BIOLOGICO E GRANDE DISTRIBUZIONE.
Nel corso dell'ultima edizione della fiera SANA di Bologna sono stati
presentati i risultati di una ricerca svolta a
livello nazionale, sul rapporto tra biologico e grande distribuzione.
Gli elementi salienti di tale ricerca sono stati pubblicati dalla rivista
Bioagricoltura e danno numerosi spunti per capire l'evoluzione economica
del settore biologico sul mercato e le sue prospettive.
Gli anni novanta hanno determinato il salto di qualita' del biologico in Italia.
Il biologico viene visto sempre piu' come una scelta culturale per la cura e
prevenzione del corpo e non piu' soltanto come una ricerca elitaria ed estrema,
di sicurezza e difesa.
Tale cambiamento ha portato l'Italia ai vertici europei per ettari coltivati e numero di operatori,
raggiungendo un giro d'affari dell'ordine di 1.500 miliardi con un consumo pari al 1%
dei consumi alimentari italiani.
Certo l'1% e' ben poca cosa ma rappresenta sempre un segnale importante che ha permesso
a questo settore economico di uscire dalla sua nicchia .
Attualmente gli operatori del settore sono circa 30.000, grandi marche nazionali
e internazionali sono entrate nel mercato bio e i prodotti sono sempre piu' presenti
nel circuito della grande distribuzione.
Ritenuto segnale importante nella crescita di mercato, la ricerca svolta analizza proprio
la diffusione bio nei grandi punti vendita.
Per quanto riguarda il reparto dei prodotti stabili ossia quelli sempre presenti
(generi vari,latticini, surgelati),
la ricerca e' stata effettuata su 117 punti vendita, in 66 citta', collegati a 55 catene
distributive appartenenti ai 14 gruppi economici piu' presenti sul mercato; i punti
vendita verificati sono stati per il 72% gli ipermercati e per il 28% i supermercati.
Data la vastita' del settore e per definire un criterio di analisi valevole per l'intero
territorio nazionale, si sono prese in considerazione quelle marche i cui prodotti
si sono incontrati per almeno un centinaio di volte.
Le principali marche sono state:
- Scaldasole, 624 rilevazioni;
Cereal, 616;
Bjorg 600;
Alce Nero, 338;
Germinal, 331;
Il Sarchio, 254;
Engelbert, 153;
Granarolo, 132;
Italnature, 111;
Fiorentini, 107.
Per quanto riguarda invece il numero di confezioni esposte , nei punti vendita,
delle marche sopra citate abbiamo:
Scaldasole, 2577;
Cereal, 1915;
Bjorg, 1859;
Alce Nero, 1815;
Germinal, 884;
Il Sarchio, 858;
Granarolo, 510;
Italnature, 449;
Engelbert, 337;
Fiorentini, 304.
Rapportati tali dati ai punti di distribuzione vedremo che gli iper e supermercati
con maggiori prodotti rilevati sono:
Euromercato di Casalecchio (Bo), 109;
Billa di Musile (Ve), 97;
Galassia di Verona, 94;
Billa di Carmignano (Pd), 90;
Coop Adriatica di Castenaso (Bo), 89;
Billa di Villorba (Tv), 78;
Coop Adriatica di S.Dona' (Ve), 78;
Pianeta di Bologna, 66;
Panorama di Campi Bisenzio (Fi), 65;
Coop Estense Grandemilia di Modena, 64.
Mentre per numero di confezioni esposte avremo:
Euromercato di Casalecchio (Bo), 522;
Coop Adriatica di Castenaso (Bo),512;
Panorama di Campi Bisenzio (Fi), 363;
Coop Estense Grandemilia di Modena, 326;
Unicoop Firenze di Lastra Signa (Fi), 320;
Pianeta di Modena, 311;
Cittāmercato di Rivoli (To), 295;
Coop Adriatica di S.Dona' (Ve), 252;
Continente di Torino, 276;
Famila di Vicenza, 276.
Per quanto riguarda invece il settore dell'ortofrutta, la ricerca ha interessato
73 punti vendita per i quali al cospetto di una presenza di prodotti stabili
pari al 95% dei casi, i prodotti ortofrutticoli sono stati riscontarti in solo il
19% dei punti vendita. Tale settore merceologico risulta presente in modo
significativo nelle aree di Milano, Bologna, Modena, Firenze e del Veneto
e' allo stesso molto scarso nelle aree di Roma, Torino, Napoli, Bari e Palermo.
I fornitori con presenza rilevante a livello nazionale sono risultati cinque
ossia: Brio - Mustiola - Azienda Agricola Biologica - Il Melograno - Verona Biofrutta.
Rapportando il numero dei prodotti rilevati (213) con quello delle confezione
esposte (338) la marca protagonista assoluta del mercato e' Brio con il 70%
di tutti i prodotti rilevati.
L'analisi dei numeri e le modalita' di verifica hanno determinato le seguenti
conclusioni che rispecchiano la situazione attuale del settore bio e i punti
su cui agire per un suo migliore sviluppo.
- Concentrazione di marche.
Lo studio ha rilevato che a livello nazionale e' stata riscontrata la presenza
di 65 marche in distribuzione presso i piu' importanti iper e super mercati;
di queste, come visto soltanto 10 marche sono state rilevate almeno 100
volte rappresentando l'88% sul totale delle rilevazioni effettuate. Il restante
12% e' occupato dalle rimanenti 55 marche che pur non potendole definire
marche secondarie, essendo legate a fenomeni economici locali o di settore,
non raggiungono la status di riferimento nazionale. Il mercato quindi e' quasi
monopolizzato dalle prime tre grandi marche, Scaldasole, Cereal, Bjorg, sia
come presenza che come confezioni esposte grazie ad una presenza regolare
in tutte le aree del paese ed ad una migliore visibilita' del prodotto. Infatti su
un totale di 13.116 prodotti rilevati, ben l'87% e' delle prime 3 marche. Il dato
e' ancora piu' marcato nel settore ortofrutticolo dominato, come si e' visto in
precedenza, da una sola marca.
- Migliore visibilita' e presenza, per una migliore diffusione.
I dati citati in precedenza sui punti di distribuzione dimostrano quanto sia
importante la visibilita' e la quantita' dei prodotti presenti nei punti vendita come
veicolo per invogliare il nuovo consumatore a far uso dei prodotti bio. Importante
sarebbe un' informazione specifica ( a scaffale) sui prodotti in vendita per indurre
il consumatore a valutare correttamente la possibilita' e necessita' di una scelta
alimentare differente. Altra carenza e' nelle tipologie d'offerta dei prodotti bio che
a volte vengono associati con troppa faciloneria agli altri prodotti di origine naturale
dando una visione terapeutica-salutistica impropria, oppure vengono associati
negli stessi comparti agli altri prodotti simili, con un ancora improponibile rapporto qualita'- prezzo.
Tale considerazione e' ancora piu' valida nel settore frutta e verdura caratterizzato
in genere da una sottoesposizione dovuta a l'assenza di concorrenza (in genere e'
presente una sola marca a punto vendita) e alla mancanza di una struttura compatta
espositiva per una migliore visibilita' complessiva.
- Il problema prezzi.
Pur mantenendo una sostanziale stabilita' rispetto all'anno passato, il problema prezzi
continua ad essere un elemento frenante per una migliore diffusione dei prodotti bio.
La ricerca ha evidenziato che nella grande distribuzione la forbice tra il settore alimentare
tradizionale e quello bio, e' dell'ordine del 36%. In ogni caso l'acquisto nei grandi magazzini
e piu' conveniente di quello nei piccoli punti vendita cosi' come e' piu' accettabile la
differenziazione tra prezzi minimi e massimi.
- La diffusione sul territorio.
La ricerca ha evidenziato che ormai i prodotti biologici sono presenti quasi ovunque
nel territorio nazionale relativamente alla grande distribuzione (nel 95% delle aree
considerate). Un dato importante e' anche in questo caso la differenziazione tra nord
e sud per quanto riguarda la diffusione di prodotti e punti vendita nonostante che la
maggiore produzione di "materia prima" stia nelle regioni meridionali. Cio' e' dovuto
alla storica divisione socio-economica del nostro paese, correlata a un sistema
distributivo poco efficiente e innovativo, rispetto ai comportamenti tradizionalistici
dei consumatori.
- L'informazione per una nuova cultura di produzione e alimentazione.
Molti operatori nazionali si sono soffermati su questo importante argomento,
consapevoli che l'informazione sull'importanza di un'alimentazione sana e' un
veicolo fondamentale per la diffusione del bio in Italia. Sfruttando anche le
direttive europee improntate sulla necessita' di un sempre maggiore sviluppo
di tecniche agricole biologiche, gli operatori del settore chiedono ai Ministeri
competenti di sviluppare una vasta campagna informativa sui benefici dell'agricoltura
e alimentazione biologica per superare gli ambiti modesti su cui si sono sviluppate
campagne promozionali nate dalle libere iniziative degli operatori commerciali.
Per concludere le nostre considerazioni.
E' innegabile che il finale degli anni novanta ha rappresentato il punto di svolta
del biologico in Italia. L'argomento e' sempre piu' fonte di analisi e commenti
anche nell'informazione quotidiana e sempre piu', finalmente, e' divenuta
centrale la problematica cura del corpo/malattie/alimentazione . Sorgono
con una certa frequenza nuovi punti di distribuzione di prodotti bio e come
visto, ormai la grande distribuzione ma anche la grande produzione, e'
interessata economicamente all'argomento. Come visto, maggiore visibilita'
e possibilta' distributive e quindi maggiore offerta, incentivano la domanda
e quindi maggiore richiesta di prodotti sul mercato.
Il gran numero di operatori del settore e' un ulteriore segnale di sviluppo del
settore che si contrappone ad una tendenza di progressivo abbandono di aree
e lavori agricoli. Tale tendenza e' favorita anche dalle recenti politiche agricole
comunitarie che incentivano l'agricoltura biologica e di qualita' a discapito di
quella intensiva e di grandi dimensioni.
Vista la ricerca (e la nostra personale esperienza) la stragrande maggioranza
dei produttori sono di piccole o piccolissime dimensioni, la maggior parte dei
quali presente un circuito distributivo locale che in tantissimi casi ha come
punto di riferimento la stessa azienda produttrice oppure situazioni commerciali molto ristrette.
Noi a differenza della gia' citata ricerca riteniamo che tale apparente handicap
possa invece essere un punto di forza nella diffusione capillare e territoriale
dei prodotti bio, ristabilendo un rapporto tra consumatori e produttori, ormai
completamente andato perso con l'avanzare della grande distribuzione, in particolare al nord.
Con questo non vogliamo realizzare campagne sterili d'opposizione a ciruiti
e pratiche economiche molto piu' grandi di noi, ma vogliamo solamente affermare
che il mercato bio presenta ancora dei margini di manovra umani per quanto
riguarda l'uso e la circolazione della merce, anche se fosse solo a livello locale.
Ritorniamo alla questione culturale laddove il bio non puo' essere inquadrato
in un'ottica solo economicista. L'idea bio per affermarsi anche economicamente
deve svolgere un'opera culturale, anche di costume e critica ai sistemi alimentari
e di consumo. L'idea, alimentarsi meglio per vivere e far vivere meglio, non e'
solo uno slogan da riviste specializzate ma una sfida, per l'affermazione di un
nuovo modello di vita.
Guarda caso tale campagne di mobilitazione tocca problematiche che sono tutte
sociali e politiche, non solo economiche. E' incredibile come la ricerca evidenzi
ancora una volta la spaccatura tra il nord e il sud del paese quasi che certe
problematiche siano sempre affrontate da chi ha piu' soldi nonostante che il
sud sia un protagonista non indifferente nella produzione bio in Italia.
Allo stesso tempo risulta palese la politica di controllo quasi egemonico dei
grandi gruppi di produzione italiani ed europei che nulla sono che, in molti
casi, il riassunto sotto un'unica marca, di tanti piccoli produttori.
Tale politica egemonica rischia anche d'investire le associazioni di controllo
e certificazione visti anche i progetti in corso, di unificazione dei marchi di
controllo. Il primo passo e' stato fatto dalle centrali A.I.A.B. e C.C.P.B. Lo scopo,
sulla carta, e' quello di risolvere il problema della presenza sul mercato dei molti
enti certificatori ( in Francia ad esempio esiste un unico ente certificatore) e di
razionalizzare ed unificare i sistemi di controllo, staccandoli dalla struttura sociale,
formativa ed organizzativa delle associazioni. Il nostro timore e' che invece sia in
atto una politica accentratrice di controllo e di influenza economica che vada a
condizionare e uniformare i metodi operativi in particolare quelli di distribuzione,
grave handicap della piccola produzione, per indirizzarli verso i canali della
grande distribuzione.
Il problema invece e' mantenere vivo e dinamico il rapporto locale con i
produttori e favorire la relazione territoriale con i consumatori cercando di
limitare la transazione e i relativi costi commerciali della distribuzione.
Questa riteniamo possa essere un'ulteriore sfida innovativa del settore bio.
In tal senso l'ampliamento di strutture commerciali quali quelle dei gruppi
d'acquisto, puo' essere un'ipotesi di lavoro molto positiva. Il gruppo
d'acquisto laddove ha la possibilita' a livello locale di stabilire un rapporto
diretto con il produttore riesce ad eliminare l'intermediazione commerciale
con il distributore o rappresentante, e il trasportatore con un risparmio
economico e razionalizzazione di risorse. Inoltre puo' ristabilire un
rapporto diretto tra produttore e consumatore visto le relazioni commerciali
anomale che reggono i rapporti all'interno dei gruppi d'acquisto. Infatti a
diversi livelli tutti i partecipanti di un gruppo d'acquisto sono chiamati a
comportamenti differrenti da quelli dei normali circuiti distributivi. Chi
decide di partecipare ad un gruppo d'acquisto e' consapevole dei tempi e
modi particolari nella distribuzione e circolazione delle merci mettendosi
in gioco per il funzionamento del meccanismo che lo portera' ad acquisire
cose delle quali, gia' e' consapevole della loro importanza per la propria vita.
Cio' non vuol dire che tutti i membri di un gruppo d'acquisto diventino
volontari di un progetto illuminato, ci saranno sempre nel gruppo d'acquisto
soggetti portanti della struttura a cui spetteranno i compiti organizzativi e
i principi distributivi della merce, ma sara' sempre un atteggiamento che
potra' diventare modo e modello di vita differente delle normali e comuni
azioni della spesa quotidiana.
Una volta stabilita questa specie di presa di coscienza il passo successivo
potrebbe essere quello della creazione di un vero e proprio consorzio tra
produttori e gruppi d'acquisto che potrebbe portare alla realizzazione di un
magazzino merci centrale, cittadino, punto di smistamento dei prodotti dei
partecipanti al consorzio e di uno show-room di esposizione dei prodotti in
offerta e delle modalita' di partecipazione ai gruppi d'acquisto territoriali e
al consorzio.
Le nuove possibilita' offerte poi dai sistemi telematici (sito internet), offrono
una potenzialita' comunicativa e di partecipazione alla vita del gruppo
d'acquisto e del consorzio, superando i problemi di circolazione dei grandi
centri urbani o quanto meno limitandoli al solo momento di acquisizione delle merci.