Alfredo Maria Bonanno intervistato da Radio Onda Rossa il 7 novembre 1997

Premessa - A metà ottobre, nel carcere di Rebibbia, è iniziata una forma di protesta, che è quella dello sciopero del carrello (il rifiuto del vitto dell'amministrazione) e avremo modo di vedere come si è sviluppata all'interno del nuovo complesso del carcere di Rebibbia. Prima di sentire questa lunga intervista fatta a Alfredo Maria Bonanno, ci sono da puntualizzare alcune cose, ad esempio su quello che è l'articolo 4 bis, articolo dell'ordinamento penitenziario introdotto nel 92 a seguito dell'emergenza mafia, questo articolo prevede la possibilità di accedere a forme alternative alla detenzione in carcere, ma per alcuni reati, questi benefici sono esclusi attraverso uno sbarramento dell'articolo 4 bis . Questi tipi di reato sono: il 416 bis, cioè lo sbarramento che si prevede per l'associazione a delinquere di stampo mafioso, un altro reato per cui è previsto lo sbarramento è l'articolo 630, che riguarda il sequestro di persona a scopo di estorsione, uno dei reati più puniti e che ha perso la sua proporzionalità tra tipo di reato e pena inflitta, infatti sono tantissime le persone detenute a Rebibbia, per l’art. 630 e per queste è previsto il carcere duro, un regime che non dà sbocchi e vuole che tutta la pena inflitta venga scontata senza riduzioni, considerando che queste pene vanno dai 25 ai 30 anni. Altro articolo per cui è previsto lo sbarramento, è il 74 del 1990, che riguarda la legge sulle tossicodipendenze e prevede l'associazione a delinquere a fini di spaccio, per cui a chi vengono riconosciuti questi articoli, viene preclusa ogni alternativa al carcere. Altro reato è il 628 3° COMMA, rapina aggravata e il 629, che sarebbe estorsione. Oltre a questi, altri reati per cui è previsto lo sbarramento sono quelli con finalità eversive, eredità questa, delle misure emergenziali varate alla fine degli anni 70, Questa intervista con Bonanno, arriva a raccontare i fatti fino al 30 ottobre, data in cui viene scarcerato in seguito ad una sentenza della corte di cassazione che ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare, in seguito ad una serie di violazioni rilevate dalla Corte di Cassazione. Il 7/11, c'è stato un convegno a Rebibbia su malattie e compatibilità in carcere, dove i detenuti di Rebibbia hanno deciso di continuare la protesta passando, dallo sciopero del carrello, allo sciopero dei lavoranti 2 volte a settimana.

Radio Onda Rossa - Siamo in comunicazione con Alfredo Maria Bonanno che tra l 'altro è stato imputato e detenuto per l’inchiesta Marini contro gli anarchici. Bonanno è stato recentemente scarcerato in seguito ad una sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare, questo da un punto di vista tecnico, quindi Alfredo ed Emma, un compagno e una compagna, hanno ripreso la libertà da qualche giorno.

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Allora Alfredo prima di tutto volevamo sapere come stai, come è la situazione e soprattutto il pensiero verso altri tuoi coimputati e detenuti.

Alfredo Maria Bonanno - Diciamo che io sono uscito il giorno 30, la sera tardi, dal carcere; lo stesso giorno della sentenza della Corte di Cassazione che ha cassato la decisione del Tribunale della Libertà che confermava invece l'opinione seguita dal G.I.P., di interrogarci dopo l'arresto con tutto comodo, tant'è vero che il G.I.P. si prese appena appena 10 mesi per vederci, mentre secondo la legge, almeno secondo questa sentenza della Corte Costituzionale abbastanza recente (aprile), doveva vederci ed interrogarci entro cinque giorni dall'arresto. Questo ha determinato la nostra scarcerazione, perché soltanto due compagni su tanti altri che sono arrestati??, perché i ricorsi all'inizio della carcerazione al Tribunale della Libertà si fecero via via nel tempo, quindi il nostro probabilmente fu il primo e poi vennero fatti altri ricorsi, nella prossima riunione della Corte di Cassazione probabilmente altri compagni verranno scarcerati; quindi si tratta di una questione di natura formale che nello stesso modo, fa vedere come è stata gestita tutta l'operazione senza tener conto delle regole, non soltanto riguardo ai giorni che occorrono per essere interrogati non solo da un Pubblico Ministero, ma anche per l'organizzazione del processo accusatorio nel suo complesso, l'insieme di questo argomento probabilmente esula dall’interesse di questa intervista perché vastissimo e sono state commesse tante irregolarità e tante approssimazioni, magari se ne potrebbe parlare un’altra volta, ma forse ne avrete già parlato a lungo

R.O.R - Si infatti è un argomento che abbiamo seguito nel corso del procedimento.

A.M.B. - Magari se ne può parlare in altre occasioni in dettaglio, in quanto il processo è appena iniziato, visto che la seconda udienza ci sarà il primo dicembre prossimo… la nostra scarcerazione è un evento che neanche noi ci aspettavamo.

R.O.R. - Probabilmente, a seguito di questa sentenza che c’è stata il 30/10/97 altri compagni/e il 26 di novembre dovrebbero riacquistare la libertà.

A.M.B. - Esattamente si tratta di altri compagni, Carlo Tesseri, Jean Weir Allen e il compagno greco Cristos Stradigopolus e forse altri .

R.O.R. - Tu sei stato detenuto per più di un anno nel carcere di Rebibbia nuovo complesso e scarcerato a fine Ottobre e quindi hai avuto modo di partecipare alle mobilitazioni che ci sono state all'interno del nuovo complesso di Rebibbia. Volevamo sapere come nasce una protesta all'interno del carcere e soprattutto daquali bisogni nasce una forma di protesta di questo tipo?

A.M.B. - La forma di protesta “sciopero” nasce in modi differenti, ma tutti sono collegati da una matrice autorganizzativa e sono modi spontanei perché, come è facile comprendere, in carcere non è possibile costituire organizzazioni, rappresentanti, delegati che facciano presente alla direzione o alla custodia determinate rivendicazioni, non che non sia possibile dal punto di vista legale (per quanto riguarda la legislazione contenuta nella legge penitenziaria), ma non è per esempio possibile questa pratica perché è chiaro che chi dovesse fare un passo del genere o proporsi in una commissione organizzativa di uno sciopero qualsiasi, finirebbe con il trovarsi in difficoltà, in genere queste difficoltà vengono risolte molto elegantemente dalla direzione del carcere con i trasferimenti, quindi chi partisse a voler organizzare e a proporre anche azioni ben fondate di semplice protesta all'interno del carcere, verrebbe immediatamente isolato e messo in condizioni di non poter agire, quindi occorre che all'interno del carcere, attraverso la discussione con decine di persone, chi magari ha una possibilità di poter spiegare determinati problemi, lo faccia approfondendo il discorso nel modo più ampio possibile, generalmente o parlando all'aria in piccoli gruppi o parlando con persone di cui uno magari si fida nelle sedi adatte, le sedi adatte sono la biblioteca, le ore di socialità, cioè quando si mangia insieme e si discute insieme, allora questo processo chiaramente tiene conto di due elementi: di quelle che sono le difficoltà del mondo carcerario, cioè dire del tessuto specifico dei detenuti oggi e questo meriterebbe un discorso a parte, tiene conto delle difficoltà di quelle che sono le formulazioni in modo sintetico e programmatico dei bisogni dei detenuti stessi, perché ad esempio non c'è dubbio che alcuni bisogni essenziali per i detenuti oltre il bisogno primario della libertà e anche quello di stare in carcere meglio possibile e il sovraffollamento, è certamente visto male. Il carcere di Rebibbia, come tutte le carceri italiane, è sovraccarico, le sezioni sono tutte piene, all'inizio del mese di settembre si cercavano di mettere le file di letti a castello nelle celle multiple e questo certamente non è gradito dai detenuti. Contemporaneamente altri interessi, che possono essere quelli di seguire un dibattito parlamentare intorno ai temi della giustizia; ora se si fa mente locale questo dibattito è discontinuo e nebuloso, si è partiti dall'inizio dell'anno con promesse varie di risolvere il problema, di una svolta, di una riforma penale non complessiva ma meno parziale, far vedere qualcosa ai detenuti, ma in sostanza non si è visto nulla. All'inizio di gennaio o febbraio è venuto dentro Rebibbia il ministro Flick, ma ha promesso soltanto: “si, stiamo lavorando per voi, stiamo proponendo qualcosa per voi, dei pacchetti giustizia”. Ma non ha detto più di questo, ha parlato di sfollamento delle carceri, ha parlato di una legge nuova che avrebbe potuto migliorare la vecchia legge, che viene definita la legge Gozzini dell'86, che consente delle riduzioni di pena, le tecniche di affidamento il lavoro esterno, tornare la sera in carcere, però nulla è accaduto di tutto questo, quindi man mano nella popolazione detenuta non si può dire che crescesse un malcontento, perché non si può parlare in questi termini, ma c’era un senso diffuso di insoddisfazione, perché bisogna pure tenere presente che dal natale del 1990 non si danno più gli indulti, gli indulti e le amnistie hanno costituito, negli ultimi 45 anni di gestione democristiana dello stato italiano con un ritmo quasi costante di quattro anni, una speranza per i detenuti di poter avere una riduzione di pena non sostanziale, diciamo mediamente 2 anni di indulto per piccoli reati e amnistiati, significa cancellati come mai commessi, questo non è mai accaduto dal 90 in poi, i motivi per cui non è mai accaduto sono di ordine politico, in quanto la nuova classe emergente, la classe politica che non occorre distinguere tra il centro destra e il centro sinistra perché ambedue susseguendosi al potere dal novanta ad oggi si sono presentati come nuova classe politica, ora questa nuova classe politica, sia questa di centro sinistra o quella vecchia di centro destra, ha messo una sorta di divieto, modificando la legge che rendeva difficile l'approvazione della legge sull'indulto in parlamento, portando il minimo del 50 % dei presenti in aula al 75 % . Questa alta proporzione impedisce di varare qualunque indulto, perché non c'è mai la possibilità di ottenere un consenso del 75% dei presenti, questo l'hanno fatto per impedire a loro stessi di imitare la classe politica precedente cosiddetta "prima repubblica" la quale era solita dare l'indulto ogni quattro anni, però questa classe politica non ha, a prescindere da valutazioni oggettive sia di centro destra o di centro sinistra, in ambedue non ha saputo dare qualcosa di diverso, cioè se ai detenuti viene negato l'indulto che è una sorta di "medicazione "che si fa alla piaga, non di cura della piaga, in questi sette anni non è stato assolutamente fatto nulla, cosa che invece è stata fatta, è stata questa proposta di legge che passa sotto il nome di Simeoni, ora la legge Simeoni, c'era di già quando noi in carcere riuscimmo all'inizio di settembre ad avere un abbozzo di questa legge, era di per se di difficile comprensione per persone che non sono diciamo avvocati, ma in quanto uomini politici la lettura di certe parti risultava difficile, nel contempo lo stesso relatore Simeone, che è un uomo di legge di Alleanza Nazionale e lo stesso senatore, parlavano di una legge che avrebbe fatto sfoltire le carceri, fino a una ventina di giorni fa il settimanale l'Espresso parlava di un uscita dal carcere di 11.000 unità, ora questa è veramente una cosa incredibile, perché con la legge Simeone, non uscirebbero dal carcere se non poche decine di persone, mentre probabilmente migliaia di persone non entrerebbero in carcere perché c'è un meccanismo in questa legge che consente di poter avere un lasso di tempo nel momento in cui l'accusato diventa definitivo, cioè dire che il suo processo si conclude in uno dei gradi in cui è possibile che diventi definitivo dal primo grado all'ultimo, quello della cassazione, in quel momento anzichè venire arrestato subito, può avere un lasso di tempo di 30 su 45 giorni per presentare l'affidamento al servizio sociale , questa certamente è una novità, però se si tiene conto che il 90% dei casi è costituita da povera gente, stranieri sensa residenza o da persone che commettono piccoli reati o da persone che si vivono una condizione di tossicodipendenza e quindi commettono dei reati per finanziarsi l'acquisto della droga, si capisce che queste persone non potrebbero o sarebbero in minima parte in grado di poter godere di questa parte della legge Simeone e che quindi, chi è in quella fascia sociale che potrebbe godere di questa facoltà, è la fascia sociale che potrebbe permettersi l'avvocato, che può permettersi un’intelligenza, diciamo politica, di poter seguire le proprie posizioni giuridiche fino in fondo e di fare tutto l'utile per l'affidamento. In definitiva la fascia sociale che non entrerà in carcere pur essendo condannata definitivamente fino al massimo di 4 anni di reclusione, sarà proprio una fascia che assomiglia moltissimo a quella dei tangentisti. Quando ci sono stati dibattiti in carcere con Simeone ed un certo Fragalà, suo braccio destro, i detenuti gli hanno fatto notare che questa legge l'aveva fatta per i suoi amici tangentisti e hanno detto che non era vero e che tutti potevano godere di questa legge, ma è naturale che la legge Simeone se la può godere solo chi se la può permettere.

R.O.R Oltre tutto la legge Simeone ha una caratteristica rispetto alle leggi di adesso e alla legge Gozzini di oggi: prevede, tra l'altro, che in caso di revoca non ci possa essere nessun beneficio, nel senso che il caso viene rigettato, mentre oggi questo non è previsto automaticamente, ne impone proprio uno sbarramento, oltre ad uno sbarramento come al solito per il quattro bis, cioè per alcuni tipi di reato .

A.M.B. Certo questa questione della possibilità di non poter ripresentare, va letta un po’ meglio, perché è poco chiara, probabilmente la riformuleranno alla Camera ed è stata anche questa una delle richieste avanzate da noi. E' importante il discorso del quattro bis, perché questo blocca completamente qualunque concessione e la questione del quattro bis dipende dalla legge eccezionale del 92, varata sotto la spinta della cosiddetta minaccia mafiosa e che doveva essere ristretta a determinati articoli come il 416 bis e invece adesso è stato esteso a partire dalla rapina aggravata in su. Quando si dice rapina aggravata si dice praticamente il 75% dei reati che sono in carcere, quindi tu capisci che dal carcere comincia sempre ad uscire meno gente con questo tipo di premessa. Capito questo tra i detenuti si capì in effetti che la legge Simeone non portava nessuno fuori dal carcere e incominciarono delle discussioni, queste discussioni portarono alla decisione di un braccio, che fu il G12, a proporre uno sciopero del carrello, che significa rifiutare il mangiare che passa l'amministrazione. Come molti sanno dentro il carcere è possibile comprare dei generi sopravvitto e quasi tutti i detenuti che hanno un minimo di soldi nel libretto, comprano questi generi e cucinano in cella, quindi prendono poco, una piccola parte del mangiare dell’amministrazione, quindi lo sciopero del carrello per questi detenuti è facile a farsi, però la stragrande maggioranza dei detenuti, diciamo un 60% dei detenuti, sono poveri ragazzi che non hanno assolutamente soldi nel libretto e che certe volte arrivano ad avere 10.000 lire nel libretto messe da organizzazioni come la Caritas, ora per questi fare lo sciopero del carrello diventa una cosa impossibile e allora, qua è importante sottolineare che proprio in questi casi si è visto lo svilupparsi e il crescere di una solidarietà fra detenuti importantissima, perché fa vedere una solidarietà anche verso gli stranieri, verso la povera gente che normalmente invece, spesse volte, nel parlare sembrerebbe ci sia un velato razzismo nei confronti degli stranieri, se non altro perché affollano i carceri quindi danno fastidio, mentre in questi casi c’è stata una solidarietà considerevole, perché si è comprata la pasta si sono comprati i pelati e piccole cose necessarie per cucinare, per esempio le bombole del gas e cosivvia, si sono dati una certa organizzazione spontanea, che è sorta all'interno del carcere per permettere loro di sopravvivere e per permettere loro di non prendere il mangiare dell'amministrazione, cioè di far partecipare anche loro allo sciopero e questa mi sembra una cosa importante da sottolineare, al di la dei risultati di quello che può essere, diciamo, uno sciopero del carrello. In questo sciopero del carrello quindi, come dicevo, l'iniziativa parte dal G12, il quale stende un documento, nel mese di settembre se non ricordo male. Contemporaneamente il giorno dopo parte anche il G11, il braccio dove mi trovavo io e con le molte discussioni che si sono fatte, parte lo sciopero del carrello e con una piccola aggiunta di lotta da parte di qualche detenuto, che era disponibile anche allo sciopero di alcuni beni del sopravvitto, quindi limitare gli acquisti del sopravvitto alle poche cose tipo sigarette, caffè e il gas, le poche cose essenziali, mentre gli acquisti per coloro i quali non avevano soldi nei libretti, venivano fatti collettivamente, all'inizio in modo massiccio, quindi parte del G11 e poi il terzo giorno dello sciopero c'è un movimento che si estende in quasi tutto il carcere per cui si può, per la prima volta, far venire fuori un documento che è quello di base iniziale che è firmato da la quasi totalità dei detenuti del carcere.

manette R.O.R. - Ti volevo chiedere, ad esempio, rispetto a questo aspetto che non è mai stato ben divulgato, quale è stato il livello di partecipazione a questi momenti di agitazione e di protesta ?

A.M.B. - Io ho dei dati certi, perché noi abbiamo avuto modo di potere non dico contare, ma comunque verificare quello che accadeva nelle sezioni e partecipando agli incontri che avvenivano fra alcuni detenuti, si potevano avere dati di diverse sezioni, si poteva verificare quello che accadeva. In effetti, la partecipazione su 1.400 detenuti, si deve calcolare che, come punta massima è andata da 1.000 detenuti a un minimo di 700 800 detenuti, la direzione invece, con la persona particolare del professor Barbera, ha dichiarato circa 400 detenuti. Io ho avuto personalmente una discussione con lui su questo argomento, perché gli ho detto che secondo me ha fatto un errore di valutazione, dipendente della questione che non ha tenuto presente che i dati che gli venivano forniti dalla custodia, avevano subito una tara una riduzione. La protesta di Rebibbia, aveva un valore di simbolo nei confronti dell'attività politica che si stava svolgendo in materia carceraria e penale, che poteva costituire uno stimolo. Ora una cosa che da un lato poteva costituire uno stimolo e in più era significativamente valida dal punto di vista della protesta democratica, invece si è cercato di ridurla al minimo, il che secondo me è contraddittorio; invece i valori con maggiore certezza dovrebbero essere nei punti massimi con migliaia di partecipanti, nei punti minimi verso 800 700, ma ripeto, io mi baso su una decina di giorni fa, adesso non so… i detenuti che hanno qualcosa nel libretto e devono comprare il mangiare per quelli che non hanno nulla spendono moltissimo, in una settimana, in una sola sezione sono stati spesi L. 1.400.000, che in carcere non è una piccola cifra. Per la semplice solidarietà devi dare da mangiare a 150 persone, in una settimana non ci vuole meno di L.1.400.000 di pasta, pelati e gas.

R.O.R. - Un'altra cosa invece, ritornando a quei giorni, qual era stato il tentativo, se c'era stato di boicottaggio da parte sia dell'amministrazione, ma anche rispetto a questi incontri che si sono tenuti con i vari parlamentari, le varie commissioni giustizia e commissione carcere della Camera, ci sono stati comunque dei problemi proprio volti a boicottare sia la partecipazione di tutti sia quella di alcuni detenuti in particolare. Cosa ti ricordi, cosa puoi dire ?

A.M.B. - Certo, diciamo che Rebibbia è un carcere un po’ particolare, è il carcere della capitale, il carcere più importante sotto certi aspetti che c'è in Italia e sicuramente da un punto di vista politico è il carcere più importante, quindi il carcere in cui entrano giornalmente circa 250 persone che non sono ne detenuti, ne agenti di custodia, ne medici, sono volontari, persone che lavorano dentro, semplicemente animando attività assolutamente diverse, da quelle di una semplice custodia, una semplice direzione del carcere, quindi è un carcere sperimentale come stato definito dai tecnici, non un carcere ma una “comunità chiusa”, quindi non un'istituzione chiusa ma una comunità chiusa, detto questo è chiaro che è sempre un carcere, ci sono le celle, ci sono gli orari, le conte, le guardie, le chiavi e tutto il resto però, nello stesso tempo, è anche un luogo che attira parecchia gente, che attira molti uomini politici, la sfilata degli uomini politici in carcere in tempi normali è abbastanza frequente, possiamo dire che ogni giorno c'è un onorevole, un parlamentare, ogni giorno c'è un regista che progetta di fare una cosa teatrale, che ogni giorno ci sono incontri, dibattiti sull'arte, sulla fotografia, sulla ceramica e così via… detto questo è chiaro che quando un carcere come questo, che costituisce uno dei fiori all'occhiello dell'amministrazione, manifesta segni di fastidio comincia a diventare un problema che non può essere affrontato in termini esclusivamente repressivi…, ora i segni di fastidio sono cominciati nel mese di giugno luglio credo, c'era La Festa della Musica, doveva essere un momento di allegria nell'area verde, che è una zona abbastanza grande, una sorta di giardino dove si possono fare delle passeggiate, sempre circondato da un muro di cinta badiamo bene, perché stiamo sempre in galera con le guardie attorno etc. invece alla Festa della Musica il primo segno di insofferenza che qualcosa non andava nel carcere è stato questo: all'arrivo del ministro della giustizia Flick ci fu un coro di fischi piuttosto consistente che lo accompagnò per tutto il percorso di questo grande giardino, poi c'è stato un avvenimento non programmato, ovviamente non pensato, che il ministro è stato aggredito da un detenuto, ma questa è stata una sua azione individuale. E' stato preso a schiaffi e gli sono stati rotti gli occhiali e così via, questo detenuto aveva dei motivi suoi, era un ergastolano che si è dichiarato da 7 anni innocente e voleva con questo gesto plateale sensibilizzare l'opinione pubblica, però quello che è importante in quel contesto, è che Flick è stato fischiato e che questo non accadeva da 5 6 anni che un uomo politico responsabile dell'esecutivo subisse un'aperta critica in un intervento pubblico in quel carcere, Rebibbia . Al momento dello sviluppo, invece, delle manifestazioni, è chiaro che sin dal primo giorno gli uomini politici sono venuti a decine, di qualunque genere. E' venuto Simeone, il suo amico Vassalli e Fragalà, dalla destra, poi sono venuti i verdi, è venuto De Luca, è venuto Manconi, è venuto il capo della commissione Pisapia, è venuto Corleoni oltre a Simeone, insomma tutti, ....poi sono venuti uomini politici di secondo livello, cioè gli amministratori della Regione, gli assessori della Provincia, gli assessori del Comune, evidentemente sarebbe stupido pensare che questa gente viene perché si incuriosisce e vuole sapere cosa succede in un carcere quando si comincia a parlare di sciopero. Il problema del carcere di Rebibbia è un problema che non riguarda solo la città, ma tutta l'intera nazione, perché il carcere di Rebibbia è un punto di riferimento, se succede qualcosa a Rebibbia…, in Italia ci sono 250 carceri che stanno grossomodo peggio di quello di Rebibbia, quindi è molto probabile che si muovano anche gli altri carceri e questa certamente è una cosa che preoccupa, da qui la necessità di far partecipare a questi incontri con uomini politici, non un gran numero di detenuti, ma una parte, è chiaro che i detenuti sono tutti uguali sul piano giuridico, questo lo dice la stessa legge penitenziaria, però ci sono detenuti e detenuti, è logico che la custodia amerebbe far partecipare a questi incontri soltanto i detenuti più acquiescenti, di cui si fida, detenuti che non possono dare alcun fastidio nel corso del dibattito e quindi, che siano più facilmente controllabili . La prima grossa riunione pubblica che è stata fatta il 27 di ottobre, dove erano presenti le televisioni e le radio, a questa riunione la direzione voleva solo 15 detenuti per reparto, il che significa una sessantina di detenuti in tutto. Noi ci siamo opposti e ci siamo rifiutati di andare alla riunione, quindi siamo rimasti nelle sezioni, allora ci hanno mandato a chiamare e parlando con il capo del dipartimento Maragià, gli spiegai che dovevano partecipare la maggior parte dei detenuti e abbiamo imposto la partecipazione di 60 detenuti per reparto, che poi è stato concordato 40 detenuti per reparto, che era già abbastanza accettabile, però su 1400 detenuti, 200 che partecipano a queste riunioni, è una percentuale abbastanza bassa, ma bisogna tener conto che il teatro contiene 350 persone e c’erano non meno di 200 guardie e quindi non si poteva fare di più.

R.O.R. - Su quali prospettive cercavate di uniformare e di aggregare i detenuti intorno a quali idee?

A.M.B. - Le richieste che si erano fatte, erano state, più che un discorso generico, delle richieste specifiche, più che di una aggregazione nel senso tradizionale del termine, che può dar da pensare a movimenti che abbiano vita lunga nel tempo, si era pensato ad aggregazioni più circoscritte nel tempo, magari statisticamente distribuite nell'arco di 2 o 3 mesi come lotta complessiva, ma che partissero comunque da una media di partecipazione non da strutture fisse, perché è impensabile oggi nelle carceri di creare dei movimenti che durino nel tempo, ma piuttosto delle partecipazioni variegate, che nel tempo possano anche modificarsi, ma sostanzialmente si vivono sempre una protesta. Ora per far questo, occorre costruire una piattaforma di lotta che sia, come dire, sensibilmente visibile, che non sia soltanto una generica richiesta; difatti noi abbiamo proposto, primo un indulto generalizzato di tre anni, ora la proposta dell'indulto è evidente che è contraddittoria e forse anche grottesca come proposta, perché non c'è dubbio che oggi la classe politica non può indire in tempi brevi un indulto, in più l'indulto sarebbe un perdere la faccia, perché è esattamente quello che facevano allora i democristiani, però l'abbiamo voluta mettere lo stesso questa richiesta con la sua sostanziale possibilità di essere accolta . La prospettiva di questo piano in una media scadenza, secondo me potrebbe continuare verso la lotta, diciamo finale, per riuscire ad ottenere un migliore funzionamento del tribunale di sorveglianza, in quanto la legge precedente come la Simeone, si basa su un ottimo funzionamento del tribunale di sorveglianza, cosa che non esiste completamente a Roma. Se subentri a Roma, ogni giudice di sorveglianza ha 5000 detenuti da tutto il Lazio, è chiaro che con 5000 detenuti non può lavorare bene, quindi noi pensavamo, entro il più breve tempo possibile, e i compagni in carcere continueranno a farlo, un libro bianco che raccolga i più strani rifiuti del tribunale di sorveglianza e l'intenzione delle varie cose che vengono chieste , questo per rendere significativa almeno nel suo piccolo la legge Simeone, perché qualcosa di piccolo lo può fare questa legge, anche per i detenuti che sono in galera, ma solo a condizioni di un ottimo funzionamento del tribunale di sorveglianza, se non funzionasse questo probabilmente sarebbe inutile

R.O.R. - Nel tribunale di sorveglianza è fondamentale l'aspetto discrezionale?

A.M.B. - L'aspetto discrezionale… tutti i detenuti dicono questo, però come tu sai meglio di me non è possibile fare una lotta per eliminare l'aspetto discrezionale, perché sotto certi aspetti, ad esempio se facessero una legge dove scriveressero: il giudice è obbligato a dare un provvedimento favorevole al detenuto rispetto alla proposta che arriva all'interno del carcere, e quindi da assistenti, psicologi, educatori e carcerieri, allora avremmo un passo indietro, perché il giudice si scarica le responsabilità e dietro di lui una marea di carabinieri, di guardie, di carcerieri, di psicologi che sono peggio delle guardie, di collaboratori vari e di tutta questa gente che redige dei verbali, non farebbero altro che redigere delle cose molto più chiuse, quindi l'obbligo di accettazione da parte del giudice si riverserebbe indietro, facendo diventare ancora più chiuso il carcere. Quindi non è mai stata una vera e propria soluzione, tant'è vero che se si riflette bene questa è la rivendicazione del tribunale della sorveglianza, perché sono gli stessi giudici che dicono: noi non vogliamo questa responsabilità, perché quando mettiamo un detenuto fuori, come è successo con il palestinese della Achille Lauro è scappato via, poi loro sono sottoposti ad un procedimento disciplinare. Ora una richiesta di una minore discrezione da parte dei giudici, viene dai giudici stessi e molti detenuti si illudono che questa è la soluzione e invece non è affatto la soluzione, perché la soluzione è meno significativa, la relazione del carcere e più significativa, il giudice deve lavorare come dice la legge, non come dicono le sue condizioni personali di lavoro, che lo portano in quelle situazioni oggettive a una vera e propria situazione di isteria, perché abbiamo casi di gente isterica che giudica le persone. Di persone che si trovano ad affrontare migliaia di casi e quindi si trovano ad affermare incredibili contraddizioni, ci sono casi che avevamo raccolto per questo libro bianco e c’era un caso clamoroso di un detenuto che stava perdendo un ginocchio e il giudice rispose che poteva benissimo rimanere in carcere perché la bronchite è curabile anche in carcere per cui, questo giudice o è un pazzo, perché legge fischi per fiaschi o é esaurito dal troppo lavoro e non vede la differenza tra un ginocchio e una bronchite.

R.O.R. Concludendo, come vedi tu le prospettive di questa situazione carceraria, almeno come l'hai vissuta e quello che puoi pensare ?

A.M.B. - Io penso che possa continuare se si capiscono due cose, come ho già detto anche ai ragazzi in carcere, questa è una lotta che ha una lunga scadenza, almeno di un 3 o 4 mesi, almeno fino a Natale, perché è una data significativa. Io ho una certa pratica per i Natali in carcere e arrivarci significa saper programmare le scadenze di lotta, perché se si alza subito il livello di una lotta come uno sciopero della fame serio, per ottenere un migliore funzionamento del Tribunale di Sorveglianza e possibilmente una applicazione migliore della legge Simeone per quanto riguarda l'aspetto dei detenuti e se Margara, visto che è stato per tanti anni il giudice di sorveglianza a Firenze, riesce ad ottenere dal governo una modifica delle condizioni di lavoro sul piano nazionale dell'istituto del T.d.S., allora probabilmente le cose potranno andar bene, quindi l'obiettivo è anche quello di chiedere un indulto generalizzato per tutti ed almeno un minimo di 3 anni, questo è mettere il dito sulle cattive coscienze della nuova classe politica al potere.