Campagna di boicottaggio Coca-Cola

Da LIBERAZIONE


COCA-COLA SI "BEVE" IL PATTO: MAI PARLATO DI INCHIESTA NEGLI STABILIMENTI IN COLOMBIA
La Company: "L'accordo con Veltroni era per la visita di una delegazione interistituzionale"

Testata: LIBERAZIONE
Autore: Checchino Antonini
Data: 7 Marzo 2006
Articoli e materiali correlati: http://www.tmcrew.org/killamulti/cocacola/iniziative/inchiesta.html 
Il testo dell'accordo del 7 Novembre: http://www.tmcrew.org/killamulti/cocacola/comunicati/veltroni_cocacola071105.htm 

“Mai parlato di inchiesta, ispezione o di commissione. L’accordo firmato a Novembre era esplicito: Coca Cola acconsentiva alla visita di una delegazione interistituzionale negli stabilimenti dell’imbottigliatore colombiano. Come e quando lo decideremo con Veltroni, è con lui che abbiamo firmato l’accordo”. Tre mesi dopo, Nicola Raffa, responsabile pubbliche relazioni per il Mediterraneo della company di Atlanta, gela le speranze su un’inchiesta indipendente negli stabilimenti colombiani al centro di ripetute denunce, di violazione dei diritti umani e sindacali, da parte del sindacato Sinaltrainal che ha promosso una campagna internazionale di boicottaggio della nota bibita gassata.

Con una lettera a Luigi Nieri, assessore al Bilancio della Regione Lazio e Massimiliano Smeriglio, Presidente del Municipio Roma XI, la multinazionale di Atlanta ha respinto al mittente la proposta di composizione della commissione, elaborata con la Reboc (Rete boicottaggio Coca Cola) che, secondo gli accordi, avrebbe dovuto effettuare la visita entro il mese di Marzo. “Discuteremo nelle prossime settimane solo con Veltroni”, era stato l’annuncio dell’azienda a cui anche l’Ilo, International Labour Office delle Nazioni Unite, ha ufficialmente richiesto un assessment, una valutazione della situazione negli stabilimenti colombiani. “Un fatto importante”, lo definisce Raffa che considera “autorevole e imparziale” la valutazione dell’Ilo, a sua volta interpellato dall’unione internazionale dei sindacati del comparto alimentare.

Le ultime mosse dell’azienda, che sembra aver atteso la fine delle olimpiadi per precisare la differenza tra inchiesta e visita, hanno ridestato i timori della Reboc di un’esclusione degli osservatori della società civile: “Non vorremmo che si voglia una commissione compiacente, speriamo che le istituzioni non cadano in questo tranello”. 

“Abbiamo imparato dagli indios come si tratta con l’uomo bianco, non vogliamo fare da spettatori. Continueremo a denunciare i temi di fondo della campagna e un’eventuale mancanza di serietà della Coca”, avverte Massimiliano Smeriglio, presidente di uno dei due municipi (l’altro e Roma X, presieduto da Sandro Medici), che a novembre avevano intimato l’alt allo sponsor principale della fiaccola olimpica in marcia verso Torino. 

“Anche Smeriglio, Medici e io abbiamo sottoscritto quell’accordo. Il punto vero, adesso, è fare questa visita – spiega a Liberazione Luigi Nieri, assessore della Giunta Marrazzo – per ottenere una verifica attenta delle denunce ripetutamente fatte dal Sinaltrainal. Abbiamo consegnato una proposta di delegazione ed è evidente che non può partire alcuna visita senza le associazioni che hanno dato vita al confronto e alla battaglia. Se si pensa di partire senza la Reboc, per quanto mi concerne, è un accordo non rispettato”.

Per “blindare” in qualche modo la propria indipendenza, le associazioni hanno anche deciso di pagarsi il viaggio rinunciando all’ospitalità della multinazionale e delle istituzioni. Con una lettera aperta a Campidoglio, municipi, regione e Company, la Rete boicottaggio Coca cola, solo un paio di settimane fa, aveva lamentato i ritardi nelle trattative chiedendo alle parti se avessero intenzione di rispettare gli accordi presi. 

Il nodo, al centro di un vivace scambio epistolare tra Fausto Bertinotti e Nicola Raffa alla vigilia delle olimpiadi, è la denuncia del Sinaltrainal che, dal 1989, accusa la multinazionale di Atlanta di connivenza con gli squadroni della morte nelle decine di sequestri, torture, minacce e nell’omicidio di otto leader sindacali. 

Per 61 volte, gli attivisti della campagna di appoggio al Sinaltrainal hanno bloccato, rallentato o disturbato l’incedere dei tedofori e della carovana sponsorizzata dalla Coca cola. La protesta s’è poi saldata con la lotta contro l’Alta velocità in Val di Susa e, a Roma, aveva incontrato i divieti ai colori della multinazionale, opposti dai due municipi “ribelli”. Ci volle l’intervento di Veltroni e la firma dell’accordo per sbloccare il passo alla fiaccola. 

La nota multinazionale, pur respingendo ogni responsabilità nei fatti denunciati e dichiarando di possedere solo una quota di minoranza del maggiore imbottigliatore colombiano, sembrava intenzionata a garantire la visita o inchiesta che dir si voglia. Raffa ci tiene a sottolineare che, un mese fa, mille lavoratori hanno manifestato a Bogotà contro la campagna di boicottaggio e sospetta una sorta di presunzione di colpevolezza contro l’azienda che rappresenta. Ma il Sinaltrainal, proprio il 4 febbraio, ha denunciato le minacce contro Plutarco Vargas Roldan, dirigente del sindacato impiegato in uno degli imbottigliamenti della bevanda frizzante. Le imprese farebbero pressioni sui lavoratori perché firmino contro le calunnie all’azienda di Atlanta. Il 31 gennaio soggetti travisati da berretti con la scritta Coca Cola avrebbero aggredito verbalmente e fotografato lavoratori di una ditta di Bogotà che manifestavano dove veniva esibita la Coppa del mondo di calcio, prossima vetrina della multinazionale. 

Intanto la Corte di Miami, Florida, sta decidendo sulla sussistenza della giurisdizione per giudicare gli imbottigliatori colombiani della Coca cola.
 
 

prendi coscienza