Il mito della macchina nell' arte dal dopoguerra agli anni ' 90.


Seguire il percorso dell' arte dal dopoguerra ad oggi , significa principalmente cercare di capire in che modo il concetto di "avanguardia ", di sperimentazione artistica, sia cambiato nel corso del tempo,
" .... l' ossificazione del modernismo è stata lo spostamento dal concetto di avanguardia a quello di underground . L' artista underground si differenzia dall' artista d' avanguardia , in quanto si ritiene alienato in maniera permanente e del tutto irrimediabile. L' unica soluzione che egli può offrire é l' utopica fondazione di una società del tutto nuova e alternativa. "
 ( Contenuto in Edward Lucie - Smith Arte Contemporanea Rusconi Milano 1989. )
Pensare un' arte che sia espressione della realtà del XX° secolo e che
"... fin dal suo ingresso in scena vuol essere la " diana di una nuova epoca " : gioventù , modernità, novità libertà, protesta contro la tradizione ...."
( da Albert Schug L' arte contemporanea Rizzoli Editore Milano 1969 )
ha significato per molti artisti la necessità di uniformarsi ai processi di produzione tecnologico - scientifica " ...anche nell' accostamento di forme tecniche quest' arte s' adegua ai tempi e mira alla riproducibilità. Si rinuncia in altre parole alla pretesa dell' unicità dell' opera d' arte ..... "
( da A. Schug 1969 )
Nel corso degli ultimi 40 anni la storia dell' arte moderna ha visto il sempre più rapido succedersi di movimenti e correnti artistiche " ...all' espressionismo astratto sono seguiti l' assemblage, la pop- art, l' arte concettuale,
l' iperrealismo e il neo - espressionismo.
La velocità e la violenza di questi cambiamenti hanno offuscato il fatto che tutti questi movimenti rappresentano solo un riesame ed una rivalutazione di idee già note prima della guerra . L' espressionismo astratto ha radici nel surrealismo; l' assemblage e la pop-art nel dadaismo; l' arte cinetica si fonda su esperimenti compiuti al Bauhaus......"
( da E. Smith 1989 )
Pur riconoscendo il valore delle affermazioni di Smith ( e cioé che molte correnti artistiche degli ultimi anni non hanno fatto altro che proseguire la ricerca iniziata dai movimenti dei primi del 900 ) esiste come dato storico altrettanto valido che "....la pittura e la scultura agli inizi del secolo in alcune delle sue manifestazioni sembrò offrire rifugio dalle pressioni della vita urbana e un ' occasione di protesta contro i suoi aspetti meccanizzati e disumani. Poi con la pop art e i suoi sviluppi artistici si propose il principio per cui l ' ambiente urbano offriva esperienze che potevano essere strutturate in forma d' arte. Si aprì per gli artisti un mondo totalmente nuovo , costituito per lo più dallo stesso territorio in cui vivevano, dalle cose che li circondavano....."
( Da A. Schug 1969 )
Così i giochi modulari, meccanico - estetici degli anni venti che erano finalizzati da una parte a dimostrare una certa sicurezza nell' uso dei nuovi mezzi ( Duchamp e Man Ray inventarono il " Rotorilievo " una lastra di vetro circolare che girando creava l' illusione di un disegno ) dall' altra ad evidenziare il lato ludico - spettacolare che spesso si nascondeva in queste " meraviglie della tecnica " ( Picabia fra il 1917 e il 1919 eseguì delle " composizioni meccaniche ", che nella realtà non avrebbero mai funzionato, che sono parodie raffinate e sarcastiche dei progetti convenzionali compiuti all' epoca) si trasformano dopo il 1950 in veri e propri " happenings tecnologici." I progressi della scienza, della meccanica vengono in questa maniera finalizzati al processo artistico per creare "....un' estensione della sensibilità all' arte, che nello specifico dell' happening , significa la creazione di una situazione a cui partecipano anche suoni, gesti, odori etc "
( da Smith 1989 )
Quella che è stata dopo gli anni ' 50 definita come " Arte cinetica " ( e che come abbiamo già detto affondava le radici nella tradizione dadaista ) si basa essenzialmente sulla volontà comune a molti dei rappresentanti di quella corrente, di creare opere d' arte che facendo uso della forza meccanica sembravano prodotte dalla macchina senza il minimo intervento umano. Oscillando tra gli estremi del fenomeno " da baraccone " che mostrava le meraviglie della meccanica e il tentativo di acquisire lo statuto di ricerca scientifica a tutti gli effetti, l' arte cinetica che più di ogni altra tendenza artistica dell' epoca era debitrice agli sviluppi della tecnologia, è sembrata spesso entrarne in aperta polemica. Così Jean Tinguely crea dei meccanismi caotici che funzionano a malapena ( " Metamacchina " 1959, ) delle "Pseudomacchine " che scricchiolano, vibrano, che presentano delle disfunzioni che l' artista non aveva previsto nel progetto originario (si arriva su questa strada fino alla " Macchina autodistruttiva " da lui realizzata nel 1960 al Museum of Modern Art di New York ).
Del tutto diverso da Tinguely ( non tutta l' arte cinetica divenne commento polemico e satira della nuova civiltà ) e l' artista greco Takis.
Mentre il primo deride la goffaggine delle macchine e dell' uomo come utilizzatore delle stesse , il secondo all' opposto cerca di sfruttare tutte le possibilità offerte dalla nuova tecnologia. I suoi lavori più interessanti sono forse quelli che si basano sui principi del magnetismo . Nei " balletti meccanici " due calamite appese al soffitto eseguono una vera e propria danza sotto
l' influsso di un elettromagnete che si attiva e disattiva con ritmo regolare. Queste opere non esistono come forma, sostanza ma solo come energia immateriale per questa ragione la funzione delle parti visibili è solo quella di attivare un' energia che l' occhio umano difficilmente riesce a percepire. La volontà in molti artisti di operare entro il proprio tempo storico ed in relazione con l' ambiente circostante, unita ai modi produzione di una società industriale genera una cultura del " Junk " ( materiale di scarto ) che nello specifico dell' arte diviene " assemblage " un modo di creare opere partendo da elementi preesistenti ( ad esempio rottami, ingranaggi di macchine rotte, radio, televisioni etc) che venivano poi assemblati in modo artistico. Esempi di quest' " arte del riciclo " sono molte opere di John Chamberlain
( " Senza titolo" del 1960 ) costruite con pezzi di lamiera provenienti da automobili demolite o di Richard Stankiewicz che assembla grazie alle " Compressions Dirigées " i rottami industriali , ogni tipo di rifiuto tecnologico e crea delle sculture che sono spesso commento polemico ad una civiltà consumistica. L'americano David Smith è uno dei maggiori rappresentanti di questa tendenza artistica. Uno dei caratteri distintivi delle sue opere è che esse sono inequivocabilmente i prodotti risultanti da una società tecnologica altamente sviluppata. Basandosi principalmente sulla sua esperienza di metalmeccanico, quindi su di una partecipazione alla vita di fabbrica fatta in prima persona, Smith cerca nei suoi lavori di trasporre la praticità, la resistenza di un materiale dell' industria pesante come poteva essere l' acciaio, in termini estetici.
Nel 1962 fù invitato dagli organizzatori del Festival di Spoleto a trascorrere un mese in Italia e gli venne messa a disposizione come laboratorio una vecchia fabbrica.
Produsse ventisei sculture in trenta giorni e molte delle quali di proporzioni gigantesche "....il suo mezzo espressivo preferito era la serie piuttosto che il singolo pezzo: affidava una concezione ad un gran numero di permutazioni finché non gli sembrava che fosse sviluppata a sufficenza "
( da E. Smith 1989 p. 226 )
In questa maniera nascono delle strutture totemiche in cui l' artista coniuga alla freddezza del metallo l' espressivita figurativa del corpo umano ( al riguardo basti osservare " Agricola Tank Totem " 1962 ).
Anche per l' italiano Eduardo Paolozzi la macchina , il meccanicismo più precisamente, sembra essere il filo conduttore di tutta la sua produzione artistica. Sempre partendo dalla tecnica di assemblaggio di parti metalliche Paolozzi crea delle " Pseudo - macchine " ( un pò quello che aveva fatto Picabia agli inizi del secolo ) cioé degli oggetti che solo all' apparenza sembrano avere una funzione meccanica. Accanto a queste opere che celebrano il meccanicismo e la tecnologia, in maniera abbastanza generale si pone un tipo di arte che analizza attraverso la pittura, la scultura il rapporto più specifico tra macchina ed organismo. Di fronte all' uomo del XX° secolo, ad un individuo che ha perduto la propria integrità psico - biologica, a corpi che appaiono sempre più spesso puzzle irreali di parti umane e meccaniche si pongono opere come " Il danzatore di Kabuki " di Stankiewicz in cui le grazie ed i movimenti di quella nobile danza vengono trasferiti a bielle, tubi innoccenti, griglie di ferro, o al " Dio giapponese della guerra " di Paolozzi vero idolo meccanico creato dal compattarsi di piccolissime parti metalliche fino, all' " Angelo " di Gonzales in cui l' aspetto etereo della creatura del cielo si concreta nella solidità di lastre d' acciaio. L' arte ha così risposto al frantumarsi delle identità, al dividersi delle componenti organiche, all' impossibilità di ricostituirsi come individualità integre rappresentanti un preciso momento storico , con il " ricompattarsi " metallico di elementi, oggetti casuali, il cui " eclettico ensamble " rimane ultima testimonianza di una forma , di un aspetto umani ormai dimenticati.

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