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Ponte Galeria: di fronte a torture, abusi e segregazione, la rabbia, il coraggio e la dignità dei prigionieri e delle prigioniere.

fotoSin dalle 11.00 del mattino, sabato 13 marzo 2010 è stata un'intensa giornata di lotta e di solidarietà, dentro e fuori il C.I.E. di Ponte Galeria.

Già prima di arrivare, alcune fermate della linea ferroviaria Roma-Fiumiciono che precedono la fermata "Nuova fiera di Roma" sono state invase da una miriade di foto raffiguranti l'interno dei nuovi lager della democrazia, per rendere direttamente percepibile cosa rappresentano i centri di identificazione ed espulsione.

Da subito l'ottusità poliziesca si è palesata con la richiesta di documenti e l'invito a interrompere l'attacchinaggio. All'arrivo di fronte al C.I.E., dai microfoni del sound è cominciato l'assedio sonoro che ha espresso le differenti voci dei/delle solidali in molteplici lingue. Da quel momento è andata sempre crescendo la comunicazione tra dentro e fuori.

Due le forme di sostegno diretto a chi è internato/a quotidianamente: la prima è stata una cassa benefit destinata alle spese processuali di Hellen e Florence, due delle ribelli condannate per la rivolta dello scorso agosto nel C.I.E. di Milano. La seconda è stata la consegna di due pacchi contenenti bevande e cibo che, solo dopo una pressione determinata da parte dei/lle solidali, sono stati lasciati entrare. Consegnare cibo "pulito" significa recapitare sostanze non contaminate da psico-farmaci, calmanti e simili.

Mentre da fuori crescevano le urla di rabbia, il coraggio e la voglia di libertà dei/lle prigionieri/e si è concretizzata in un'escalation di azioni che hanno portato a una vera e propria rivolta. Dapprima diverse colonne di fumo hanno iniziato a erigersi nel cielo da differenti punti all'interno del campo di concentramento. Poco dopo l'invisibilità dei/lle reclusi/e veniva infranta occupando fisicamente i tetti delle celle e lanciando al cielo urla, gesti, corse e danze liberatorie.

In questa maniera, circa 30 persone hanno deciso d'innalzarsi al di sopra delle mura e delle sbarre che li circondano per una buona mezz'ora, prima di ricevere la prima intimidazione da parte della polizia. Subito dopo un altro tetto di uno dei padiglioni di quell'infame lager veniva invaso da un'altra ventina di persone che, tenacemente, per circa tre ore, sono state sopra il tetto e sopra le inferriate di recinzione che dividono le sezioni l'una dall'altra.

 

Durante quelle ore, per la disperazione e purtroppo per la consapevolezza che solo compiendo degli atti estremi possa emergere pubblicamente la loro situazione, quattro dei reclusi che si trovavano sul tetto hanno cominciato a infliggersi delle ferite sul torace e sulle braccia. I momenti che si sono susseguiti sono stati molto tesi in quanto, per tentare di non farsi avvicinare da carabinieri e polizia, uno di loro si è legato un cappio al collo minacciando di impiccarsi. Oltre a questi gesti, anche grazie al sostegno dei/lle solidali, la rabbia si è palesata da entrambe le parti in un solo grido: LIBERTA'!

fotoLa libertà intanto l'hanno ottenuta tutti gli antirazzisti torinesi arrestati il 23 febbraio scorso, che ora non dovranno più stare in galera o ai domiciliari. E la libertà se la sono conquistata anche otto reclusi del Cie di corso Brunelleschi a Torino, che nella notte tra giovedì e venerdì scorso sono riusciti a scappare e che finora sono ancora tutti liberi.

Allo sciogliersi del presidio la polizia, quando i/le solidali erano già un po’ distanti, ha effettuato una brutale carica nei confronti dei rivoltosi sui tetti. Una carica che è sfociata in inseguimenti sui tetti, manganellate e persone ammanettate. La pronta risposta dei solidali è stata quella di occupare i binari della stazione “Fiera di Roma”, in entrambi i sensi di marcia, per circa 40 minuti. Dopodiché si è deciso di prendere il treno in direzione Roma.

Alle 19 circa un gruppo di almeno un centinaio di compagni e compagne si è riconcentrato nel piazzale antistante la Stazione Trastevere, per partire immediatamente in un corteo spontaneo e non autorizzato che, aperto dallo striscione “Chiudere i lager per migranti - Antirazziste e Antirazzisti contro ogni gabbia”, ha bloccato il traffico su un buon tratto di viale Trastevere. Con il ritmo incessante dei cori e degli interventi al megafono si è cercato di portare all’interno della città la voce della rivolta dei prigionieri di Ponte Galeria, ricordando alla folla dello struscio del sabato sera che alle porte di Roma, per quanto possa essere nascosto bene, continua a esistere un lager. Un lager popolato da individui pronti a ribellarsi nonostante la sproporzione di forze con i propri aguzzini, sostenendone tutte le conseguenze.

fotoL’arrivo dei carabinieri bardati di tutto punto (tanto nervosi e imbizzarriti quanto goffi e scoordinati…), non ha avuto l’effetto di disperdere il gruppo, che ha invece deciso di entrare all’interno delle viuzze del quartiere Trastevere per continuare a comunicare a distanza ancor più ravvicinata con la gente. Confluito a piazza di Santa Maria in Trastevere, dopo una serie di ulteriori interventi al megafono, il corteo si è sciolto. Ripensando ancora quasi a caldo a questa lunga giornata appena trascorsa, non si può non evidenziarne gli aspetti positivi: per un giorno si è riusciti a portare non solo la solidarietà ideale, ma un appoggio concreto a chi vive quotidianamente la realtà repressiva di un centro di annientamento, con le sue sbarre, i suoi muri di cinta, i manganelli dei suoi guardiani e le droghe psichiatriche subdolamente imposte dal suo personale sanitario.

Per un giorno si è riusciti a portare le grida e la rabbia di chi non è disposto a tollerare questo lager anche per le strade di una città che non vuol vedere né sentire, interrompendo per qualche ora la monotonia della sua routine consumistica. Ma ripensando alle azioni di rivolta compiute sotto i nostri occhi dai prigionieri di Ponte Galeria, al loro coraggio così “sopra le righe” (o meglio, “sopra le sbarre”…) rispetto alla realtà sociale rassegnata e anestetizzata in cui si annaspa ogni giorno, sappiamo di essere chiamati a un impegno ancora maggiore, che possa avvicinare noi e loro al mondo senza gabbie che portiamo nel cuore.

È tempo che questa città respinga con forza la presenza dei campi di concentramento, intollerabili qui come altrove; ognuno trovi i propri modi, ma quello di cui siamo convinti e convinte è che non basterà pretenderne la chiusura, né sperare in illusori “cambi della guardia” ai vertici di questo stato, poiché se l’attuale destra di governo ha reso i CIE i mattatoi che sono oggi, ad averli istituiti è stato un "sinistro" governo del recente passato.

Da parte nostra, e la giornata odierna è stato un tentativo in tal senso, l’unica risorsa che abbiamo a disposizione e di cui ci fidiamo continua a essere l’azione diretta, senza deleghe.

NELLA TUA CITTÀ C'È UN LAGER CHIUDIAMO IL C.I.E. DI PONTE GALERIA CHIUDERE TUTTI I C.I.E.

Antirazzisti e antirazziste di Roma

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