Campagna di boicottaggio Coca-Cola

Dal settimanale LEFT/Avvenimenti


STOP KILLER COKE

Testata: LEFT/Avvenimenti
Autore: Susanna Jacona Salafia
Data: 14-20 Luglio 2006
Pagine: 28-30
Link collegati: il forum aperto dall'autrice sul caso Coca-Cola in Colombia


In Colombia si ricorre alla Corte federale di Miami, appellandosi all’“Alien Tort Claims Act”. E’ l’antichissima legge del Congresso (risale ai tempi della rivoluzione americana) che dà giurisdizione ai tribunali Usa per le violazioni dei diritti civili commessi nel mondo. In questo processo,un tribunale del distretto sud Florida dovrà quindi pronunciarsi sulle presunte responsabilità della Coca-Cola Company e la “Femsa-Coca-cola”(la società di imbottigliamento in America latina, subsidiaria della prima che ne detiene il 46,4%) in uno degli ultimi omicidi dei membri del Sinatrainal (sindacato dei lavoratori dell’industria alimentare) colombiano. In India invece si è appena concluso un lungo sciopero della fame, dinanzi lo stabilimento della Coca-Cola a Medhiganji, di centinaia di persone e migliaia di sostenitori in tutto il Paese.Qui la Coca-Cola è accusata di aver inquinato e fortemente ridotto le risorse, gia misere, di acqua dei pozzi di venti villaggi attorno all’area dello stabilimento.

Vicepresidente del Sinaltrainal, licenziato dopo uno sciopero, Adolfo Jesus Munera Lopez è stato ucciso il 31 agosto 2002, dinanzi l’abitazione della madre(che era andato a trovare dopo 5 anni di esilio) a Barranquilla. Era appena stato reintegrato al suo posto di lavoro in stabilimento da una sentenza dopo una lunga battaglia. A compiere l’omicidio, gli squadroni della morte dell’Auc (Autodefensas Unidas de Colombia), un gruppo paramilitare antiguerriglia gia dichiarato “terrorista” dall’ Ue e Usa. 
Gli assassini vengono definiti, dai firmatari dell’atto di accusa, “agenti” al soldo dei manager dello stabilimento della Coca-Cola di Barranquilla, dove Munera lavorava come autotrasportatore. L’accusa, pesantissima, è stata formulata il 2 giugno scorso dall’International labour Right Fund( Ilrf) in un ampio e documentato “complaint” ai giudici americani. I paramilitari avevano infatti libero accesso allo stabilimento di imbottigliamento, per minacciare, terrorizzare,tenere sottocontrollo i malumori e le proteste sindacali. Almeno un incontro, all’interno dello stabilimento, svoltosi il 22 ottobre 2002, tra il manager Reynaldo Gonzales e Saul Rincon, sanguinario leader dell’Auc,(attualmente in carcere a Bogotà per l’omicidio di un sindacalista del settore petrolifero) ha più di un testimone oculare.”Quando ho protestato, chiedendo perché permettessero l'accesso all'impianto a certa gente,la direzione ha risposto affermando che si trattava di un cliente” dice Juan Carlos Galvis, direttore della Sezione Diritti Umani del Sinaltrainal, ”più tardi la compagnia ha presentato una querela alla Fiscalia, accusandomi di diffamare Rincon". Gli uomini di Rincon si presentavano cosi allo stabilimento di Barranquilla, chiedendo di parlare con i sindacalisti e di essere stati mandati dal manager Gonzales. Il 13 gennaio 2003 un annuncio pubblico dei paramilitari in fabbrica minaccia di uccidere i sindacalisti del Sinaltrainal se dovessero ancora intralciare il “business” della compagnia con scioperi e proteste. Una lettera alla Coca-Cola company, di Daniel Kovalik, legale dell’Ilrf, nel gennaio 2003, mesi prima l’omicidio, che metteva in guardia su quanto avveniva allo stabilimento di Barranquilla era rimasta inascoltata. 

E’ uno scenario da brivido, inoltre, quello che viene illustrato in un altro ricorso presentato nel 2001 alla Corte di Miami (attualmente ancora nel limbo, dopo un parziale rigetto) per altri omicidi ad opera dell’Auc, sempre con la presunta compiacenza dei dirigenti delle fabbriche di Coca-cola: una strategia del terrore fatta di minacce, attentati e detenzioni illegali ed una lunga catena di uccisioni, che ha visto cadere 7 membri del sindacato e minacciato, torturato o rapito lavoratori ( o figli e mogli) negli stabilimenti di Carepa, Barracamerbeja, Uraba, Pasto, Monteria,dal ’92 fino ad oggi. Allo stabilimento di Carepa il 7 dicembre 96, subito dopo l’assassinio del sindacalista Isidro Gil, una squadra dell’Auc riunì in fabbrica gli operai minacciandoli con la morte di firmare la lettera di dimissione dal Sinaltrainal. Quella stessa mattina in massa gli operai si presentarano dal manager che aveva gia pronte le lettere e le firmarono in maggioranza. Chi non firmò lascio il lavoro e il Paese. Il loro posto, dove guadagnavano 380 dollari al mese, venne occupato da altri a 130 dollari, secondo le nuove regole liberiste del governo, si legge nell’esposto. 

Ma il tam-tam di questa sequela di orrendi episodi si è diffuso nel mondo e il boicottaggio “intelligente” della coca-cola è gia iniziato, con il lancio, nel 98, della campagna “killercoke” che ha proclamato il 22 luglio la giornata internazionale. Il Campus dell’università del Wisconsin ha annullato tutte le commesse alla Coca-cola, mentre gli “shareholders“ di un fondo pensionistico della città di New York hanno chiesto l’istituzione di una commissione di controllo agli impianti colombiani, minacciando di ritirare immediatamente tutte le azioni. Iniziative analoghe si stanno pazientemente moltiplicando in tutto il mondo. Anche in Germania, durante i mondiali, prima della partita Colombia-Germania, una manifestazione con cartelli di protesta si è svolta a Mönchengladbach mentre gia da tempo su internet è un proliferare di siti e blog sulla “campaign” contro la violazione dei diritti civili della Coca-Cola in Colombia e India. 

Anche in India, nella citta di Medhiganji, nello stato di Uttar Pradesh nel nord del paese, dove sorge un impianto di imbottigliamento, la Coca-cola è accusata dall’associazione India resource center, di aver messo a repentaglio la sopravvivenza di una ventina di villaggi , inquinando le fonti d’acqua, dove l’impianto scaricava i suoi rifiuti pericolosi. La scorsa settimana la Corte suprema del Kerala ha fermato uno stabilimento. Stessa situazione anche in Rajastan dove sono a secco 50 villaggi per l’impianto di Kala Dara. In crisi anche l’agricoltura, unica fonte di sostentamento per quelle misere comunità. La compagnia americana ha infatti realizzato delle condotte che convogliano l’acqua dai fiumi della zona agli stabilimenti. Tracce di cadmio, piombo e cromo e altri metalli pesanti sono state rilevate da un indagine governativa nei rifiuti della fabbrica che venivano rivenduti agli ignari agricoltori, come “fertilizzanti”. Solo recentemente, dopo le pressioni del governo, la Coca-cola ha proibito ai suoi imbottigliatori in India la rivendita di quei “fertilizzanti” velenosi e ordinato il trattamento speciale di quei rifiuti pericolosi.

 

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