A4 newsbot

#7 - 8 marzo 2002 senza prezzo

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Un altro mondo è in rivolta!


Europa Occidentale - Nord America

CONTRO IL WEF E LA NATO, CONTRO GLI ASSASSINI GLOBALI

Take Back Your DignitiyDurante i primi tre giorni di febbraio si è tenuto a Monaco il vertice Nato sul tema della difesa dell'Europa dal terrorismo. Contemporaneamente a New York (invece che nella solita Davos [vedi A4 newsbot#4]) si è tenuto l'annuale World Economic Forum (WEF). Nei due incontri internazionali si sono riunite le elite occidentali. Nel primo quella dell'industria bellica e degli Stati Maggiori Militari mentre nell'altro intellettuali, politici e imprenditori del circuito dell'alta finanza.

Per quanto distanti, i due vertici si presentano non molto dissimili nelle agende. L'emergenza di quest'anno è l'attacco dell'11 settembre e la questione terrorismo. Nel WEF di New York questa emergenza si trasforma in un grande convegno per global leaders (gli autoproclamatisi capi del mondo): il tema è "Leadership in tempi di Crisi". Allo stesso modo, a Monaco, per i militari, i generali, i venditori di armi e gli altri assassini pari loro che vi si riuniscono, il tema è "La sicurezza dell'Europa contro il Pericolo Terrorista".

E se a New York pianificano le strategie per reggere l'infrastruttura capitalista in momenti di collasso economico, a Monaco le forze armate si propongono di farsi finanziare con 50 miliardi di € (100.000 miliardi di lire!!!!) per fare fronte all'imminente creazione di un esercito unico europeo.

Ma le somiglianze politiche e strategiche del vertice WEF e del vertice NATO, vanno oltre il tema fondamentale dei convegni di quest'anno, la sicurezza e il terrorismo. Infatti se spetta ai vertici finanziari internazionali stabilire le direttive di intervento economico nel mondo (l'espansione dei mercati, l'allargamento delle aree di libero scambio, il moltiplicarsi delle zone franche), allo stesso tempo spetta alle forze repressive e militari intervenire laddove c'è resistenza e/o rifiuto ad uniformarsi alle richieste del mercato globale.
Inoltre è bene non dimenticare quanto l'industria bellica sia un settore di notevole importanza (soprattutto per le casseforti dei proprietari) e specificatamente per alcuni paesi (primi fra tutti gli USA con Lockheed, Raytheon, Boeing, General Electric, ma anche per l'Italia, basti pensare ad Alenia, Augusta, Fiat, Ansaldo ecc.). E l'industria bellica tira, vende e ricambia i suoi pezzi soprattutto se c'è guerra.

Contro questo dominio economico/militare anche in questo caso le proteste internazionali non sono mancate. Se in alternativa al WEF a Porto Alegre si creava il secondo Forum Social Mundial, a New York stessa si sono riuniti/e migliaia di attivisti/e in un clima di repressione paranoica. Nel frattempo a Zurigo, dove si manifestava per bandire per sempre il WEF dalla Svizzera e dall'umanità, la polizia carica con idranti e lacrimogeni i manifestanti. A Monaco, invece, la repressione va oltre le "abituali" aspettative. I cortei vengono vietati, le frontiere praticamente chiuse e le persone "sospette" (chiunque sotto i 50 anni) presenti in città vengono aggredite, perquisite, filmate, identificate e portate in questura, per un totale di 984 fermi. In Germania non succedeva dal 1933, per chi conosce la storia...
Comunque hanno cacciato anche noi... Bastardi!


Sud America

Argentina in saldo!

Dell'Argentina TV e giornali nei mesi appena trascorsi ne hanno parlato citando la disastrosa crisi economica che ha portato migliaia di uomini e donne in piazza a rivendicare dignità, pane, diritti e servizi essenziali. Il collasso economico dell'Argentina, però, non è avvenuto un giorno all'improvviso, come lasciano credere i media ufficiali quando affrontano la questione, ma ha radici profonde e dei responsabili ben precisi, a cominciare dalle multinazionali e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Sin dai tempi della dittatura dei militari, durata fino agli inizi degli anni 80, le multinazionali entrano a far parte dell'economia nazionale con atteggiamenti rapaci. I militari, insomma, oltre a fare strage di rivoluzionari, comunisti, anarchici, socialisti e di tutta la sinistra, aprono la strada alla privatizzazione (svendita) dei beni pubblici e/o nazionali. Un esempio eclatante di questa politica compiacente nei confronti delle grandi compagnie estere fu il caso dell'YPF, la società petrolifera argentina statale. YPF fu costretta a chiedere, senza averne bisogno, debiti all'estero e così alla fine della dittatura si ritrovò sommersa di debiti, facendo andare in fumo 35.000 posti di lavoro.
Ovviamente poi la compagnia statale fu svenduta alla Repsol (compagnia spagnola) a prezzi vantaggiosissimi.
I governi successivi alla dittatura (come quello di Alfonsin e Menem) accellerarono il processo di privatizzazione dei servizi, delle infrastrutture e delle compagnie statali, o, alla meno peggio, mantennero una situazione di stallo che fece solo crescere il debito estero nei confronti dell'Argentina.

Ci fu pure un importante processo, nel 1982, che coinvolse, nel saccheggio delle casse statali del paese, le banche europee, il FMI, e la Riserva federale degli USA e, naturalmente, i politici del tempo. I debiti (con 26 banche diverse) furono dichiarati illegittimi dalla corte suprema, ma non furono annullati dal Congresso, sotto le forti spinte della finanza internazionale e per il coinvolgimento dei politici stessi negli scandali.

Con Menem il saccheggio dei beni pubblici diventa senza limite, tutto fu venduto ai privati. Le multinazionali spagnole in particolare investirono in settori dove era impossibile perdere e avere ricadute di mercato: i servizi. Dunque acqua, trasporti, salute, energia e comunicazioni furono svenduti pezzo per pezzo fino alla totale privatizzazione. In questa corsa all'accaparrarsi terre e beni pubblici ci sono fra le grandi compagnie, oltre alla già citata Repsol, anche Iberia, Telefonica, Aguas de Barcelona, Endesa, e anche le italiane Benetton, FIAT e Parmalat.

Questa politica neoliberista, della logica del profitto di pochi a danno di tutta la popolazione fu "consigliata", cioè imposta e finanziata dal FMI che costrinse l'economia Argentina anche ad equiparare la propria moneta, il pesos, al dollaro.
Questa è la ricetta tipica che offre il FMI ai paesi in via di sviluppo "per uscire dalla crisi".
In realtà la dollarizzazione di un'economia serve solo ad equiparare i cambi internazionali, tutti a profitto dei mercati finanziari e delle grandi compagnie (e non a caso nel FMI gli USA e gli europei hanno un potere decisionale pari alla loro ricchezza, cioè totale). I lavoratori invece vedono svanire i loro risparmi, innalzarsi all'inverosimile l'inflazione, e si ritrovano con monete che hanno perso incredibilmente il valore d'acquisto, considerando che i salari rimangono invariati (sempre se non si perde il posto di lavoro), nel frattempo i ricchi hanno cambiato tutto in dollari e messo il bottino al sicuro nelle banche americane o, al solito, in Svizzera.

La conclusione è che l'Argentina oggi si ritrova con il 90% delle banche e il 40% delle industrie in mano a capitali internazionali e con salari dal valore pari alla metà di uno stipendio del 1974. Inoltre l'Argentina è il paese sudamericano con il maggior tasso di disoccupati, con fasce di povertà sempre più diffuse e stratificate.
Tutto questo, affiancato a un governo corrotto e docile strumento del volere delle compagnie multinazionali ha fatto esplodere la rabbia di quasi tutta la popolazione argentina.
Da dicembre vengono saccheggiati i supermercati da quella parte della popolazione ridotta letteralmente alla fame, stufa di attendere una classe politica narcotrafficante e inaffidabile. Questa categoria, la più radicale nelle lotte, rappresenta ovviamente il grosso di quelli/e che animano le manifestazioni ed è caratterizzata per la sua autonomia di azione, essendosi distaccata da tempo da qualsiasi partito, sindacato, istituzione.

Successivamente si è unita, alla protesta dilagante, la classe media argentina, inferocita dal furto dei propri risparmi bancari. Con questi è cresciuta una generazione, quella più o meno universitaria dei figli dei risparmiatori, che portano avanti iniziative di lotta più radicali e fanno da ponte con la parte più povera nelle contestazioni.

In questi mesi la violenza poliziesca è stata quella tipica da regime dittatoriale... pensandoci bene anche i cosiddetti governi democratici appena si trovano in difficoltà non ci pensano un attimo a sparare sulla piazza lo abbiamo visto anche nella "civilissima" Svezia o nella mattanza di Genova G8.

Per una volta il forte movimento di contestazione è riuscito a resistere, e mentre i media ufficiali si stanno dimenticando del "crack dell'Argentina", la lotta dei cacerolazos (la rumorosa manifestazione con le pentole e stoviglie), delle poblaciones, degli indios, delle periferie delle metropoli, continua.
E certo non se ne saranno dimenticati i tanti piccoli speculatori italiani delle famiglie piccolo borghesi che in questi anni hanno investito i loro risparmiucci nelle privatizzazioni argentine, nei fondi e nella borsa... le promesse di raddoppio del capitale si sono tradotte in una perdita del 80 / 90 per cento dello stesso. Ben vi stà speculatori infami!


ARGENTINA:
BREVE CRONOLOGIA DELLA RIVOLTA

Burn Auchanluglio 2001/dicembre 2001
la crisi economica argentina precipita in questi mesi. Aumento dello tasse, tagli ai salari, dollarizzazione dei mercati e crollo della maggioranza in senato. Il 30% degli argentini, nonostante lì il voto sia obbligatorio, non va a votare.

15 dicembre 2001
La folla affamata nella provincia di Mendoza comincia a saccheggiare i supermercati. L'esproprio si diffonde in tutto lo stato. Violenta la repressione della polizia.

19/20 dicembre 2001
Il Presidente De la Rua decreta lo stato d'assedio in seguito alle manifestazioni determinate a riappropiarsi di beni essenziali in tutto lo stato. La polizia e l'esercito in piazza aprono il fuoco più di una volta. Numerosi morti, oltre una trentina, e centinaia di feriti. La protesta di piazza oltre a saccheggiare i supermercati colpisce i simboli del capitalismo e della repressione: banche, commissariati, assicurazioni, Mc Donald's, BlockBuster e altri simboli dell'incubo nordamericano. Nelle manifestazioni imponenti e di massa la gente nega l'ingresso ai politici, alle bandiere dei partiti, e ai sindacati di stato.

21/23 dicembre 2001
De la Rua fugge in elicottero e Rodriguez Saa è il nuovo presidente

28 dicembre 2001
I nuovi incaricati ministeriali sono sempre i soliti noti politici corrotti. La gente ritorna, autoconvocandosi, in piazza e assalta una parte del Congresso dandole simbolicamente fuoco e sequestrando le guardie...

29 dicembre 2001
In un bar un poliziotto spara a freddo a tre ragazzi sentendo che stavano appunto discutendo sulla violenza bastarda della polizia. Numerosi cortei di quartiere nascono spontaneamente in molte città contro la brutalità poliziesca.

10 gennaio 2002
Durante l'ennesima manifestazione che riempie Plaza de Mayo, il corteo decide di puntare verso il Tribunale. Il palazzo presidenziale, La Casa Rosada, viene assediato, la polizia è presa alla sprovvista, la folla preme sull'entrata; partono gli scontri e la guerriglia va avanti per tutta la notte fino all'alba. Assaltati, oltre i soliti obiettivi, anche uffici comunali, istituzionali e viene dato alle fiamme il campanile della cattedrale :) . La polizia spara lacrimogeni, pallottole di gomma e piombo.

15 gennaio 2002
Pier Ferdinando Casini, in nome degli italiani, porta "l'aiuto" al popolo argentino: far convergere gli sforzi economici per tutelare le piccole e medie imprese italiane e i capitali finanziari depositati lì. Solo interessi per ricchi e banchieri!

25 gennaio 2002
Il primo Cacerolazo Nazionale. Migliaia di manifestanti di tutte le classi sociali convergono in piazza in una manifestazione pacifica ma con contenuti radicali. Ci pensa la polizia allora a caricare e disperdere la folla con idranti e lacrimogeni.


Medio Oriente

Intifada fino alla vittoria!
FERMIAMO LE BOMBE ISRAELIANE

vignetta Matt WuerkerDopo un anno e mezzo di Intifada (1063 morti palestinesi, 319 israeliani e 40 kamikaze), durante il quale i palestinesi hanno subito un isolamento internazionale senza precedenti, la gravità di quanto sta avvenendo in Palestina sta finalmente cominciando a suscitare l'attenzione di tutto il mondo.

Il processo negoziale iniziato ad Oslo nel 1993, ben lungi da essere un processo di pace, consisteva in un'operazione di pacificazione che, fermando la prima Intifada, avrebbe spianato la strada al riconoscimento e alla normalizzazione dei rapporti economici e diplomatici di Israele con i paesi "moderati" della regione.

In questo senso il processo è avvenuto a scapito dei palestinesi, non certo a loro vantaggio, riprendendo molto da vicino il tipo di trattati firmati tra i colonizzatori occidentali e le tribù indigene del nordamerica, carta straccia che però portò praticamente alla totale estinzione di quelle popolazioni.

Le negoziazioni di Oslo tra l'altro iniziarono con il concludersi della Guerra del Golfo, in un momento di estrema debolezza per i palestinesi e di estrema forza invece per Israele e soprattutto per gli Stati Uniti che pur scegliendo di non eliminare Saddam Hussein erano entrati con tutta la loro potenza militare in quell'area, rafforzandovi così la loro egemonia.

Che non si trattasse di una volontà di portare l'autodeterminazione per i palestinesi si poteva facilmente capire guardando a ciò che avveniva intanto nei territori palestinesi occupati.

I governi che si sono succeduti in Israele, falchi e colombe, hanno perseguito la medesima politica di proseguimento della colonizzazione, con un aumento senza precedenti del numero di insediamenti, di confisca di terra e acqua palestinese, di pulizia etnica soprattutto dell'area di Gerusalemme con la cacciata degli abitanti arabi, per stabilire una maggioranza ebraica nella città.

Non dimentichiamo infatti che la strategia israeliana, dai suoi albori ad oggi, è caratterizzata da una forte politica demografica, condotta a colpi di massacri, deportazioni, distruzione di case, per appropriarsi di quanta maggiore terra possibile con il minor numero possibile di abitanti palestinesi.

Questo si evidenzia con la creazione di bantustan, piccoli territori isolati e circondati da un numero crescente di colonie ebraiche collegate tra loro da una rete stradale autonoma, inaccessibile ai palestinesi, gabbie a cielo aperto in cui i palestinesi sopravvissuti al processo di deportazione erano destinati a sopravvivere in miseria come serbatoio di manodopera a basso costo per l'economia israeliana.

Lo scoppio della seconda Intifada è emerso come risposta a tutto questo ma da allora non c'è stato un dibattito che abbia saputo denunciare come il fallimento del processo negoziale non sia dovuto a vari "incidenti di percorso" come l'uccisione di Rabin (che nella prima Intifada era stato il promotore della campagna "spezziamo le ossa ai palestinesi") ma invece al fatto che quell'iniziativa aveva avuto chiaramente lo scopo di normalizzare e anzi far avanzare l'occupazione, erodendo giorno per giorno terra e identità palestinese.

E' stato questo equivoco di fondo, non considerare il negoziato di Oslo per quello che realmente era, a provocare, con l'inizio della seconda Intifada, il collasso del movimento pacifista israeliano e il silenzio della sinistra occidentale.

Un altro elemento che poi è stato evidenziato durante la Conferenza di Durban contro il razzismo, è la natura dello Stato israeliano, elemento non a caso compreso e fatto proprio dalle delegazioni non occidentali, soprattutto quella sudafricana: la natura di Israele come Stato di apartheid.

Se non ci sono dubbi sul fatto che quello che sta facendo Israele nei territori occupati faccia parte di una strategia, che come abbiamo ricordato prima, ricorda molto da vicino quella utilizzata dal regime bianco sudafricano, con la creazione di bantustan, con sistemi di documenti di identità, leggi, e permessi diversificati secondo l'appartenenza "etnica" o piuttosto religiosa della popolazione, emerge con meno evidenza quello che avviene dentro Israele.

La suddivisione dei cittadini in base alla religione è qui altrettanto chiara in base alle leggi fondamentali sulla cittadinanza, sulla "proprietà degli assenti", sullo status del Congresso sionista mondiale e dell'Agenzia ebraica e quella sul servizio militare che prevedono i benefici di welfare (cioè la possibilità di vivere e svilupparsi) solo per i cittadini ebrei.

Sottolineando anche in questo caso la rigida politica demografica, sempre tesa a contenere l'aumento del numero di cittadini arabi (con la negazione al diritto dei profughi al ritorno e con la proposizione da parte di settori della destra estrema di politiche che arrivano alla sterilizzazione forzata) e lo sviluppo dei loro centri urbani (con la confisca di terre e la negazione dei permessi di costruzione di case e servizi).

Uno dei punti fermi dell'analisi di ciò che sta avvenendo è che quella in corso tra israeliani e palestinesi non è una guerra ma un'occupazione militare e coloniale da parte di uno Stato sostenuto e finanziato dall'Occidente, in modo totale dagli Stati Uniti e in modo sostanziale dall'Europa, mentre quella che conducono i palestinesi è la resistenza a questa occupazione che per loro significa annientamento.

L'Intifada ha subito una repressione militare inaudita da parte di Israele, prima da parte del governo laburista e poi da parte di Sharon, criminale di guerra eletto dagli israeliani grazie alle sue promesse di sicurezza interna. I palestinesi sono stati descritti dai mass media occidentali come fanatici assetati di sangue, come estremisti islamici e infine, dopo l'11 settembre si è alla fine arrivati ad equiparare l'Intifada nel suo complesso al terrorismo e questo ha permesso a Sharon e Bush di portare avanti un'offensiva mirante a dividere e magari anche a scatenare una guerra civile nella società palestinese.
L'Intifada però è proseguita, riuscendo finora a scongiurare questo pericolo, segno che il popolo palestinese nel suo complesso la considera lo strumento che potrà portare alla fine dell'occupazione e all'indipendenza.

L'Intifada ha avuto come risultato non solo il rallentamento della colonizzazione, tanto che molte delle nuove abitazioni per coloni fatte costruire in questi anni sono attualmente vuote, ma ha portato anche all'esplosione di diverse contraddizioni interne israeliane tra cui il rifiuto di centinaia di riservisti di combattere nei territori occupati e l'acuirsi della recessione economica, con il risultato che in Israele molti si rendono ormai conto che l'occupazione non può continuare, che l'unica garanzia di sicurezza è il ritiro unilaterale dai territori occupati.

Proprio per questo pensiamo che i passi che potranno portare ad una giusta pace siano frutto dell'Intifada (lotta popolare) e se potranno aver luogo sarà grazie e non "nonostante" l'Intifada.

Invitiamo quindi tutti/e alla Mobilitazione Internazionale in Palestina in occasione della "Giornata della terra" il 30 marzo 2002 e a sostenere il progetto per una radio indipendente nel campo profughi di Deheshe (Betlemme) e alla realizzazione di Indymedia Palestina.
Per l'organizzazione dei gruppi che vogliono partire, rivolgersi a: coordintifada@yahoo.it

Fonte: http://www.tmcrew.org/int/palestina/


L38 SQUAT NEWZ

Grande fermento di attività nello squat dei ponti.

In questi ultimi mesi è stato rilanciato l'Infoshop con una ristrutturazione dei locali e con una apertura programmata x due volte a settimana (ancora sono da fissare i giorni) dalle 17 alle 22.
A breve usciranno numerose nuove nostre autoproduzioni, a cominciare dalla traduzione di un libricino scritto da K. una nostra compagna canadese sopravvissuta ai pestaggi delle guardie nella scuola Diaz di Genova (G8).
Chi vuole distribuire le proprie autoproduzioni può già portarle o spedirle a questo indirizzo:
L38 Squat Infoshop
Via Giuliotti, 8
00143 Roma
Potete avere un'idea dei materiali distribuiti facendo una visita sul sito dell'Infoshop alla URL http://www.tmcrew.org/laurentinokkupato/infoshop/
o richiedere maggiori info usando la posta elettronica

E' stato aperto, inoltre, il Fucked Hacking Laboratory (per gli amic* F-HACKLAB) vi chiederete "che cazzo è?"...
Il F-HACKLAB è un piccolo laboratorio di computer dove condividere conoscenze tecno/informatiche, smontare e rimontare hardware e software, programmare senza limiti.
Il F-HACKLAB è in fase di costruzione e come obiettivi si propone anche di ampliare l'INTRANET già funzionante e collocare ulteriori postazioni pubbliche nello SQUAT. Sono ovviamente ben viste le donazioni di PC, schermi, RAM, HDD, stampanti, HUB e quanto vi possa venire in mente che trovate a portata di mano :)
Il sito lo troverete on line a breve... Il F-HACKLAB è aperto tutti i mercoledi dopo le 21.30

Da qualche giorno ha ripreso a funzionare la BIRRERIA quindi se vi trovate a passare in questi luoghi malfamati non abbiate paura di arrampicarvi per le scale e passare qualche ora nella locanda aperta tutte le sere dalle 19,30 a mezzanotte (almeno)... il tutto CIRCA, più o meno.



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