di tutti questi crimini, e tutto questo costituisce la punta dell'iceberg di una strategia orientata ad eliminare tutta l’opposizione che vuole frapporre ostacoli all’ingordigia delle multinazionali in Colombia. 

Questa denuncia ha passato la frontiera chiedendo la solidarietà dei lavoratori di vari paesi, compresa quella del sindacato metallurgico americano United Steelworkers of America (Uswa), che insieme ad altre organizzazioni sindacali nel 2001 ha proceduto ad avviare presso il Giudice Federale una causa contro la compagnia e contro, inoltre, due delle sue imbottigliatrici considerandole responsabili dei crimini e delle persecuzioni contro i sindacalisti colombiani. Come c’era da aspettarsi, a marzo 2003, il Giudice ha respinto la denuncia contro la Coca-Cola, ma il boicottaggio e la solidarietà di fronte a questo criminale procedere di questa multinazionale non ha smesso di farsi sentire, fino al punto che recentemente in U.S.A. ed in Europa molte università hanno fatto un comunicato affinché i prodotti che la Coca-Cola vende al loro interno siano ritirati fintantoché non si chiarifichi quale sia e sia stata la sua responsabilità nei fatti che le sono addebitati. 

3. La Coca-Cola uccide, lo Stato ugualmente: boicottaggio nel cuore dell'impero.

Dalla fine dell'anno 2005 all’inizio del 2006, sono state messe in moto in vari campus universitari molte campagne contro la Coca-Cola. Così, l'Università del Michigan [2] e quella di New York hanno ritirato i prodotti della Coca-Cola e altrettanto hanno fatto molti centri educativi, tra gli altri, in Inghilterra, Irlanda ed Italia. Il motto che li ha uniti è: Porque amo la vida no tomo Coca-Cola (Non bevo Coca-Cola perché amo la vita). Questa campagna si somma ad altre che già nel 2003 sono state portate avanti da altri attori. Questa situazione è risultata imbarazzante per i dirigenti della multinazionale e come non mai prima era successo sono dovuti uscire a dare le dovute spiegazioni di fronte alle pungenti denuncie che gli vengono fatte. 

In questo senso Edgar E. Potter, direttore delle relazioni mondiali per il lavoro della Coca-Cola è arrivato a scrivere, in una lettera a Terry Collingsworth, direttore esecutivo del Fondo Internazionale per i Diritti del Lavoro, organizzazione con sede a Washington e che rappresenta legalmente i sindacalisti, che: “La Coca-Cola Company e le sue imbottigliatrici hanno interrogato i testimoni dei fatti in questione e confidano nella idoneità di quelle indagini. Queste non hanno evidenziato che gli amministratori degli stabilimenti di imbottigliamento della Coca-Cola in Colombia abbiano cospirato con i paramilitari per minacciare o intimidire i sindacalisti, né evidenzia che gli amministratori degli stabilimenti di imbottigliamento della Coca-Cola abbiano un certo ruolo nella morte [del sindacalista]„ [3]. 

4. Il carbone muove le industrie ed uccide gli operai. 

Se questo è il modo criminale di agire della Coca-Cola, quello della Drummond, la più grande industria mineraria del carbone in Colombia non è per nulla differente. Oggi si viene a sapere quello che già molti sindacalisti avevano a suo tempo denunciato, solamente che chi doveva garantire la difesa dei diritti umani dei lavoratori colombiani, nel nome dello Stato, e punire la Drummond non lo ha fatto, come era sua responsabilità. Il governo di Alvaro Uribe Vélez e la giustizia colombiana, e precedentemente anche il Presidente Andrés Pastrana Arango, sapevano che la multinazionale del carbone era seriamente compromessa nell’uccisione di molti sindacalisti (Valmore Locarno, Victor Hugo Orcasista e Gustavo Soler), fatti accaduti nel 2001. Rafael Garcìa, ex informatico del DAS e colui che ha incominciato a parlare della para-politica, ora confidente della Procura, a maggio 2006 ha denunciato che Augusto Jiménez, presidente della Drummond in Colombia, aveva fatto a Rodrigo Tovar Pupo, detto Jorge 40, un pagamento di 200.000 euro affinché procedesse contro i suddetti sindacalisti. Nonostante il comportamento della Drummond ed il racconto di Rafael Garcìa, la corrotta giustizia colombiana, rappresentata dal giudice istruttore del caso, lo ha archiviato per le ragioni che tutti già conosciamo: mancanza di prove. 

Come è possibile, mi chiedo, che la giustizia colombiana abbia archiviato questo caso ed ora Karon Bowdre, così è per beffa, giudice federale negli U.S.A., consideri che ci siano indizi per iniziare un giudizio contro la multinazionale Drummond. Il giudice in menzione ha considerato opportuno ascoltare la testimonianza di Rafael Garcìa, tuttavia, tutto sembra indicare che il giudice nordamericano reputi che la cosa migliore sia che la Drummond e gli avvocati dei dirigenti sindacali assassinati e dello stesso sindacato (SINTRAMIENERGIA) raggiungano un accordo e così si eviti il ricorso in giudizio. Bisogna segnalare, per quanto concerne il giudice colombiano, che questi autorizzò ad andare avanti nel giudizio, però, relazionandolo, a quanto sembra, solo ai danni derivanti dalla morte dei sindacalisti.

5. Per le risorse energetiche tutto è lecito. 

È chiaro che, tanto alla giustizia colombiana come alla giustizia degli U.S.A., non interessa condannare la Drummond, in ogni modo sarà protetta, che sarà tollerato, come ha fatto, chi ha ucciso e che abbia finanziato gruppi paramilitari così come è accaduto, contravvenendo persino alle direttive del Dipartimento di Stato U.S.A. e lo stesso Patriot Act, che specificamente proibisce qualsiasi accordo con organizzazioni considerate terroriste. Comunque, la Drummond, secondo la logica nordamericana, non ha fatto altro che garantire un grande flusso di risorse energetiche [4] di carattere strategico per gli U.S.A., avido, come sappiamo, in questi momenti cruciali, di quelle importanti risorse. Tutta questa infamia è suscettibile di essere perdonata negli U.S.A. ed anche in Colombia, là si benedicono coloro che torturano a Guantánamo, Abu Graihb, coloro che lanciano bombe al fosforo in Irak e lì commettono crimini di guerra e di lesa umanità; là si perdona, inoltre, chi ha mentito sulle armi di distruzione di massa che non sono state trovate a Sadam Hussein; qui si perdona a Mancuso, Jorge 40, Don Berna ed altri assassini e mafiosi di professione, soprattutto, basandosi su una legge (Justicia y Paz) che soltanto Uribe e una parte del suo Congresso, accusato di legami con il narco-paramilitarismo, gli avrebbe potuto offrire. 
Questa è la sicurezza democratica che Uribe vende in un pacchetto sottovuoto alla famosa “comunità internazionale”, che senza nessuna ambiguità premia e santifica i suoi crimini di oggi e di ieri finché, con inconfondibile servilismo, consente che le risorse energetiche di natura strategica che tanto il padrone del nord come le altre potenze richiedono per affrontare le loro crisi energetiche e che fluiscono verso i loro centri di potere. In primo luogo mi chiedo: Che ne è della tanto annunciata lotta contro il terrorismo nazionale ed il terrorismo mondiale, e contro gli autentici finanziatori, interni e stranieri? Forse il Presidente Uribe non conosceva tutta questa situazione? Che sarebbe successo ad un industriale colombiano o ad una multinazionale che avesse pagato un importo simile alle FARC o al ELN, e ciò fosse stato di pubblica conoscenza? Perché retate così veementi contro gli indifesi contadini ed i disarmati sindacalisti, e neppure una accesa invettiva presidenziale contro la Drummond? Che succede signor Presidente, si sta risparmiando per attaccare Gustavo Petro o per attaccare Robledo, Piedad Cordoba, il suo professor Carlos Gaviria, o chiunque lei consideri che sia un terrorista vestito da civile? 
Addolora che il Presidente Uribe abbia una così fragile memoria e si ricordi soltanto di attaccare i membri del Polo Democratico Alternativo, che considera terroristi vestiti con o senza doppio petto, ma si dimentichi che i più notori terroristi sono le multinazionali che ora dissanguano il paese e a cui nei suoi viaggi attraverso l’Europa e gli U.S.A., con grande candore, offre una gran quantità di imposte, incluso che facciano quello che fanno e come lo fanno, senza che succede nulla. Temo che il Presidente Uribe, di fronte a questo ed altri casi simili, per noti e inconfondibili segni, sia più tifoso di un tipo di “terrorismo„ che di un altro. Se non è così, signor Uribe, incominci a dimostrarlo. Davanti a quanto detto la Drummond nega la sua partecipazione ai crimini commessi contro i tre sindacalisti, sicura che le leggi nordamericane, se la ritenessero responsabile, imporranno solo una sanzione per l’appoggio ai gruppi terroristi e no per l’assassinio o la promozione dell’uccisione di indifesi sindacalisti, il cui unico delitto è stato, senza dubbio, di difendere i propri diritti come lavoratori e denunciare la voracità e lo sfruttamento delle risorse su cui conta il paese, di fronte al quale sta zitta la servile e violenta oligarchia colombiana, della quale il presidente Uribe è uno dei suoi massimi esponenti. 

6. La Colombia, un parco tematico dell'orrore nelle mani della Chiquita Brands.

Non c’è alcun dubbio che la Colombia, per mano della oligarchia colombiana e delle multinazionali che la saccheggiano e la umiliano, si è trasformata in un grande parco tematico dell'orrore e in un museo vivente della sofferenza accumulata. Ancora siamo lontani dal conoscere quale è il vero comportamento criminale di molte multinazionali che operano in Colombia e non speriamo che questo governo né alcuno che lo ha preceduto stenda un velo per conoscere in tutto il suo splendore la perfidia di come operano queste società con l’appoggio dello Stato, del parastato e di settori molto piccoli ma potenti della oligarchia colombiana. 
Sono molto frammentarie le informazioni che si hanno sulla storia di dolore e sangue che le multinazionali sono andate costruendo nel paese. In non pochi casi sono lo Stato ed i vari governi coloro che più si sono occupati di nascondere il comportamento violento di questo tipo di aziende, legate, come sappiamo, agli interessi più conservatori e disposte ad intraprendere qualunque tipo di politica ogni volta che se ne avvantaggi la loro posizione dominante. Paradossalmente oggi se ne sa più all'estero su questo tipo di aziende che all’interno del paese stesso, il che ci fa pensare all'esistenza di una politica deliberata orientata affinché l'opinione pubblica non conosca ciò che realmente accade con queste organizzazioni non appena si ha a che fare con la violazione dei diritti umani e con ciò che riguarda il finanziamento della guerra che loro propiziano nel paese, e per mezzo dela quale traggono enormi guadagni.
Similmente con quanto detto prima, pochi giorni fa è trapelato che la multinazionale Chiquita Brands ha dovuto pagare al governo degli U.S.A. [5] una somma di 25 milioni di dollari, poiché questa multinazionale delle banane aveva finanziato in Colombia gruppi paramilitari, che dal Dipartimento di Stato U.S.A. sono considerati, dal 10 settembre 2001, come gruppi terroristi. Il contenzioso tra il governo U.S.A. e la Chiquita Brands, risolto con il ricorso al Giudice Federale della Corte del Distretto di Washington, Royce Lambret, si è concluso, appena pochi giorni fa, nel seguente modo: La Chiquita Brands ha riconosciuto che i suoi principali quadri direttivi in U.S.A. hanno dato ai paramilitari colombiani, tra il 1997 ed il 2004, attraverso la sua filiale Banadex circa 1.7 milioni di dollari in cambio della loro protezione ai vari processi riguardanti l’affare delle banane, la qual cosa includeva, certamente, di colpire tutto ciò che fosse una minaccia a questa attività. Durante questo periodo gli omicidi e lo sfollamento in Urabá furono costanti. 
La stessa multinazionale riconosce che le menzionate risorse sono state ricevute dai paramilitari in quote, 100 complessivamente, e inizialmente sono state riscosse dalla Convivir Papagayo, uno dei tanti iniziali strumenti criminali che il Presidente Uribe ha lasciato installati durante il suo nefasto passaggio per il governatorato di Antioquia, la quale nel 2003 avrebbe cambiato la sua facciata e da allora si sarebbe chiamata Servizio Speciale di Vigilanza e Sicurezza Privata. Si sa che il rinnovo della licenza di questa copertura del paramilitarismo è in corso presso la Sovrintendenza per la Vigilanza e la Sicurezza Privata, organismo del resto per niente pulito in questo tipo di intrighi. Non c’è dubbio che con questi soldi i paramilitari di Carlos Castaño ed i militari della XVII Brigata dell'esercito imposero un regime di terrore nella zona dell’Urabá e contemporaneamente nel Dipartimento del Magdalena, zone per eccellenza di coltivazione di banane, fatto che poi si è esteso ad altre zone del paese. 

7. Uccidi e paga: Colombia il cuore delle tenebre. 

Dentro a questa perversa logica, che solo Uribe e suoi capiscono, la Chiquita Brands si impegna a pagare i primi cinque milioni di dollari una volta emessa la sentenza e altri quattro pagamenti con gli interessi fino a completare i 25 milioni che comporta la multa per aver sostenuto i gruppi paramilitari. Tra gli impegni di questa multinazionale, inoltre, c’è quello di accettare un programma di etica imprenditoriale e di contrubuire al chiarimento di tutti i fatti associati al finanziamento dei paramilitari, compreso quello della consegna dei 3400 mitra AK che questi gruppi ricevettero con le rispettive munizioni e che, nel novembre 2001, furono introdotti nel paese con la nave Otterloo del sua filiale Banadex, e alla cui operazione parteciparono, si pensa, paesi come il Nicaragua, Panamà e la stessa Colombia. Dove erano le autorità colombiane quando succedeva questo? In cambio, il Dipartimento di Giustizia degli U.S.A. dà per buon l'accordo e dichiara che non avvierà alcuna azione di tipo penale contro la Chiquita Brands, oltre che dare l'accordo per passato in giudizio. 
Da questo accordo derivano alcuni elementi che è necessario annotare. Primo, che il governo U.S.A. considera come passibile di una semplice ammenda economica un fatto che qualsiasi colombiano/a con un poco di dignità e buonsenso considererebbe una condotta criminale. Per gli U.S.A. le vittime colombiane non fanno parte delle proprie preoccupazioni e non dovrebbe esserlo, poiché il suo interesse è centrato e sarà centrato d’ora in poi, se è quel che accade, solo nel conoscere i particolari del finanziamento che hanno ricevuto i paramilitari e, contemporaneamente, nel non riconoscere le perverse e tragiche conseguenze che da questo appoggio sono derivate. Questa sanzione economica alla Chiquita Brands, che non smette di essere una caricatura ed una orribile ed inammissibile complicità con il suo criminale e terribile modo di agire, ciò che gli U.S.A. dicono di combattere nel nome della libertà, dei diritti umani, della democrazia e di tutti i valori intangibili che rappresentano l’occidente, il vertice della sua società, fa ribollire, infiammare la coscienza e reclamare allo Stato colombiano, al suo governo, alla sua elite criminale ed a tutta la società, senza alcun dubbio, un momento di dignità, un basta al servilismo di fronte a un così grande obbrobrio tutto in una volta. 
Il trattamento che ha ricevuto la Chiquita Brands negli U.S.A. da parte delle sue autorità non è potuto essere migliore, tollerano che uccida innocenti in Colombia e per di più la premiano. Qui si mostra una volta di più il vero senso “della lotta globale„ del governo U.S.A. contro il terrorismo e la sua doppia morale di fronte allo stesso. Quello che rimane chiaro è che qui si impone la logica americana dell’uccidi e paga ed anche l’oltraggioso comportamento nel proteggere e nel coprire negli Stati Uniti a qualunque costo i dirigenti della Chiquita Brands. 
Vediamo se la veemenza che il Presidente Uribe smisuratamente ci ha fatto conoscere ogni volta che si mette ad attaccare l'opposizione o qualunque ONG che critica la sua ridicola politica dei diritti umani, sarà la stessa di quella che userà per chiedere l’estradizione dei dirigenti della Chiquita Brands, che hanno commesso in Colombia delitti che sono stati riconosciuti tali davanti ad una Corte nordamericana. Signor Presidente dimostri infine, anche solo per una volta, un atto di dignità davanti a questa patria che nei suoi accesi discorsi e durante i molto coloriti consigli comunali sempre dice di difendere. Osi sollecitare l’estradizione di coloro che hanno ucciso in Colombia ed anche di coloro che hanno contribuito insieme a Lei ed ai suoi a rendere il paese un luogo piccolo e per niente protetto come il suo bestiame che pascola in terre di narco-paramilitari, ai quali, certamente, si imporranno pene ridicole. Temo che Lei fin là non arriverà, e se nel caso, chiedesse alla falsa Procura colombiana di investigare i funzionari della filiale della Chiquita Brands in Colombia, cioè la Banadex [Banacol] o come si voglia chiamare, e a loro si cercasse di applicare quello che in Colombia chiamano con tanto orgoglio legge, che se è come quella di “giustizia e di pace”, formulata ad immagine e somiglianza degli interessi di narco-paramilitari, temo che sia una grande burla contro le vittime e un trofeo per coloro che hanno agito così. 

8. Il DAS: nascondendo le connessioni tra la Chiquita [6] ed il paramilitarismo. 

Il fatto curioso è che tutto questo il governo di Uribe un po’ lo conosceva, perché nell’anno 2003 l’allora responsabile dell’INTERPOL, il colonnello Blond Henry, inviò un rapporto a Jorge Noguera, ex-direttore del DAS [accusato di aver messo questo organismo il servizio paramilitari], dove gli svelava il caso dei più di 3000 mitra che la Chiquita Brands aveva introdotto per mezzo della la sua filiale nel porto di Turbo, dei vasti intrighi dei paramilitari, come sappiamo dalla metà degli anni 90. La posizione di Noguera, come è segnalato da più parti, fu quella di ostacolare l’indagine ed evitare che si conoscessero in maniera approfondita i collegamenti della Chiquita Brands [Banadex] ed il rafforzamento economico, politico e militare del progetto paramilitare in Colombia. Visto tutto quello che è accaduto nel paese con la para-politica e la fondatezza sempre più incontrovertibile delle segnalazioni che gravano su Jorge Noguera, risulta ovvio pensare che ciò che il DAS e lo stesso governo hanno cercato e cercano fu che non venisse a galla questo ripugnante fatto. 
Uribe forse non sapeva che l'Organizzazione degli Stati Americani (O.E.A.) aveva fatto una indagine sulla questione, che la stessa era andata a fondo e coinvolgeva una importante multinazionale e la sua filiale? Perché nella crociata contro il terrorismo Uribe e la giustizia colombiana non hanno detto nulla alla nazione? Uribe non sapeva che una di quelle Convivir che lui aveva contribuito a creare stava dietro alla riscossione di quei milionari contributi che stavano facendo la Chiquita Brands ai paramilitari e che questa si era convertita in un istituto di vigilanza? Di fronte a questo ed ad altri casi ci sarebbero molte cose che signor Presidente dovrebbe chiarire per semplice etica politica. Tuttavia, la realtà è superata, penso che oggi qualsiasi argomento sia poco di fronte a un così grande silenzio accumulato e davanti ai molti tentativi di nascondere la natura dei fatti. 
9. Sulle orme della Chiquita Brands. La Colombia non è l'eccezione. 
Il comportamento della Chiquita Brands in Colombia è criminale ed ancora più quello dello Stato colombiano. Dalla Chiquita e da tutte le multinazionali che ci sono nel paese ci sarebbe da aspettarsi poco di buono. Sono predatrici dell’ambiente ed anche della società. La storia della attuale Chiquita Brands è piena di violenza e di terrore lungo tutta l'America latina ed i Caraibi. Il suo predecessore fu, la temuta United Fruit Company, la stessa che nel 1928 attuò una brutale repressione contro lavoratori agricoli nel Dipartimento del Magdalena e contro la quale si sollevarono i lavoratori reclamando dignità. Per soffocare lo sciopero dei bananeros il Governo conservatore di Miguel Abbey Méndez [7], così incondizionatamente nordamericano come quello ora di Uribe, lanciò l'esercito contro i lavoratori. 
Il risultato fu un massacro che il realismo magico di Garcìa Márquez, in un atto di esagerazione letteraria, calcolò in 3000 persone assassinate. In realtà furono molte meno, ma non per questo motivo furono meno dolorose quelle morti. Quel atto canagliesco sarebbe stato immortalato in Cento Anni di Solitudine, ma a dire il vero, molto prima che questo fatto fosse stato rivendicato dal Nobel colombiano nel suo immortale romanzo, prendendolo allo stesso tempo come un imperituro simbolo della mancanza di memoria collettiva e come rappresentazione rupestre e archeologica della barbarie che ha caratterizzato l'elite possidente e rovinosa colombiana, Jorge Eliécer Gaitán [8] nel 1929, essendo allora rappresentante alla Camera, si assunse il compito di conoscere dalla viva voce i particolari di quei fatti luttuosi e tristi, per cui si trasferì nella regione di Ciénaga, Magdalena, posto dantesco dove si produssero quegli indimenticabili eventi. 
Una volta realizzata quella etnografia della barbarie e di ritorno a Bogotà, nel mese di settembre dello stesso anno, Gaitán pronunciò nel Congresso della Repubblica uno dei discorsi più importanti della storia sociale e della cultura politica colombiana. In quella occasione Gaitán addebitò i fatti al governo di Abadìa Méndez e all'esercito, che li accusò di scagliarsi contro il martirizzato popolo, mentre da un altro lato si scambiavano favori con la United Fruit Company ed il governo degli Stati Uniti. Quegli accesi dibattiti di Gaitán si protrassero per quindici giorni, e sarebbero serviti, da un lato, a mettere a nudo la viltà e il servilismo della oligarchia colombiana quando si tratta di difendere gli interessi stranieri nel paese e, dall'altro lato, a che Gaitán conquistasse la fiducia e l'affetto dell’incipiente movimento operaio e di altri settori subalterni che in quel tempo si sviluppavano in Colombia. Quasi 70 anni dopo quei discorsi scagliati da Gaitán, la oligarchia continua ad essere ugualmente rancida e assassina contro gli indifesi, e servile, come c’è da aspettarsi, davanti al così potente padrone del nord ed alle potenze di nuova formazione. Sarebbe bene che questa genuflessa elite colombiana, abituata come è a dire sì agli ordini degli U.S.A. e in ogni caso delle potenze straniere, prendesse sul serio, anche fosse solo per un istante, le parole di Gaitán ed apprendesse a difendere, di fronte al mondo, questa patria che nei magniloquenti discorsi dicono di difendere. 
Così, ieri la United Fruit Company ed oggi la Chiquita Brands, hanno tinto di rosso la geografia nazionale ogni volta che lo hanno voluto
e che gli è risultato conveniente. Ieri per mano del Governo e dell'esercito e oggi per mano dello Stato e del paramilitarismo. In altri luoghi dell'America latina, in Guatemala, per esempio, la United Fruit Company per mezzo della CIA ha propiziato il colpo di stato contro il Presidente Jacobo Arbenz, e a Cuba non solo ha sfruttato le ricchezze derivanti dal monopolio dello zucchero, per tutto il tempo che ha potuto, ma ha sostenuto la dittatura di Fulgencio Batista fino a poco prima del trionfo della rivoluzione cubana. Per tutto quanto detto, non c’è da sorprendersi che il governo degli U.S.A. abbia perdonato a questa multinazionale ciò che i suoi principali quadri direttivi erano andati finanziando per tutto il tempo ai gruppi paramilitari colombiani. È risaputo molto bene che il governo americano è il più grande protettore di ogni tipo di terroristi e dittatori, finchè questi servono, senza dubbio, ai suoi più lodevoli obiettivi: l’eccezione conferma la regola, Posada Carriles e Orlando Bosh. 
Di fronte a tutto questo, la Chiquita Brands al contrario della Coca-Cola e della Drummond, ha riconosciuto i crimini che le sono imputati. Questa multinazionale sostenitrice del paramilitarismo in Colombia e, pertanto, fautrice della violazione ai diritti umani ha capito che è meglio riconoscere i fatti e pagare, poiché in ogni modo ha assicurato, ed in anticipo, il perdono. È chiaro che per il governo degli U.S.A. poco importa che le navi della Chiquita o della sua filiale siano state caricate di cocaina e siano ritornate cariche di mitra AK, con i quali massacravano e massacrano centinaia di colombiani/e. Non interessa, in fin dei conti i morti non sono nordamericani ed in ogni modo, secondo la logica americana e della Chiquita, era un male necessario: si trattava di ripulire le zone da ogni il tipo di indesiderabili e di seguaci del comunismo.

10. Giustificando le connessioni con il crimine ed altre considerazioni. 

I dirigenti della Chiquita hanno aggiunto che finanziarono i paramilitari perché volevano proteggere i propri lavoratori, nella mia vita non ho ascoltato nessuna più grande canaglia, poiché se qualcosa proteggevano e hanno sempre protetto, perfino quando finanziarono l’ELN o le FARC, furono le proprie immense ricchezze ottenute a forza di massacri e di esodi forzati, tutto questo compiuto, naturalmente, dai paramilitari con il denaro pagatogli e sotto la protezione dello Stato colombiano. Ciò è doppiamente infame poiché tutti sappiamo che il Governo colombiano offre ogni il tipo di protezione alle multinazionali: legale, politica e militare. Sicuramente la zona di Urabá e del Magdalena sono fortemente protette, se così si può dire, dalla polizia e dall'esercito. Quello che cercava la Chiquita Brands con questa strategia era di avere un potere armato non limitato da alcuna legalità, con il quale il controllo era reso più rapido ed, inoltre, era più conveniente, secondo i suoi interessi politici ed economici, finanziare un progetto di estrema destra che alcune organizzazioni guerrigliere ispirate dal desiderio di trasformare le strutture sociali e politiche esistenti. Ciò è un elemento chiave per capire perché abbiano deciso dalla fine dei ‘90 di smettere di apportare contributi economici alle guerriglie e di destinare i propri finanziamenti ai paramilitari. 
Tutto quanto detto deve mettere in allarme l'insieme del movimento sociale che deve sapere cosa stanno facendo le altre multinazionali che sono in Colombia. È ora di denunciare ciò che fanno ed esigere l'uscita di tutte quelle che sono compromesse con chi ha commesso questi fatti. È ora di convocare le reti internazionali di consumo responsabile e di esigere che i dirigenti di quelle siano puniti penalmente e civilmente per i delitti commessi. Non solo per quanto detto, è urgente anche smascherare gli stretti nessi che il capitale transmonopolista internazionale ha con il capitale interno ed i modi con cui questi si articolano per aggredire e fare violenza all'insieme della società. Il compito non è per niente facile, però c’è la necessità ineludibile di iniziare, temo che né Uribe né i suoi vogliano chiarire niente, perché a ogni nuovo fatto che in Colombia succede, sia per atti che per omissioni, è necessario dare una risposta molto soddisfacente nonostante si continui come se ciò che ora accade non dipenda da lui. È così tanto resistente il teflón di Uribe? Senza dubbio tanto quanto tutta la società vuole e desidera. È il momento di portare avanti un Tribunale Popolare che condanni le multinazionali che violano i diritti umani e che promuovono la guerra in Colombia, e che sanzioni anche lo Stato ed il governo che si comportano nella stessa maniera. La lotta per la vita e la difesa delle risorse in Colombia è una questione urgente. Il pomeriggio sta per terminare….
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[1] Un rapporto dettagliato sulla Coca-Cola in Colombia ed in altri paesi sipuò vedere in: 
CIEPAC. Centro de investigaciones económicas y políticas de acción comunitaria de San Cristóbal de las Casas, México. Versión electrónica http://www.columnasur.org/CIEPAC/menú.htm 

[2] Su quanto fatto dall'Università del Michigan si può vedere la nota pubblicata da: 
Latin América Solidarity Centre. Versión digital http://www.lasc.ie/new/coke-new8.htm 


[3] Vedere l'edizione del giornale El Tiempo di Bogotà del 5 gennaio 2006 intitolata “10 universidades de EU y Europa vetaron el consumo de Coca-cola por nexos con los paras”. 

[4] Per una maggiore comprensione della politica energetica degli U.S.A., nella quale il petrolio ed altre risorse energetiche hanno finito per divenire parte della sicurezza nazionale, suggerisco vedere il lavoro di Michel Klare, “Blood and oil. The dangers and consequences of america´s growing petroleum dependency”, ed metropolitan books, Henry Holt and Co., LLC, New York, 393, 2004. 

[5] Sull'accordo a cui sono giunti il Dipartimento di Giustizia del governo degli U.S.A. e i dirigenti della Chiquita Brands, si può vedere l’articolo di Gòmez Maseri, Sergio, edizione del giornale El Tiempo, Bogotà, sezione economia, martedì 20 maggio 2007. 

[6] un ampio rapporto sulle operazioni della Chiquita Brands in Colombia e i suoi collegamenti con il paramilitarismo può essere visto nell’articolo della rivista Semana intitolato “Banana para–republic”. Versione electronica http://www.semana.com/wf/infoarticulo/aspx?idart=101602  

[7] Tra il 1886 ed il 1930 il Partito Conservatore fu al potere. Durante questo lungo periodo che si prolunga per un periodo di 44 anni, solo Eliseo Payán (1886-1887), liberale, e Carlos Eugenio Restrepo, dell'Unione Repubblicana (1908-1908), hanno goduto di un breve periodo di interregno durante tutta questa egemonia conservatrice. Il massacro delle imprese bananiere insieme ad un'altra serie di fattori avrebbe fatto sì che il Partito Conservatore sotto la guida Abbey Méndez perdesse il potere nel 1930 e si instaurasse un periodo di governi liberali, fino al 1946, il momento nel quale il partito conservatore riprende il potere con Mariano Ospina Pérez. 

[8] Jorge Eliécer Gaitán fu un notabile del Partito Liberale in Colombia e forse una delle coscienze che nella sua epoca seppe interpretare da un punto di vista caudiglista gli aneliti dei settori popolari colombiani. De estrazione popolare e formato nel mondo del diritto seppe porre questo al servizio dei settori sfruttati. Fu un duro critico della oligarchia colombiana, elogiato da molti e odiato da altri. Per alcuni le sue idee si inquadrano in un ambito socialista, per altri il progetto di Gaitán non ha portato a termine nulla. Comunque, questo importante dirigente attaccò il bipartitismo, uscì dal Partito Liberale nel 1933, fondando il suo partito UNIR. Nel 1935 tornò tra i seggi del Partito Liberale e precisamente nel giugno del 1936 assunse la carica di Sindaco di Bogotà. Uscì dopo pochi mesi dopo dal consiglio comunale per alcune misure antipopolari che volle prendere, tra le quali, far indossare l’uniforme ai conducenti, fatto che non sarebbe stato grave se i suoi avversari non si fossero serviti di questo ed altri atti per attaccarlo. Nelle elezioni del 1948, il oligarchia colombiana timorosa del ritorno al poter di Gaitán, poiché aveva vinto le elezioni legislative e proponeva di introdurre riforme economiche e sociali, presero con la complicità del governo U.S.A., secondo alcuni storici, la decisione di assassinarlo il 9 aprile 1948. Questo mentre presenziava alla IX Conferenza Panamericana di Bogotà. Il governo di allora (Mariano Ospina Pérez) e successivamente gli altri persino vollero attribuire questa morte al comunismo internazionale, compreso Fidel Castro, poiché aveva voluto essere presente a quella conferenza. Niente di più assurdo. Questo fatto è conosciuto nella storia politica della Colombia come il Bogotazo, settori popolari scesero in strada e l'esercito li mitragliò senza pietà, i morti si calcolano a migliaia. Da allora, come dice Garcìa Márquez, il paese non ha avuto un momento di vera pace. Un buon lavoro su questa nota si può trovare in: Braun, Herbert., “Mataron Gaitán. Vida pública y violencia urbana en Colombia, Universidad Nacional, 1987. Inoltre può essere consultato il testo di Alabe, Arturo, “El Bogotazo”, Bogotà, ED Pluma, 1983. Ci sono altri lavori che per tempo e spazio non segnalo.

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